domenica 16 dicembre 2012

Il monopolio dell’al di là e la decisione eroica di tagliare i ponti con l'illusione religiosa


Saulo di Tarso


Il discorso religioso si presenta come il più difficile da affrontare, dati i due significati completamente diversi che alla religione vengono attribuiti.

Il primo è la convinzione profonda dell’esistenza di una legge superiore, mirabilmente coerente e che regola tutto l’universo. A tale legge nessuno può sottrarsi per effetto dell’ingegno umano. Esso quindi, per quella limitata possibilità di scelta che appare essergli concessa, altro non può che sforzarsi di pensare e agire conformemente a quella legge, per quanto i maggiori maestri possano apprenderne, osservando la natura che li circonda e di cui loro stessi fanno parte (conosci te stesso).

E’ chiaro però che non sia della religione così intesa che vi sia “tutto da rifare”, bensì di ciò che, in secoli e secoli di azione costante e pervicace sono riusciti a farne i professionisti dell’al di là.

L’uomo ha paura della morte. Ne ha paura perché non può avere nozioni che di morte altrui, e perchè i cadaveri assumono aspetto e odore repellente. Non si sa quale genio maligno abbia intuito che la paura della morte potesse rappresentare il più colossale affare della storia. Bastava “annunziare” che la morte era un fatto provvisorio e che era seguita dalla vita eterna. Precisando però che tale vita eterna sarebbe stata di godimenti ineffabili o di sofferenze atroci a seconda della soddisfazione dei “ministri di Dio”. Per i detti ministri fu un’autentica pacchia. E vi fu gente che abboccò fino all’eroismo, e molta di più che, in nome della bontà e dell’amore, commise le più efferate violenze e le più ignobili frodi.

Prendiamo il cristianesimo, o meglio i cristianesimi, sia perché siamo stati tutti doverosamente e anagraficamente cristianizzati prima ancora di sapere di esistere, sia perché, come Italiani, abbiamo scontato più severamente la colpa di aver permesso ad una genia di Ebrei dissidenti di spacciarsi addirittura per continuatrice della romanità e di fregiarsi delle sue glorie. 

La trovata si dimostrò così felice che prolificò gran copia di imitatori. Non erano trascorsi due secoli dal supplizio subito (forse) sul Golgotha da alcuni ribelli Zeloti, uno dei quali noto come Joshua il Nazoreo, che si sviluppò in tutto l’impero una serie di culti incentrati su quel mitico profeta, ma diversamente forgiati dai rispettivi preti. 

L’imperatore Costantino commise a quel punto il fatale errore di pensare che l’estendersi di quelle superstizioni potesse divenire un elemento unificante dell’impero, ormai in grave crisi, purché – beninteso – la piantassero di litigare e accopparsi tra loro. Convocò allora (lui, pagano) i più significanti esponenti della molteplice setta, affinché trovassero in qualche modo un accordo mono-cristiano, in cambio del favore della corte imperiale.

Preghiamo il lettore di considerare questi fatti certi:

1) Che il vicario di Dio in terra, successore del Pietro nominato pretesamente dal Cristo (tu es Petrus, et super hanc petram…) a Nicea, dove tutte le controversie “teologiche” avrebbero dovuto essere risolte e dettati i dogmi definitivi della promettente religione, non ci mise piede. Si limitò a mandarci due umili diaconi, come osservatori, e nessuno degli accaniti litiganti chiese il suo parere.

