sabato 30 aprile 2022

Dall'antropocene alla distruzione del pianeta...

 


“Antropocene” è il completamento, dopo “Manufactured Landscapes” (2006) e “Watermark” (2013), di una trilogia di documentari sull’impatto delle attività umane sul nostro pianeta. Un viaggio in sei continenti per accostare i diversi modi nei quali l’uomo sta sfruttando le risorse terrestri e modificando la Terra come mai prima, più di quanto facciano i fenomeni naturali. Un gruppo internazionale di scienziati, dopo quasi dieci anni di ricerca sostiene che l’epoca Olocenica ha lasciato spazio, come dimostrano i cambiamenti operati dall’uomo sul pianeta, all’epoca antropogenica.

La tesi dell’Anthropocene Working group, che ha avviato i suoi studi nel 2009, è che gli ultimi 10.000 anni costituiscano un’era geologica vera e propria. I canadesi Jennifer Baichwal, Nicoals de Pencier ed Edward Burtynsky hanno cominciato, nel 2005 ad investigare i paesaggi trasformati dalla mano dell’uomo per arrivare ad una conclusione, che è anche il punto più alto ed ambizioso dell’opera. Un film con una tesi non nuova: ovvero che l’umanità sta sfruttando, più del dovuto, il pianeta compromettendone lo stato e con conseguenze potenzialmente ancora più gravi, ma sviluppata in maniera organica e complessa con immagini spettacolari, che siano aeree, subacquee o sotterranee, dal forte impatto visivo e da un suono che le sottolinea e le enfatizza. L’uomo ha superato i limiti e questo assunto esce da ogni immagine filmata in 43 luoghi di 20 diversi paesi.

Visioni sconfinate e totali di grandi territori con gigantesche macchine industriali divorano inquadrature di terrificante bellezza, a significare il paradosso di un consumo compulsivo, di un istinto di sopravvivenza che conduce all’autodistruzione.

Visioni eloquenti
In Russia nelle miniere di carbonato di potassio o potassa della Soc. Uralkali dove l’attività antropica di scavo su larga scala, o “bioturbazione” è un indicatore dell’Antropocene. La miniera si articola in circa 3000 Km di gallerie scavate da giganteschi macchinari, le cosiddette talpe meccaniche, nell’ambito del processo estrattivo del potassa. E’ difficile pensare alla Florida come ad una regione industriale eppure sul suo territorio vi sono molte miniere di fosforo un elemento fondamentale dei fertilizzanti impiegati in agricoltura. Come ci ricorda Burtynsky, “ il settore agricolo industriale è cresciuto a dismisura ed i concimi fosfatici sono divenuti ormai imprescindibili, al punto che il nostro sistema alimentare globale andrebbe in crisi qualora non ve ne fosse più la disponibilità”. In Nigeria sul delta del Niger ricchissimo di risorse petrolifere si esercita l’attività di bunkeraggio di petrolio. La Nigeria ha ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1960 eppure gran parte della ricchezza prodotta dal petrolio nazionale continua ad essere dirottata fuori dai suoi confini. Le comunità più povere hanno iniziato a darsi al “bunkeraggio” – per accrescere il loro reddito – questa attività consiste nel sottrarre greggio dagli oleodotti, raffinarlo in impianti di fortuna e venderlo all’estero. Notevoli quantità di greggio e sottoprodotti tossici fuoriescono da queste approssimative microraffinerie devastando le foreste ed inquinando pesantemente le vie d’acqua circostanti. La costruzione degli oleodotti da parte delle grandi compagnie petrolifere per il trasporto del greggio richiede a sua volta il disboscamento di intere aree di antiche foreste come mostrano le immagini.

Sul fronte della modernità, la ricerca di innovazione è ai suoi massimi storici e ha portato a una serie di strategie ecocompatibili così da poter alimentare il nostro stile di vita occidentale. La centrale solare PS10 a Siviglia in Spagna utilizza energia solare per produrre elettricità. La veduta aerea del sito mostra una scena che normalmente non vedremmo: torri solari circondate da una distesa di specchi inclinati, detti specchi eliostatici. Questi apparecchi sono in grado di muoversi durante il giorno per riflettere più sole possibile. Quando i raggi colpiscono le torri, il calore immagazzinato produce vapore, il quale va ad alimentare una turbina, che a sua volta mette in moto un generatore di elettricità. In Arizona a Clifton, le straordinarie immagini della miniera di rame Morenci mostrano i depositi liquidi degli affluenti di risulta del processo di estrazione del rame.

I colori marmorizzati e l’andamento spiraleggiante sono dovuti ai materiali pesanti liscivati. La fusione del rame, che utilizza il processo di riduzione a umido per l’estrazione del metallo dal minerale, richiede grandi quantità di acqua, dai 1500 ai 3000 litri di acqua per tonnellata di minerale processato.

(Arpat)




giovedì 28 aprile 2022

Beltane. Sessualità e naturismo



Anche quest'anno è giunto il tempo di Beltane (o Beltaine) che ricorre tra la fine di Aprile ed i primi di Maggio. Questo è un momento “magico”  che ci ricollega a memorie  ancestrali relative al recondito significato di Beltane ed alle sue simbologie sessuali…


Come la sessualità diventa “consumo” con l’avvento del patriarcato

Sin dai primordi della  comparsa dell’uomo e dall’avvento delle prime civiltà del paleolitico ma in particolare e – più consapevolmente- durante la civiltà gilanica, ovvero per tutto il neolitico e per i primi anni dell’epoca del bronzo, la sessualità fu vissuta  come forma di spiritualità e “religione” della vita. Nella società umana da tempo immemorabile è stata data grande rilevanza al sesso, l’atto sessuale è stato posto in cima alla scala dei valori umani (prima che subentrasse l’oscurantismo sessuofobico ed utilitaristico dei culti monolatrici e patriarcali).

Questo spontaneo  interesse per l’amore sessuale è dovuto non solo al “richiamo della carne” –uno stimolo che ha sempre condizionato i rapporti sociali- ma soprattutto alla consapevolezza che il rapporto “procreativo” ha sovente esercitato una potente attrattiva nella mente umana che ha visto in esso l’unica possibilità conosciuta di perpetuare la propria esistenza. La ricerca dell’eternità, in questo caso, passa attraverso quella “trasmissione di sé” che appunto sta alla base del rapporto sessuale, un modo insomma di perpetuare e suffragare l’essere…

Gli animali, soprattutto i mammiferi, dedicano alle attività sessuali e riproduttive gran parte delle loro energie, anzi la loro vita è centrata sulla sessualità, la loro esistenza è scandita dalla pulsione sessuale e dai suoi ritmi e regole. Non si può fare a meno di osservare nell’uomo ciò che avviene nei suoi fratelli animali. Ma c’è qualcosa che contraddistingue l’uomo nell’espletamento delle funzioni riproduttive: la perdita dell’estro femminile ed anche la capacità di sublimare o trasformare il rapporto sessuale in atto rituale e di adorazione, ovvero in gesto d’amore. Non voglio ora prendere ad esempio l’estrema sublimazione, quella dell’asceta che rivolge il suo desiderio sessuale verso una divinità astratta,  trasformando lo stimolo carnale in energia mistica. Vorrei piuttosto evidenziare come la relazione sessuale sia divenuta, nel corso di questa nostra civiltà umana, un modo di esprimere religiosità e sentimento.

