martedì 9 dicembre 2025

L' “oggettività” negata...



L’esperienza comune di un cambio o rinnegamento di opinione, di considerazione, di giudizio e di descrizione potrebbe bastare ad ognuno per concludere in che termini è vero che la realtà è maschera e ricreare così il brocardo nietzschiano che i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni. (1)


Nonostante l’imprinting positivistico che ci impone di constatare che la realtà ha un’unica facciata, essa vive in noi soltanto in funzione della nostra presenza e descrizione. Se al cospetto di una medesima – presunta oggettiva realtà – dai presenti emergono descrizioni differenti, dovrebbe bastare per riconoscere in che termini è vero che la realtà è maschera.


Dovrebbe, ma non basta. La cultura in cui nasciamo riempie il vaso vuoto che siamo con il suo limo razional-materialista-scientista- meccanicista. Ciò tende a determinare in noi una tenace ma invisibile forma-pensiero che prende il nome di “oggettività”. Così, ne coltiviamo il culto e il mito, a mezzo del quale, diviene dogmatica.


Si può altresì osservare che il culto dell’oggettività è un magnete cognitivo e creativo che raduna, surroga e falsifica la libertà di pensiero, annichilendo così l’emancipazione dal suo popolare mito.

Nonostante ciò, la narrazione dell’esistenza e della superiorità dell’oggettività non solo ha legittimità storica – se c’è, qualche esigenza l’avrà creata – ma ha, a suo favore, tutte le doti per descrivere attendibilmente il reale, purché limitatamente a un “campo chiuso” in un “tempo fermato”.


Campo chiuso allude ad un contesto regolamentato, il cui linguaggio e le cui regole sono accettate dagli attori.

Per guidare un’auto, per risalire il vento in barca a vela, per ottenere un medicamento omeopatico, per coltivare cipolle e per visitare un museo è necessario conoscere la relativa regolamentazione logistica, amministrativa, tecnica. Diversamente, nessuna delle attività appena elencate, quali campioni del concetto di campo chiuso, può essere soddisfacentemente realizzata.

Tempo fermato allude invece al momento preso in considerazione. Se alcuni campi chiusi – come per esempio presumibilmente quello della coltivazione delle cipolle – dispongono di un tempo fermato assai lungo, per altri, in generale quelli di carattere amministrativo, il tempo fermato si riduce. Una legislatura può modificare il come di più processi amministrativi; le regole di un gioco possono essere fisse e modificate in ogni momento e noi, possiamo cambiare le nostre in ogni momento, con il diritto di dare loro una durata volatile, a piacere.


Al contrario del campo chiuso, in cui i principi della logica e quelli della meccanica classica trovano il terreno ideale per fiorire e governano a pieno titolo e con somma efficienza ed efficacia, il campo aperto si riferisce a contesti relazionali non protocollabili e non esauribili entro le rigide architetture del razionalismo, della logica, del causa-effetto, della misurabilità, della prevedibilità.

Se in quello chiuso, per esempio nella conduzione del decollo di un aereo, l’intento va a buon fine solo seguendo la procedura codificata e, in caso di avaria di qualche strumentazione, sarà la creatività – evento per definizione estraneo al conosciuto – del pilota a provvedere per il meglio.

In quello aperto, non v’è procedura alcuna, fatto salvo quella estemporanea, escogitata al momento.


Tutte le libere relazioni umane, incluse quelle che possono accadere entro i campi chiusi, sono di tipo aperto, quindi del tutto corrispondenti all’infinito nella misura in cui, sempre, culminano in epiloghi potenzialmente imprevedibili, nelle quali avviene il regno del fraintendimento, dell’incomprensione, del contrasto e del conflitto.

