giovedì 21 novembre 2024
Be different be - Architectura arte paesaggio e metamorfosi...
mercoledì 20 novembre 2024
Nuova dottrina nucleare russa: una "non notizia" in dettaglio...
Questa della nuova dottrina nucleare russa potremmo considerarla per molti aspetti una "non notizia" perché era pronta da tempo e l'annuncio era già stato dato a settembre. La firma di Putin e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale è arrivata proprio nel millesimo giorno del conflitto in Ucraina e subito dopo il lancio dei primi missili ATAMCS di fabbricazione statunitense contro la regione russa che ha registrato la mini-invasione dell'esercito ucraino.
(Sulla agenzia di stampa russa TASS si trovano conferme della notizia. Ad esempio vi possiamo leggere l'ultimo commento del direttore del servizio di intelligence estero russo Sergey Naryshkin. Il capo del SVR sottolinea che "il principio fondamentale del documento è che le armi nucleari sono l'ultima risorsa per garantire la protezione della sovranità del paese". Si vada al link: https://tass.com/politics/
Questa firma di Putin, sbandierata con grande clamore, potrebbe e deve essere vista come una risposta diretta agli sviluppi recenti nel conflitto che la NATO, per interposto Zelensky, combatte contro la Russia, in particolare con l'uso di armi a lunga gittata sul territorio russo con il sostegno degli Stati Uniti.
La nuova dottrina, ce lo sottolineano tutti i media main-stream, abbassa significativamente la soglia delle condizioni che consentirebbero a Putin di ricorrere all'arsenale nucleare, ampliando le circostanze in cui le armi nucleari potrebbero essere utilizzate. Ma tutto sommato non di molto, come vedremo in dettaglio più avanti. La novità, insomma, non è tanto nuova, è una novità molto relativa.
Questo cambiamento è stato annunciato ora, in una logica geopolitica e strategica, per inviare un messaggio chiaro ai potenziali avversari e per rafforzare la deterrenza nucleare della Russia in un momento di alta tensione internazionale.
La nuova dottrina nucleare russa, in barba come le vecchie al no first use dell'arma "atomica", permette l'uso delle armi nucleari non solo in risposta a un attacco nucleare, ma anche a minacce convenzionali che compromettano gravemente la sovranità o l'integrità territoriale della Russia. Inoltre, ed è questo il punto più attenzionato, "qualsiasi attacco convenzionale da parte di un Paese non nucleare, sostenuto da una potenza nucleare, sarà considerato una minaccia diretta".
Su Repubblica del 20 marzo Rosalba Castelletti riassume così il testo nell'articolo dal titolo: "Possiamo colpire Kiev e i suoi alleati".
Nella sua ricostruzione, il testo ribadisce che il ricorso alle armi nucleari è previsto come gesto estremo e ultima risorsa, ma si abbassa la soglia di impiego: "Non più la minaccia all'esistenza stessa dello Stato, prevista nel precedente documento del 2020, ma un attacco con armi convenzionali, come droni e missili, che costituisca una minaccia critica alla sovranità e integrità territoriale della Russia e dell'alleata Bielorussia. D'ora in poi, inoltre, l'aggressione di qualsiasi Stato non dotato di atomiche, come l'Ucraina, ma con la partecipazione e il sostegno di una potenza nucleare, come gli Stati Uniti, potrà essere considerata come un'aggressione congiunta e qualsiasi attacco da parte di uno Stato membro di una coalizione militare potrà essere visto come un attacco da parte dell'intero blocco."
Questo ampliamento delle condizioni per l'uso delle armi nucleari è, come abbiamo accennato, una risposta diretta agli sviluppi recenti nel conflitto in Ucraina, dove l'uso di missili ATACMS da parte delle forze ucraine ha rappresentato una nuova modalità di attacco all'esercito russo sul territorio della Russia. Quindi abbiamo precisamente l'attacco convenzionale sul territorio russo da parte di un Paese non nucleare (l'Ucraina), sostenuto da un Paese non nucleare (gli USA), che è da considerare una minaccia diretta. Che chiama in causa l'intero blocco militare di cui fa parte.
