domenica 30 novembre 2014

Bioregione Terra - Prima il saccheggio poi la cura?



Abbiamo distribuito per anni tonnellate di veleni sulla Terra; abbiamo
invaso l’atmosfera di gas venefici e gettato nelle acque che ci
attraversano ovunque, litri di sostanze chimiche e deleterie. Siamo
arrivati da tempo al punto di non ritorno, eppure, mai come in questi
“tempi ultimi” stiamo riscoprendo la natura!

L’uomo è sempre una sorpresa: prima uccide e poi vuole resuscitare.

L’essere umano, uno dei tanti mammiferi del pianeta, con quel pizzico
di cervello in più sta rovinando tutto e trascina con sé anche le
tante creature che vivono in pace in un reciproco scambio con Madre
Terra.

Cominciai ad interessarmi di medicina alternativa negli anni ’80, più
per letture capitate a caso – a caso? – che per vero interesse
personale. Avevo trascorso gli ultimi vent’anni in una situazione di
salute costantemente precaria, anche se non mortale. Ero stanca di
sentirmi dire dai medici “vediamo la prossima volta…”, “proviamo
così…”, oppure rimanere sempre “agganciata” a questo o a quel farmaco.
Dormivo con i flaconcini sul comodino e se dovevo fare un viaggio, mi
preoccupavo prima di tutto di preparare la busta delle medicine da
portare. Una dipendenza che nel tempo cominciava a stancarmi.

“Se ancora non sono morta – mi ripetevo – che bisogno c’è di
continuare a prendere pastiglie?”.

Avevo dovuto sottopormi a interventi più o meno gravi e dopo qualche
anno, cominciavo a sentire le conseguenze di tutte quelle cicatrici.
Non avevo ancora studiato i Meridiani, i punti di digitopressione, la
storia sui corpi sottili. Non sapevo che le medicine erano estratti,
chimicamente alterati, di piante che svolgevano egregiamente il loro
lavoro, vivendo sulla terra, nascendo spontanee e mettendosi a
disposizione dell’uomo per ogni tipo di cura.

A scuola non insegnano quale rapporto stretto possiamo avere con la
natura. A scuola insegnano i numeri, i calcoli matematici, le storie
più o meno antiche di personaggi, Stati e i luoghi geografici della
Terra, più in senso politico che fisico. A scuola insegnano magari a
scavarla, la terra, per cercare oggetti nascosti, minerali, reperti
antichi. A scuola tentano ora di insegnare come lavorarla la terra,
dopo aver cancellato generazioni di contadini che il sapere lo
trasmettevano gratis. Nella scuola si deve crescere una generazione
che si faccia onore, che sia istruita per raggiungere posti di potere.
Nella scuola non si insegna l’umiltà, quella è cosa delle religioni…
infatti viene annullata l’ora di religione, perché altrimenti in
contrasto con le altre dottrine, con pensieri diversi, che è bene che
rimangano tali: diversi, e magari divisi. L’unità di intenti e
credenze impedisce il controllo; le masse devono essere controllabili
e la Terra rimane da sempre un luogo dove si giocano i poteri grandi.
Le scuole hanno il compito di individuare i nuovi capi, di affossare
le idee rivoluzionarie, di crescere bambini come soldatini, perché
obbediscano e rendano orgogliosi i genitori per la loro disciplina.
Poi c’è il mondo dello sport, dello spettacolo; tutti artefìci per il
controllo mondiale del popolo che diventa ossessionato dall’idea di
imitare i tanti personaggi famosi, quelli che hanno rimpiazzato i
Santi, gli esempi di un tempo. Ora i Santi fanno cassetta per un
potere religioso decadente; si vendono le immaginette, i rosari e i
libriccini di novene. I Santi servono per radunare le folle e
incrementare le agenzie di viaggi per spostamenti più o meno lunghi.

E la nostra Madre Terra subisce, viene soffocata, lacerata nelle sue
vene, arterie, sulla sua pelle ormai coperta dalle croste costruite
dalla nostra società, da strade e autostrade che sputano gas
pericolosi per la salute di tutti. Eppure i potenti devono convivere
con noi comuni mortali, mi chiedo se qualche volta ci pensano.

In questo panorama sta ora nascendo la riscoperta della natura.

Ogni persona che nel tempo è dovuta sottostare ai dettami delle
industrie chimiche e farmaceutiche, intossicandosi senza possibilità
di uscita, ora si sente proporre integratori a base di erbe, di sali
minerali, di prodotti naturali, senza aggiunte chimiche.

