mercoledì 31 maggio 2017

UE. Troppo cibo sprecato...


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Stime mostrano che nell'UE si producono 88 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari ogni anno, equivalenti a circa 173 kg a persona. Quali sono i settori maggiormente responsabili? Come si sta cercando di ridurre questo spreco a livello europeo? Cosa possiamo fare noi consumatori?

I prodotti alimentari vengono persi e sprecati lungo tutta la filiera alimentare: nelle aziende agricole, nella lavorazione e produzione, nei negozi, nei ristoranti e in casa. Sempre secondo stime, i settori che in media contribuiscono maggiormente allo spreco dei generi alimentari nell'UE sono le famiglie (53%) e l’industria della trasformazione alimentare (19%).

È necessario che i consumatori siano meglio informati sullo spreco di cibo e sulle sue cause.
Secondo un sondaggio dell’Eurobarometro la data di scadenza sui prodotti alimentari è mal compresa, anche se quasi 6 su 10 europei dicono di controllare sempre le diciture "da consumarsi preferibilmente entro" e "da consumarsi entro" sulle etichette.  L’incomprensione riguardo alle date di scadenza contribuisce all’aumento dei tassi di spreco.

Lo spreco di cibo costituisce un problema etico, oltre che economico e ambientale

Lo spreco di alimenti implica anche uno spreco di risorse preziose e spesso limitate (acqua, suolo, ore di lavoro, energia, ecc.) contribuendo inoltre al cambiamento climatico. Secondo la FAO, i rifiuti alimentari creano un inquinamento da anidride carbonica equivalente a circa l'8% delle emissioni totali di gas ad effetto serra prodotte dall’uomo. Questo perché per ogni chilo di cibo prodotto vengono rilasciati 4,5 kg di CO2 nell'atmosfera.

La riduzione dei rifiuti alimentari non è solo un obbligo economico e ambientale, ma anche morale.
Secondo i dati forniti dalla FAO, circa 793 milioni di persone nel mondo sono malnutrite. I dati Eurostat ci mostrano che 55 milioni di persone (il 9,6% della popolazione dell'UE-28) non sono riuscite a permettersi un pasto di qualità ogni due giorni nel 2014.

Il tema in discussione al Parlamento Europeo
Lunedì 15 maggio il Parlamento Europeo ha discusso una relazione preparata dalla deputata croata Biljana Borzan che propone una serie di misure volte a ridurre del 50% entro il 2030 le 88 tonnellate di spreco alimentare annuo dell’Unione Europea. Con questo traguardo concreto i deputati intendono ribadire l’obiettivo già delineato nel pacchetto legislativo sui rifiuti votato a marzo.

In aggiunta la relazione Borzan suggerisce alcune misure per ridurre lo spreco alimentare, come facilitare le donazioni di cibo.

Le donazioni permettono di aiutare persone in difficoltà e allo stesso tempo ridurre lo spreco alimentare. Per questo la relazione sollecita la Commissione europea a proporre un cambiamento nelle vigenti direttive sull’IVA per autorizzare in maniera esplicita le donazioni di cibo.

La semplificazione delle etichette, eliminando l’ambiguità fra le diciture “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro”, aiuterebbe ulteriormente a prevenire gli sprechi.


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(Fonte: Arpat)

lunedì 29 maggio 2017

Bioregionalismo ed interspecismo - Un sano rapporto con la natura e gli animali non implica un "uso"

Il rapporto, secondo me, “ideale” (o se preferite “ecologico”) con gli animali e le piante non è né quello "emozionale" che abbiamo con  i pets, né quello "utilitaristico" con gli animali erbivori, sfruttati negli allevamenti industriali (o peggio ancora con quelli usati nei laboratori medici della vivisezione).
Tenere gli animali in salotto o torturarli e mangiarli è la dicotomia di un rapporto falsato ed ipocrita. Entrambi questi comportamenti sono modi scriteriati di rapportarci con essi. Noi stessi - tra l’altro - siamo animali, quindi abbiamo bisogno di avere un contatto "equilibrato" con i nostri “fratelli e sorelle” di altra specie. Se è chiaro questo… allora comprenderete tutto il resto…
Non teniamo gli animali in gabbia (per sfruttarli fisicamente) e nemmeno nei divani (per sfruttarli psicologicamente). Dobbiamo trovare una via di mezzo che non sia il risultato di un senso di colpa o di un bisogno psicologico e nemmeno di una totale cecità ecologica ed etica.
Purtroppo la vita malsana e virtuale della società moderna, che si svolge in contesti urbani distaccati dalla natura,  ci porta a dover avere un rapporto con gli animali molto finto. Ce li portiamo in casa, come  ho visto fare persino con maiali e conigli, serpenti, topi, etc.… Oppure li ignoriamo, in quanto appaiono davanti a noi solo in forma di pezzi di carne. I pochi selvatici residui si arrabattano a vivere nel loro habitat, alla meno peggio, sempre più ristretti. Da quell'habitat "naturale"  noi  siamo esclusi (perché non più avvezzi a vivere nelle poche foreste rimaste) e pensiamo di conoscerli solo perché guardiamo la TV od il piccolo schermo.
Ripeto, non sono entusiasta nell’assoggettare nuove specie alla cattività, però se alcune specie di animali non venissero tenute in cattività sarebbero destinate alla scomparsa, per via della eliminazione dal pianeta di un ambiente idoneo (l’uomo occupa sempre di più ogni spazio vitale). Insomma andremmo verso un ulteriore impoverimento della biodiversità. Inoltre c’è il fatto che - dal punto di vista evolutivo - alcune specie di animali in simbiosi con l’uomo hanno trovato vantaggi nella cattività (sia per la diffusione, sia per l’avanzamento intellettuale e coscienziale).
Siamo tutti in una grande bolgia chiamata vita e non sta bene scindere gli uni dagli altri… No quindi allo sfruttamento incondizionato ma sì al contatto empatico. Sono favorevole ad una via di mezzo. L’uomo, da animale istintuale e raccoglitore di cibo sparso, si è trasformato in un lavoratore che ricava attraverso il suo ingegno cibo e modi di crescita.
Il lavoro ha affrancato l’uomo dalla “bestialità” pur costringendolo a nuovi parametri di debolezza e alienazione? Non lo sappiamo, ma la situazione è questa!
Il fatto è che  sia nei rapporti fra esseri umani che nel rapporto con gli animali dovremmo trovare un modo “equanime” di poter esprimere il contatto e la collaborazione senza dover ricorrere a perversioni.
Avrete compreso che - a questo punto -  il sano rapporto uomo natura animali è un fatto di sopravvivenza generale della vita sul pianeta in un modo simbiotico, con opportuni aggiustamenti e con opportune riflessioni sui valori della vita stessa.
Siamo in una scala evolutiva che in parte noi umani abbiamo percorso, ci manca ancora molto per arrivare alla cima della comprensione, possiamo però aiutare coloro che sono ai primi gradini senza doversi vergognare… Sapendo che il loro bene è anche il nostro. Questo vale per le piante, per l’aria, per le risorse accumulate sulla terra nei milioni di anni, per il nostro passato nella melma e per il nostro futuro nelle stelle. Per aspera ad astra!
Paolo D'Arpini
Rete Bioregionale Italiana