Specifica la Castelletti: "Il riferimento alla NATO è chiaro. E la risposta potrà essere diretta anche contro Stati e territori che mettano a disposizione il territorio, lo spazio aereo o marino, e le risorse sotto il loro controllo per la preparazione e l'attuazione delle aggressioni".
Sempre su Repubblica del 20 novembre, il retroscena di Paolo Mastrolilli nell'articolo intitolato: "Lo zar è un irresponsabile. Biden non cambia linea in attesa di lasciare l'incarico ", ricorda che la decisione di Biden sugli ATAMCS è stata motivata dalla necessità di rispondere allo schieramento dei militari nordcoreani nella guerra ucraina, anch'essa una mossa escalatoria.
Repubblica ha interrogato la Casa Bianca ottenendone da un portavoce la risposta che, dopo la pubblicazione della nuova dottrina nucleare russa, "non avendo osservato alcun cambiamento nella postura nucleare della Russia, non abbiamo visto alcun motivo per modificare la nostra postura o dottrina nucleare".
Entra in gioco, dentro questo schema della posizione russa, quella che si chiama deterrenza preventiva. La Russia potrebbe utilizzare test o dimostrazioni di forza nucleare come strumento preventivo per scoraggiare ulteriori azioni aggressive da parte di altri stati. Questo è particolarmente rilevante in un contesto di crescente tensione con la NATO e gli Stati Uniti.
Si persegue, con questa scelta, all'interno della logica della potenza, un rafforzamento della sicurezza strategica. La Russia percepisce le azioni militari e le tecnologie avanzate dei suoi avversari come minacce dirette alla sua sicurezza e risponde di conseguenza, nel momento in cui le tensioni internazionali vanno crescendo.
La decisione degli Stati Uniti di autorizzare l'uso di missili ATACMS da parte dell'Ucraina ha spinto il Cremlino a ridefinire la propria strategia difensiva. Putin in persona lo ha precisato chiaro e tondo: la Russia considera queste azioni come provocazioni che giustificherebbero, teoricamente, persino una risposta nucleare.
Però è da calcolare, per la retorica adottata, il particolare periodo dell'interregno tra Biden e Trump. La citata Castelletti fa parlare la politologa Tatiana Stanojava, a capo del think thank R.Politik: "Putin potrebbe cercare di presentare all'Occidente due scelte nette: "Volete una guerra nucleare? L'avrete, oppure "Mettiamo fine a questa guerra alle mie condizioni".
A questo punto, dal nostro punto di vista di uomini comuni, e non di addetti ai lavori strategici, la domanda che ci facciamo e che conta è una sola: davvero la Russia userebbe bombe atomiche, sia pur tattiche, in Ucraina? A leggere i Soloni geopolitici intervistati sulla stampa le minacce di Putin andrebbero trattate come un semplice bluff. È quanto sentiamo da parte dei governanti ucraini, che strillano contro il paventato disimpegno dell'Occidente. E, con loro, da molti politici europei, dalla Polonia, al Baltico alla Gran Bretagna. La Polonia ha cominciato a costruire bunker antiatomici e ad offrire agli USA la disponibilità a ospitare armamenti nucleari. La Svezia, pragmaticamente (si fa per dire), ha distribuito a cinque milioni di famiglie opuscoli con le istruzioni in caso di attacco atomico.
Il Manifesto, nella prima pagina di oggi, 20 novembre, propone un editoriale di Tommaso di Francesco dal titolo "Minaccia atomica. Non è un bluff. La ritorsione ora è possibile", e un richiamo all'Europa che spinge sugli armamenti. "A Varsavia 5 Paesi UE (Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna) e il Regno Unito si sono pronunciati per la prima volta a favore di obbligazioni europee per finanziare l'industria militare. E a Bruxelles il segretario NATO Mark Rutte rilancia l'esigenza di spendere in armi ben oltre il 2 per cento del prodotto interno lordo".
Anche da parte pacifista però si fanno spesso spallucce, si propende per il bluff, appoggiandosi sulla considerazione che l'uso della tattica non servirebbe a Putin dal momento che starebbe vincendo la guerra sul campo.