Nel caso di una relazione tra persone esso tende a produrre equivoci se si tratta di un confronto tra esigenze ed emozioni incompatibili o, al contrario, a realizzare comunicazione compiuta se compatibili, come nel caso degli amanti e dei complici, tra i quali si avvera una semantica inequivocabile con il minimo sforzo e con qualunque linguaggio, in cui il rischio di perturbazione tende al minimo. E così colui che danza cavalca il ritmo della melodia, al contrario dell’impacciato rapito dalle sue idee.

Si può così sostenere che nel caso equivoco gli attori sono mossi da vibrazioni tra loro cacofoniche, incommensurabili e che, nel secondo, è presente un’energia risonante.

A evidenziare il concetto di incompatibilità, oltre alla rappresentazione grafica, può venire incontro l’impossibilità di coniugazione tra i numeri primi e tra questi e quelli divisibili (non solo da 1 e da loro stessi). Mentre, tanto questi ultimi quanto quelli della sequenza di Fibonacci – che peraltro contempla la presenza di numeri primi – si prestano a dare senso al concetto di compatibilità.


L’aspetto grafico di onde di vibrazioni può essere impiegato per esemplificare la realtà del campo chiuso e di quello aperto e perciò, anche della comunicazione compiuta o fallita, la natura del loro spirito meccanico-prevedibile per quello chiuso e quantistico-serendipidico per quello aperto, la realtà composta da parti esterne a noi e quella sempre integrale che nulla esclude esistente in noi.


La dimensione materiale e quella dell’oggettività avrebbero quindi modo di realizzarsi in occasione di una consonanza vibrazionale tra le parti. È così che il bimbo crede che la realtà corrisponda alla descrizione che ne fanno i genitori, lo scientista nei confronti di quella descritta dalla scienza, il tesserato a quella narrata e circoscritta dalla ideologia del suo partito e il buon cittadino, probiviro dell’etica democratica, vede il sistema e pensa di esserne protagonista. Ma anche da quella che decanta da un’idea. Nessun fiore della realtà esiste senza uno spirito che la insemini. Nessuna realtà è quindi fuori da noi prima di esserci dentro.


La tendenza alla materializzazione, quindi ad una certa stabilità e univocità della realtà, è tipica del campo chiuso, mentre è caratteristica di quello aperto una certa volatilità che, graficamente parlando, corrisponde alla dissonanza tra le vibrazioni presenti/emesse dalle parti in relazione.


Se perciò il campo chiuso e la materia vedono quali fondamenta di se stessi la risonanza e permettono la ragione dell’ordine, della misurabilità e della prevedibilità, nonché del credito ai saperi cognitivi e della predilezione del criterio analitico, una risonanza è anche il dietro le quinte di ogni nostro cambio di idea, di stato, di concezione, di descrizione del mondo.


Considerare l’avvento di una consapevolezza e di un cambio di valutazione, ovvero del mutamento di prospettiva e descrizione della realtà, sarebbe dunque rispettoso delle configurazioni finora espresse in quanto, ad ogni scatto di consapevolezza, corrisponde una risonanza prima assente.


Dunque, comprimere il mondo entro la narrazione meccanicistica e dare a questa il monopolio del vero e del giusto e del definitivamente oggettivo corrisponde alla mortificazione della conoscenza e a rimanere nella cultura brutale dei saperi e delle specializzazioni quali insuperabili, incomparabili e indiscussi picchi assoluti e non semplicemente funzionali all’organizzazione meccanica sociale.

Vette dall’ossigeno rarefatto e dall’euforia incontrollata, dalle quali non ci si avvede della dimensione energetica e vibrazionale della realtà. Consapevolezza così necessaria per constatare l’origine ondulatoria degli equivoci, quanto indispensabile per riconoscere le forze sottili che trascorrono nelle relazioni tra noi e il nostro oggetto d’attenzione. Forze sottili ma potenti, sole madri delle nostre interpretazioni e dei nostri giudizi, che impregnano di sé i campi aperti.