La scoperta dell’acqua calda! Ora si scopre che separando i componenti
di una pianta per estrarre un principio attivo, si perdono i reali
benefici che quella pianta darebbe se lasciata integra.

Per decenni si è separato il chicco di grano, la farina bianca da una
parte, la crusca dall’altra, il germe a caro prezzo nei banchi di
farmacie e supermercati. Ora si scopre che separando tutto e mangiando
per una vita farina bianca, si diventa celiaci. Intanto, squadroni di
ricercatori provano a capire come sia successo, mascherando questo
fallimento sotto l’egida della ricerca e per non suscitare una rivolta
mondiale. Si cerca, ora, il modo per “curare” la celiachia. Vengono
proposti prodotti alternativi con chissà quale componente chimico,
quale preparazione di principi attivi che, nel tempo, provocheranno
altri danni. E’ un gatto che si morde la coda.

Hanno voluto nutrire i bovini, animali erbivori, con farine animali,
provocando un’alterazione nel loro sistema di espulsione degli acidi,
che si sono accumulati sulla carne venduta a caro prezzo e consumata
da tutti; dopo poco tempo le malattie neurovegetative hanno fatto
capolino, hanno alterato il DNA degli animali e hanno cominciato ad
alterare anche quello dei grandi consumatori di carne, all’uomo come
ai tanti animali nutriti con queste carni adulterate.

Ora ci vendono a caro prezzo le erbe, “integre”, perché curano meglio!
Ora sorgono dappertutto grandi Guru che “sanno” cosa consigliare per
mangiare bene. Quello che un tempo era il mangiare dei poveri, ora è
un piatto prelibato per palati sopraffini e ricchi. Ai poveri non
resta che il piatto di “cacca” pronta al supermercato, quello che non
si sa da dove viene, come è cucinato e quale scadenza effettiva ha.

Ora c’è un esercito di nutrizionisti, operatori bionaturali,
alimentaristi, negozianti bio, pronti a vendere a caro prezzo la
notizia che, per digerire occorrerebbe bere un bel bicchiere di
camomilla bollente col limone.

Ma non erano le nostre nonne che ci suggerivano questo rimedio?

Si dovrebbe inventare una nuova figura professionale:
Costruttori/Insegnanti di buon senso e vita pratica; forse si potrebbe
ricominciare a vivere, forse, tolto il prosciutto che per anni ci
hanno messo sugli occhi, cominceremmo a vedere i bei ciuffi di
insalata matta che cresce ovunque in campagna,  forse potremmo
ritrovare il piacere di avere una gallina che ogni giorno, in cambio
di affetto e un po’ di mangime, ci procura l’uovo quotidiano, forse,
dimenticando che là fuori c’è un mondo di lustrini, potremmo rivedere
il lumicino che ci riporta a casa, quella casa che abbiamo riempito di
cianfrusaglie e vuotata di calore famigliare.

Franca Oberti

sabato 29 novembre 2014

Bisogni naturali ed economia ecologica "bioregionale"


