lunedì 4 marzo 2013

Tirreno infetto... Una misteriosa malattia colpisce i delfini





Non era mai successo prima, in pochi mesi infatti si sono rinvenuti 57 “delfini” morti lungo le coste tirreniche. Uso le virgolette quando scrivo “delfini” perché in realtà i delfini veri in Mediterraneo non sono poi così comuni a dispetto del nome di “Delfino comune” che gli attribuiamo sui testi. I “delfini” quindi che talvolta capita di vedere quando si va per mare in realtà molto spesso sono delle più piccole ed eleganti Stenelle (Stenella caerulaeoalba) o dei piccoli e compatti Tursiopi (Tursiops truncatus). Sono quindi gli appartenenti a queste due specie quelli che sono stati rinvenuti morti lungo le nostre spiagge tirreniche. La cosa è eccezionale non perché non capiti mai di trovare qualche delfino morto, infatti anche loro muoiono come tutti i viventi, ma perché da una media di 4-5 esemplari annualmente e normalmente rinvenibili, siamo passati, nei soli primi mesi del 2013, già a 57 esemplari rinvenuti morti.

La cosa ha suscitato un certo allarme nazionale ed il Ministero per l’Ambiente ha mobilitato la sua “task force” di tecnici (soprattutto delle Università e degli Zooprofilattici) per cercare di comprendere il fenomeno. Innanzitutto sembra essere emerso chiaramente che la causa non può essere ricercata in un specifico caso di inquinamento della costa. La distribuzione infatti degli animali, spiaggiati dalla Sicilia alla Toscana, fa piuttosto pensare ad un evento epidemiologico.

Naturalmente sono cominciate le analisi, ma con un problema in quanto spesso gli animali sono stati rinvenuti molti giorni dopo la morte ed appare quindi difficile poter effettuare delle probanti analisi microbiologiche. In passato sono state effettuate analisi su delfini (soprattutto Stenelle) trovate morte e fra queste è stato rinvenuto un Morbillovirus particolarmente aggressivo per questi Cetacei. Il patogeno è stato ritrovato (al momento le analisi sono ancora in corso) solo su un esemplare fra quelli analizzati, ma lo stato di conservazione degli altri esemplari era talmente compromesso da non consentire paragoni clinici. Certo è che se di Morbillovirus si tratta la cosa rientrerebbe in una casistica già nota, però è stato ritrovato anche un batterio preoccupante: il Photobacter damselae che potrebbe aver creato del brutte necrosi agli animali in vita (oppure è stato ritrovato perché i soggetti erano in decomposizione?). Insomma il caso è aperto ed i ricercatori non escludono alcuna linea di ricerca, compresa quella di qualche abnorme fioritura algale, tossica per i delfini.

Comunque la cosa è sotto stretta osservazione da diversi “enti” tecnici coordinati dal Ministero dell’Ambiente, un caso, è giusto sottolinearlo, in cui l’intervento delle strutture preposte sta facendo con attenzione il proprio lavoro.

I Cetacei in genere, ed i “delfini” in particolare, hanno sempre attirato l’interesse dell’uomo, anche quello alimentare e, senza voler scomodare le abitudini alimentari dei soliti Giapponesi che del mare sanno mangiare tutto, è bene ricordare che fino a non molti anni fa il muscolo dorsale di Stenelle, Tursiopi e Delfini veri, veniva trasformato, essiccato e salato, nel “musciame”, tipico prodotto alimentare regolarmente consumato dall’alta Toscana a tutta la Liguria. Mi è capitato spesso infatti, parlo naturalmente di molti anni fa, quando mi sono imbarcato per lavoro su barche a strascico di quelle parti di costa italiana, di trovare a prua, pronto per l’uso, un robusto arpione collegato ad un bidone da una grossa e lunga cima. Era pronto nel caso qualche delfino fosse venuto “a giocare”, come talvolta ancora fanno, sotto la prua dell’imbarcazione. Erano tempi barbari? Tempi di ignoranza? O più semplicemente di quando avevamo una cultura diversa che oggi ci appare criticabile? Comunque sia è sempre utile ogni tanto guardarsi indietro per capire da dove veniamo e in quale direzione stiamo andando.

Certo però appare strano come i nostri comportamenti siano assolutamente irrazionali, abbiamo fatto man bassa per decenni di quasi tutto quello che c’era in mare per mangiarcelo al prezzo più basso possibile, nella quasi totale indifferenza di tutti, ed ora ci mobilitiamo in forze con tecnici di Università, con Capitanerie di Porto in preallarme, Zooprofilattici impegnati a trovare la causa di qualcosa a cui comunque non potremo porre rimedio (ve lo immaginate di dover vaccinare almeno mezzo milione di “delfini” del Mediterraneo?). Non voglio dire che il problema non va affrontato, ma solo che siamo “sbilanciati” verso un certo tipo di interventi puntiformi solo perché reagiamo emotivamente verso una specie che per qualche irrazionale ragione ci è più “cara” di altre, trascurando così di impegnarci su tutto il “sistema” mare. Se fosse una specie di medusa ad essere in pericolo per una grave epidemia e vedessimo qualche medusa morta sulla spiaggia, forse qualche studioso lo noterebbe, ma credete che con sollecitudine organismi nazionali, e forse anche internazionali, si mobiliterebbero per capire il problema? No, non lo farebbero, certamente non come è accaduto a Civitavecchia, dove è accorso un folto pubblico ad osservare una giovane Stenella, probabilmente persasi nel porto, per la quale si è mobilitata la Capitaneria, i Vigili del Fuoco, ed anche tecnici e pescatori impegnati a cercare di catturarla per riportarla in mare. Purtroppo la povera bestiola è poi morta fra le braccia dei suoi soccorritori umani, mentre il suo branco di parenti stenelle incrociava fuori dal porto visibilmente in ansia.

Ecco uno dei casi di chiaro “specismo” umano, una forma di razzismo verso gli animali (applicato però spesso anche alle piante). Le Stenelle non sono specie in pericolo di estinzione, ma muovono la nostra emotività, educata sin da piccoli con pupazzi di peluche, telefilm o i film di animazione di Walt Disney che da “Bamby” in poi ci hanno mostrato una Natura edulcorata, terribilmente antropomorfa e quindi completamente finta. Noi amiamo e cerchiamo di proteggere solo ciò che ci assomiglia e che stimola la nostra empatia, sottovalutando che non esistono specie su questa terra “migliori” di altre.

Oggi, è bene saperlo, dopo miliardi di anni di evoluzione, non esistono organismi più utili di altri. Nell’armonico e dinamico intreccio delle specie che popolano il pianeta non esistono “sottoprodotti” e, a meno che non si voglia credere che tanta ricchezza sia stata creata apposta per l’uomo, anche l’uomo ne farebbe parte integrante anche se è la causa principale del suo degrado.

Una Natura che oggi soffre grandemente non perché muore qualche “delfino”, ma perché stiamo trasformando tutto quello che ci circonda, perché siamo diventati troppi su questo sempre più piccolo mondo e non ce lo vogliamo dire, perché, come tutti gli animali che calcano la terra, anche noi sappiamo vivere solo il presente.

Roberto Minervini  - AK

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