Però qui non si parla di un videogioco. Le percentuali da attribuire al bluff per Putin mettiamo che siano al 99%. Ma dell'1% che resta in ballo che ne facciamo? La domanda non prevede risposte certe ma solo dubbi che provocano brividi nella schiena. Dubbi che è bene che la gente si ponga proprio quando una ricerca Gallup certifica che, per la prima volta dal 2022, la maggioranza degli ucraini (52%) chiede l'avvio di un negoziato di pace. Ora, se il leader russo, con le sue intimidazioni, specula su questa situazione di stanchezza e paura dell'opinione pubblica (a nostro parere pienamente giustificate), questa nostra consapevolezza non cancella le incognite e i pericoli che un proseguimento della guerra potrebbe comportare.
La parola "escalation" è quella che emerge continuamente e incontenibilmente, ovvero: quella cosa che tutti gli attori del conflitto dicono di voler evitare anche se, per tutti questi mille giorni, le cosiddette linee rosse si sono spostate sempre più avanti. Il ragionamento riguarda gli aiuti militari all'Ucraina (consistenti ma pieni di condizioni e restrizioni) ed ha anche un legame con una certa frustrazione per i risultati sul campo e l'esito poco significativo delle sanzioni anti-russe. Il Cremlino, al contrario, di limiti, a quanto ci dicono, se n'è dati un po' meno e ha cominciato assai presto a sbandierare lo spettro dell'arma nucleare fino, appunto, a cambiarne platealmente la dottrina d'impiego.
Escalation: botte e risposte reciproche in crescendo che si sa quando cominciano ma non si sa come possono andare a finire. Soprattutto se il monitoraggio dei dati e della situazione sul campo può essere soggetto ad errori di rilevamento e di interpretazione. Questi errori, in sintesi, possono derivare da vari fattori, che qui elenchiamo schematicamente:
- I sistemi di rilevamento utilizzano tecnologie avanzate come radar, satelliti e sensori sottomarini. Tuttavia, questi strumenti possono essere influenzati da condizioni atmosferiche, interferenze elettroniche o malfunzionamenti tecnici, portando a falsi allarmi o mancati rilevamenti.
- Anche quando i dati vengono raccolti correttamente, l'interpretazione può essere complessa. Gli analisti devono distinguere tra attività normali e potenziali minacce, il che può essere difficile in situazioni di alta tensione. Errori di interpretazione possono portare a decisioni sbagliate, come l'innesco di una risposta nucleare non necessaria.
- La comunicazione tra diverse agenzie e paesi è cruciale per il monitoraggio efficace. Errori di comunicazione o mancanza di coordinamento possono causare ritardi nella risposta o interpretazioni errate delle intenzioni dell'avversario.
- Gli esseri umani sono soggetti a errori, specialmente sotto stress. Decisioni prese in situazioni di emergenza possono essere influenzate da bias cognitivi, stress o mancanza di informazioni complete. Il fattore umano ha però operato in modo positivo nel caso del colonnello sovietico Stanislav Petrov, che nel 1983 salvò il mondo da una possibile guerra nucleare e che per questo viene celebrato il 26 settembre con la giornata ONU contro le armi nucleari.
La stampa, anche quella pacifista, tende però a rassicurare e a minimizzare un po' troppo. Parla più di fumo che di arrosto, più di strategia comunicativa che di nuove minacce reali. Un esempio di questo atteggiamento ce lo dà il Fatto Quotidiano, con l'intervista, pubblicata oggi, 20 novembre 2024, di Gianni Rosini a Mariana Budjeryn, ricercatrice senior del Project on Managing the Atom (MTA) al Belfer Center della Harvard Kennedy School.
Il titolo del pezzo è, appunto: "Putin modifica la dottrina nucleare russa", l'esperta: "C'è tanta strategia comunicativa, i cambiamenti sono minimi e interpretabili".
Domanda del giornalista: "Che cosa cambia veramente nella dottrina nucleare russa dopo questa dichiarazione?"
Ecco la risposta, per alcuni aspetti eccessivamente rassicurante:
"(Rispetto alla precedente formula dottrinaria) si aumenta il numero dei casi in cui si può ricorrere al nucleare. (…) La Russia ha aggiunto una nuova possibilità di utilizzo dell'arma nucleare rispetto al passato. Nella precedente versione le circostanze erano quattro, adesso ne hanno aggiunta un'altra. E si tratta dell'ottenimento di informazioni credibili su un attacco di massa o massicci raid aerei, includendo aviazione strategica e tattica, missili da crociera, veicoli aerei senza pilota, quindi droni, aerei ipersonici e altri tipi di aerei. Ma questo è qualcosa che Putin ci aveva anticipato già a settembre. Magari, vista la situazione attuale, la domanda che dobbiamo porci è quali debbano essere considerati confini russi".