La fecondità della Terra. Affresco di Carlo Monopoli

La prima religione conosciuta dall’uomo è quella della Madre Terra, la sua pratica era già evidente nelle statuine femminili che evocavano la capacità fertilizzatrice  e procreatrice trasposta all’umano. Ciò avvenne nel cosiddetto periodo matristico o gilanico. Persino l’uso di grotte o spelonche od oscure foreste come luogo di culto delle “madri” è sinonimo di una religiosità che poneva al primo posto la sessualità.

Questa visione panteistica di rispetto verso la sessualità fu importante non solo nelle cosiddette società matriarcali ma anche nei periodi successivi in cui l’uomo (il maschio) assunse una maggiore considerazione sociale con la conseguente “mascolinizzazione” delle divinità.

Ma è soprattutto in questo momento storico, in piena società dei consumi, che la naturale sessualità sta subendo i colpi peggiori.

Recentemente si fa un gran parlare di trasmettere l’educazione sessuale, in chiave teorico illustrativa, integrandola con le teorie pansex, gender e simili,  come se la sessualità  fosse una materia scolastica in progress, tipo matematica o chimica… Ma non c’è nulla di peggio per cancellare ogni romanticismo e mistero verso la sessualità, non c’è niente di peggio  di questa strumentalizzazione  che  trasforma l’amore in mera funzione corporale. Alla fine vince ancora una volta l’immoralità mascherata da morale. Vince la perfidia dell’allontanamento dalle sane abitudini umane, trasformando il sesso in “consumo ragionato”. In tal modo il rapporto vien vissuto in forma di assimilazione esterna a sé o di apprendimento virtuale (avulso dalla quotidianità). Così si lascia la sperimentazione all’estemporaneità o, peggio ancora, alla sopraffazione di chi magari approfitta dell’interesse morboso risvegliato nelle ingenue menti giovanili.

Sarebbe decisamente meglio rispolverare il metodo popolare alla “Grazie zia..” Oppure lasciare che la conoscenza sessuale –non più sporcata dalla proibizione moralistica o banalizzata dall’uso edonistico- diventi una parte integrante della vita di ognuno, una libertà espressiva che segue la natura, nella consapevolezza che l’energia sessuale appartiene alla vita e non c’è bisogno di “compiacere” nessuno adattandosi alle leggi di mercato per conquistarsi un “pezzetto” d’amore.

Il percorso all’inverso da compiere, dopo secoli di condizionamento maschilista che hanno portato al “matrimonio” (pagamento della madre), allo stupro ed alla perversione, è lungo e difficile ma è l’unico da intraprendere per riportare l’essere umano alla sua pienezza emotiva e sessuale.

Paolo D’Arpini 

Nuovi veleni nel piatto - Dagli OGM ai NBTs

 


Lo scontro politico che si è riaperto con il tema NBTs (o nuovi OGM) non riguarda naturalmente solo i ricercatori e gli accademici perché investe lo sviluppo del sistema agricolo e alimentare, con tute le sue ricadute sociali, ambientali, ecologiche, economiche. Quel che è ancora in gioco, esattamente come alla fine del secolo scorso, quando si estese un enorme movimento mondiale anti-OGM, è cosa vogliamo mangiare e con quali garanzie sui processi produttivi.

Garantire che i nuovi OGM rimangano strettamente regolamentati e con un’etichettatura trasparente. È l’appello del Coordinamento Italia libera da OGM, composto da 27 associazioni contadine, ambientaliste e della società civile affidato alla petizione europea #ItaliaLiberadaOGM  che mobiliterà i cittadini comunitari con l’obiettivo di prevenire la deregolamentazione dei prodotti di una serie di biotecnologie sviluppate negli ultimi 15 anni e fortemente propagandate dall’agroindustria.

Le associazioni hanno ripetutamente denunciato e fermato i tentativi di accelerare l’iter legale per la coltivazione dei nuovi OGM a scapito del principio di precauzione e dei diritti dei consumatori e dei produttori.

Ma cosa sono i nuovi OGM? E perché oggi rischiamo ancora di ritrovarli sulle nostre tavole?

Che cosa sono i nuovi OGM?

Rispetto agli OGM di prima generazione, che prevedevano l’inserimento di geni di specie diverse all’interno del DNA di una pianta o di un animale, le nuove biotecnologie (New Breeding Techniques – NBT) promettono di inserire tratti e sequenze tra individui della stessa specie. La razionalità è tuttavia sempre la stessa: modificare forme viventi in laboratorio per ottenere varietà di interesse commerciale, che presentino tratti come maturazione omogenea, assenza di semi, resistenza a patogeni, erbicidi o siccità.

In pratica, i vantaggi tecnici – richiamati dalle industrie sementiere ma non riconosciuti da nessuna istituzione – delle NBT sono rappresentati da una modifica mirata e site specific dei geni, e dal fatto che le colture commercializzate “non conterranno un transgene inserito”, ma avranno una modifica al corredo genetico che già possiedono.

Foto tratta dal fliker Stephen Melkisethian

I sostenitori delle NBT sostengono che queste tecniche sono molto precise, mentre in realtà sono sempre più evidenti gli effetti fuori bersaglio provocati da queste biotecnologie. Le conseguenze imprevedibili e ancora poco studiate, perché la ricerca si concentra quasi totalmente sulla rilevazione dei risultati desiderati, senza indagini di medio periodo o valutazioni degli impatti ecosistemici. Una scienza riduzionista e meccanicista che vediamo all’opera in tanti ambiti della nostra vita, ma che in agricoltura è particolarmente egemone.

Ciò che è più preoccupante per gli agricoltori – e soprattutto per i sistemi di sementi contadine – è la somiglianza tra i prodotti ottenuti con le NBT e quelli che portano i tratti primitivi delle piante, rendendoli difficilmente distinguibili. Nonostante questa somiglianza con le piante che si trovano in natura, infatti, la pianta ottenuta con le NBT può essere brevettata. In altre parole, dopo la mappatura del genoma di una pianta o di un animale, e dopo aver identificato il gene interessato ad essere trasferito ad una varietà locale trovata nei campi o in natura, il risultato di questo processo è considerato come un’invenzione. Pertanto, l’”invenzione” può richiedere il brevetto di quella nuova varietà attraverso un normale brevetto industriale. Anche la direttiva europea 98/44 sulla brevettabilità, trascritta nel Regolamento dell’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) permette di brevettare:

prodotti che provengono da processi essenzialmente biologici (piante intere e/o componenti);
materiali biologici (informazioni genetiche, proteine…) ottenuti da processi non essenzialmente biologici ma non distinti dai processi nativi;
qualsiasi tipo di materiale biologico isolato dal suo ambiente naturale.