Eppure, noi viviamo in questi. Non dedicarsi a loro, seguitare a costringere la vita entro autoreferenziali categorie, classificazioni, protocolli, misurazioni dello studio cognitivo è mortificare l’esistenza, il cui carattere è artigianale non industriale, analogico non digitale. È scialacquare la vita in un luna park di fuochi fatui, felici di sparare ai palloncini.

Lorenzo Merlo


Nota

  1. Formula attribuita a Nietzsche a causa di quanto affermato in Frammenti postumi 1885-1887, Milano, Adelphi, 1975.


sabato 6 dicembre 2025

Per un giornalismo nonviolento...

 


Il giornalismo nonviolento, pur non essendo un metodo formalmente codificato, come la Comunicazione Nonviolenta (CNV) di Rosenberg, può essere definito come un approccio all'informazione che applica i principi di Ahimsa (non-danneggiamento) e Satyagraha (forza della verità) di Gandhi, concentrandosi sulla comprensione dei bisogni e la ricerca di soluzioni, anziché sulla polarizzazione e la sensazionalizzazione.

Ecco i principi chiave che potrebbero definire il giornalismo nonviolento:

1.  Concentrarsi sulla struttura, non sulla contesa ("Principio strutturale")

  • Identificare e rivelare i bisogni: andare oltre la denuncia delle azioni immediate e identificare i bisogni umani universali (es. libertà, sicurezza, dignità, riconoscimento) che sono insoddisfatti e che guidano il conflitto.

  • Contestualizzazione completa: non limitarsi a riportare chi ha fatto cosa, ma fornire il contesto storico, sociale ed economico che ha portato all'evento. Rifiutare le narrazioni semplicistiche che dividono le parti in "buoni" e "cattivi."

  • Denunciare la violenza strutturale: riconoscere e denunciare non solo la violenza visibile (guerra, terrorismo) ma anche la violenza strutturale (povertà, disuguaglianza, discriminazione sistemica) che è spesso la radice del conflitto.

2.  Sostenere l'empatia e il dialogo ("Principio relazionale")

  • Dare voce a tutte le parti: dare spazio equo alle voci di tutte le parti in conflitto, le "vittime" in primo luogo, ma anche agli "oppressori", ai mediatori e, soprattutto, ai cittadini comuni che cercano soluzioni.

  • Uso consapevole del linguaggio: evitare il linguaggio che polarizza o demonizza. Utilizzare termini che descrivano i fatti e l'impatto della sofferenza, piuttosto che etichette morali o giudizi (es. descrivere la violenza senza usare un'etichetta legale definitiva se non confermata, per mantenere aperto il dialogo).

  • Rifiuto della sensazionalizzazione: non focalizzarsi sui dettagli più violenti o sanguinosi al solo scopo di aumentare l'audience (giornalismo della tragedia), ma riportare la sofferenza con dignità e rispetto.

3.  Orientamento alla soluzione ("Principio costruttivo")

  • Coprire le iniziative di pace: invece di concentrarsi unicamente sul fallimento dei negoziati o sull'escalation, dedicare spazio e attenzione alle iniziative di pace, mediazione e riconciliazione in corso, anche se su piccola scala (es. gruppi di collaborazione palestinesi/israeliani e non solo foto di massacri).

  • Rappresentare la complessità: riconoscere che le soluzioni sono raramente binarie. Evitare di ritrarre la pace come l'assenza di guerra; mostrare invece il processo complesso e incrementale attraverso cui le relazioni vengono ricostruite.

  • Responsabilità del lettore/ascoltatore: fornire ai lettori e agli ascoltatori informazioni che li rendano cittadini attivi e informati sulla possibile risoluzione del conflitto, piuttosto che spettatori passivi e spaventati.