E ancora: "Fondamentalmente dà a Putin, quindi alla leadership politica militare russa, un ampio spazio di interpretazione su quando può ricorrere all'autorizzazione sull'uso nucleare. Quindi cercare di essere molto legati al significato stretto delle parole probabilmente non è nemmeno utile perché sappiamo che i russi potrebbero interpretarle nel modo che gli conviene, se decidono di agire. Quindi c'è uno spazio di manovra e di interpretazione più ampio per la leadership russa. Un altro punto è che una dottrina nucleare non è un algoritmo per l'uso del nucleare. Non sarebbe giusto dire che è un documento di propaganda, ma una comunicazione agli avversari e al pubblico interno. Non è che Putin resterà seduto con questa dottrina spuntando caselle relative alle singole condizioni soddisfatte o meno. Non significa che, anche se tutte queste condizioni vengano soddisfatte, si arrivi a una risposta automatica".
Il Giornalista: Dovremmo considerarla una sorta di linee guida?
Risposta: "Sì, si tratta di linee guida, ma senza un vero automatismo per autorizzare una risposta nucleare nonostante alcune di queste condizioni possano essere soddisfatte. Ripensiamo all'ottobre 2022, quando il rischio dell'uso nucleare della Russia in Ucraina era piuttosto alto: sappiamo che la l'intelligence statunitense ha stimato quel rischio in quel momento al 50%. Putin le avrebbe usate in una situazione sfavorevole per la Russia, per fermare l'avanzata ucraina a Kharkiv e nella regione di Kherson durante la controffensiva. Ma questo non avrebbe rispettato alcuna delle condizioni di cui abbiamo parlato e il fatto che non le abbiano usate ci dimostra che i russi tengono queste condizioni ancora in considerazione. Penso che la Russia stia davvero cercando di comunicare con l'Occidente e di bloccare certe decisioni più di ogni altra cosa".
Per l'esperta lo scenario plausibile di impiego da parte russa dell'arma atomica tattica è solo il seguente:
"Se la Russia si ritirasse proprio come nell'ottobre del 2022, con le truppe russe sbaragliate, per fermare questi progressi Mosca potrebbe usare un'arma nucleare. Questo è uno scenario plausibile. Ma proprio le difficoltà di ottobre e novembre 2022 ci mostrano anche quali siano alcuni dei fattori che potrebbero impedire alla Russia di farlo. Ha considerato l'uso del nucleare e poi ha deciso di non farlo, perché? Quello che sappiamo è che si è trattato di una combinazione di cose. Una di queste è stata una comunicazione molto chiara da parte degli Stati Uniti, con il direttore della Cia Bill Burns che si è recato a Istanbul e ha parlato con la sua controparte, Naryshkin, dicendo sostanzialmente che ci sarebbe stata una risposta convenzionale Usa-Nato contro obiettivi militari russi sul territorio ucraino, inclusa la Crimea, se la Russia avesse fatto uso del nucleare in Ucraina. Quella era una minaccia deterrente. In aggiunta a ciò, la Cina è intervenuta e ha comunicato in privato, ma anche pubblicamente, che non sosterrebbe l'uso dell'arma nucleare da parte della Russia. Anche il primo ministro indiano Modi ha rivolto lo stesso appello alla Russia. Inoltre, ci sono anche degli svantaggi piuttosto significativi nell'usare un'arma nucleare tattica direttamente sul campo di battaglia perché inquina e complica la situazione delle truppe sul terreno. Condurre operazioni militari in un teatro colpito dall'uso nucleare è molto difficile, nessun esercito è addestrato per questo. Quindi la combinazione di questi fattori ha funzionato per impedire alla Russia di usare un'arma nucleare durante un ritiro".