2) Che le tesi rappresentate dai vari gruppi di vescovi (auto-nominatisi) erano talmente lontane tra loro da doversi seriamente dubitare che si trattasse di varietà di una stessa “fede”. 
La più accanita delle controversie, capeggiate da tale Ario e da tale Attanasio, vertevano su punti talmente incompatibili che , a parte il nome di Joshua, non si vede proprio che avessero in comune. Per tacere delle concezioni di Giustino, di Atenagora, di Teofilo, di Origene, di Tertulliano, ognuna delle quali, nel cinquecento, avrebbe assicurato un rogo pubblico in piazza. La controversia Ario-Attanasio, risoltasi a Nicea per scelta dell’imperatore a favore del secondo, si protrasse però per oltre cinquant’anni (conc. di Costantinopoli, 381) con alterne vicende. Insomma, per 50 anni almeno, i cristiani – fortunati destinatari della rivelazione operata da Dio stesso, non seppero neppure se il crocefisso del Golgotha fosse o meno figlio di Dio, o se il medesimo fose o meno trino,, o perchè avesse atteso tanti secoli a rivelarsi a quattro gatti di pastori nomadi, lasciando nella totale ignoranza tutti i suoi “figli”, la quasi totalità dei quali sentì per la prima volta menzionare la morte-resurrezione del crocefisso da alcuni individui prepotenti col colletto bianco, armati fino ai denti, QUINDICI SECOLI più tardi.

3) Che, da allora ad oggi, il vicario di Dio sedente in Vaticano si è dato gran da fare a integrare con nuove “verità” quelle rozzamente rivelate dall’ antiquato Autore. Attendiamo un pontefice in zucchetto bianco, che, alla presenza di milioni di bigotti plaudenti, proclami che non si tratti di trinità, ma di quatrinità, facendone parte anche la “madre di Dio (!!!”). 

Anzi, per quanto attiene particolarmente ai cattolici e alla quantità di atti di culto dedicati a costei, i sacramenti saranno amministrati in nome della Madre, del Padre, Del Figlio e dello Spirito Santo (in funzione di chierichetto).

Davanti alla prova evidente che la sostanza dei vari cristianesimi non sia stata che un cumulo di stolte superstizioni, sovente in contradizione tra loro, alimentata ad arte da alcuni fervidi ingegni, della stazza di un Saulo da Tarso, che riuscirono a fondarci sopra un potere immenso e quanto mai proficuo, ci si trova inevitabilmente a chiedersi come essi abbiano potuto infestare per quasi venti secoli buona parte del mondo, coinvolgendo anche personaggi di tutto rispetto sia sul piano morale che su quello intellettuale, insigni artisti e poeti, grandi demiurghi e condottieri, nature generose ed altruiste ovunque rispettate ed onorate.

A nostro avviso, tutto dipende da un fenomeno psicologico che ha sempre inficiato la cosiddetta libertà di pensiero. E’ l’abitudine mentale. L’attitudine cioè della nostra specie a credere in qualcosa semplicemente a forza di sentirla ripetere da tutti, travolgendo ogni barriera critica. E il cristianesimo fu il non plus ultra di una siffatta tecnica, applicata al neonato fin dal taglio del cordone ombelicale, subito sostituito da altro e più robusto cordone , destinato a restare fino alle esequie. In Italia, riuscì persino ad assicurarsi la tolleranza e la complicità dello Stato fascista, che pur possedeva ben chiari contenuti, non precisamente evangelici.

Ma al cristianesimo e ai suoi amministratori non va attribuito solo lo stato di incapacità proprio dell’uomo moderno occidentale. Va chiesto ragione degli orribili delitti commessi sin dalle sue prime affermazione. Di essi, naturalmente , i “buoni parroci” non fanno me nzione ai fedeli, ma sono disponibili ricostruzioni storiografiche assai serie e meticolose.

Indichiamo al lettore quella che è certamente la più vasta e completa: si tratta dei dieci volumi della storia criminale del Cristianesimo ( Kriminalgeschichte des Christientums ), di Karlheiz Deschmer) pubblicata in Germania nel 1989, e in traduzione italiana dalle edizioni Ariele nel 2000. Le vittime della ferocia clericale, ogni qual volta le è occorso di disporre in qualche modo di una giustizia penale o di una forza militare, sono state milioni, donne e bambini compresi, e nessun fiore fu deposto sulle loro fosse, nessuna intercessione operò la Madonna in loro favore.