Ciò significa che la direttiva 98/44 permette di brevettare qualsiasi pianta che contenga l’equivalente “naturale” del materiale biologico brevettato – come il gene, i tratti genetici, ecc. Questo quadro non protegge una tecnica, un processo, un materiale biologico o un qualsiasi prodotto. Permette di brevettare l’informazione genetica, cioè una serie di piante o animali molto diversi tra loro, che non possono essere ridotti a una sola varietà vegetale o a una sola specie animale: tutti potrebbero contenere un’informazione genetica simile ed esprimere un carattere o una funzione ereditaria associata a questa informazione genetica specifica – che rappresenta la resistenza a un insetto o a un erbicida, la precocità, la qualità nutrizionale, il gusto, ecc. Così, i creatori di varietà e i contadini non saranno proprietari di quei brevetti, ma se incrociano o coltivano quelle piante, incontreranno grandi difficoltà nel dimostrare che non hanno utilizzato materiale coperto da proprietà intellettuale. In questo senso, potrebbero essere accusati di furto e falsificazione. Il rischio di una deregolamentazione dei nuovi OGM, dunque, è che le industrie sementiere avranno un monopolio esclusivo per l’utilizzo commerciale di quei semi.

Come siamo arrivati a rischiare nuovamente di mangiare cibo geneticamente modificato?

Nel quadro giuridico dell’UE, gli alimenti e i mangimi OGM sono considerati sotto tre direttive e due regolamenti, che garantiscono che lo sviluppo delle moderne biotecnologie – e in questo caso specifico gli OGM – avvenga in condizioni di sicurezza. La ragione di queste regole si basa sul principio di precauzione, inesistente ad esempio negli Stati Uniti dove l’onere della prova è a carico del consumatore. Sulla base di questo pilastro, il quadro giuridico dell’UE protegge la salute umana e animale e l’ambiente introducendo una valutazione di sicurezza dei più alti standard possibili a livello UE prima che qualsiasi OGM sia immesso sul mercato. Inoltre, le regole dell’UE assicurano un’etichettatura chiara per i prodotti OGM che sono commercializzati, al fine di consentire ai consumatori – così come ai professionisti – di fare una scelta informata. Infine, il quadro dell’UE garantisce la tracciabilità degli OGM immessi sul mercato.

Dall’avvento delle NBTs, le compagnie sementiere hanno cercato di escludere i prodotti ottenuti con le NBT dalla legislazione sugli OGM messa in atto nell’UE. Sostengono che le NBT non dovrebbero rientrare nel campo di applicazione della direttiva sugli OGM, perché i prodotti vegetali che risultano dalle NBT non differiscono dalle piante ottenute con mezzi di creazione varietale convenzionali – come l’incrocio sessuato o – anche – la mutagenesi. Una grande pressione è in corso sulla Commissione Europea e gli Stati membri, per permettere l’entrata nel mercato di questi nuovi prodotti.

Nell’estate del 2018, la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che gli organismi ottenuti mediante alcune di queste nuove biotecnologie debbano essere soggetti alla direttiva europea sugli OGM, così come tutti quegli organismi che sono frutto di processi o tecniche non ‘naturali’. In questo senso, tutte le NBTs non possono essere considerate esenti dalla normativa OGM.

Riguardo alle New breeding techniques, la Corte sottolinea come “i rischi legati all’impiego di tali nuove tecniche di mutagenesi potrebbero risultare simili a quelli derivanti dalla produzione e dalla diffusione di Ogm tramite transgenesi”. E per questo i giudici, rifacendosi al principio di precauzione, ritengono che “la direttiva sugli Ogm si applica anche agli organismi ottenuti mediante tecniche di mutagenesi emerse successivamente alla sua adozione”.

A questo punto, alle lobby restava una sola cosa da fare. Se la legge inchiodava i nuovi OGM, bisognava cambiare la legge.

Ecco perché oggi è in corso un tentativo concreto di deregolamentazione delle NBTs, mascherata da una retorica che le vorrebbe come tecnologia in grado di salvare l’agricoltura dalla crisi climatica.

Qual è la vera posta in gioco?

La posta in gioco sul tema NBTs (o nuovi OGM) è che non si tratta di una questione meramente scientifica – e quindi non riguarda solamente i ricercatori e gli accademici – ma un elemento fondamentale del pacchetto tecnologico che si intende applicare allo sviluppo del sistema agricolo e alimentare, con tutte le sue ricadute sociali, ambientali, ecologiche, economiche. La posta in gioco è quindi tutta politica: cosa una società intende mangiare, come vuole che si produca il suo cibo, quali garanzie vuole dai processi produttivi, come vuole fronteggiare i cambiamenti climatici ma anche la crisi economica e sociale che stiamo vivendo. Politica agricola e alimentare, diritti fondamentali come diritto al cibo, sostenibilità e cambiamento climatico, crisi della povertà, sistemi agrari e loro prospettive future: questo è l’ambito su cui siamo chiamati a decidere.

Alla scienza dovrebbe restare la dimostrazione dei risultati della ricerca, l’analitica descrizione dell’oggetto, la correggibilità del processo conoscitivo. Nonostante ciò, oggi lo sviluppo delle nuove varietà vegetali è in gran parte in mano alle imprese e quindi – per definizione – di parte. Alle imprese sementiere interessa aumentare la quota di profitto prodotto dai loro investimenti. Remunerare proprietari e azionisti è la loro missione.

La reazione della società civile

Alla società civile spetta una battaglia epocale per evitare la liberalizzazione di nuovi OGM e la forzatura delle regole.

Per il nostro paese questa battaglia è quantomai cruciale. L’intera filiera agroalimentare italiana, convenzionale e biologica, è nota in tutto il mondo anche per il fatto che da oltre vent’anni il nostro paese ha deciso di restare libero da OGM. Questa decisione, grazie anche ad una legislazione sempre più stringente, rappresenta una chiave della forza commerciale e della garanzia di qualità del nostro cibo sul mercato. La deregolamentazione dei nuovi OGM metterebbe invece a rischio l’intero comparto con conseguenze irreversibili. Per questo la richiesta delle organizzazioni è che la sperimentazione resti nei laboratori accreditati e il rilascio rimanga sottoposto alle attuali condizioni della Direttiva UE del 2001, che obbliga a valutare accuratamente il rischio, tracciare ed etichettare gli organismi geneticamente modificati.

I prodotti ottenuti con le nuove biotecnologie, infatti, non risolveranno la crisi climatica, né aumenteranno la sostenibilità o ridurranno l’uso di fitofarmaci, e nemmeno miglioreranno le rese delle produzioni agroalimentari. Solo l’agricoltura biologica, l’agroecologia, le scelte responsabili di produttori e consumatori potranno assicurare la tutela della biodiversità, la riduzione effettiva di pesticidi ed erbicidi, la produzione di cibo sano in un ambiente sano.