In conclusione, mentre il giornalismo tradizionale spesso utilizza il conflitto come prodotto (attraverso la logica della contesa e del dramma), il giornalismo nonviolento, che chiamo provocatoriamente "antigiornalismo", cerca di usare la sua influenza per promuovere il dialogo e individuare il terreno comune necessario per una pace duratura. Tenendo sempre presente la massima: una "brutta pace" (= tregua militare in cui tacciono le armi) è sempre meglio di una bella guerra (= l'accanimento sanguinoso e devastatore con cui si difendono i confini ritenuti "giusti").


Alfonso Navarra - Disarmisti Esigenti - alfiononuke@gmail.com





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giovedì 4 dicembre 2025

Emilia Romagna. “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

 


Il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” condivide la presa di posizione di RECA (Rete Emergenza Climatica e Ambientale Emilia Romagna) e di AMAS-Er (Assemblea dei Movimenti Ambientali e Sociali Emilia Romagna) in merito alle recenti scelte della Regione Emilia Romagna, che sul territorio ravennate impattano in maniera significativa, e appoggia ogni forma di mobilitazione che RECA e AMAS-Er vorranno proporre. Riportiamo e facciamo nostro il comunicato stampa delle due reti sociali:

Abbiamo appreso che la Regione Emilia-Romagna sta lavorando per arrivare ad un aggiornamento del Patto per il lavoro e il clima, realizzato nel 2020 e che RECA (Rete Emergenza Climatica e Ambientale, che raggruppa più di 80 tra  Associazioni e Comitati che si occupano dei temi ambientali) non aveva sottoscritto.

Abbiamo avuto modo di leggere il materiale predisposto, senza che esso ci sia stato inviato da parte della Regione e, ancor più, senza essere stati chiamati per svolgere un confronto attorno ad esso.

Riteniamo l’esclusione di RECA dal confronto in atto un vero e proprio “vulnus” democratico, indice di una chiusura e di un atteggiamento sprezzante nei confronti di chi non condivide le scelte prodotte dalla Regione sulle politiche ambientali. Due fatti sono particolarmente gravi ed inaccettabili: il primo è che la giunta Bonaccini, all’epoca della messa a punto del Patto del 2020 chiamò anche RECA al tavolo del confronto, mentre oggi non ci è pervenuto analogo invito da parte della giunta De Pascale. Il secondo, che rende ancora più intollerabile questa vicenda, è che, nella fase iniziale della nuova legislatura, in un incontro apposito svolto tra il Presidente De Pascale e RECA, esattamente il 24 febbraio di quest’anno, lo stesso Presidente ci rassicurò sul fatto che RECA sarebbe stata coinvolta in tutti i passaggi significativi di confronto sui temi ambientali, arrivando a criticare il suo predecessore per non averlo fatto dopo che RECA non aveva firmato il Patto per il lavoro e il clima! Questa palese dimostrazione di incoerenza e di discrepanza tra gli impegni presi e la pratica messa in atto la dice lunga sull’affidabilità della Giunta regionale e del suo Presidente: peraltro, questo scarto va ben al di là dei rapporti tra Regione e RECA, ma, come dimostrano molte vicende, rischia di essere proprio la cifra del modo di essere del governo regionale in carica.

Venendo al merito delle questioni presenti all’interno del documento di base per l’aggiornamento del Patto per il lavoro e il clima, intanto ci tocca constatare come l’analisi proposta appare completamente scentrata rispetto ai processi in atto, decisamente edulcorata, probabilmente per non voler riflettere sulla crisi economica, sociale e ambientale che investe anche la nostra regione. Infatti, dire che oggi  siamo passati da una situazione di una “globalizzazione senza attriti” ad una “globalizzazione condizionata” significa non prendere atto che, in realtà, oggi viviamo, invece, in un mondo dominato dai nazionalismi, dalle guerre commerciali e dalla guerra vera e propria come strumento per regolare i rapporti internazionali.
Allo stesso modo, se non con uno stravolgimento ancora più incredibile, bisogna essere veramente fuori dal mondo per dire che “nel suo discorso sullo Stato dell’Unione del settembre 2025, 
la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha sottolineato l’urgenza di rafforzare le politiche europee su alcuni fronti strategici: sicurezza, neutralità climatica, autonomia energetica, casa accessibile, qualità del lavoro.
Ha rilanciato il programma per un’industria europea più competitiva e ribadito la necessità di garantire che la transizione ecologica sia anche una transizione giusta e inclusiva”, quando proprio quel discorso ha sancito l’idea che 
l’Unione Europea debba attrezzarsi per giocare un ruolo importante nel mondo dominato puramente dai rapporti di forza e, su questa base, affermato la necessità di passare ad una vera e propria economia di guerra.