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domenica 28 maggio 2017

Proposta bioregionale amministrativa - Per un pubblico impiego "pro tempore" (a tempo determinato)



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Acqua, aria, terra avvelenate, ormai ovunque. Eppure quanti dipendenti pubblici assunti a vita abbiamo pagato per tutti questi anni affinché facessero funzionare bene le cose, affinché controllassero e mantenessero il territorio sano e vivibile? Ed invece ... Tragica realtà è che gli assunti a vita nel Pubblico Impiego (i noti "burocrati", i carrieristi pubblici) servono soprattutto a tenere noi cittadini lontano dai giochi, dai luoghi di potere, ad impedire che noi cittadini sappiamo cosa accade per davvero, a tenerci lontano dai governanti così che questi, spinti da cricche, elite, lobby e mafie, possano fare le peggiori cose. 
Decidiamoci allora a mettere da parte, per un momento, il potere legislativo e concentriamoci sul potere amministrativo e giudiziario. Rendiamoci conto che finora è stato reso democratico solo il potere legislativo (perché assegnato pro tempore, a tempo determinato) mentre gli altri due importantissimi poteri (che rappresentano la montagna dello Stato) sono ancora oggi tiranni: concessi a vita, regalati (per fidelizzarla) ad una minoranza che così diventa casta. 
Il Pubblico Impiego divenga allora finalmente anch'esso solo pro tempore, concesso rigorosamente a tempo determinato ed in chiave bioregionale: per avere un potere amministrativo e giudiziario (quindi uno Stato) democratici, aperti, inclusivi, partecipati, rinnovati periodicamente. Affinché l'Italia sia davvero una Res Publica e Democrazia.

Da parte mia sono al 25° giorno di digiuno per uno Stato democratico: https://youtu.be/HhOTa8kZ6EA


Danilo D'Antonio
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Monti della Laga
0039 339 5014947

Civilmente, legalmente, pacificamente,
rendiamo democratico l'intero Pianeta!

STATO DEMOCRATICO: APERTO E PARTECIPATO
http://stato-democratico.tk/

sabato 27 maggio 2017

Agricoltura industriale come Roulette Russa - Di pesticidi si muore!


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Principio di uguaglianza e almeno DIECI ARTICOLI DELLA COSTITUZIONE VIOLATI PER L’UTILIZZO E PER LA DERIVA TOSSICO-NOCIVA DEI PESTICIDI DI SINTESI

SIANO I SINDACI A VIETARE I PESTICIDI DICHIARANDO I PROPRI TERRITORI BIOLOGICI

Ai 10 articoli menzionati si aggiunge la violazione del Principio di Uguaglianza costituzionale (Art. 3), laddove i residui di Pesticidi stabiliti come soglie di tolleranza vengono tarati genericamente su un corpo umano di 60 kg di peso, non considerando le persone più deboli come bambini, donne in gravidanza e malati, e le differenze individuali di sensibilità e sistema immunitario. 
Inoltre i limiti di tolleranza non prevedono una sommatoria massima che consideri l'effetto sinergico negativo moltiplicatore dei danni alla salute, ne quelli ormonali infinitesimi e dannosissimi (distruttori endocrini).

Non si tiene conto inoltre dell'aspetto più importante, ovvero che i residui di pesticidi sono molto diversi nelle diverse parti dello stesso prodotto  essendo l'irrorazione sulle piante spesso molto casuale nel deposito di prodotti chimici sulle diverse parti delle piante e sui diversi frutti e prodotti, per cui chi è più sfortunato viene a contatto con maggiori residui a causa di un seme, farina, mela, verdura, più contaminata…

Ma la Costituzione non può regolare un gioco d'azzardo, come la "Roulette Russa dei Pesticidi" chimici, bensì dovrebbe applicare il Principio di Precauzione.

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Ci stanno massacrando di Pesticidi inutili (in quanto abbiamo tecniche alternative efficienti di tipo biologico), cancerogeni (in Italia abbiamo il record mondiale dei tumori infantili - Eurostat), sterilizzanti e teratogeni (con danni alla progenie per generazioni) determinanti patologie autoimmunizzanti (Diabete, celiache, Sla, sclerosi multipla, Parkinson, ecc,), ecc. ecc.

...per il solo interesse BAYER-Monsanto-Syngenta-BASF-DOW, ecc… che incassano centinaia di miliardi ogni anno dalla loro economia di morte.

Una vera e propria guerra dichiarata alla popolazione mondiale e pagata direttamente dalle vittime, attraverso l'acquisto di pesticidi, alimenti contaminati e transgenici, medicine chemioterapiche…  con un impoverimento generale delle popolazioni e degli stati sociali

Le tecniche agroecologiche tradizionali ed innovative come gli insetti utili e i microrganismi del terreno, sono più che sufficienti a sfamare l'intera popolazione del pianeta, moltiplicata per 2, dimezzando il consumo di risorse...

Mentre oggi produciamo per alimentare bestiame che consuma come 20 miliardi di esseri umani (carne che può alimentare - avvelenarne solo 3-4 miliardi di persone), devastando le foreste, e producendo gas serra che stanno alterano irreversibilmente il clima con tutte le conseguenze note ormai a tutti.