È importante quindi oggi – come lo era vent’anni fa – proteggere il nostro sistema alimentare e rafforzarlo, invece di alimentare un modello agricolo che sta impoverendo chi già appartiene agli strati sociali più marginali della società e che rischia di cancellare l’esistenza dei contadini, unici veri custodi di saperi, biodiversità e paesaggio del nostro paese.

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Il coordinamento Italia Libera da OGM è composto da:

Crocevia, Associazione Rurale Italiana, AIAB, Federbio, Slow Food, Legambiente, WWF, LIPU, Firab, VAS, Navdanya, Terra!, Associazione Italiana per l’agricoltura biodinamica, Deafal, Isde, Terra Nuova ONG, Terra Nuova Edizioni, Civiltà Contadina, Fairwatch, Pro Natura, USB, ACU, Egalité, Alleanza Contadina, ASCI, Transform! Italia, Coordinamento Zero OGM, Agorà, Rete Bioregionale Italiana

È possibile partecipare attivamente alla raccolta firme contattando il coordinamento all’email italialiberadaogm@gmail.com - Vedi anche: https://www.associazioneterra.it/2021/12/17/nuovi-ogm-tea/



Fonte: https://comune-info.net/respingere-lassalto-dei-nuovi-ogm


martedì 26 aprile 2022

Navigando tra gli opposti... tra storia e natura

 


Osservando alcuni passaggi della storia umana, si può riconoscere in essa un processo di progressiva mortificazione della dimensione magica a favore di un’identità esaurita in quella razionale. Una sintesi in cinque mosse dell’arco che ha svuotato l’uomo. Ognuna delle quali appare dall’interno nel suo carattere omeostatico, quindi definitivo. Ma anche dai confini più o meno permeabili.


Pieno iniziale vuoto finale

La storia è natura, non fa sconti, non ha riguardi. Si può affermare che se ora siamo in una certa condizione, certamente ci sono state le ragioni storiche che l’hanno permessa/imposta.

Quindi, in qualunque situazione ci si trovi, è opportuno legittimare quanto si osserva, al fine di trovarne le ragioni che lo sostengono. È una modalità – la legittimazione – di tipo fenomenologico: non antepone il giudizio morale, non attribuisce valori. A suo modo contiene l’intento di una concezione immacolata della realtà.

La Storia procede sincopata, per opposti. Come se ogni stagione avesse in sé il suo stesso termine. Gli uomini che le animano esplorano la vita secondo la vena che le connota, finché l’assuefazione può crescere. Quindi, collassano sotto il maglio di idee nuove avviando così un nuovo ciclo dall’identica struttura vitale.

Come in ogni crisi, i cambi di paradigma hanno il terreno per affermare ciò che nel flusso pieno della stagione non aveva la forza per far mutare lo status quo.

Con tale promessa proviamo a seguire un arco dell’escursione dell’umanità occidentale e non solo.

La parabola si compone di cinque periodi/miti: Magico, Divino, Logico, Illogico, Virtuale.

Il periodo qui nominato Magico corre dalla preistoria all’avvento del cristianesimo.

È il tempo il cui cuore è il sentimento di dominio della natura sull’uomo. La natura, da un lato è del tutto inaccessibile e misteriosa, dall’altro, si identifica in essa o ne sente la sopraffazione. La visione è olistica. L’uomo non si sente separato dalla natura che è la sola entità esistente.

È il momento della vita piena e vera, in cui l’immaginato non è meno reale della realtà. La simbologia e i rituali creano un ponte energetico tra gli uomini e i poteri che lo sovrastano. Come un bimbo che immagina di galoppare a cavallo di una scopa e non sarà mai convinto né di aver solo immaginato, né che era una scopa e non un cavallo.

Nel periodo magico, l’uomo non è succube del pensiero speculativo. I suoi poteri sono pieni e veri. La morale e il senso di colpa gli sono sconosciuti. I saperi sono sintetizzati dal sentire e, attraverso il sentire, permanentemente modulati. Una specie di so di non sapere ante litteram. Non si conosce la condizione della paura, questa non sottintende il suo pensare e le sue scelte. La paura di morte non condiziona la vita.


Il tempo Divino si avvia con l’anno zero e si protrae fino ad oggi. Corrisponde all’affermazione del cristianesimo bigotto, ovvero di quel cristianesimo che nulla ha a che fare con il vero messaggio di Cristo, del tutto rimasto estraneo alla vulgata.

È il tempo del dominio di Dio.

In esso sussiste l’idea del dominio esterno all’uomo. Una psicologia che si appesantisce con l’idea della punizione/espiazione in funzione di un aldilà di salvezza. Il terrore degli inferi presiede a tutto.

Il mistero è un’entità ed è per sua natura insondabile.

Per quanto l’uomo sia altro dalla natura, tanto che proprio con il cristianesimo si avvia il discorso del dominio sul creato, il potere divino domina nella coscienza degli uomini che si sentono controllati, in difetto e procedono timorati.

La paura della morte condiziona la vita, ora costretta al giogo del peccato.

Mentre il cristianesimo, con il cardine del perdono, ha in sé l’idea dell’Uno-Dio, entità disincarnata alla quale si può accedere, nell’islam e nell’ebraismo sussiste la vendetta. Come a dire che la storia è la sola verità, che l’altro non sarà mai un noi.


Il periodo Logico si attesta nella storia tra il Cinquecento e la fine dell’Ottocento. Ad esso corrispondono l’avvento del razionalismo e, soprattutto, del suo assolutismo culturale e dell’oggettivazione della realtà. Il mistero, il flusso, il movimento, il divenire che il periodo magico contemplava, vengono meno a favore di un mondo fisso, determinato e determinabile. La scienza meccanicistica che prende avvio da Bacone, Galileo, poi celebrata da Cartesio, ha rinchiuso la realtà entro i regolamenti che aveva escogitato, escludendo da essa ogni altra indagine del reale, ogni altro linguaggio lo riferisse.

L’uomo formula il pensiero di poter esercitare il proprio dominio sulla natura. La scienza, da magica, imponderabile, olistica, spirituale e metafisica, diviene esclusiva del misurabile, del materiale e, quindi, fisica, marziale. La presunzione umana implicata in questa fase conduce alla celebrazione dell’ego e dell’egoico. Una presunzione radicale, visto che mai si è messo in discussione il senso di un presunto dominio sempre maggiore sulla natura. Un ulteriore passo di separazione dal sé spirituale.

La realtà, la verità e, dunque, l’infinito sono compressi nel misurabile. Il mistero è posto sul vetrino del microscopio in quanto entità disvelabile, composta da particelle.


Il periodo Illogico è collocabile nel Novecento. È un momento, per il momento, rimasto sotto traccia. Troppo destabilizzante. Corrisponde alla relatività della realtà e alla sua indeterminabilità.