Guardando, poi, in modo più ravvicinato, ai temi sociali e ambientali proposti nel documento, che dovrebbero rappresentare le scelte di fondo che si intendono compiere nei prossimi anni, ci tocca ribadire la critica  che già svolgemmo a proposito del Patto del 2020 e che, oggi, appare non solo confermata ma rafforzata.
In buona sostanza, ci troviamo di fronte ad un solco profondo tra gli intenti proclamati e le politiche concrete attuate. Gli esempi sarebbero moltissimi e, quindi, ci limitiamo a segnalarne solo alcuni. Si continuano ad avanzare contenuti che sembrano utili a tutelare la risorsa acqua, ad affermare l’idea dell’economia circolare nel ciclo dei rifiuti, a promuovere una mobilità sostenibile, nel momento stesso in cui le politiche concrete vanno nella direzione della privatizzazione dell’acqua, ad incrementare la produzione dei rifiuti, ad andare avanti con le grandi opere, che comportano forte consumo di suolo e incentivano il traffico veicolare privato su strada.


Sulla transizione energetica, viene riproposto l’obiettivo di coprire i consumi finali di energia elettrica con le fonti rinnovabili al 2035, ma 
senza che esso venga supportato da una credibile pianificazione degli interventi che lo rendano possibile, e intanto si prosegue sostenendo l’economia del fossile, come nel caso del rigassificatore e del progetto di cattura e stoccaggio della CO2 di Ravenna, e in quello del metanodotto della “linea Adriatica”. 

Una vera e propria “perla” è poi il ragionamento sviluppato nella parte finale in tema di partecipazione, dove si fa un’esaltazione del ruolo fondamentale della stessa da parte dei cittadini, senza riuscire a citare lo strumento delle leggi di iniziativa popolare, e in specifico le 4 proposte di legge sui temi ambientali promosse ancora dal 2022 da RECA e Legambiente regionale e di quella per fermare definitivamente l’autonomia differenziata, proposta dal Comitato regionale contro ogni autonomia differenziata, che giacciono nei cassetti della Regione, senza che ci siano segni che esse vengano realmente discusse!

Insomma, non ci pare esagerato sostenere che siamo di fronte ad un’operazione di pura propaganda, che contraddice platealmente la realtà che viviamo tutti i giorni e che, invece, reclama una svolta profonda nelle politiche ambientali e sociali della Regione. E che si potrebbe realizzare proprio discutendo e approvando le proposte di legge di iniziativa popolare sui temi dell’acqua, dei rifiuti, dell’energia e dello stop al consumo di suolo, che, probabilmente non a caso, l’attuale maggioranza di governo continua ad ignorare.


RECA (RETE EMERGENZA CLIMATICA E AMBIENTALE Emilia Romagna)

AMAS-ER (Assemblea dei Movimenti Ambientali e Sociali Emilia Romagna

mercoledì 3 dicembre 2025

Prospettive per la pace e i diritti umani dei popoli...