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Invece del fertile letame che si spande nel terreno, gli allevamenti producono Metano, ossidi di azoto da liquami putrefatti ed inquinanti le falde idriche, ammoniaca come una cappa di azoto che potrebbe invece rimanere nel terreno con opportuni trattamenti al letame (es con fosforiti, che inoltre fertilizzano il terreno), CO2 per respirazione e distruzione delle foreste, devastazione dei terreni e decomposizione dell'Humus, ridotto a meno dell'1%, quando la FAO definisce non fertile un terreno sotto il 2%.
30% dei terreni mondiali fertili sono stati abbandonati, in quanto non più produttivi… 

La distruzione dell'Humus dei terreni provoca inoltre alluvioni per creazione di bombe idriche, causa la mancanza di trattenimento dell'acqua da parte dell'Humus, erosione della fertilità conseguente, ecc…

L'europa avrebbe risolto il problema da 20 anni, finanziando i Pagamenti Agro ambientali agli agricoltori biologici (mancati ricavi per il 30-40% di produzione, maggiori costi, più 30% per le azioni collettive, es un sindaco che dichiara il comune biologico, più un 20% per le burocrazie e il rimborso delle spese di certificazione) e a chi inserisce tecniche protettive della fertilità, come letamazioni, colture vegetali di copertura da interrare, biodiversità funzionale, acquisto di insetti utili, ecc… ma questi soldi, miliardi di euro, da 20 anni in Italia vengono regalati a chi compra Pesticidi chimici e disseccanti… falsificando le norme regionali agroambientali e i disciplinari di cosiddetta Agricoltura Integrata

I Pesticidi violano almeno 10 articoli Costituzionali…

E vi si aggiunga poi la violazione del principio di uguaglianza di fronte alle leggi, dal momento che residui chimici vendono stabiliti su un corpo di 60 kg, senza tenere conto dei bambini (principio di precauzione) e nemmeno considerando la sommatoria dei diversi pesticidi chimici presenti, per cui più la dieta  è varia più ci avveleniamo, ovviamente se non è biologica…

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NB
Quando un agricoltore spruzza pesticidi, i residui chimici che ritroviamo sugli alimenti dipendono dal vento, dalla velocità del trattore, dagli ostacoli e manovre, e dal "caso"… e vi saranno sempre mele molto più avveleniate di altre…anche se la media del residuo ritrovato rientra nei limiti di …"in-tolleranza"

Di conseguenza avremo vittime semplicemente più sfortunate.

L'Art. 3 Costituzione, secondo comma recita... 
...È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.


Giuseppe Altieri, Agroecologo

venerdì 26 maggio 2017

Interspecismo ed ecologia profonda - L'uomo non è l'ultima parola in natura


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Foto di Gustavo Piccinini

Ritengo personalmente che per andare verso una consapevolezza della comune appartenenza e della pari dignità e complementarietà delle varie forme di  vita, insomma delle reciproche relazioni fra specie, sia importante che vengano riconosciute le differenze per poter allo stesso tempo riconoscere l'eticità naturale senza forzare la natura.

L'astrazione del pensiero trasformato in "morale" non aiuta la manifestazione di una spontanea "compassione" che si manifesta in un interspecismo maturo.

Tutti gli esseri viventi attingono e si originano dalla comune matrice che differenziandosi ha assunto le innumerevoli forme, ognuna complementare e relata alle altre, ognuna con alcuni aspetti evolutivi utili al mantenimento della vita ed alla ulteriore propagazione e fioritura di nuove specie.

L'uomo non è l'ultima parola in natura e questo deve essere sempre presente nella considerazione di chi si pone il "problema" del bene collettivo.

La vita si nutre della vita, su questo non ci sono dubbi, d'altra parte vediamo che esiste un  certo equilibrio   anche nel modo in cui questo costante e collettivo alimentarsi avviene. I microorganismi svolgono funzioni essenziali come  base alimentare degli organismi più complessi e contribuiscono al riciclaggio della materia morta.

Le piante procurano ossigeno e forniscono cibo agli animali ed allo stesso tempo ricevono humus e sostanze organiche utili in cambio. Gli animali  aiutano la propagazione delle piante, e qui non mi riferisco semplicemente agli insetti che facilitano l'impollinazione, bensì a tutte le specie di erbivori che sfogliando le piante senza ucciderle fan sì che esse affondino vieppiù le radici nella terra.

Le piante producono frutti appetibili  ed i semi  vengono diffusi in altri spazi dagli animali. L'eccesso di erbivori viene calmierato con la presenza di predatori e fra erbivori e predatori c'è una armonia di co-presenza. Essi aumentano e decrescono sulla base delle necessità finali delle piante nell'ambiente.   

Tutti sanno che i leoni quando aggrediscono un branco di antilopi, ricevono dalle antilopi stesse un "tributo" in forma dell'animale più malandato del gruppo, una specie di "offerta/sacrificio" che tra l'altro ha la funzione di mantenere sano il branco. Insomma la natura pur nella sua apparente crudeltà è saggia e materna. Si occupa di tutti gli aspetti e nulla trascura per i suoi figli. Al contrario ove manca l'interscambio, come ad esempio nelle nostre periferie urbane in cui sono aumentati indiscriminatamente alcune specie avicole e terricole per la mancanza di idonei "calmieratori".

Anche l'uomo per migliaia di anni ha rispettato questa "etica naturale" contribuendo a mantenere la vita sul pianeta in equilibrio. Solitamente l'uomo, come tutti gli animali frugivori, non ha bisogno di alimentarsi direttamente delle carni di altri animali. Vedasi le scimmie antropomorfe nostre cugine che fanno un uso insignificante di carne, assumendo solo piccole quantità di insetti o piccoli animaletti della foresta a mo' di integrazione alimentare, quando necessario. Altrettanto fanno i cinghiali e gli orsi. Però, ad esempio, gli orsi che si sono spostati al polo nord ovviamente hanno modificato la loro dieta sino a renderla totalmente carnivora e così è avvenuto per l'uomo che nella sua lenta occupazione del pianeta  e spostandosi sempre più dall'habitat tropicale originario ha dovuto pian piano modificare in parte o totalmente le sue abitudini alimentari, per necessità di sopravvivenza.

La scoperta dell'agricoltura molto ha comunque contribuito per riportare l'uomo alla sua dieta originaria.  Fermo restando che a seconda della latitudine la dieta varia in base al reperimento di risorse alimentari, vediamo che oggigiorno le capacità produttive, senza voler ricorrere alla chimica od agli OGM,  garantirebbero all'uomo nutrimento sufficiente non solo  i 6 miliardi di individui che siamo ma per almeno 10 volte tanti.... E qui veniamo al punto dolente... L'uomo avendo perso un contatto diretto con la natura ha utilizzato le sue capacità  tecniche e la sua capacità di sottomettere (e sottomettersi) per assoggettare la sua stessa specie ed anche le altre ad un dominio utilizzativo e speculativo che non tiene conto della pari dignità di tutti gli esseri viventi.