Riconoscendo il significato culturale e valoriale della fisica quantistica e dell’epistemologia che ne emerge – precisata nientemeno che dallo stesso Heisenberg (1) – tutta la struttura che componeva la meccanica classica e il pensiero deterministico che ne derivava viene meno, quando si tratta definire la realtà, la verità, il mondo. La fisica tradizionale resta funzionale per un mondo ridotto a bidimensione. Dunque, il suo potere sul nostro pensare da assoluto diviene relativo. Se in campo amministrativo, ovvero quel terreno governato da regole, linguaggio e sue accezioni condivisi, la meccanica classica ha ancora ragione d’essere e d’essere impiegata come sfondo e riferimento, in ambito relazionale, didattico, pedagogico, terapeutico e psicoterapeutico, perde il suo potere, anzi diviene un elefante in cristalleria.

Nella fase illogica – popolarmente parlando, rimasta lettera morta – l’uomo compiuto avrebbe avuto a disposizione una prospettiva per svincolare il proprio pensiero dai lacci dall’oggettività della materia, quale sola realtà attendibile e, parallelamente, avrebbe fatto sue la relatività, la reciprocità, l’identicità con quanto credeva differente da sé; avrebbe scoperto la serietà dell’illogicità; sarebbe ritornato in grado di recuperare la dimensione spirituale e la sua verità nel contesto del reale. Sarebbe divenuto idoneo a osservare la realtà in quanto flussi di energia che scorrono o si annodano. Si sarebbe emancipato dalla dimensione analitica della realtà e del sapere, fino ad assumersi la responsabilità di tutto, sola modalità per alzare il livello di stabilità, serenità, benessere.

Nella verità quantica, anche l’assolutismo dell’oggettività viene meno. La mutevolezza diviene la sola permanenza.

Viene recuperata la concezione olistica della realtà e del pensiero. L’intento del dominio viene meno, nella misura in cui subentrano a pieno titolo i principi del rispetto, della legittimazione dell’altro e della pari dignità delle posizioni.

Con la fisica quantica si compie una sorta di sincretismo con il pensiero orientale, caratterizzato dall’osservazione che dietro la materia vi è lo spirito. Miracoli ed entanglement sono due espressioni ora in relazione.

In questo tempo assistiamo alla crisi delle certezze, al crollo dei valori identitari e religiosi, all’angoscia esistenziale, all’alienazione diffusa ed endemica della struttura sociale, all’avvento della psicoanalisi come popolare rincorsa, tanto alla ricerca, quanto ad un salvifico sollievo esistenziale. Un terreno apparentemente ottimo per scoprire cosa fosse stato nascosto sotto al tappeto della storia. Ma la cui interpretazione spesso meccanicistica, mutuata dallo status quo ereditato, ne ha tarpato il potenziale creativo.

Nonostante la portata culturale, questo periodo illogico passa inosservato, se non strategicamente tenuto lontano dal suo benefico significato sociale, destinato a produrre tolleranza, emancipazione da luoghi comuni, legittimità e pari dignità tra le persone.

Il quinto periodo, qui detto Virtuale, corrisponde al tempo contemporaneo. Si estende da oggi ad un futuro potenzialmente lontano. Incarna, realizza l’intento della cosiddetta IV Rivoluzione industriale, un progetto di gestione sociale attraverso la digitalizzazione del maggior numero di prassie personali, private, pubbliche, imprenditoriali e relazionali. In esso si possono evincere le basi del tentativo Occidentale filoatlantico di mantenersi in vita e di affermare l’egemonia sul mondo.

La natura della fase virtuale è di tipo binario, manichea. Una modalità culturale che implica separazione. Il cui aspetto socio-politico corrisponde all’ubbidienza vissuta dal singolo come attestazione di se stesso dalla parte giusta.

Una modalità che comporta spaccature e contrapposizioni civili, come la vicenda Covid e il conflitto Nato-Russia mettono in evidenza.

Nel tempo detto virtuale, le lacerazioni, da problema in carico alla politica, tendono a divenire culturalmente legittimate, giuste.

Finora, la modalità analogica aveva tenuto il campo dell’umanità, in quanto diretta espressione della natura dell’uomo. L’avvento del virtuale interrompe il corso naturale e avvia quello tecnologico-digitale, che viene ad assumere il ruolo e il centro che nei tempi precedenti erano stati di Dio. Il transumanesimo oggi è già presente in noi. I pensieri ad esso dedicati sono su come e quando ne vedremo il progredire o, se contestativi, sono considerazioni disperate e inefficaci: per quanto si possa dire e fare, ormai non c’è più niente da fare. Si tratta di un’ennesima, ma più radicale, mortificazione dell’uomo. La cui dimensione infinita sarà relegata all’arte come enclave protetta e ricca, ma senza più valore sociale, solo commerciale. È l’arte addomesticata. Il modello sovietico, che imponeva un’arte dedicata al lavoro, alla produzione, ai lavoratori, ben lo rappresenta.

L’accredito assoluto all’ideologia tecnocratica, il fideismo nella sua capacità e idoneità al miglioramento della vita, fanno dell’epoca digitalizzata un’epoca manichea. Nella quale, il raffinato controllo del pensiero si concretizza come endogeno negli individui inconsapevoli. Persone che, più o meno costrette dalle loro stesse circostanze, non possono che giocare la partita della vita, solo e soltanto entro un campo delimitato da regole scambiate per giuste, vere ed ineludibili. Gabbie virtuali più vincolanti di un filo spinato staliniano.

Epoca magica mai recuperata, tanto dalla logico-analitica, quanto da quella incipiente digitale, perché nel mondo, ridotto ed esaurito ad apparenza di fenomeni e consuetudini, è meglio estromettere e anche criminalizzare il pensiero che ne mina la struttura.

Famelici dell’accumulo infinito di potere, lo sfruttamento di terra e uomini ha affermato la narrazione del progresso come abbondanza di merci e di saperi analitici. Se ciò sussisteva anche nel periodo logico, ora il popolo, che era stato il motore delle ricchezze dei pochi, non serve più. Nella neoconomia esso è un costo e, in quanto tale, da eliminare o comunque ridurre al minimo. Riduzione dei servizi, privatizzazioni, assegni di sussistenza, soffocamento della piccola impresa, tassazioni progressive, alti costi della vita, formazione irreggimentativa, ne sono l’evidenza

Lorenzo Merlo




  1. Werner Heisenberg, Fisica e filosofia, Milano, Il Saggiatore, 1963.


sabato 23 aprile 2022

L’orologio biologico ed il cambiamento che ci attende…

 


C’è in noi un orologio biologico, che corrisponde alla memoria delle esperienze spazio-temporali vissute, che potremmo definire la parte pragmatica dell’inconscio individuale e collettivo. Questo significa che il nostro organismo spontaneamente si predispone (con pulsioni innate) ad affrontare e rispondere adeguatamene alle condizioni che si manifestano nell’ambiente. Questo continuo aggiustamento interno-esterno avviene giorno per giorno, mese per mese, seguendo i ritmi lunari e stagionali. Infatti le variazioni energetiche (e climatiche) che si appalesano all’esterno, corrispondono all’interno con le predisposizioni connaturate del nostro orologio biologico.