Non date retta a chi vi dice che il mondo va avanti con i soldi, che il progresso economico e sociale dipende dal possesso e dalla spesa di denaro con il quale si può comprare tutto. Il mondo va avanti con le, e il progresso dipende dalle, cose materiali, dalle risorse offerte dalla natura, dagli oggetti fabbricati con i minerali, i prodotti agricoli, forestali e zootecnici, con le fonti di energia, con i metalli, eccetera. Sono la natura, le cose materiali ottenute dai beni della natura con il lavoro umano, che possono soddisfare i reali bisogni umani — bisogno di alimenti, di acqua, di salute, di libertà, di dignità, di istruzione, eccetera.
Anche i bisogni apparentemente immateriali richiedono oggetti: non si
può leggere, comunicare, ammirare la bellezza, senza avere carta
fatta di cellulosa, un telefono fatto di plastica e rame, un posto su
cui sedersi. Così come variano i bisogni umani a seconda delle
persone, del luogo in cui vivono, delle credenze a cui ciascuna
persona è soggetta, così variano la forma e i caratteri degli oggetti
che soddisfano tali bisogni.
Una sola cosa hanno in comune gli oggetti: La loro produzione e uso,
sempre, in tutte le società, da quelle iperconsumistiche a quelle
miserabili, comporta una crescente sottrazione di risorse dalla
natura e una formazione di scorie e rifiuti gassosi, liquidi e solidi
che finiscono nell’aria, nelle acque, nel suolo, con danni alla
salute umana.
L’attuale “credo”, l’unico esistente nel mondo, del capitalismo e del
libero mercato impone l’aumento continuo della produzione e dell’uso
di beni materiali, e pertanto un continuo impoverimento e una
crescente contaminazione della natura. Anzi, sostengono i detrattori
del capitalismo, a mano a mano che si esauriscono le riserve più
vicine e accessibili di minerali e fonti energetiche, una società
capitalistica “deve” andare a prenderle nei territori di altri paesi,
eventualmente con mezzi violenti sia per la natura stessa, sia per i
popoli che vivono in tali paesi.
Fra le persone che si interrogano su quello che succederà domani, con
una popolazione mondiale in aumento, e con risorse naturali sempre
più scarse e di peggiore qualità e con crescenti pericoli e danni per
chi verrà dopo di noi, alcuni — e alcuni di coloro che scrivono su
questa rivista e che la leggono — ritengono che solo una profonda
critica o revisione — o eliminazione — del credo capitalistico
possa ritardare future catastrofi.
“Nossignore”, dicono altri, il capitalismo ha in se tante virtù e
capacità da poter consentire la produzione degli oggetti necessari
per la attuale e per la futura popolazione terrestre con minore,
anziché maggiore, usura delle riserve delle risorse necessarie per il
futuro. E’ la tesi di un gruppo di studiosi che vengono dai movimenti
proto-ecologici — da quella contestazione ecologica nata negli anni
sessanta e settanta del Novecento — e che hanno poi passato il
resto della vita a fare delle proposte concrete di capitalismo
ecocompatibile, se così vogliamo dire, “secondo natura”.
Le guide spirituali e scientifiche di questo gruppo sono l’americano
Amory Lovins e la moglie Hunter Lovins, una strana coppia con una
lunga militanza nelle associazioni di difesa dell’ambiente, autori di
libri di successo, alcuni tradotti anche in italiano (”Energia
dolce”, pubblicato a Milano da Bompiani nel 1979). I Lovins hanno
creato un centro di ricerca nel Colorado, in mezzo alle Montagne
Rocciose, in un paesino che si chiama “Snowmass” che sarebbe come
dire, in italiano, “Nevoso” (immaginate un laboratorio di ricerche
sul futuro in mezzo ai boschi, sul Cervino o sulla Maiella o sulla
Sila). Di certo i boschi e la neve devono essere stati fonte di
ispirazione perché i libri dei Lovins sono molto stimolanti e
provocatori e spiegano che è possibile, con adatte soluzioni tecnico-
scientifiche già note, diminuire drasticamente, anche di quattro
volte, i consumi di energia e di materiali nelle case, nelle
automobili, negli elettrodomestici, nelle fabbriche. Ed è possibile,
di conseguenza, diminuire la massa dei rifiuti e delle scorie che
finiscono nell’ambiente perché, se le merci sono progettate
correttamente, gran parte dei materiali delle merci usate può essere
trasformata in nuovi oggetti.
Le relative proposte sono contenute nel libro “Fattore 4″, pubblicato
dalle Edizioni Ambiente di Milano nel 1998 e in altri libri e saggi.
Il più recente contributo è rappresentato dal libro scritto dai
Lovins insieme a Paul Hawken, intitolato: “Capitalismo naturale. La