L'errore di rilevamento e di valutazione in un contesto di escalation: ecco ciò che si tende colpevolmente a sottovalutare, anche da parte pacifista. E per capire che chi propone l'argomento non fa dell'allarmismo da quattro soldi più che dei ragionamenti astratti è utile proporre la conoscenza di fatti che sono effettivamente accaduti e che sono lì ad ammonirci sui pericoli che realmente corriamo.
Il 26 settembre è la giornata ONU contro le armi nucleari. Oggi, rispetto al periodo della guerra fredda, in cui avvenne l'episodio in cui il colonnello sovietico Stanislav Petrov rimediò a un falso allarme nucleare contro la capitale Mosca, evitando una guerra nucleare per errore, questo rischio tende ad aggravarsi sia per il caos geopolitico (si pensi alle guerre sul territorio ucraino e in Medio Oriente), sia per i progressi tecnologici male indirizzati (miniaturizzazione delle armi, velocità ipersonica, intelligenza artificiale). Quella notte trovammo "un uomo giusto, al posto giusto, al momento giusto".
Stanislav Petrov riuscì a capire che le tracce di missili americani in avvicinamento apparse sui computer del centro di avvistamento vicino Mosca, che comandava, erano in realtà un falso allarme da parte dei satelliti di rilevamento (onde elettromagnetiche del sole riflesse dalle nuvole, abbiamo saputo poi); non avvisò allora i superiori evitando che si innescasse il meccanismo della risposta nucleare.
Consigliamo a tutti la visione del film di Peter Anthony, The man who saved the world, sulla vicenda del colonnello sovietico e sulla crisi del 26 settembre 1983, su You tube alla URL: https://www.youtube.com/watch?
Citiamo la petizione (https://www.petizioni24.com/
Un terreno di opposizione disarmista che si è aperto, con possibili implicazioni antinucleari, riguarda la decisione di installare in Germania nel 2026 missili a raggio intermedio (da 500 a 5.500 km), che è anche frutto della disdetta del Trattato INF (Forze nucleari intermedie), dichiarata, nel 2019, dall'allora presidente USA Donald Trump.
A Berlino, il 3 ottobre 2024, si è svolta una grande mobilitazione nazionale del movimento pacifista tedesco. Su questo punto dei cosiddetti EUROMISSILI l'esperienza "storica" del Cruisewatching a Comiso (oggi sede della Pagoda per la Pace) e in Europa, sviluppatasi dal 1984 al 1987, dà l'indicazione di non mollare mai, fino al possibile, riconosciuto, successo (allora costituito dalla firma del Trattato da parte di Gorbaciov e Reagan).
Ma il filone principale dell'impegno antinucleare riguarda la campagna ICAN (Campagna Internazionale per l'Abolizione delle Armi Nucleari), premio Nobel per la pace 2017.
Sul sito ufficiale icanw.org della campagna è riportata la notizia che 73 Stati hanno già ratificato il Trattato di proibizione delle armi nucleari.
In Italia le forze aderenti ad ICAN lavorano per coinvolgere gli Enti Locali nell'ICAN PLEGDE (100 città, tra le quali la capitale Roma, grazie in particolare a WILPF Italia), cui attualmente aderiscono circa 30 parlamentari, nella modalità per essi predisposta.
A New York si terrà nel marzo 2025 la terza riunione degli Stati parte del Trattato e i Disarmisti esigenti hanno da presentare per l'occasione un working paper che intende mettere in relazione la Campagna ICAN con la Campagna No First Use.
Il working paper propone che, per l'obiettivo del disarmo nucleare effettivo, tutti i 9 paesi che possiedono armi nucleari (insieme ai loro alleati) dovrebbero sedersi allo stesso tavolo delle trattative, con l'ONU nel ruolo di mediatrice riconosciuta, avendo compreso che il possesso di armi nucleari costituisce un rischio inaccettabile, in primo luogo per loro stessi.