Ora sappiamo che il repentino cambio climatico e l’inquinamento della biosfera, potrebbe rendere confusa la risposta (accumulata nell’inconscio) del nostro apparato psicofisico, che segue a fatica le accelerazioni del mutamento. Teniamo conto di ciò nell’affrontare questo momento drammatico per l’umanità, in cui siamo chiamati ad un salto evolutivo “fuori del comune”, per raggranellare il massimo del coraggio e della pazienza necessari alla nuova trasformazione…

Paolo D’Arpini



Trasforma l’aggressività

dell’io affermativo

in coraggio stabile

nel vivere le contingenze.

Trasforma l’ottenebramento

che porta all’oblio di sé

in distaccata percezione

dei fenomeni.

Trasforma la distinzione

fra alto e basso

in quel punto senza centro

né circonferenza.

Trasforma la relazione

di soggetto ed oggetto

in miracolosa proiezione

della mente.

venerdì 22 aprile 2022

Basi militari e finta transizione ecologica... succede a Coltano

 


Prosegue la mobilitazione contro il progetto della base militare  a Coltano nel Parco regionale di San Rossore:  73 ettari recintati per costruirci 440 mila metri cubi di edifici tra cui una pista per elicotteri, due poligoni di tiro, caserme, centri di addestramento, laboratori e altre strutture di servizio per i militari. Il progetto non sarebbe  sottoposto ai vincoli ambientali della zona in quanto “opera destinata alla difesa nazionale”. 

L’area ambientale  protetta è già caratterizzata da una forte militarizzazione, tra cui la base di Camp Darby, il più importante deposito di armi statunitensi nella penisola e hub strategico fondamentale nel controllo del Mediterraneo, oggi oggetto di lavori per oltre 40 milioni di euro e della costruzione di una ferrovia per il collegamento diretto col porto di Livorno. 

I fondi per Contano  provengono dal PNRR, cioè dalla finta transizione ecologica. 



Fonte: https://www.edocr.com/v/wzpeqjgd/bajamatase/sostegno-alla-mobilitazione-militante-e-popolare


Articolo collegato: https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2022/04/coltano-no-al-parco-di-guerra-voluto-da.html

Chi sono i "precursori"? - Nota a margine della Festa dei Precursori che si tiene a Treia dal 23 al 24 aprile 2022



Qualcuno mi ha chiesto, al proposito del  programma della  Festa dei Precursori, che quest’anno si tiene a Treia dal 23 al 24 aprile 2022:

“Bello… ma chi sono i precursori?”

Allorché, nella primavera del 1984, decisi di fondare il circolo vegetariano VV.TT. lo feci nella piena consapevolezza che lo  scopo della nuova associazione sarebbe stato quello di andare contro…

Eravamo un manipolo di ribelli quel giorno davanti al notaio Giuseppe Togandi nel suo studio di Orte e mentre compivamo il nostro dovere giurando fedeltà alle finalità del sodalizio stavamo anche andando contro tutte le norme consolidate di ogni vecchio ordine, affermando (tra l’altro): 

“Lo scopo dell’associazione è quello di istituire e promuovere in tutti gli spazi ritenuti opportuni pratiche per lo sviluppo spirituale e meditazioni collettive, sperimentazioni di sopravvivenza in luoghi selvaggi e seminari sull’uso armonico delle riserve della natura, organizzare e promuovere la ricerca di cure naturali per la mente e per il corpo, dimostrare e divulgare l’importanza di un’esistenza armonica e piena d’amore…”. 

Insomma stavano attuando una “spiritualità laica” facendo finta di niente…

Il fatto è che per mettere in pratica queste finalità associative -necessariamente- dovevamo andar contro le regole e le consuetudini della società in cui viviamo... Insomma ci siamo presi la briga di cambiare il mondo, ribellandoci alle norme restrittive e meschine della cultura corrente. 

Ecco perché dal 1984 celebriamo La Festa dei Precursori, ogni anno, per ricordarci quello scopo prefisso e proseguire indefessi nella meta di rompere il ghiaccio verso nuove frontiere dell’intelligenza umana.

Paolo D'Arpini

Per l'occasione mi sono anche sbarbato


giovedì 21 aprile 2022

Geopolitica. Primo, secondo e terzo tempo...

 


Dal corpo unico della storia, la declinazione in tre tempi dai confini osmotici. Se mai in futuro si potrà scrivere “c’era una volta l’egemonia occidentale”, lo dovremo forse a Putin?


Passato

La spartizione del mondo sottoscritta a Yalta dopo la Seconda guerra mondiale ha mantenuto in equilibro geopolitico l’Est europeo e l’Ovest del mondo.

La crisi dei Missili di Cuba, risposta sovietica alla provocazione americana relativa alla collocazione di missili in Italia e Turchia, fu il picco di tensione registrato nel periodo della Guerra fredda (1947-1991). Punta dell’iceberg della cosiddetta corsa agli armamenti, nientemeno che una competizione di matrice americana per il dominio mondiale. I loro uffici marketing avevano chiare le esigenze da soddisfare per realizzare l’egemonia, diffondere la cultura edulcorata dell’american style, penetrare così nei tessuti sociali, invadere e impadronirsi dei nuovi mercati. Ma anche i loro uffici army sapevano come muoversi per acquisire indirettamente nuovi territori, considerati necessari per il contenimento dell’avversario comunista. Tutto ciò senza mai dimenticare il resto del mondo, Centro e Sud America in particolare.

Con Gorbaciov, consapevole della precaria salute dell’Unione sovietica, il miracolo della distensione (1) e della denuclearizzazione (2) trovò il modo per compiersi. Prima e dall’altro lato, Nixon non aveva potuto che accettare di buon grado il nuovo corso. La possibilità di consolidare l’egemonia mondiale e avviare la penetrazione commerciale in territorio sovietico si stava profilando. Colto l’impasse sovietico, fu proprio lui a slegare il dollaro dall’oro posseduto e a compiere un considerevole passo egemonico, imponendo così la valuta Usa come riferimento di tutti i mercati del mondo. Le relazioni tra Stati Uniti e l’Urss di Gorbaciov finirono dunque per stringersi. L’Orso era morente, qualunque aiuto avrebbe alleviato l’agonia. In cambio Gorbaciov ebbe modo di collaborare alla caduta di Ceausescu a mezzo della farsa del capolavoro spionistico della rivoluzione romena (1989). Il dittatore era dichiaratamente fuori controllo da tutto e da tutti. La sua politica, che creò la miseria di milioni di romeni, comportò la modernizzazione del paese e – conquista unica al mondo – l’annullamento del debito pubblico, ovvero la completa indipendenza politica. Farlo fuori era in agenda americana da tempo. L’occasione era avvenuta e fu sfruttata. L’occulto intento d’afferrare la parte di mondo che a Yalta avevano dovuto lasciare a Stalin compiva un passo avanti, verso est. Con il sostegno di Eltsin ci metteva pure una mano in casa.