L'uomo ha diviso la società umana in "schiavi" produttori di ricchezza (per l'uso di pochi "padroni") e le specie animali in  "oggetti di mercato" da sfruttare ignominiosamente come merce.  I grandi  finanzieri ed i produttori del denaro, staccati dal contesto umano, galleggiano razzisticamente  sul resto dell'umanità e fingono di fornire ai loro sottoposti un benessere privo di valore, in forma di cibo sanguinolento e crudele  e malsano proveniente dagli allevamenti intensivi e dai macelli.

Questo meccanismo è non solo la causa della distruzione del pianeta, per il consumo di tutte le risorse e per l'avvelenamento degli elementi naturali, ma è anche causa della perdita totale dell'anima originaria, della naturale e rispettosa correlazione fra esseri viventi e habitat....

Mi rendo conto di aver toccato un argomento che a questo punto con l'etica propugnata dai cosiddetti animalisti viaggia in una sorta di parallelismo antagonista....

E' vero che le abitudini alimentari vanno modificate in funzione di un ritornò alla naturalità.. ed è anche vero che non si può separare l'uomo dagli altri animali. Il muto aiuto è necessario per la reciproca sopravvivenza e per la comune crescita karmica. Gli spazi naturali vanno recuperati senza forzature e la specie umana non deve necessariamente saltare da "dominante" a "in estinzione". Riscoprire il significato della fatica, del reciproco aiuto, della simbiosi mutualistica senza prevaricazioni... insomma  vivere in una Pace Interspecista è la chiave della nostra e "loro" sopravvivenza. 

Bisogna stancarsi del "vizio" in cui siamo costretti a vivere ed iniziare a recuperare la capacità di procurarci il nostro cibo senza dover ricorrere al mercato e senza doversi vendere  ai "padroni del mondo". La rivolta è necessaria, lo sforzo è necessario....

Capisco di non poter esaurire l'argomento con un singolo scritto... intanto ho buttato lì alcune riflessioni.

Paolo D'Arpini


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giovedì 25 maggio 2017

Archetipi antichi precedono la formazione di nuovi nomi... come ad esempio: bioregionalismo, ecologia profonda e spiritualità laica


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Abbiamo bisogno che le cose nuove, soprattutto se trattasi di idee sconosciute ed astruse, divengano usufruibili ed è per questo che vorrei introdurre il discorso dell'ecologia profonda, del bioregionalismo e della spiritualità laica con parole semplici e comprensibili.

Ed è vero che questi termini inusitati non hanno ancora una concreta immagine di riferimento che ci consenta di riconoscere al volo di cosa si stia parlando. In verità questi nomi astrusi rappresentano degli archetipi primordiali che hanno accompagnato ed affascinato l'uomo sin dalla sua venuta sul pianeta Terra.

Ma prima di passare al significato di Ecologia Profonda, che è la stessa cosa del Bioregionalismo, e di Spiritualità Laica vorrei chiarire il significato di “archetipo” anche questa parola infatti è poco consueta. Nella filosofia neoplatonica, ma anche nel pensiero taoista espresso nell'I Ching, l'archetipo è un modello della natura, in forma sottile, ovvero una immagine originaria, che precede le forme di cui le cose materiali sarebbero semplici copie. Insomma secondo gli antichi gli archetipi sono “Forme Pensiero”, modelli mentali, su cui viene a crearsi il mondo sensibile della materia. Abbastanza simile, ma più ragionata, è la descrizione fatta nella psicanalisi junghiana secondo la quale “archetipo” è un'idea innata e predeterminata dell'inconscio individuale e collettivo del genere umano.

E da qui vorrei partire. Infatti la meraviglia con cui i primi uomini hanno osservato e adorato gli aspetti molteplici della natura, degli animali, degli alberi e dell'habitat, a cui venivano dati nomi, qualità e sembianze divine, il riconoscersi parte integrante di questo insieme, il sapere che nulla può essere separato e che ogni cosa compartecipa ad ogni altra cosa in un afflato panteista, tutto ciò può essere definito “Ecologia profonda”. Trattasi di un neologismo fuoriuscito dal cervello di un filosofo moderno -Arne Naesse- per descrivere qualcosa che era già.. che faceva parte del nostro sentire ancestrale.

E la meraviglia di sé, la coscienza di esistere e di essere consapevoli di esistere, la capacità di comprendere, di sentire emozioni profonde, di riconoscersi in tutto ciò che è... l'intuizione di essere presenti senza ombra di dubbio e di percepire la pienezza del proprio essere, questa è la Spiritualità naturale (o laica).

Insomma parlando di ecologia profonda e di spiritualità laica si parla di corpo e di spirito, senza separazione alcuna fra l'uno e l'altro, due aspetti della stessa incredibile magia....

E qui arriviamo al dunque... Siccome il conosciuto ha bisogno di essere ricordato, conservato e riproposto, tempo dopo tempo, in forme sottili come avviene per la conoscenza filosofica o per le religioni, ed in forme materiali come avviene con il dna e con il tramando delle arti e della capacità tecniche... 

Ecco che ho pensato di raccogliere le mie esperienze, i miei esperimenti e sentimenti, in un libro in cui si evocano i punti sostanziali della mia ricerca in chiave di bioregionalismo, spiritualità laica ed ecologia profonda ... si chiama “Riciclaggio della Memoria”...  (http://www.tracce.org/D'Arpini.htm


Paolo D'Arpini

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mercoledì 24 maggio 2017

Giuseppe Altieri: "Attenti alle associazioni ambientaliste farlocche... I traditori dell'ecologia sono fra loro..."


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La maggioranza delle associazioni "ambientaliste" nazionali riconosciute in Italia sono farlocche… e finanziate, spesso, da capitali stranieri… e dagli ingenui che gli danno il 5 per mille e donazioni varie. Esse sono corresponsabili del disastro ambientale per diversi motivi.