prossima rivoluzione industriale”, tradotto subito anche in italiano
e pubblicato in questo 2001 a Milano dalle stesse Edizioni Ambiente.
Non si tratta di utopie perché il libro che propone un “capitalismo
secondo natura”, è pieno di esempi concreti e sostiene che il
capitalismo, se vuole sopravvivere, deve cambiare radicalmente
materiali, fonti energetiche, processi e caratteri dei manufatti; se
accetterà questa sfida — una vera, nuova, rivoluzione industriale –
- non solo sopravviverà, ma potrà anche continuare a fare, e a fare
sempre di più, soldi, che è poi il fine del capitalismo.
La ricetta sta nella “progettazione”; si tratta di mettere al lavoro
falangi di ingegneri, chimici, biologi, col preciso compito di
riprogettare tutti gli oggetti sotto i nuovi
vincoli “ecologici”, “naturali”. I quali vincoli sono poi uno solo:
soddisfare i bisogni umani — di abitazione, di calore, di
illuminazione, di mobilità, di informazione — con “minori” consumi
di energia e di metalli, di plastica, di carta, eccetera.
Uno dei successi della nuova svolta è la “iperautomobile” progettata
dai Lovins fra le nevi del Colorado; una automobile che trasporta le
persone a velocità sostenuta con consumi di energia che possono
scendere a 50 chilometri con un litro di benzina. Sogni ? no,
rispondono i Lovins perché simili automobili sono già sulle strade e
diventeranno normali quando le grandi industrie si decideranno a
costruirle in grande serie secondo le regole di un “capitalismo
naturale”, appunto. I lettori curiosi troveranno i dettagli
nell’ultimo libro dei Lovins e nei siti Internet
<www.naturalcapitalism.org> o <www.rmi.org>
Un altro campo di lavoro di grande importanza è rappresentato
dall’edilizia: Le case e gli uffici sono progettati e fabbricati in
genere con i dettami nel caso migliore della bellezza e originalità,
nel caso peggiore del miniomo costo monetario. Ma chi pensa al
costo “in natura”, della fabbricazione e della gestione e
manutenzione degli edifici, dei ponti, delle strade ? Il libro dei
Lovins indica varie soluzioni tecniche, non strane, ma di semplice
buona progettazione, per orientare gli edifici, per aprire finestre e
porte in modo da massimizzare la luce solare che entra — e quindi
diminuire drasticamente i consumi dell’elettricità per
l’illuminazione o il condizionamento dell’aria, per diminuire i costi
del riscaldamento, per far durare più a lungo gli infissi e le
pareti ?
Un edificio, una casa, sono macchine complesse con i loro scambi di
gas e di energia e di luce con l’esterno e quindi con un costo —
non solo monetario, ma fisico, “naturale” — che può essere
diminuito anche di molte volte.
Il libro sul capitalismo “secondo natura” riporta molti altri esempi
di come è possibile “consumare di meno”, di come è
possibile “risparmiare” carta, imballaggi, evitare beni usa-e-getta
sostituendoli con beni durevoli. Le soluzioni proposte sono
realizzabili attraverso un riesame e una modificazione dei materiali
e dei cicli produttivi, un argomento che mi sta a cuore perché è
proprio quello che alcuni di noi per anni hanno studiato e insegnato
nelle Facoltà economiche italiane — devo dire con ben scarso
ascolto da parte degli economisti e meno ancora delle imprese. La
vendetta della merceologia deve proprio arrivare dalle Montagne
Rocciose ?
Il problema più interessante, anche per questa rivista, riguarda però
il rapporto fra capitalismo e nuova rivoluzione industriale. Il
capitalismo, almeno come ce lo fanno vedere qui in Occidente, impone
comportamenti e azioni — più merci, maggiore uso di energia, più
beni usa-e-getta, un crescente ricambio dei beni durevoli, oggetti
sempre più inutili — proprio contrari a quelli raccomandati da un
libro che pure ha la parola capitalismo proprio nel suo titolo..
Come farà l’imprenditore convertito al “capitalismo naturale” a
trovare i soldi per i nuovi stabilimenti, per spiegare agli
acquirenti le virtù dell’iperautomobile, dell’iperfrigorifero, del
riscaldamento domestico solare, le virtù della standardizzazione,
dell’acquistare “meno” merci? La pianificazione, progettazione e
transizione verso nuovi oggetti e macchine fabbricati “secondo
natura” presuppone un intervento statale e centrale, anzi europeo,
con soldi per i nuovi imprenditori, con corsi universitari, con
laboratori scientifici pubblici di controllo — orientati verso il
nuovo credo: “di meno è meglio”. Io chiamo questo un socialismo
secondo natura, ma se volete chiamarlo capitalismo naturale a me va
bene lo stesso, purché lo si attui.