Intanto, il pantano afghano segnava la storia e la forza sovietica. Un facile ambito per colpire ai fianchi l’Orso. Addestramento e armi americane furono elargite a piene mani ai mujaheddin a partire dalla fazione più fondamentalista, progenitrice dei talebani.

Erano gli ultimi di una vicenda nata con la Rivoluzione d’ottobre soltanto qualche decennio prima. L’economia pianificata stava perdendo la partita contro quella del mercato. Ma furono il centralismo, la corruzione e la repressione dei diritti fondamentali le mine che portarono il sistema dei soviet all’agonia.

La caduta a martellate private del Muro di Berlino aprì la breccia all’argine che conteneva i paesi del Patto di Varsavia. L’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche cadeva a pezzi. La Russia era stremata e non era più una minaccia.


Presente

Nel 1991 la Guerra fredda aveva esaurito il combustibile. Il primo luglio di quell’anno venne sciolto il Patto Varsavia, organismo privato di ragione e servizio. Ma non l’Alleanza atlantica e la Nato. L’intento imperialista dell’Urss non era – e non sarebbe potuto essere – ereditato dalla Russia, né dalla Comunità degli Stati Indipendenti (1991). In compenso, quello occidentale ebbe modo di mantenere la sua continuità e di vedere nel nuovo presente tutto il necessario per agguantare definitivamente il mondo a mani basse.

Con il campo libero, l’Occidente non perse occasione per incensare il proprio modello socio-economico. Liberismo e democrazia non avevano più rivali. Il mondo si sarebbe adeguato al suo schema. I processi di globalizzazione si affermarono come fosse nientemeno che ovvio. Dove serviva, per i più rimbrottosi, si calava l’asso della guerra. Provvigioni energetiche ed esportazione della democrazia erano ragioni più che rispettabili per chi si credeva e crede in diritto di imporre le regole al gioco della storia.

Senza alcun potere coercitivo, diversi paesi, una volta membri del Patto di Varsavia, lasciarono il tavolo socialista per tuffarsi a capofitto nell’unica piscina disponibile e ricca di servizi. Il mito edulcorato della Nato e della UE era come zucchero filato per un bimbo la prima volta al luna park. Albania, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Ungheria, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia preferirono qualche regalo in cambio di innocui insediamenti Nato, pur di raggiungere la condizione di benessere che le tv e internet a piene mani somministravano loro. L’Ucraina era in coda al botteghino americano. Il paese del fuoriclasse Ševčenko, ma anche di Breznev e del semisconosciuto Vladimir Antonovič Ivaško – ultimo e non ufficializzato Segretario generale dell’Unione sovietica, in funzione di sostituto, rimasto in carica durante i cinque giorni del crollo sovietico – era il più prelibato dei bocconi sul menu dalla Nato.

Agli inizi del nuovo corso, anche la fortuna, coadiuvata dalla Cia, agevolò la politica imperialista americana. La disintegrazione della Jugoslavia, per quanto ex preoccupazione di serie B, fu un altro pedone eliminato nella partita che pareva tutta in discesa. L’ingerenza nel Kosovo e l’umiliazione della Serbia servirono per installare nella sacra regione meridionale del paese Camp Bondsteel, la più grande base orientale americana.

Sempre dal reparto marketing, fecero presente che per il futuro serviva benzina e che per fare denaro le guerre erano utili, sia per vendere armi che per ricostruire le devastazioni. Aggiunsero che era il momento buono per far cambiare idea ai paesi islamici, anch’essi già pasturati dalla cultura della libertà che tv e internet lanciavano a piene mani nelle acque virtuose delle lagune islamiche.

L’Orso era all’angolo a leccarsi le ferite. Da noi non giungevano neppure i lamenti che, in qualche modo, forse emise. La Cina non era una preoccupazione e, in più, era lontana. Era il tempo per le primavere arabe, sommosse popolari, opportunamente fomentate dalla Cia in funzione di una destabilizzazione del Medio Oriente, prodromo assai utile per arrivare con un contratto di governi fantoccio e, nuovamente, come nel rugby, per attestarsi su un altro pezzo di campo.

Era un atto dovuto anche per contrastare il terrorismo islamico, prima politico e poi religioso. Nel 2010 la storia vede comparire il terrorismo islamico e, poco dopo, le fomentate Cia primavere arabe, null’altro che un tentativo di miccia insurrezionale allo scopo di poterne gestire l’evoluzione in funzione di determinare il controllo dei paesi in questione.

Mentre gli americani sperperavano energie in Afghanistan e in Iraq, la Russia si era rimboccata le maniche. Da moribonda, aveva recuperato ed era ormai fuori dalla convalescenza.

Contemporaneamente, altre realtà si erano mosse. La Cina si era fatta vicina al punto che niente più poteva essere geopoliticamente mosso senza considerare la sua presenza sulla scacchiera. Insieme a lei, anch’essi ora non più parte del miserabile e impotente terzo mondo, l’India, il Pakistan, l’Iran e la Turchia.

Consapevoli che la realtà è un essere vivente, gli americani avevano investito in Europa. E avevano ottenuto molto. Tutto, se anche l’Ucraina, ultimo tassello del puzzle di accerchiamento alla Russia, avesse trovato l’incastro giusto.

Se qualcuno volesse chiedersi che ci fa ancora la Nato tra i piedi, visto che il Patto di Varsavia è stato obliterato da tempo, non farebbe altro che porsi una delle domande nodali per comprendere la logica imperialista americana, che ormai è sinonimo di IV rivoluzione industriale, il nuovo mezzo di ultima generazione per seguitare a spadroneggiare come finora avevamo visto.


Futuro

La risposta alla domanda nodale è che è meglio infilare un piede nella porta quando è aperta che aprirla quando è chiusa. La resurrezione russa si era compiuta e con essa la certa indisponibilità a divenire vassallo americano. Lasciar crescere la Russia significava alzare il rischio di ritornare al mondo bipolare o multipolare, vista la conclamata presenza della Cina nelle questioni del mondo. Meglio, dunque, fare il massimo per eluderne la forza e per consacrare i confini dell’Occidente.

L’Ucraina, ricca di atavico odio antirusso, con ambizioni europeiste e con carenze monetarie, era la preda perfetta per arrivare a un passo dai confini russi e per piazzare armamenti a duplice capacità, convenzionale e nucleare, che tenesse l’Orso in gabbia.

L’intento multicentrista russo, apparentemente idea equa e rispettabile, si mostra agli occhi dei designati del Destino manifesto evidentemente inaccettabile. In particolare, dal tempo dei neocon, che nel 2000, nel documento Rebuilding America’s Defenses, dichiararono apertamente l’intento di divenire il solo modello al quale tutte le culture e le politiche del mondo sarebbero dovuto convergere, a causa del suo intrinseco valore superiore a tutte le altre.

