L’assenza della politica sociale della sinistra non solo ha
portato allo sbando, ma sostanzialmente sta spingendo per il ritorno
di un uomo forte, quello che il suo vuoto ritornello dagli al
fascista non è stato in grado di disinnescare.
Esauriti gli argomenti sociali, la "sinistra" ha cambiato pelle, testa
e cuore.
Ha seguito le scie profumate del progresso e scelto di disfarsi dei
cenci puzzolenti di chi il progresso lo paga in sudore, salute e non
solo.
Ha preferito genuflettersi alla chiesa del capitalismo, del
globalismo, dell’ordoliberismo. Una trinità con i suoi
comandamenti. Tra cui quello dei diritti civili. Uno degli occulti
grimaldelli con i quali sta scardinando il tempio dell’umanesimo.
Per loro non c’è nulla di sacro all’infuori del caterpillar con
il quale spianano il passato per rendere il presente un’eternità
uniforme, priva di differenze, per loro pragmaticamente inutili,
superflue, anzi pericolose.
In tutte queste belle battaglie in nome del nostro bene, ha gettato
via nel tempo tutto. La tuta, le mani sporche, la famiglia, il
socialismo, l’uguaglianza, la cura dei lavoratori e dei disoccupati
– una volta rispettivamente proletari e sottoproletari –, le
battaglie per il divario di classe, il
diritto al lavoro, alla casa e ai servizi
sociali, le speranze di un
popolo, gli ideali di giustizia e, con esso,
tanti altri.
Ma non ha mai rinunciato a disfarsi dello spauracchio del fascismo.
Ha comandato la cultura dal dopoguerra fino ad ora e non ha voluto
risolvere civilmente, politicamente la questione. Anzi,
tutta la sua politica ha sempre utilizzato come coagulante la
retorica dell’antifascismo. Ancora oggi, nonostante il rischio
fascista sussista in diluizione omeopatica, quantomeno in Italia. Per
l’Ucraina, dove è invece presente in quantità nazista, i
progressisti buttano il bilancino e sotterrano la testa.
Se fino agli anni della strategia della tensione e delle stragi di
stato non era possibile smontare da quel suo cavallo di battaglia,
dalla Milano da bere in poi il cavallo è diventato di Troia.
Le è servito per entrare e restare nelle menti che, in ritardo sul
presente, credevano ancora di essere la sinistra; che non avevano
visto che la barca faceva acqua e il comandante stava scaricando a
mare, un po’ alla volta, tutta la pesante,
tradizionale, storica ricchezza del naviglio.
Ora, dopo averlo sentito dire da tutte le parti e da più tempo, ma
mai ascoltato, si interroga sulla percentuale
residua, di quel suo popolo andato eroso, che per cieco
fideismo non ha avuto la forza di ammutinare. E si risponde che deve
tornare in strada, nelle piazze, che deve riprendere il contatto con
la vita reale. A vederla da fuori, la vicenda corre sul filo
dell’improbabile, in bilico, pronta a cadere tanto dalla parte
della farsa, quanto da quella opposta,
dell’orrore. I traditori, prima di altro, dovrebbero chiedere
perdono.
Ma le cose che contano sono altre. Di fatto è
prona, a culo in su, pronta a ricevere i fallici ordini dall’Europa,
dal Mercato, dai paladini Americani della libertà. Pronta a
sventolare una nuova Norimberga contro Putin,
senza vergogna, fino al punto di dire “così i paesi come
l’India, il Pakistan, il Brasile [i paesi del Brics, N.d.A.]
capiranno cosa vuol dire avere relazioni con Putin”.
Nella totale refrattarietà a comprendere dove ci ha portato
soprattutto la sua politica, non le resta che puntare tutto sui froci
e compagnia arcobalenante. Compagine composta da persone tutte
rispettabili, strumentalmente sfruttate in funzione della demolizione
dei pilastri portanti di identità individuali, sociali, nazionali.
La sinistra, e ormai la politica tutta,
preferisce Ursula e Joe. Non interessa che sotto il tailleur e il
completo della democrazia schierano lobby d’interesse, corpi le cui
carte di credito possono acquistare stati e ottenere politiche utili
a mantenere il potere. Altrimenti perché, nonostante le loro parole
imbrattate di diritti civili, non si occupano di Assange, degli
Yemeniti e di tutti i depredati? Perché, invece di proteggerle,
cancellano le culture? In un mondo mercificato, la risposta è la
solita: perché non rendono.
L’impegno
europeo della sinistra è massimo. È
una ulteriore dichiarazione di radicale abbandono delle coste
lavoratrici in cui aveva regnato. Il suo nuovo comando lo esprime. Ma
la sua azione, spiritualmente vuota, vuole ancora essere riempita con
l’imperituro dagli al fascista.
Basta un tafferuglio tra parti politiche differenti per
puntare il piede di porco sul presunto granello nero, il solo
dell’arenile.
Senza la coperta che tira da più di
settant’anni, non si sente esistere e dei suoi peccati gravi non si
cura, né fa
ammenda. Nelle loro giacche di tweed e scarpe di para, non si
stanno avvedendo del più importante risultato della loro politica.
Nient’altro che una silente e profonda spinta, che induce sempre
più persone a cercare la salvezza in qualcuno che spazzi la miseria
materiale e spirituale in cui versiamo. Persone che non aspettano
altro che il momento in cui poter dire “finalmente!”.
L’assuefazione al degrado politico, che la
sinistra crede senza limite, non è parte della fisiologia di tutti.
Anzi, lo è via via meno. Il rigurgito nei confronti dello scempio
sociale di cui è stata ed è protagonista, è
sempre più evidente. E sempre più
premessa di un epilogo grave. Verrà il momento dell’uomo forte,
quello che una sana società non avrebbe mai germinato?
Lorenzo Merlo