Giorgio Nebbia

venerdì 28 novembre 2014

Bioregionalismo in Italia - Cronistoria recente della Rete Bioregionale Italiana



Questa che segue è una corrispondenza esplicativa sul bioregionalismo e sulla condizione attuale della Rete Bioregionale   Italiana.

Mi scrive un amico dicendomi: "...ero abbonato a suo tempo a Lato Selvatico, una rivista interessante con dei contenuti discreti. Spero che Moretti se ne sia andato non per motivi di idee, perché già non immagino sia stato un folto gruppo, se poi perde i pezzi… Avevo già “assistito” alla presa di distanze con Eduardo Zarelli 
Sai dirmi se esiste ancora una ripartizione geografica delle Bioregioni riconosciute da questa Rete all’interno della penisola italiana?"

Paolo, puoi dirmi qualcosa in proposito in modo che possa rispondere al mio amico?
Grazie, ciao Claudio

…..

Mia risposta: 

Caro Claudio, si vede che il tuo amico ci conosce da tempo.. Infatti ricordo ancora la diatriba fra Moretti, Panzarasa e Zarelli…. Moretti rappresentava  l’ala americanista della Rete mentre Zarelli era più legato al clima europeo (dirigeva la  rivista Frontiere, la ricordi?). All’inizio quando si fondò la Rete nel 1996, ad Acquapendente,  fu essenzialmente su proposta di Edoardo Zarelli che si fece l’incontro fondativo.. ma.. insomma è una storia talmente lunga che te la posso raccontare solo a mezzo alcuni documenti raccolti:





Ce ne sarebbe ancora parecchio di materiale da visionare… il fatto è che neanche conviene farlo. Basti sapere che dal 2010 Giuseppe Moretti non fa più parte della Rete Bioregionale Italiana,  avendo fondato  un suo movimento… E comunque la Rete  è in piena salute, tanto che dopo la rifondazione di San Severino Marche (avvenuta il  30 e 31 ottobre 2010), gli aderenti ed i partecipanti sono aumentati… 

Da allora ogni anno ci siamo riuniti in occasione del Solstizio Estivo, e gli incontri si chiamano "collettivi ecologisti", con la partecipazione di varie anime bioregionaliste  ed ecologiste. Il prossimo incontro è previsto il 20 e 21 giugno 2015 a Montecorone di Zocca

I temi sono quelli che rientrano nel Manifesto Fondativo (carta degli intenti del 1996) più le necessarie aggiunte visto l’ampliamento degli interessi per l’ecologia profonda e la spiritualità naturale.

Ciao, Paolo D'Arpini



P.S. Ah, dimenticavo, la ripartizione in ambiti geografici esiste nel libro edito dalla Rete con Aam Terra Nuova: “La Terra Racconta”



Esiste anche un testo antologico su bioregionalismo, ecologia profonda e spiritualità laica da me redatto, si chiama Riciclaggio della Memoria (edizioni Tracce di Pescara)

 

giovedì 27 novembre 2014

2 dicembre 2014 - Proposta di conversione ecologica delle produzioni

L’emergenza ambientale sempre più grave e diffusa tanto a livello regionale e nazionale quanto a livello globale, unita alle criticità del panorama economico attuale, è tale da spingere istituzioni, soggetti economici, forze sindacali e sociali verso il disegno di strategie complessive che facciano della conversione ecologica delle produzioni e dei consumi l’obiettivo di lungo corso dell’agire politico e dell’iniziativa economica. In tal senso, dal lavoro di convergenza ed articolazione sociale che ha visto protagonisti, lungo oltre un anno di lavoro, attori sociali e sindacali attivi nel territorio della Regione Lazio, con il coinvolgimento di soggetti economici ed istituzionali regionali, è nato il progetto di Legge Regionale sulla Riconversione Ecologica e Sociale della Regione Lazio, che intende costruire concreti strumenti  di stimolo a processi di conversione economica, informati a criteri di giustizia ambientale e sociale. Partendo dal necessario ruolo di stimolo che le amministrazioni pubbliche, a partire da quelle territoriali, devono ricoprire in questo tipo di processi e dall’altrettanto necessaria individuazione di pratiche virtuose e percorsi partecipativi necessari per garantire la desiderabilità sociale e l'aderenza dei processi alle esigenze del territorio, la riconversione diviene terreno su cui far convergere tutela ambientale, tutela dei livelli occupazionali, redistribuzione della ricchezza, partecipazione popolare.
La proposta di legge in oggetto si configura pertanto come un patto tra forze sociali, sindacali, produttive e istituzionali di cui, definito il quadro legislativo di riferimento, gli obiettivi tecnici e politici e i principali contenuti specifici,  come soggetti promotori, investiamo l'amministrazione regionale affinché, avviato un percorso di discussione istituzionale, si possa giungere in tempi ragionevoli all’approvazione di una legge regionale che definisca un quadro organico di riferimento per i processi di riconversione sul territorio del Lazio.

La proposta di legge, il cui percorso ha visto il costante accompagnamento della Consigliera regionale Marta Bonafoni, ha ricevuto la manifestazione di interesse di Cristiana Avenali e l'appoggio di diversi consiglieri regionali, tra cui Eugenio Patanè, Gino De Paolis, Daniela Bianchi, Rosa Giancola, Mario Ciarla.

La proposta verrà formalmente consegnata il prossimo 2 dicembre 2014 dai soggetti promotori al Vicepresidente e Assessore Formazione, Ricerca, Scuola, Università della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio affinché, assieme alla Giunta regionali e ai Consiglieri regionali che ne hanno seguito il percorso, si facciano promotori e garanti del percorso in sede istituzionale.