Il pericolo concreto di una possibile "guerra nucleare per errore" andrebbe messo in cima alle ragionevoli preoccupazioni di chiunque abbia a cuore la sopravvivenza della specie umana sulla Terra. Se da un lato spetterebbe a questi Stati dotati di armi nucleari prendere questa iniziativa, spetta anche a noi, società civile, aiutarli a raggiungere tale consapevolezza anche mediante una "esigente" pressione dal basso. Di conseguenza dovremmo concentrarci principalmente sui fattori di rischio per convincere gli Stati dotati di armi nucleari a decidere un disarmo nucleare globale. Quindi, l'adesione universale al TPNW, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, non dovrebbe più incontrare ostacoli. Come contributo a questo approccio, proponiamo di lavorare per armonizzare e integrare la Campagna ICAN con la Campagna No First Use (NFU) perché riteniamo importante schiudere ammorbidimenti e contraddizioni nel fronte nuclearista, già non del tutto monolitico. Sarebbe apprezzabile che l'adozione ufficiale di dottrine sulla deterrenza che escludano un primo colpo nucleare in qualsiasi circostanza sia accompagnato da misure, sotto controllo IAEA, che rendano più difficile la guerra nucleare per errore, come la deallertizzazione delle testate e la separazione delle stesse dai vettori. Il TPNW già, all'articolo 4, prevede un periodo di conversione e una certa flessibilità nelle forme di adesione da parte degli Stati dotati di armi nucleari e degli Stati che ospitano armi nucleari controllate da un altro Stato. Entro la prossima conferenza di revisione, fissata nel 2027, possiamo stabilire una categoria riconosciuta formalmente di Stati "collaboratori", "fiancheggiatori" (o altro termine similare) del Trattato. Sarebbero Stati non aderenti a pieno titolo ma orientati positivamente verso il percorso della proibizione giuridica, valutato quale strumento utile e opportuno, compatibile con le istanze di sicurezza globale, per giungere a un mondo senza armi nucleari.
A cura di Alfonso Navarra, coordinatore dei Disarmisti Esigenti
martedì 19 novembre 2024
Veneto. Zaia militarizza i treni regionali...
Basta indossare una divisa dell’esercito italiano per non pagare il
biglietto. O meglio, il biglietto glielo paghiamo noi veneti. È la nuova
trovata del presidente Zaia per farci credere che sta affrontando il
tema degli atti di vandalismo e microcriminalità sui treni (e per
nascondere il sovraffollamento, i ritardi, i disservizi quotidiani sul
trasporto pubblico regionale che colpisce particolarmente i lavoratori
pendolari).
Dice il Governatore che con i militari in divisa sui treni crescerà “la
percezione di sicurezza”, anche se in realtà non potranno fare niente di
diverso da quello che farebbe qualsiasi altro cittadino: chiamare il
controllore o le forze dell’ordine, o agire per legittima difesa: un
effetto “deterrente” del tutto teorico, perché i malintenzionati, i
vandali, i bulli di turno, sanno benissimo che quelle presenze in divisa
non hanno alcun potere repressivo.
Quanto ci costa questa “percezione” visiva? Il calcolo è presto fatto:
sono 9000 unità i militari in servizio nella nostra Regione, potenziali
fruitori dei viaggi gratuiti; 700 le corse ferroviarie quotidiane; 150 i
treni regionali interessati. Se ogni militare facesse due viaggi al
giorno, andata e ritorno, per circa 300 giorni all’anno, per una media
di 10 euro (costo del biglietto a carico della Regione Veneto), la
“deterrenza” immaginaria ci costerebbe 27 milioni di euro. Ammettiamo
che solo un quarto dei militari utilizzi il servizio, e solo per 225
giorni l’anno, siamo comunque oltre i 5 milioni di euro. È un evidente
sperpero di risorse pubbliche!
Inoltre, il provvedimento regionale attua una discriminazione tra
categorie di lavoratori: perché viene considerata solo la divisa
militare? Ci sarebbero molte altre divise meritevoli di considerazione:
la divisa dei Vigili del Fuoco, la divisa della Protezione civile, la
divisa del personale del Servizio Urgenza ed Emergenza Medica, la divisa
dei Vigli Urbani, della Polizia Penitenziaria, ecc. (per non allargarsi
agli abiti dei ministri di culto).
Ma oltre a questo c’è un dato di incostituzionalità, in quanto si
attuata un’evidente disparità tra cittadini fruitori del servizio
pubblico: chi è in divisa viaggia gratis, chi è in abiti civili deve pagare.
