Da quando abito in questa valle e sono diversi anni, spesso me ne vado, prediligendo la domenica mattina perchè non c'è nessuno in giro ed è tutto più quieto, nel letto del Lambro.
Me ne vado a cercare ristoro e a respirare l'aria purificata dallo scorrere delle acque.
Me ne vado a rivivere il mio essere Pesci interiore, tra le erbe umide, tra la mentuccia e la mazzasorda mi sento bene, i salici mi accarezzano e le energie che promanano mi alleviano la fatica di vivere. I sassi stessi, le grosse rotondità modellate dall'elemento acqueo, pazientemente molate, un'opera d'arte che il lungo scorrere del fiume dei secoli non fa che ulteriormente definire e migliorare.
Questo, mi rendo conto, riguarda me, la mia spiritualità e l'immanenza dei miei sensi, la mia voglia di essere qui, in questo unico paradiso conosciuto che è l'Arancia blu sulla quale abitiamo.
Vado a camminare nel Lambro anche per altre ragioni.
Sono un raccoglitore, si, nel senso antico, pressochè preistorico del termine, ogni qualvolta ne trovo, porto a casa, semplicemente caricandomene in spalla, io non auto, mai avuta una patente, della legna secca trovata, ce n'è sempre, sul fiume.
E non trovo solamente legna: porto via per deporli nei cassonnetti, rifiuti plastici, le solite buste per la spesa, orrende a vedersi e micidiali per i piccoli animali che vi incappano.
Essere raccoglitore lo vivo bene, ho letto i libri di Johm Zerzan, primitivista americano che accusa esplicitamente gli agricoltori di essere all'origine di ogni abominio possibile ed immaginabile. secondo Zerzan, molto ascoltato negli ambienti libertari americani, ce ne sono molti tra gli ecologisti radicali negli Usa, Earth First! per intenderci, e tra i black block che emersero per i fatti di Seattle.
Non ha torto, John Zerzan, l'umanità cacciatrice e raccoglitrice non aveva bisogno di confini, ignorava le città e gli stati, ignorava la proprietà e, a parte la considerazione che i cacciatori primitivi già in epoche preistoriche causarono l'estinzione di mandrie immense di animali come il mammuth, per esempio, di certo non hanno inventato loro nè i recinti nè la proprietà.
Se consideriamo che i culti della Madre risalgono a quel periodo della nostra "evoiluzione" non c'è che da provare nostalgia per un passato atavico di popoli e comunità vaganti, di liberi raccoglitori.
Io, però, sono un agricoltore, insegnante per necessità, agricoltore per scelta.
Il mio orto ha un lucchetto, certo, chi volesse potrebbe scavalcarlo con un balzo ma un lucchetto è un simbolo forte: questa è una proprietà privata.
Certamente, ne parlerò in altro momento, quest'orto è un luogo vitale di arrivi e di ripartenze un posto ove chiunque abbia qualcosa di positivo da recare o anche da domandare non viene certo cacciato. Purtuttavia un lucchetto c'è.
L'ho messo, ho dovuto metterlo poichè alla domenica da Cranno si passa per andare in montagna ed in montagna non ci vanno solamente amene comitive di escursionisti ma anche cacciatori e mi sono trovato una volta, un cagnone che mi alitava addosso mentre ponevo a dimora dei fagioli: il cagnone sarebbe stato il minore dei mali: era seguito da un signore armata di una grossa carabina , ovviamente intento a cercare il suo segugio.
Simili figuri preferisco non si aggirino tra le mie ...beh, non trovo un termine non volgare, indi, il lucchetto ha posto fine alla questione.
Eppure, quando me ne vò ramazzando legna nel fiume, mi ritorna quel senso antico e istintivo del raccoglitore , sento come un riconciliarmi con età più remote, quel caricarmi in spalla o nella capace sacca ogni volta un fardello non solo non mi stanca ma mi rinfranca.
Sono ancora un raccoglitore e questa legna mi riscalderà nel camino e nella stufa.
Questa pratica mi conduce a conoscere meglio il fiume, non avrei scoperto i pomodori che sto cogliendo poco alla volta e scopro essere davvero buoni, spuntati in quantità questa estate, non avrei scoperto i girasoli, ora sono in seme, fonte di nutrimento per tanti piccoli uccellini granivori.
Ed i pioppi ed i salici appena spuntati, piccoli di pochi centimetri, quelli sono figli del fiume, della sua vegetazione ma mi guardo bene dal cogliere dal letto del Lambro, quelli li prendo lungo i cordoli del marciapiede, lungo la strada per andare a casa, sono germinati portati dal vento: sarebbero condannati ad essere falciati dai decespugliatori del comune, a Cranno, invece, li pongo in vasi e diventeranno siepi ed alberi su in collina.
Facciamoci tutti raccoglitori, raccoglitori di legna, per evitare petrolio e gas da terre lontane, per sottrarci al mercato e conquistare autonomia energetica e disseminatori di alberi per rinverdire il mondo che ci avvolge. Questa è la stagione giusta, stagione di preparazione, l'inverno è alle porte, lo sentite?
Teodoro Margarita
Rete Bioregionale Italiana
Caro Teodoro sono daccordo pressochè su tutto ma aggiungerei la specificazione che i pochi e mal gestiti boschi rimasti non sarebbero in grado di dare legna raccolta a 60 milioni di persone. Bisognerebbe avviare imponenti opere di rimboschimento e lasciare la maggior parte dei boschi naturali alla libera crescita. Altrimenti un eccessiva raccolta di legna si aggiunge al degrado.
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