Oggi nello stato in cui i vari cristiani, avviati al sincretismo dal vergognoso calabrache del Consiglio Vaticano Secondo, sempre allo scopo di accumulare ricchezze e potere,hanno ridotto la Terra ricevuta in dono, non c’è più spazio a dubbi. La religione dell’amore, dell’umiltà, della povertà, la religione che si è appropriato Francesco D’Assisi e ha arso vivo Giordano Bruno, possiede oggi ricchezze smisurate, di cui non si ha neppure piena contezza, e tutto ciò che fa per gli umili e gli sventurati è di sollecitare oboli in cambio di Paradiso. E quelli continuano a seguire salmodiando processioni tutte colorate lunghe chilometri, spalleggiando gravosi e venerati pupazzi, per essere perdonati dei loro peccati dai monopolisti dell’al di là.

Non si scappa: se si vuol salvare l’Uomo e la Terra, dev’essere anatema contro la Chiesa che non è né santa né romana. 

L’aberrazione cristiana, piagnucolosa e feroce a un tempo dev’essere cancellata da tutte le coscienze. Ma basta farsi due passi per una qualsiasi città, borgo o villaggio, per sentirsi “tremar le vene e i polsi”! Basta toccare l’argomento, anche con rispettabilissime persone, e magari cari amici, per sentirsi assalire da llo sgomento. Basta poi contemplare le meraviglie d’arte di cui l’Italia è ridondante, tutte o quasi marchiate di cristianesimo, per dubitare che lo scopo sia oggettivamente raggiungibile.

Occorre una decisione eroica.


Rutilio Sermonti

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Postilla

Insegnamenti retrivi di Saulo di Tarso (detto anche San Paolo dai cristiani)

“Voglio tuttavia che sappiate questo: Cristo è il capo di ogni uomo, l'uomo è capo della donna e Dio è capo di Cristo. Ogni uomo che prega e profetizza a capo coperto, disonora il suo capo; al contrario, ogni donna che prega o profetizza a capo scoperto, disonora la sua testa, perché è come se fosse rasa. Se una donna, dunque, non vuol portare il velo, si faccia anche tagliare i capelli! Ma se è vergognoso per una donna essere rasa, si copra col velo. L'uomo, invece, non deve coprirsi la testa, perché è immagine e gloria di Dio; mentre la donna è gloria dell'uomo. Infatti, l'uomo non ebbe origine dalla donna, ma fu la donna ad esser tratta dall'uomo; né fu creato l'uomo per la donna, bensì la donna per l'uomo. Quindi la donna deve portare sul capo il segno della podestà per riguardo agli angeli.” 1 Corinti 11, 3-10

“Come in tutte le chiese dei Santi, le donne nelle riunioni tacciano, perché non è stata affidata a loro la missione di parlare, ma stiano sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono essere istruite in qualche cosa, interroghino i loro mariti a casa, perché è indecoroso che una donna parli in un'assemblea. Forse è uscita da voi la parola di Dio? O è giunta soltanto a voi? Se uno crede di essere profeta o avere i doni dello Spirito, riconosca che quanto scrivo è un ordine del Signore. Se qualcuno non lo riconosce, non sarà riconosciuto.” 1 Corinti 14, 34-38

1 commento:

  1. LE CONSIDERAZIONI DI SERMONTI SONO DEL TUTTO CONDIVISIBILI. AGGIUNGIAMO QUALCOSA: IL CRISTIANESIMO VA DISTINTO DALLA FIGURA (IPOTETICA) DI UN CERTO CRISTO, vulgo Gesù, sicuramente mitica in quanto è necessario identificare in una persona umana il contenuto di un messaggio. IL CRISTIANESIMO PERTANTO COSTITUISCE UN CONTENITORE DI TUTTE LE TENDENZE E CULTURE SINCRETIZZABILI ALLA LUCE DEI PRINCIPI FONDAMENTALI DEL PLATONISMO, secondo cui la realtà è il pensiero; da cui: VITA è PENSIERO.OGGETTO DELLA RELIGIONE è IL CONTENITORE, CHE TRAMANDA LA GRANDE SINTESI, NON I VARI E VARIOPINTI CONTENUTI. CIRCA GESU' CRISTO è STATA PROPOSTA LA DERIVAZIONE DA: ZEUS-KRSHNA. Una proposta molto ragionevole

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