1. La gente comune delega a loro la lotta politico giuridica e istituzionale (gestita per fare soldi con progetti, oasi, educazione, ecc)

2. Siedono nei tavoli dove si attua la concertazione obbligatoria per legge in materia ambientale e sanitaria, per le decisioni politiche e amministrative, senza costrutto (ad es. i fondi agroambientali regalati a chi compra pesticidi e glifosate, e ridotti arbitrariamente all'agricoltura biologica… nemmeno i parchi sono ancora biologici, nonostante il sottoscritto fece un servizio televisivo di dieci minuti in una puntata di un'ora di Ambiente Italia "Agricoltura Biologica e Parchi" con i parchi intesi come zone biologiche dove attivare innovazioni e dimostrazioni per il resto dell'agricoltura).

3. Gestiscono un sacco di soldi che potrebbero essere fondamentali per cambiare l'Italia e il Mondo auto-organizzando le reti agroecologiche e che invece finiscono in chiacchiere e qualche oasi protetta (talvolta avvelenata da pesticidi)

4. Raramente fanno  una vertenza legale sul diritto ambientale e sanitario e si limitano a chiacchiere politiche e petizioni senza alcun valore. Salvo prendersi i meriti sui mass media di sistema, quando qualcuno ottiene una vittoria senza alcun aiuto da parte loro, es Corte Costituzionale che ha bocciato la coesistenza di coltivazione con gli OGM, tribunale che ha fermato il taglio degli Ulivi in Puglia, Vertenza Amianto...

5. Molti di loro supportano o fanno direttamente i politici… Ad es. Gentiloni che ora ci impone le vaccinazioni naziste.

6. Tolgono visibilità e rappresentanza (e soldi) alle vere associazioni che combattono veramente e agli scienziati e militanti che hanno in mano le soluzioni tecniche per salvare l'ambiente e la salute.

7. Agiscono solo quando il danno è fatto…

Per quei ed altri motivi il Divin Poeta, Dante, li avrebbe collocati nel girone più profondo, quello dei traditori dei benefattori, col ghiaccio perenne sugli occhi
(Inferno, canto 34)… ed anzi, sono sicuro che avrebbe scavato con le sue mani un posso ancora più profondo laddove nessuno avrebbe potuto più raggiungerli ne ricordarli.

Oggi bisognerebbe organizzare una class action per "TRADIMENTO DELLO SCOPO ASSOCIATIVO DA PARTE DI TUTTI GLI ASSOCIATI IN BUONA FEDE E DEI CITTADINI CONTRO QUESTE ASSOCIAZIONI "DI SISTEMA"

Giuseppe Altieri

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P.S. A proposito di caccia. Mentre la maggior parte degli animali selvatici muore avvelenata dai pesticidi, il resto li massacrano i cacciatori (spesso dopo  averli allevati con OGM e diffusi spaesati nell'ambiente poco prima…).

martedì 23 maggio 2017

Mettere in sicurezza il verde pubblico senza ricorrere a potature drastiche od alla capitozzatura


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Il consolidamento dei rami: una valida alternativa alla potatura. Capita delle volte in città di dover mettere in sicurezza un ramo di un albero perché magari danneggiato o inserito sul fusto in maniera anomala tale da far ritenere che possa spezzarsi e cadere a terra. 


Non sempre tuttavia la rimozione del ramo mediane interventi di potatura è auspicabile soprattutto nel caso in cui il diametro del ramo che si vorrebbe asportare è grande e quindi il suo taglio darebbe luogo ad una grossa ferita sul fusto della pianta. 

In questi casi si può ricorrere a sistemi di consolidamento dei rami e dell’intera chioma mediante l’apposizione di speciali cavi dalle caratteristiche tecnologiche evolute ed in grado di resistere a carichi anche di 12 tonnellate e dall’elevata durabilità (fino ad 8 anni). 


Il sistema di funi elastiche permette il movimento naturale dell’albero riducendo solamente quelle oscillazioni troppo forti e pericolose senza che venga bloccata la crescita naturale dei tessuti legnosi, poiché la pianta non percepisce l’ancoraggio. Queste funi hanno inoltre dei sistemi di avviso qualora il ramo abbia perso stabilità e quindi la corda lo stia trattenendo che consentono di avere del buon margine di tempo per prendere gli opportuni provvedimenti.

Michele Baldasso e Luca Loperfido

(Fonte: A.K. Informa n. 19/2017)

lunedì 22 maggio 2017

Bioregionalismo e cambiamenti necessari per il mantenimento della vita sul pianeta

I cambiamenti in atto sono tanti e sono sotto gli occhi di tutti noi: le persone, forse complice anche la crisi, (che non è una parola con un significato negativo, ma appunto una parola che sottintende la necessità di aggiustamenti), sono più attente ai consumi, specie a quelli alimentari, ma non solo. C'è un settore in forte crescita, che è quello del biologico. Le persone hanno voglia di dedicare più tempo e più risorse a procurarsi un cibo che sia più in sintonia con l'organismo umano e con l'ambiente.
Cambiamenti per una vita bioregionale