"Le prospettive per la pace e i diritti umani dei popoli dipendono da un insieme di fattori: il riconoscimento della pace come un diritto umano fondamentale e il conseguente superamento del ius ad bellum (diritto di fare la guerra), la promozione della giustizia sociale e dello sviluppo sostenibile, e la coltivazione di una cultura di pace attraverso l'educazione, il dialogo e la diplomazia. La pace è vista non solo come assenza di violenza, ma come un processo positivo per costruire società più giuste e inclusive, garantendo a tutti i diritti fondamentali come il cibo, la salute e l'educazione."  (Il parere di AI)



Gli avvenimenti internazionali, ed i loro riflessi sulla situazione nazionale, non permettono di fare previsioni ottimistiche e indicano la necessità di azioni forti e ben ragionate per opporsi ai tentativi in atto, da parte dei poteri forti occidentali, di incrementare guerre ed aggressioni, e di frustrare le aspirazioni dei popoli verso la pace, l’autodeterminazione e un avvenire migliore.
 
Lo sciopero che si è svolto il 28 novembre u.s. contro le politiche di austerità e di diseguaglianze sociali del governo italiano; le manifestazioni nazionali previste per domani in difesa dei diritti del popolo palestinese e la liberazione della Palestina; le manifestazioni che continuano da parte delle formazioni palestinesi e filopalestinesi anche in favore dei militanti palestinesi arrestati e sotto processo in Italia, indicano (pur nell’evidente riflusso di tutte quelle forze che avevano aderito in modo forse superficiale ai cortei di sostegno alla Palestina nel momento dell’apice dei bombardamenti su Gaza e di partenza delle flottiglie) una strada giusta, ma difficile da seguire e certamente non esaustiva.
 
Impressionante – infatti - è la compattezza con cui governo, magistratura e forze di sicurezza italiane, ed anche di altri paesi europei, perseguono il compito di colpire come “terroristi” attivisti palestinesi in Italia vicini alla Resistenza di quel popolo: come Anan Yaesh, Alì, Mansur, Mohamed. Emblematici sono il “foglio di via” da Milano imposto al responsabile delle comunità palestinesi Hanoun e l’arresto con minaccia di espulsione dell’imam di Torino per aver criticato lo stato genocida di Israele. Anche nel Regno Unito associazioni filopalestinesi coma Action Palestine sono accusate di “terrorismo” e loro membri arrestati. Situazioni non dissimili troviamo in Francia (dove chi aderisce al movimento BDS di boicottaggio di Israele è processato per “antisemitismo”) o in Germania. Intanto continua inesorabile la fornitura di armi, munizioni, finanziamenti ad Israele che se ne serve per violare sistematicamente la tregua a Gaza, uccidendo centinaia di civili, e per attaccare e invadere altri paesi come il Libano, e per espandere la brutale colonizzazione della Cisgiordania,
 
In tutto questo il piano di pace di Trump si dimostra per quello che è: un piano neo-coloniale, sostenuto anche da stati arabi reazionari, che non riconosce alcun diritto all’autodeterminazione dei Palestinesi, subordinandoli ad un’amministrazione coloniale gestita direttamente dal Presidente degli Stati Uniti e loschi figuri. Il piano prevede il disarmo dell’unica arma in mano al popolo di Palestina, quella delle formazioni della Resistenza: da Hamas, alla Jihad, al Fronte Popolare- Operazioni di disarmo simili sono previste per gli Hezbollah del Libano, unici veri alleati dei Palestinesi insieme a Yemen e, pur a distanza, l’Iran. Anche le astensioni di Russia e Cina sulla risoluzione ONU che approvava il piano di Trump appaiono pilatesche. Evidentemente i due grandi Paesi capofila dei BRICS, già impegnati in Ucraina e sul fronte del Pacifico, non se la sono sentita di mettersi di traverso e hanno lasciato soli i Palestinesi.
 
E proprio dal settore ucraino provengono altre inquietanti notizie. Sembrava essersi aperto uno spiraglio con la presentazione di un piano di pace proposto da Trump sulla falsariga degli accordi presi con Putin in Alaska, ma i malefici nani europei si sono messi di traverso e cercano di sabotare ogni trattativa. Forse la Von Der Leyen, la Kallas, Starmer, Macron, Merz sono ancora convinti di poter prolungare la guerra con qualche aiuto ai nazifascisti di Kyev, in parte già programmato. Anche la pubblicazione maliziosa di alcune telefonate compromettenti dell’inviato di Trump. Witkoff, indicano che anche negli USA il partito della guerra non demorde.
 