Hanno lavorato alla redazione del testo di legge:

Associazione A Sud
Ecosistemi
in collaborazione con la CGIL Roma e Lazio e le Consigliere Regionali Marta Bonafoni e Cristiana Avenali 

Hanno partecipato al percorso:

CGIL Lazio, FIOM Lazio, A Sud, CDCA, Fondazione Banca Etica, RESET, Coop. Energetica, Fairwatch, Comune-info, SCUP, Solidarius, Officine OZ, Rete Onu, Occhio del Riciclone, Action, CNCA, Legambiente Lazio, Ecosistemi srl


Info e contatti stampa: 


Proposta di legge regionale su RICONVERSIONE ECOLOGICA E SOCIALE

Martedì 2 dicembre /ore 12.00
c/o Sala Tevere - Palazzo della Regione Lazio
Via Cristoforo Colombo n.212 ROMA


Interverranno:


Marta Bonafoni – Consigliera Regionale
Marica Di Pierri – Associazione A Sud
Silvano Falocco –  Ecosistemi 
Claudio Di Berardino – CGIL Roma e Lazio
Lorenzo Tagliavanti – CNA 
Massimiliano Smeriglio – Vicepresidente Regione Lazio   



Sono invitati a partecipare: 

Nicola Zingaretti, Presidente Regione Lazio, la giunta e i consiglieri regionali

mercoledì 26 novembre 2014

Contratti di fiume - Tutela ambientale e nuove professioni


Nel contesto nazionale i Contratti di Fiume (CdF), anche sotto forma di Contratti di Lago, Falda, Foce, Costa, Paesaggio Fluviale, rappresentano il manifestarsi di una risposta che nasce dal basso per fronteggiare il continuo diffondersi del dissesto idrogeologico e della precarietà di un territorio reso sempre più vulnerabile dall’eccessiva antropizzazione e dalla carenza di manutenzione del territorio. Ma oltre ciò i CdF  hanno la valenza di valorizzare aree naturali usufruibili da un turismo responsabile. I Contratti di Fiume intendono, innanzitutto, contribuire a superare la logica dell’emergenza mettendo in campo una politica integrata e realistica capace di coinvolgere tutti i soggetti interessati, verso una prevenzione attiva ed in grado di produrre indubitabili conseguenze positive anche sul piano economico. 

L’esperienza francese e di altri Paesi del Nord Europa, che hanno iniziato a progettare e gestire i contratti di fiume già dai primi del 2000, ha dimostrato come attraverso questo strumento sia possibile far governance delle acque e dei suoli in modo partecipato e sussidiario, contribuendo all’attuazione della direttiva 2000/60 (che prefigura politiche sistemiche di riqualificazione delle acque superficiali e sotterranee) e della direttiva 2007/60 (relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni), che indicano come irrinunciabile la qualità partecipativa dei processi da avviare per raggiungere in modo efficace gli obiettivi di tutela dei territori fluviali.

L’Italia, come sempre fanalino di coda, da poco tempo ha iniziato ad occuparsi dei CdF, e l’interesse di enti e associazioni scientifiche e ambientaliste è esplosa con grande entusiasmo anche perché sul piano istituzionale e del riconoscimento sono stati fatti grandi passi in avanti sia a livello europeo che nazionale e regionale. Il via all’attuazione di questo nuovo strumento è stato dato dall’emendamento approvato a settembre, dalla Commissione Ambiente e dalla Camera dei Deputati a novembre, per l’inserimento dei CdF nel collegato ambientale (d.lgs. n. 152/2006 T.U. ambiente) alla legge di stabilità, l'articolo 7 del Decreto "Sblocca Italia", le 7 Regioni che hanno aderito alla Carta Nazionale dei Contratti di Fiume e le altre 5 in corso di adesione ne sono prova.
Quindi sembrerebbe tutto a posto per partire, purtroppo al momento risultano essere poche le amministrazioni pubbliche locali e molte associazioni ambientaliste che conoscono i Contratti di Fiume. Da qui la volontà di Accademia Kronos di istruire e formare i primi professionisti in questo settore. Quindi l’associazione intende organizzare uno stage presso la sede nazionale dell’Associazione a Ronciglione subito dopo le feste di Natale. Lo scopo sarà quello di creare figure esperte sia nel promuovere l’avvio di un Contratto di Fiume che nel gestirlo. C’è anche da dire che i CdF godono di finanziamenti specifici sia a livello europeo che nazionale, svincolati da varie burocrazie. Per i giovani in cerca di lavoro qualificato è anche un modo di aprirsi ad una nuova professione.