Cambiamenti per una vita bioregionale

Nei decenni del boom economico avevamo imparato che potevamo avere cibo di tutti i tipi in abbondanza e a poco prezzo, ma a prezzo (sembra un gioco di parole) della nostra salute fisica e mentale e di quella dell'ambiente. L'importante era produrre di più con la scusa di "nutrire gli affamati" e torna in mente lo slogan "Nutrire il Pianeta" dell'EXPO 2015... ancora ci raccontano la favola della fame nel mondo come se le morti per fame che disgraziatamente forse ancora esistono, dipendessero dalla scarsa redditività delle nostre colture e non dalla dissennatezza dei governi che comandano in questi luoghi sfortunati della terra, che non trovano di meglio che farsi guerre tra tribù e bande rivali, spendendo cifre abnormi per armamenti e in costi umani e rubare dalle casse statali per il proprio tornaconto personale... e allora giù con i pesticidi, i diserbanti ed i concimi chimici.
Le produzioni in esubero per noi occidentali vengono poi per caso devolute in beneficenza ai paesi poveri? Non c'è dubbio, anzi, c'è un gran da fare nella ricerca di nuovi sbocchi per esportare queste "eccedenze", soprattutto se di pregio (prodotti di origine animale come formaggi e salumi).
E' vero che la specie umana si è diffusa sul pianeta in maniera abnorme, popolando ogni angolo dai deserti ai ghiacci artici, ma chi ce l'ha fatto fare? Come le popolazioni animali se lasciate in libertà si autoregolano, aumentando e diminuendo a seconda delle risorse disponibili, così dovrebbe fare l'uomo, senza voler riprodurre e mantenere gli individui umani sempre e comunque, anche in difetto di salute e di cibo. Ma non voglio fare un discorso catastrofista.
La coscienza dell'essere umano dovrebbe aumentare fino a portare spontaneamente ad una riduzione delle nascite, soprattutto nelle zone dove questo problema comincia a farsi sentire ( anche per il discorso dei posti di lavoro, che meriterebbe comunque un discorso a parte: il lavoro ci sarebbe per tutti, basterebbe che ognuno facesse un po' e non che chi ce l'ha deve lavorare 8 ore al giorno e chi non ce l'ha deve farsi mantenere con i sussidi...).
Questi ed altri argomenti potrebbero essere facilmente affrontati e risolti applicando l'ecologia profonda e il bioregionalismo ed un tocco di spiritualità laica potrebbe far si che tutti questi problemi venissero affrontati pensando che siamo su questa Terra di passaggio ma che forse c'eravamo anche prima e forse dopo, ma che comunque, anche se non ci crediamo, il nostro spirito è lo stesso che anima tutti gli altri esseri viventi e non solo e che siamo tutti una unica grande famiglia che si arrabatta per vivere secondo un programma che ci è stato impartito nei secoli, dall'egoismo e avidità umani e di cui faremmo bene a sbarazzarci.
Quante attività inutili, quanti pensieri negativi inutili e dannosi, che ci animano, spesso dal mattino quando ci svegliamo!
E pensare che la vita potrebbe essere ed è sempre così bella e varia, stimolante, se riusciamo a scorgere negli occhi del nostro vicino, dei nostri compagni, figli, genitori, noi stessi, il nostro Sé!

Caterina Regazzi

domenica 21 maggio 2017

La foto kirlian lo dimostra: “Il cibo trattato chimicamente è malsano”

Gli additivi dei cibi sono sostanze tossiche, nocive per l’organismo: deprimono il sistema immunitario e lo predispongono a moltissime patologie; impoveriscono il valore nutrizionale degli alimenti, accelerano l’invecchiamentoorganico, abbassano il pH del sangue favorendo l’insorgenza di patologie come il cancro, il diabete, cardiopatie, allergie ecc. Bisognerebbe consumare un quantitativo circa venti volte superiore per avere gli stessi nutrienti di un cibo biologico: un cibo trattato, conservato, incellofanato ecc. blocca l’assimilazione di quell’esigua quantità di nutrienti contenuta. Saziarsi non equivale a nutrirsi e le nostre cellule restano affamate di nutrienti indispensabili: questo porta a squilibri, deficit immunitario, scarsa resistenza alle infezioni, predisposizione alle malattie.
In genere negli alimenti trattati vengono aggiunte circa 1500 diverse sostanze chimiche, che non è obbligatorio menzionare sulle etichette; sostanze appetizzanti, che generano dipendenza in modo da dover ingerire quantitativi sempre maggiori di quell’alimento, per non soffrire di mal di testa, irritabilità, nausea, depressione, ansia ecc. finché non si torna a consumare quel prodotto.
Alcuni componenti sono programmati per far ingrassare: le persone grasse mangiano molto perché l’organismo è portato a reperire in un quantitativo maggiore le sostanze necessarie.
Sembra che fertilizzanti, pesticidi, diserbanti, ormoni della crescita, additivi e farmaci permangono nel nostro organismo e vengono immagazzinati nei tessuti grassi e siccome il cervello è costituito in larga misura da sostanza grassa succede che questo accumulo di tossine generi ansia, depressione, difficoltà di apprendimento ecc.
Una tecnica di lavorazione abbastanza comune degli alimenti industriali è l’irradiazione che consiste nel bombardare gli alimenti con radiazioni per uccidere i batteri. La fotografia di Kirlian evidenzia che una mela coltivata in maniera biologica mostra un’aura armonica e perfetta; la stessa mela trattata con radiazioni mostra un’aura irregolare, spigolosa, instabile, simile a quella dell’arsenico.
Franco Libero Manco

sabato 20 maggio 2017

Altro che autonomia bioregionale - "Ahi serva Italia, di dolore ostello..."


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A parte l’asprezza, che denota una certa esasperazione, il contenuto dell’articolo di Gianni Petrosillo, sotto segnalato *, è realistico e corrisponde esattamente alla situazione in cui versa l’Italia dal dopo guerra ad oggi,  e dal quale emerge soprattutto il servilismo italico di basso profilo di coloro che si prostituiscono per avere in cambio briciole di potere e di ricchezza e di falsa considerazione politica, al prezzo della rinuncia alla sovranità, autonomia ed identità bioregionale, della svendita  dei beni posseduti ma soprattutto della perdita della  neutralità politico militare, la cui violazione a favore delle potenze occidentali (USA in particolare) sottopone il nostro paese a rischi enormi di ritorsioni nel caso dovesse deflagrare un conflitto bellico, per la presenza di basi militari NATO dotate di bombe nucleari e strutture radar e di comunicazione e di comando. Per cui i potenziali bersagli sul suolo italiano sarebbero decine e la popolazione corre rischi notevoli senza esserne pienamente consapevole. 

Perché la propensione degli USA è che le guerre le fanno combattere agli altri ed in casa d’altri, al massimo rischiano la vita delle poche migliaia di soldati insediati nelle basi sparse per il mondo, che sono perlopiù immigrati cui è stata promessa la cittadinanza alla fine del periodo di arruolamento quando verranno congedati (se saranno ancora in vita), oppure disoccupati che non hanno trovato di meglio (a differenza di come vengono mostrati in molti film di propaganda hollywoodiana, che li descrivono cazzuti e patriottici, senza però specificare che sono solo le forze speciali ad avere quei requisiti).

Attualmente occorre riconoscere che la propaganda ha raggiunto vette inimmaginabili di parossismo, sfiorando il patetico ed il ridicolo, oltrepassando il senso della misura, se non fosse che una cospicua parte della popolazione, certamente la maggioranza, è ormai talmente imbevuta di tali menzogne che non è in grado di discernere minimamente, essendo la facoltà di pensiero divenuta un optional, e si pone passivamente in attesa degli eventi, confidando in una ingenua speranza che le cose si risolvano per il meglio, per gentile concessione paternalistica dei detentori del potere. 