Da ultimo, segnalo un profilo di illegittimità amministrativa. L’Accordo
tra Regione Veneto, Esercito italiano, Aeronautica e Marina militare, e
Trenitalia permette ai militari in divisa che si recano al lavoro o
tornano a casa, di viaggiare gratis sui treni regionali, perché sono
nell’ambito della loro funzione di “servitori della Patria”
(Costituzione, articoli 52, 87, 117), ma “il sacro dovere di difesa
della Patria” è parimenti affidato dal legislatore anche a chi svolge in
Servizio Civile Universale (due sentenze della Corte costituzionale, la
n. 164/1985 e 470/1989, la legge 64 del 2001, e il Decreto Legislativo
n. 40 del 6 marzo 2017 che istituisce il Servizio Civile Universale
"finalizzato, ai sensi degli articoli 52, primo comma e 11 della
Costituzione, alla difesa civile, non armata e nonviolenta della
Patria"). Quindi il viaggio gratuito dovrebbe essere esteso, per
coerenza costituzionale, anche ai giovani in Servizio Civile, che
indossino la maglietta o la pettorina identificativa (certamente più
idonei ad affrontare situazioni di disagio, marginalità, degrado).
Ma perché la Regione Veneto e l’Esercito italiano si sono lanciati in
questa spericolata avventura? Il motivo vero è chiaro ed evidente: da un
lato abituarci visivamente e psicologicamente alla presenza dei militari
in mezzo a noi in una logica di militarizzazione della società,
dall’altro coprire le reciproche insufficienze nel fornire ai cittadini
i servizi per i quali le due istituzioni sarebbero preposte. Il tutto a
spese della società civile, e a vantaggio dei militari.
Chiedo quindi ai consiglieri regionali, deputati e senatori del Veneto
di adoperarsi per l’annullamento dell’Accordo. Consiglio a Zaia di
ritirarlo per non esporsi a brutte figure. Se invece entrerà in vigore,
comunichiamo fin d’ora che dal 1 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 i
giovani del Servizio Civile del Movimento Nonviolento indosseranno le
pettorine pretendendo di viaggiare gratis come i militari: aspettatevi
una disobbedienza civile e bel po’ di contestazioni, reclami, ricorsi
amministrativi e giurisdizionali.
Mao Valpiana - Presidente del Movimento Nonviolento
La memoria intrinseca degli eventi nella materia...
Che ci sia un’attinenza indiscutibile fra l’emissione energetica e la materia è un fatto conosciuto da chiunque, prima ancora delle scoperte della fisica quantica. Basti vedere l’azione dell’energia solare e della sua captazione utile ai processi vitali sulla Terra…
A proposito di psicostoria e memoria collettiva – I libri riportano la storia che gli autori dei libri vogliono raccontare, se vogliamo conoscere la storia, quella vera, è necessario introdursi nel magazzino della funzione mnemonica vitale, che è presente comunque in chiave olografica in ognuno di noi. In India questo magazzino si chiama Akasha, Jung lo chiamò Inconscio collettivo, gli esoteristi lo chiamano Aura della Terra. Isac Asimov definì questa ricerca mnemonica psicostoria... Qualcuno mi ha chiesto: “Cosa intendi per chiave olografica, cioé quel mezzo a cui fai riferimento?”. Faccio l'esempio del funzionamento di un ologramma, ogni informazione dell'insieme è contenuta in ogni sua parte, quindi è alla portata di ognuno accedere alla memoria collettiva. Sul come arrivarci possono esserci varie opzioni: meditazione, assorbimento, sogno, intuizione, rivelazione, ecc. Secondo un punto di vista psicostorico "materialistico" alcuni utilizzano un oggetto connesso alla storia esaminata, per su quello concentrarsi, come avviene nella divinazione con mezzi empirici. (P.D'A.)
domenica 17 novembre 2024
Fa piangere... fa ridere... (ma soltanto con la mascherina!)
Sebbene la tendenza al tempo disastroso che permane sulla cultura sia ben affermata e senza necessità di dimostrazione, ogni volta che qualche vicenda riesce ad aumentarne la media negativa, la questione torna al dolore della carne viva.
“Nel tempo libero curo mio figlio”. Questa affermazione è apparsa nei titoli dei giornali di qualche giorno fa. Non ho nulla contro colei che l’ha pronunciata. Non è necessario riferire chi sia in quanto ciò che importa è un livello più ampio, è il livello culturale che ha permesso la formulazione della frase citata.