Accademia Kronos, in qualità di ente protezione natura riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente, alla fine degli stage potrà rilasciare attestati capaci di convalidare questa nuova figura professionale.

Il primo stage partirà a gennaio prossimo presso la sede di Ronciglione (VT), ma sarà limitato a soli 30 posti, quindi chi interessato prenoti subito o chieda informazioni alla segreteria di Accademia Kronos ai n. 0761.093080 – 338.8513915 o via e mail: ak@accademiakronos.it.

Gabriele La Malfa

martedì 25 novembre 2014

Roma. Hortus Urbis 30 novembre 2014: "Le mani in pasta"

30 Novembre 2014

MANI IN PASTA: PANE AZZIMO

Visualizzazione di locandina-30-novembre-2014-MANI-IN-PASTA-w.jpg

Siamo lieti di invitarvi, Domenica 30 novembre alle 11 e alle 12, alle attività autunnali all'aria aperta per grandi e piccini dell'Hortus Urbis, l'orto antico romano nel Parco dell'Appia Antica. Sarà l'ultimo appuntamento stagionale.

MANI IN PASTA: PANE AZZIMO Laboratorio per bambini, a cura di EU'S, il buono fatto bene
Con farina, acqua, olio, sale e molta fantasia i bambini impasteranno per realizzare con le mani il proprio pane azzimo che verrà cotto nel forno dell'orto: infarinarsi, sporcarsi e affondare le mani nell'impasto, stenderla e creare da soli il proprio pane perchè … “oggi cucino IO”.
  • Da anni 5 in su, per i più piccoli è consigliata la presenza di un genitore
  • Quota di partecipazione: 8 euro a bambino, 6 euro con la Carta amici del Parco, “family bike to #HortusUrbis” (ovvero gratis per le famiglie in bicicletta)
  • Registrazione 15 minuti prima dell’inizio del laboratorio
  • Durata: circa 50 minuti
  • Prenotazioni entro le ore 18 di venerdì 28 novembre hortus.zappataromana@gmail.com, o in loco fino ad esaurimento dei posti

In caso di pioggia le attività saranno spostato ad altra data

Si ricorda che l'area è dotato di zona pic nic per coloro che volessero trattenersi anche per il pranzo.

Segnaliamo che è attiva una convenzione tra Hortus Urbis e Teatro di Roma per i partecipanti ai laboratori dell'Hortus Urbis, che da luogo a facilitazioni per gli spettacoli del Teatro dei ragazzi in scena al Teatro India.

Contatti:

Per arrivare:
Hortus Urbis presso l'ex Cartiera Latina, via Appia Antica, 42/50 (accanto alla fontanella)

In bici: ciclabile Cristoforo Colombo e percorrere il sentiero Circonvallazione Ardeatina
Bus: 118 e 218 sull'Appia Antica (Fermata Domine Quo Vadis) o 30express, 714 e 715 (Fermata Cristoforo Colombo/Bavastro o Cristoforo Colombo/Circonvallazione Ostiense) e percorrere il sentiero Circonvallazione Ardeatina nel parco Scott
In macchina: parcheggiare a via Carlo Conti Rossini, Largo Gavaligi, via Omboni, via Scott e dintorni e percorrere il sentiero Circonvallazione Ardeatina nel parco Scott

lunedì 24 novembre 2014

La Regione Lazio rinuncia alla discarica di Cupinoro? (forse)




Prima grande vittoria dei cittadini e della legalità

Con atto pubblicato il 18 novembre 2014 la Regione Lazio ritira la VIA, già approvata, relativa al progetto di costruzione di una nuova discarica per un quantitativo utile di 450.000 metri cubi, denominata Vaira 1.

Dopo più di un anno, dopo il nostro ricorso al Tar, dopo le proteste e le richieste di controlli, qualcuno inizia a capire che non era e non sarà più possibile decidere sulle spalle della comunità. Non era possibile costruire una nuova discarica, e in modo particolare non lo era in una zona ex cava, che andava invece bonificata e ripristinata come previsto dalla legge.

Non era possibile farlo con un semplice permesso a costruire, senza investire del problema gli organismi competenti che - messi in allarme dai cittadini - hanno potuto verificare i fatti e far sospendere i lavori.

Non era possibile continuare a conferire rifiuti, dopo 23 anni in cui si è proceduto al più grande scempio del nostro territorio, alla faccia dei vincoli esistenti.