Tuttavia l’esercito ucraino appare vicino al collasso, a corto di uomini, con decine di migliaia di disertori e renitenti, con interi reparti semi-accerchiati e privi di coperture e rifornimenti perché mandati allo sbaraglio da Zelensky, sempre più indebolito anche dagli scandali interni per corruzione e in una situazione di crollo di consensi. Zelensky e la sua corte di nazifascisti appaiono sempre più come Hitler ai tempi di Stalingrado o quando era chiuso nel bunker e dava ordini a fantomatiche divisioni già distrutte dall’Armata Rossa. L’Ucraina, più la guerra va avanti, più rischia sempre maggiori distruzioni e perdite di territorio; ma agli Europei, con i loro sogni di riarmo e di contare nuovamente a livello internazionale dopo molti rovesci e umiliazioni, non interessa, o forse i loro dirigenti sono troppo stupidi per capirlo.
 
Compito dei pacifisti ed antimperialisti italiani che non possono intervenire direttamente nei teatri di operazioni in Medio Oriente o Ucraina, è quello di fare pressioni con le lotte locali per un cambio di politica estera del governo, per un blocco totale delle politiche di riarmo e sostegno ad Israele, per una difesa dei salari e dei diritti dei lavoratori italiani, e perché ogni risorsa disponibile sia usata per il rilancio di uno stato sociale, per finanziare sanità ed istruzione pubbliche, per la lotta alle ingiustizie salariali e fiscali, e alla povertà ormai dilagante.
 
Dicembre 2025, Vincenzo Brandi






Veneto. Processo agricolo di produzione biologica nei Regolamenti di Polizia Rurale (RPR) comunali...

 


Sono decine d’anni che la popolazione residente nelle aree agricole di varie fasce rurali del Veneto si lamentano invano perché vessati dalle derive dei pericolosi pesticidi di sintesi, in gran parte interferenti endocrini sconosciuti all’evoluzione, prodotti a tavolino per uccidere la vita, nebulizzati a milioni di tonnellate più volte all’anno, pesticidi che producono sugli esseri viventi effetti cancerogeni, teratogeni e mutageni e ben 37 di questi, autorizzati dall’UE, contengono i famigerati PFAS.

Lamentarsi solo non serve, bisogna pensare a cambi strutturali legislativi per accelerare la conversione all’agricoltura biologica dall’agricoltura che utilizza prodotti di sintesi (la cosiddetta difesa integrata). Questo è anche quello che recita la legge nazionale sul biologico che ha tra l’altro come fine “Promuovere la conversione alla produzione biologica ...” e inoltre Gli agricoltori convenzionali adottano le pratiche necessarie per impedire l’inquinamento accidentale delle coltivazioni biologiche”.


Per entrambi i processi agricoli, difesa integrata e biologico, a livello europeo e nazionale, esistono regolamenti che però sono stati applicati dalla Regioni e dai Comuni solo per il processo di difesa integrata.


Quindi anche per il processo di agricoltura biologica le Regioni devono produrre le direttive e le linee guida per mettere in grado i RPR - Regolamenti di Polizia Rurale comunali di integrare al loro interno il processo bio col processo di difesa integrata.


Con questo inserimento si darà pari dignità ai due processi, si definirà chiaramente la responsabilità istituzionale per il controllo e la gestione dei conflitti e dei danni creati dalle derive tossiche dovute ai trattamenti dei pesticidi.


Tra l’altro questa proposta aiuterebbe la gestione ed il controllo nella conversione al biologico nei numerosi distretti biologici che stanno nascendo in Italia. 