Frase e concezione di madre che dice tutto sulla direzione, più che esiziale, in cui va la cultura, cioè tutto.
Frase passata senza reazioni scioccate da parte della stampa, della politica, di qualche istituzione civile, e neppure religiosa.
Frase dolorosa che contiene in sé quanto ci siamo allontanati dalla natura che siamo. Una distanza che abbiamo percorso sulla scia del progresso e la sua promessa di felicità come somma di acquisti. Anche in nome del femminismo, forse il movimento che, più di altri, si è nel tempo deformato. Da diffusore della consapevolezza della pari dignità delle donne, è divenuto un mostro, replicante del peggior modello maschile, anche agli occhi di molte donne. Persone dal respiro libero, non asfissiato dall’ideologia che, come tutti i fideismi, con il rispetto, la dignità e la parità non ha nulla a che vedere.
Frase sconsolante, che seppellisce la forza delle donne. Quella degli uomini è caduta, da tempo, per prima sotto lo stesso maglio che ha dato forma a quella fila di parole, di pensieri, di concezione, di, ancora inavvertita, disperazione e perdizione. Che ha permesso le politiche oggi sulla cresta dell’onda, integralmente intente ad alimentare la mortificazione di quanto è ancestrale in noi, totalmente dedicate a sottrarci la bussola naturale, assolutamente impegnate a fare di noi oche da foie gras di falsi valori materiali.
Eccessiva reazione per una frase in fondo vera? Tanta reazione per niente? Per così poco? Le parole rivelano uno spettro più ampio dello stretto significato letterale. Le parole impiegate per descrivere rivelano la prospettiva con la quale guardiamo il mondo.
“Nel tempo libero curo mio figlio”. Non deve passare sotto silenzio una frase così, neppure se pronunciata da persone che lavorano. Se tecnicamente non fa una piega – ma non la farebbe neppure dire che le donne sono un buco – in quanto allude al tempo libero dal lavoro, è la legittimazione di quelle parole per il loro significato tecnico, che le fa diventare il sintomo di una cultura che non ha più niente di natura. Dovrebbe, invece, accadere il contrario, cioè che nel tempo libero dall’educazione e dalla cura della prole ci si può dedicare ad altro. Ma neppure così è abbastanza. In una cultura non pregna di metastasi della mercificazione, la cura genitoriale non ha il diritto di interruzioni, soprattutto spirituali. Diversamente siamo al turismo genitoriale per caso. Siamo all’appropriazione indebita e impunita delle nuove vite. Siamo infatti alla maternità surrogata, al figlio della carta di credito di chi compra e della miseria di chi giunge a mettere a disposizione se stessa, magari per una lavatrice. Non è da escludere.
Fa ridere? Oh, sì, fa ridere chiunque si sia piegato agli imperativi culturali, non ultimo, ma primo, al suo linguaggio pieno di io e di realtà oggettiva, di jingle e di repliche di luoghi comuni. Vite consumate entro il calderone di petulante, insistente e invadente comunicazione dei notiziari, della pubblicità, delle canzonaccie (gran parte), dei dj. Goccia dopo goccia la cultura ci costruisce, così, si diviene, senza sforzo quando non con comodità, la stalagmite che essa ci impone di essere per sostenersi, per propagarsi. Una moltitudine di persone calcificate, che senza difficoltà alcuna, se interpellate, in quattro e quattrotto trovano le ragioni, culturalmente e, a volte, legalmente autorizzate, della propria lascività etica. Ma mai lo spunto per afferrare la narrazione che cola giù dall’alto, quella che trovano pronta in tavola, e provare, tentare, sforzarsi di vederne l’origine e il significato, perché è in quel modo (TINA) e non in altro per, eventualmente, condividerla a ragion veduta o prenderne le distanze.
E se così andasse, madri o padri, si guarderebbero dall’esprimere quella frase senza avvertire di aver abiurato a se stessi. Senza la consapevolezza di aver dato un calcio in avanti al macigno che ci sta travolgendo.
Lorenzo Merlo
Canzoncina in sintonia: https://www.youtube.com/watch?v=4TeBhX56O54