Adesso sarà dovere di chi ha procurato tale vergognoso danno, ripristinare i luoghi, come peraltro già richiesto dai vari organi competenti, nel più breve tempo possibile.
Un passo è stato fatto. Continuiamo con forza a lottare per il nostro diritto alla salute e alla tutela del territorio. Uniti possiamo vincere. 

Comitato Fermiamo Cupinoro


....................

Comunicato integrativo:

ATTENTI AL CIELO! Era il finale di un cult film di fantascienza degli
anni 50' chiamato in italiano " la Cosa da un altro mondo" : oggi al
posto dei marziani, la nostra guerra dei mondi la facciamo contro il
mostro ammazzaterritorio che vorrebbero perpetuare e peggiorare in
quel della esausta discarica di Cupinoro.

Se la revoca della V.I.A. per VAIRA UNO, dopo mesi di lotta ed allarme
e preoccupazione diffusa, ci rende tutti felici, come Comitati Uniti
per la chiusura definitiva di questa montagna di rifiuti, che si puo'
scorgere per kilometri, abbiamo il dovere di mettere un po' d'ordine
nella comprensibile confusione creata tra due cose diverse e due
diverse autorizzazioni per lotti diversi.

Una si chiama VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE (V.I.A.) E RIGUARDA
VAIRA UNO che e' un ex cava in disuso, destinata a 450.000 metri cubi
di rifiuti.

Tale V.I.A. ha trovato la ferma opposizione del M.I.B.A.C. ed e' stata
interessata da due ricorsi dei quali non si conosce ancora l'esito.

Ora invece, sussiste anche l'A.I.A, OVVERO L'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA
AMBIENTALE, che possiamo dire in termini un po' impropri ma
chiarificanti, un atto maggiormente vincolante e definitivo della
procedura completa.

Accade che cio' che abbiamo respinto dalla porta, per intenderci
meglio, si e' proverbialmente ripresentato da una finestra: il lotto
di complemento, che permetterebbe di fatto una "CUPINORO 2" ILRITORNO,
E UN GRANDE IMPIANTO A TMB CON ANNESSO CICLO ANAEROBICO.

DALLA PADELLA NELLA BRACE!

ECCO PERCHE' SCONSIGLIAMO TROPPO TRIONFALISMO E SOPRATTUTTO CERCHIAMO
DI COLMARE AD UNA COMPRENSIBILE GRANDE CONFUSIONE, perche' non tutti i
cittadini hanno opportunita' e tempo per seguire tutte le vicende, ne'
preparazione tecnica, in una assenza di informazione ufficiale
approfondita ed obiettiva.

I Comitati Uniti ritengono che ora inizi la fase piu' complicata,
richiedente maggiore attenzione.

Quindi la V.I.A. per Vaira Uno, revocata, e la concessione dell' A. I.
A. per "il lotto di completamento" e un grande impianto a TMB,
proposto dalla Bracciano Ambiente, con la ferma opposizione del MIBAC,
RILASCIATA in data 28 /10/2014 dalla Regione, dopo il parere
favorevole espresso in agosto dalla Presidenza del Consiglio, sono due
cose distinte.

Il nostro riscorso riguarda l'AIA per questo nuovo lotto ed impianto:
l'unica possibilita' reale, oggi, per fermare tale rischio incombente
sul territorio. Senza il nostro e gli altri ricorsi, che verranno
tutti valutati dal competente T.A.R. DEL LAZIO, non avevamo speranza
alcuna di continuare a lottare e sperare di vincere.

Proprio adesso invece, e' necessario intensificare la vigilanza e la
mobilitazione e, nel caso di inizio dei lavori di tale ampliamento,
nonostante la bocciatura di Vaira uno, oramai "ingombrante", sarà
allora necessario giuridicamente chiederne la sospensione.

Come nel caso di Vaira uno, siamo abbastanza fiduciosi dei contenuti
rilevati nel ricorso depositato dall'avv.Michele Greco, ma la
pressione delle coscienze non si deve interrompere: piu' saremo a
chiedere la giusta definitiva chiusura di Cupinoro, maggiore peso
avra' anche il nostro ricorso, osteggiato perche' puo' affermarsi.

Lottiamo Uniti,vigiliamo tutti e non molliamo la presa fino al
coronamento del nostro obiettivo: Salviamo il Nostro Territorio,
resistendo un minuto piu' di chi vuole decidere sulle nostre teste, la
salute ed il futuro.

COMITATI UNITI DI CERVETERI-BRACCIANO-LADISPOLI E MANZIANA ( per la
chiusura definitiva di Cupinoro)