Ripescare l’opera dei neocon è utile per riconoscere la logica di accerchiamento della Nato nei confronti della Russia, la cui identità, incompatibile con il modello americano, le aveva impedito di scivolare dritta-dritta in bocca alle fauci occidentali. Non c’erano riusciti con le buone, non restava che provarci con le cattive.

Del resto, le garanzie di non estensione della Nato a est, pronunciate da più autorità fra il 1990 e il 1991 – il ministro degli esteri tedesco Genscher, il ministro degli esteri americano Baker, i presidenti G. H. W. Bush e Mitterrand, il segretario generale della Nato Wörner – sono state regolarmente contraddette dai fatti e accompagnate dalla pazienza putiniana. L’installazione degli armamenti puntati sulla Russia entro i confini dei neopaesi-Nato e le continue provocazioni ad essa indirizzate smentirono e continuano a smentire sistematicamente gli intenti iniziali di equilibrio. L’aveva fatto presente già nel 1998 George Kennan (3), la mente dietro alla strategia americana della Guerra fredda, e ribadito da Fraser (4), Kissinger (5), Chomsky (6) e Mearsheimer (7) fra il 2014 e il 2015.

La rivoluzione arancione del 2004 e quella dell’Euromaidan, nel 2014, ebbero come conseguenza una russofobia estesa a tutte le dimensioni della cultura ucraina. Un processo che portò al referendum per la Crimea da un lato e alla strage di Odessa e alla guerra in Donbass dall’altro.

Erano tutte gocce, o meglio, perle di futuro, che stavano cadendo dall’alambicco del laboratorio americano. Il controllo del mondo non si realizza in un colpo solo. La formazione e la partecipazione della Nato nei confronti delle forze armate ucraine, il passaggio sotto silenzio occidentale della guerra del Donbass, il colpo di stato del 2014 che ribalta la presidenza filorussa regolarmente eletta, la strage di Odessa che secondo qualche idiota non è fatto attendibile a causa di emissari Onu che non l’avrebbero sottoscritto, spingevano l’Ucraina a ovest, staccavano la Russia dall’Europa, permettevano alla Nato l’idea di piazzare armi sul confine est del paese filonazista.

Era tutto parte di un elenco di provocazioni nei confronti della Russia con lo scopo di fomentare l’attacco militare russo all’Ucraina.

La reazione univoca dei paesi occidental-atlantici, Turchia a parte, che non ha esitato un solo momento a imporre sanzioni e a fornire armamenti, la dice tutta sulla condivisione del progetto egemonico a guida americana. Dice che la posizione e l’intento erano in essere da tempo.

Che le sanzioni penalizzino l’Europa, che dice di volere la pace mentre fornisce armi, è un dato che non ha peso. È un dato ovviamente previsto e calcolato. Qualche posticcio nuovo Piano Marshall è certamente in atto dietro le quinte della recessione in avvio per tutti i paesi Europei aderenti all’idiozia degli embarghi.

È qui che si innesta l’ormai cresciuto embrione della IV rivoluzione industriale.

La grande matassa nella quale siamo ingarbugliati non è portata avanti da un timoniere che naviga a vista. La destinazione è chiara ed esclusiva: restare in corsa per il dominio unipolare del mondo, al massimo lasciare una parte alla Cina. Tutti i fatti in via di venire al mondo sono economicamente computati, affinché il totale permetta di restare concorrenziale al basso costo del capitalismo cinese.

Digitalizzazione e culto della tecnologia, black out (prevedibili), politiche terroristiche come eventualità sempre latente, lotte civili fratricide e guerre volte alla riduzione demografica(?), governi tecnocratici, parlamenti esautorati, pensiero unico, stampa asservita, edulcorazione della precarietà, riduzione dei servizi sociali, strumentalizzazione della sanità e della scienza, vita a punti – come per lo ski-lift –, delazioni, ubbidienza, manicheismo, in una parola “Great reset” (8) sono parte delle prospettiva di chi vede il futuro secondo la logica dell’intento egemonico occidentale, che stranamente ricalca quanto già in essere in Cina, a sua volta consapevole di essere vicino ad agguantare l’occidente, senza colpo ferire, e ridurlo a riso bollito per il suo grande popolo.

A ben guardare Il capitale di Marx, rivisto e corretto secondo le dinamiche digitali, deve tornare in cima alla pila di libri sul comodino.

Lorenzo Merlo





Note

  1. Avviata da Nixon-Breznev, confermata da accordi Salt.

  2. Avviata da Gorbaciov-Regan con il trattato Inf, proseguita con Bush e confermata con Elstin da accordi Start.

  3. George Kennan sul New York Times, 1998: “Penso che sia l’inizio di una nuova guerra fredda. Penso che i russi reagiranno gradualmente in modo piuttosto negativo e ciò influenzerà le loro politiche. Penso che sia un tragico errore. Non c’era alcun motivo per questo. Nessuno stava minacciando nessun altro. […] Si tratta di una decisione che mostra una mancanza totale di comprensione della storia russa e della storia sovietica. Ovviamente ci sarà una brutta reazione da parte della Russia, e a quel punto [gli espansionisti della NATO] diranno ‘Vedete, ve l’abbiamo sempre detto che i russi sono cattivi’ – ma questo è semplicemente sbagliato”.

  4. Malcolm Fraser, 22° Primo Ministro dell’Australia e membro della Nato, sul The Guardian del 3 marzo 2014: “il movimento verso est [della NATO è] provocatorio, imprudente e un segnale molto chiaro per la Russia”.

  5. Henry Kissinger sul Washington Post del 5 marzo 2014: “Troppo spesso la questione ucraina viene posta come una resa dei conti. Est contro ovest. […] Utilizzare l’Ucraina come parte di un fronteggiamento est-ovest affonderà per decenni la possibilità di condurre Russia ed occidente – specialmente l’Europa – dentro un sistema di cooperazione internazionale. [...] l’Ucraina non dovrebbe entrare a far parte della NATO [...] e la Russia non sarebbe in grado di imporre una soluzione militare senza isolarsi. [...] una politica di imposizioni militari produrrebbe un’altra Guerra Fredda”.

  6. Noam Chomsky in un’intervista del 2015: “L’idea che l’Ucraina possa unirsi ad un’alleanza militare dell’occidente risulterebbe inaccettabile per qualsiasi leader russo […] Il desiderio ucraino di scegliere la Nato non proteggerà affatto il Paese nel futuro, condurrà, piuttosto, l’Ucraina in un conflitto ben maggiore”.

  7. John Mearsheimer, principale studioso di geopolitica negli Stati Uniti, in un suo intervento all’Università di Chicago, nel 2015: “L’Occidente sta guidando l’Ucraina verso il sentiero della rovina e il risultato finale è che l’Ucraina andrà in rovina […] Quello che stiamo facendo in effetti sta incoraggiando tale risultato”.

  8. Schwab Klaus, Malleret Thierry, COVID-19: The Great Reset, Cologny/Geneva, World Economic Forum, 2020.


Vedi anche

https://www.luogocomune.net/16-geopolitica/5983-ucraina-l-altra-verit%C3%A0-documentario-completo