Su questo tema si invitano gli enti interessati ed  anche il pubblico a due incontri programmati che si svolgeranno:

 

1 – MERCOLEDI’ 3 DICEMBRE 2025 ore 15.00

     a Santa Lucia di Piave (TV) presso sede dell’Università delle tre età UNITRE APS, in Via Foresto Est 1/b.

2 – GIOVEDI’ 4 DICEMBRE 2025 ore 15.30

     a Conegliano presso l’Università Aperta AUSER, in Via Maset 1 (1° piano).

 

Gianluigi Salvador gianlu.cali@libero.it




martedì 2 dicembre 2025

...cronache dalla Terra di mezzo...

 



 
Dicembre è il mese della rinascita del sole, il solstizio d’inverno. Il ventuno è una data magica festeggiata nell’antichità come Sol Invictus. Possiamo iniziare il nuovo capitolo sotto la luna nuova che in questi giorni illumina il nostro cielo. 
 
Circa 2500 anni fa Euripide si domandava se davvero Giove avesse creato gli uomini o se non fosse il contrario. Da allora schiere di filosofi hanno formulato ipotesi provvisorie. Ancora oggi molti non credono affatto che dio sia solo la proiezione delle nostre alienazioni, dei nostri timori e delle nostre speranze. Studiare l’origine delle religioni non significa verificarne il contenuto, se esse abbiano inventato un creatore immaginario o non siano piuttosto l’espressione di un faticoso percorso per comprenderne l’esistenza reale. come diceva pascal noi siamo ugualmente incapaci di capire il nulla da cui siamo stati tratti e il tutto in cui siamo inghiottiti e tuttavia lo sforzo della mente individuale e collettiva di avvicinarsi all’assoluto costituisce l’avventura più nobile dello spirito umano. 
 
Il potere dichiara che il giovane arrestato di nome Gesù figlio di Giuseppe è morto perché aveva le mani bucate e i piedi pure, considerato il fatto che faceva il falegname e maneggiando chiodi spesso si procurava degli incidenti sul lavoro… 
 
Il non vuoto che anche come la fisica quantistica ci segnala, ha in sé il potere di frenare la corsa ammattita verso il vuoto vero, alla quale l’uomo ha educato se stesso. E' tutto molto semplice, il vuoto è solo un concetto astratto.
 
Il vuoto è un concetto storico proprio della dimensione/ osservazione analitica del reale. Tuttavia emozioni e sentimenti dimostrano come la separazione tra noi e la realtà sia solo un’apparenza… 
 
Oggi l’ovvio era così sovraffollato che ho preferito traslocare nell’assurdo. 
 
la sfida della modernità, diceva Antonio Gramsci, è guardare alle cose senza che sia il potere egemone a indicarci il punto di vista, penetrandone il senso con coraggio. qualche anno dopo Jean Baudrillard torna a ragionare sul concetto di rapporto con il significato e giunge alla conclusione che dove di informazione ce n’è sempre di più di significato ce n’è sempre di meno. 
 
Vasco Biondi racconta le luci della centrale elettrica. anni di musica tra la via Emilia e la via lattea: progetto musicale il cui nome è preso in prestito da un paesaggio della montedison quando di notte si trasforma in luci e fumo. 
 
la plastica sta contribuendo alla nascita di nuovo termini e questo non sorprende se si pensa che il 71% del pianeta è ricoperto di acqua e sulla sua superficie galleggiano oltre 5000 miliardi di pezzi di plastica pesanti 200 mila tonnellate.
 
“Plasticene” il nuovo termine legato alla plastica ed alla sua diffusione planetaria. Plastivoro è il termine per indicare un organismo attratto dalle plastiche per il colore o perché parti della sua dieta. Plastisfera è quell’insieme di micro organismi unicellulari o pluricellulari che colonizzano i frammenti di plastica in sospensione negli oceani...

(Sarà vero?)

Ferdinando Renzetti