Claudio Martinotti Doria

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venerdì 19 maggio 2017

ISTAT - Foto ambientale sociale economica... dell'Italia in cui viviamo


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La pubblicazione Istat "Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo", frutto anche dell'elaborazione delle informazioni contenute in due questionari somministrati ad un campione di 28000 famiglie italiane, presenta una selezione dei più interessanti indicatori statistici, che spaziano dall’economia alla cultura, al mercato del lavoro, passando dalle condizioni economiche delle famiglie, alla finanza pubblica, all’ambiente.
Per quanto riguarda quest'ultimo tema, vengono affrontati alcuni argomenti, come
  • la produzione di rifiuti urbani,
  • la qualità dell'aria,
  • la qualità delle acque di balneazione
tutti corredati dal dataset completo delle serie storiche e da altri dati in formato excel.
Produzione rifiuti urbani, raccolta differenziata e smaltimento in discarica
In generale, a livello nazionale nel 2015, si registra una diminuzione della produzione dei rifiuti urbaninonché un minore utilizzo della discarica come modalità di smaltimento finale.
Nel 2014, in Italia, si sono prodotti in media 488 kg pro capite di rifiuti urbani, quantità poco superiore alla media europea che si attesta, nell'EU a 28, a 474 kg pro capite.
Per quanto riguarda i dati del 2015, Molise e Basilicata producono meno di 400 kg per abitante dirifiuti urbani, mentre Emilia-Romagna e Toscana sono i primi produttori, con livelli oltre i 600 kg.
Guardando invece alle modalità di smaltimento dei rifiuti urbani, in particolare alla discarica, dalla pubblicazione emerge che nell'UE a 28 è diminuita la quantità destinata alla discarica, anche se la situazione si presenta molto diversificata nei singoli paesi membri.
In Italia, la provincia autonoma di Bolzano e la regione Lombardia seguite dal Friuli-Venezia Giulia sono tra quelle con le migliori performance nella percentuale dei rifiuti urbani smaltiti in discarica sul totale dei rifiuti urbani raccolti. Le situazioni di maggiore criticità sono presenti in Sicilia, con oltre l’80% di rifiuti urbani conferiti in discarica, seguita da Valle d'Aosta, Marche e Calabria con più del 55%.
La raccolta differenziata ha superato, con il 47,5% sul totale dei rifiuti urbani, l’obiettivo del 45% previsto dalla normativa nazionale per il 2008, ma persiste un forte divario all'interno dell'Italia tra Nord, Centro e Sud.
Le performance migliori sono quelle della provincia autonoma di Trento e del Veneto, dove è in aumento e si è ormai superato il 65% di raccolta differenziata, obiettivo che era previsto per il 2012.
In Sicilia la quota continua a rimanere intorno al 13% e si conferma la regione più lontana dai target europei.
Inquinamento atmosferico e maleodoranze
grafico andamento percezione maleodoranze
L'inquinamento dell'aria rappresenta uno dei principali problemi ambientali soprattutto in ambito urbano. Nel 2016, più di un terzo delle famiglie percepisce come inquinata l'aria della zona dove risiede, mentre sono un quinto le famiglie che lamentano la presenza di odori sgradevoli.
Per quanto riguarda l'inquinamento dell'aria, nel 2016, sono le famiglie del Nord-ovest che segnalano maggiormente la presenza di inquinamento dell’aria nel territorio in cui vivono, mentre il problema degli odori sgradevoli è lamentato maggiormente dalle famiglie che vivono in Campania.
Qualità delle acque destinate alla balneazione
L'Italia, nonostante presenti una costa fortemente antropizzata, con i suoi 5.518 siti è il paese europeo con il maggior numero di acque di balneazione, circa 1/4 delle acque totali, seguito a distanza da Francia (3.355), Germania (2.292) e Spagna (2.189).
Nel nostro Paese, nel 2015, circa il 60% delle acque di balneazione, ovvero le acque marino-costiere, di transizione e interne superficiali, si trovano nel Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria,Sicilia, Sardegna), con i valori più elevati in Sicilia e Puglia mentre il minor numero di aree adibite alla balneazione si ha nel Nord-est (Trentino-Alto Adige/Südtirol, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna), che ne conta 384.
Rispetto agli anni precedenti si riscontra un leggero aumento delle acque con qualità eccellente.

Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo
(Fonte: Arpat)

giovedì 18 maggio 2017

"Ecologia della Parola" di Massimo Angelini - Recensione


Nessun testo alternativo automatico disponibile.

...il sale, gli occhi, le stelle, l’aratro, il dono… conversazioni per un altro modo di sguardare la realtà.  Sulle parole un po’ fingiamo di capirci, tanto poi ciascuno, nel segreto, le declina come vuole oppure, ritenendole sufficientemente chiare e comprensibili, rinuncia a pesarle e si lascia guidare dall’abitudine. 

Retrocedere fino alla loro radice può aiutare a recuperarne un contorno più definito e un significato meno incerto, per lo meno un significato originario, ricavato dopo averle sezionate, sbucciate, liberate dalla patina (o crosta) di significati e valori sedimentati nel tempo. 

E allora si scopre che dietro il sapere c’è il sale, dietro l’amore le stelle, dietro la cultura l’aratro, dietro il sacro il recinto, e che eterno non significa ciò che non ha inizio né fine, ma qualcosa che sappiamo tutti... E grazie? Cosa vuole dire grazie? Dall’origine di alcune parole di uso comune, alle radici del nostro tempo e della confusione che lo anima: questa è la traccia del libro, che si propone come un abbecedario o una modesta bussola per incoraggiarci a scegliere da che parte stare. 

Per un mondo a misura di persona o d’individuo? Orientato alla cultura o all’usura? Per un modo dialogico di essere in relazione col mondo e gli altri o perché prenda il sopravvento il monologo di un io sempre più isolato, sempre più infelice? 



Note sull'autore: 

Massimo Angelini (Genova, 1959) Autore di pubblicazioni dedicate alla storia delle mentalità, ai processi di formazione delle comunità locali fra antico regime ed età contemporanea, alla tradizione rurale, alla cultura della biodiversità. Oggi si occupa prevalentemente di riflessioni sul sacro, sulla modernità e sulla visione simbolica della realtà. Ama leggere P.A. Florenskij, I. Illich e Ch. Yannaras. Per Pentàgora ha pubblicato L’enigma Garibaldo: Famiglie e comunanze in un villaggio rurale di antico regime (2012), Minima ruralia: Semi, agricoltura contadina, ritorno alla terra (2013), Participio futuro: Dalla terra alla bellezza per ritornare al simbolo (2015)

MASSIMO ANGELINI:  ECOLOGIA DELLA PAROLA 
Collana N° 34 (SENTIERI) GIUGNO 2017 formato 11,3 x 18 pagine 104 prezzo 10 euro ISBN 978-88-98187-50-8 Il libro può essere richiesto a ordini@pentagora.it /  019.811800

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mercoledì 17 maggio 2017

Canapa bioregionale, pianta disinquinante, fonte alimentare e medicinale, etc... insomma un toccasana per la natura e per l'uomo!



Ufficialmente non risulta, ma negli accordi fra i "vincitori" e l'Italia, alla fine della seconda guerra mondiale, l'Italia fu obbligata ad interrompere la produzione di canapa (le sementi furono cedute alla Francia o distrutte), con la scusa  "dichiarata" di attuare il proibizionismo contro le droghe. Ma non risulta nel trattato di pace e non poteva essere espressa in quei termini… Avvenne “di fatto” -in seguito alla visita di Alcide De Gasperi negli Usa ed all’entrata dell’Italia nella Nato- che il governo italiano all’inizio degli anni ’50 proibisse la coltivazione. 
Altro particolare che fa riflettere è la contemporanea invenzione delle fibre sintetiche (ricavate dal petrolio) che avvenne in quel periodo e che poteva affermarsi solo con l’eliminazione della canapa. Oltre al fatto che i petrolieri USA erano totalmente contrari al possibile uso combustibile di questa pianta miracolosa. Ovviamente la cosa fu ordita in forma mascherata, alla base (ufficiosamente) c’era la pressione politica americana, in chiave proibizionista, contraria alla produzione di elementi vegetali che potessero avere usi narcotici.

In effetti c'è da considerare che la canapa in se stessa è una sola pianta, non vi sono differenze sostanziali fra le piante denominate: sativa, marijuana, ganja, cannabis, etc. La specie è unica e si feconda tranquillamente con qualsiasi consimile di qualsiasi provenienza… La sola differenza sta nella selezione che viene fatta: o in funzione della produzione di fibra tessile o alimentare o in funzione della produzione di cannabinolo.

Il luogo di coltivazione ovviamente a tali fini è importante, più si scende verso l’equatore e maggiore è la quantità di cannabinolo mentre molto minore è nelle zone temperate e fredde.  Faccio un esempio con gli zuccheri presenti nei grappoli della vite. In Sicilia, Grecia, etc. si produce vino a forte tasso alcolico mentre in Germania, Inghilterra, etc. a malapena si raggiungono i 6/7 gradi, tant’è che in passato la Guerra dei Cent’anni fra Inghilterra e Francia in realtà nascondeva la volontà di accaparrarsi le piane della Bretagna e del Midì in cui si produceva buon vino, che era molto ricercato in Inghilterra… soprattutto da nobili e dalla “corona”, mentre il volgo si accontentava della birra…. Questo, ritornando alla canapa, spiega anche come mai in Germania ci sono forti aiuti per la coltivazione della canapa invece in Italia sono quasi assenti.

Ad esempio nella Tuscia, ritornando al periodo pre-bellico, esistevano paesi che specificatamente vivevano di questa coltivazione (vedi Canepina..), Calcata era uno di questi, i contadini chiamavano la canapa il “tabacco dei poveri” (sino a vent’anni fa in Africa essa veniva chiamata “tabac africaine”). Ovviamente veniva usata anche per fumigagioni oltre che per farci lenzuola, braghe e corde, allo stesso modo in cui si faceva con il tasso barbasso o la vitalba…. anche per ragioni salutistiche e curative (il sistema medicinale europeo era basato sull'uso della canapa come additivo fisso). 
Oggi la canapa potrebbe sostituire non solo le fibre sintetiche ma addirittura essere una valente fonte alimentare, medicinale, energetica e di disinquinamento bioregionale, soprattutto per rivitalizzare i campi sfibrati e desertificati dalla coltivazione intensiva del tabacco (questa sì che è una vera droga e nociva al massimo) o da altre coltivazioni intensive, infatti non è un mistero che la canapa (come l’ortica) è capace di riequilibrare le qualità organolettiche dei terreni.


Paolo D’Arpini
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Referente P.R. Rete Bioregionale Italiana



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Lettere ricevute sullo stesso tema:

Nella provincia di Caserta, prima che la coltivazione della canapa venisse vietata, si producevano i migliori semi al mondo oltre che ad un’apprezzabile produzione. Ora che l’Unione Europea non finanzia più la coltivazione del tabacco e sostiene, invece, la reintroduzione della canapa, mi sembra interessante inquadrare, sul piano storico tutta la vicenda. Per cui sarei molto grato a Paolo D’Arpini se mi aiutasse in questa ricerca. Ringrazio per l’attenzione. 
Dr. agronomo Giuseppe Messina – Caserta

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La canapa è una risorsa naturale fondamentale per i quattro bisogni principali dell'umanità: cibo, carburante, fibra e medicine. E' una delle piante più produttive in massa vegetale di tutta la zona temperata: una coltivazione della durata di tre mesi e mezzo produce una biomassa quattro volte maggiore di quella prodotta dalla stessa superficie di bosco in un anno. La canapa è stata, tra le specie coltivate, una delle poche conosciute fin dall'antichità sia in Oriente che in Occidente...

Danilo Perolio
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La pianta della canapa  rappresenta una risorsa naturale preziosissima per i suoi numerosi impieghi che non impattano sull'ambiente. A partire dall'uso alimentare, quello forse più conosciuto con i suoi semi e l'olio altamente proteici e dai preziosi valori nutrizionali, la canapa viene impiegata anche per ottimi prodotti di cosmesi e di igiene personale, per tessili pregiati e naturali per la casa, accessori e abbigliamento, per la bioedilizia, nell'industria del mobile, ma anche per materie plastiche che impiegano la cellulosa al posto del petrolio, per la carta, come combustibile e addirittura, grazie al suo apparato radicale, per bonificare terreni contaminati da metalli pesanti. Una preziosa pianta.  
Vegan OK

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