Non
era mai successo prima, in pochi mesi infatti si sono rinvenuti 57
“delfini” morti lungo le coste tirreniche. Uso le virgolette
quando scrivo “delfini” perché in realtà i delfini veri in
Mediterraneo non sono poi così comuni a dispetto del nome di
“Delfino comune” che gli attribuiamo sui testi. I “delfini”
quindi che talvolta capita di vedere quando si va per mare in realtà
molto spesso sono delle più piccole ed eleganti Stenelle (Stenella
caerulaeoalba) o dei piccoli e compatti Tursiopi (Tursiops
truncatus). Sono quindi gli appartenenti a queste due specie quelli
che sono stati rinvenuti morti lungo le nostre spiagge tirreniche. La
cosa è eccezionale non perché non capiti mai di trovare qualche
delfino morto, infatti anche loro muoiono come tutti i viventi, ma
perché da una media di 4-5 esemplari annualmente e normalmente
rinvenibili, siamo passati, nei soli primi mesi del 2013, già a 57
esemplari rinvenuti morti.
La
cosa ha suscitato un certo allarme nazionale ed il Ministero per
l’Ambiente ha mobilitato la sua “task force” di tecnici
(soprattutto delle Università e degli Zooprofilattici) per cercare
di comprendere il fenomeno. Innanzitutto sembra essere emerso
chiaramente che la causa non può essere ricercata in un specifico
caso di inquinamento della costa. La distribuzione infatti degli
animali, spiaggiati dalla Sicilia alla Toscana, fa piuttosto pensare
ad un evento epidemiologico.
Naturalmente
sono cominciate le analisi, ma con un problema in quanto spesso gli
animali sono stati rinvenuti molti giorni dopo la morte ed appare
quindi difficile poter effettuare delle probanti analisi
microbiologiche. In passato sono state effettuate analisi su delfini
(soprattutto Stenelle) trovate morte e fra queste è stato rinvenuto
un Morbillovirus particolarmente aggressivo per questi Cetacei. Il
patogeno è stato ritrovato (al momento le analisi sono ancora in
corso) solo su un esemplare fra quelli analizzati, ma lo stato di
conservazione degli altri esemplari era talmente compromesso da non
consentire paragoni clinici. Certo è che se di Morbillovirus si
tratta la cosa rientrerebbe in una casistica già nota, però è
stato ritrovato anche un batterio preoccupante: il Photobacter
damselae che potrebbe aver creato del brutte necrosi agli animali in
vita (oppure è stato ritrovato perché i soggetti erano in
decomposizione?). Insomma il caso è aperto ed i ricercatori non
escludono alcuna linea di ricerca, compresa quella di qualche abnorme
fioritura algale, tossica per i delfini.
Comunque la cosa è sotto stretta osservazione da diversi “enti”
tecnici coordinati dal Ministero dell’Ambiente, un caso, è giusto
sottolinearlo, in cui l’intervento delle strutture preposte sta
facendo con attenzione il proprio lavoro.
I
Cetacei in genere, ed i “delfini” in particolare, hanno sempre
attirato l’interesse dell’uomo, anche quello alimentare e, senza
voler scomodare le abitudini alimentari dei soliti Giapponesi che del
mare sanno mangiare tutto, è bene ricordare che fino a non molti
anni fa il muscolo dorsale di Stenelle, Tursiopi e Delfini veri,
veniva trasformato, essiccato e salato, nel “musciame”, tipico
prodotto alimentare regolarmente consumato dall’alta Toscana a
tutta la Liguria. Mi è capitato spesso infatti, parlo naturalmente
di molti anni fa, quando mi sono imbarcato per lavoro su barche a
strascico di quelle parti di costa italiana, di trovare a prua,
pronto per l’uso, un robusto arpione collegato ad un bidone da una
grossa e lunga cima. Era pronto nel caso qualche delfino fosse venuto
“a giocare”, come talvolta ancora fanno, sotto la prua
dell’imbarcazione. Erano tempi barbari? Tempi di ignoranza? O più
semplicemente di quando avevamo una cultura diversa che oggi ci
appare criticabile? Comunque sia è sempre utile ogni tanto guardarsi
indietro per capire da dove veniamo e in quale direzione stiamo
andando.
Certo
però appare strano come i nostri comportamenti siano assolutamente
irrazionali, abbiamo fatto man bassa per decenni di quasi tutto
quello che c’era in mare per mangiarcelo al prezzo più basso
possibile, nella quasi totale indifferenza di tutti, ed ora ci
mobilitiamo in forze con tecnici di Università, con Capitanerie di
Porto in preallarme, Zooprofilattici impegnati a trovare la causa di
qualcosa a cui comunque non potremo porre rimedio (ve lo immaginate
di dover vaccinare almeno mezzo milione di “delfini” del
Mediterraneo?). Non voglio dire che il problema non va affrontato, ma
solo che siamo “sbilanciati” verso un certo tipo di interventi
puntiformi solo perché reagiamo emotivamente verso una specie che
per qualche irrazionale ragione ci è più “cara” di altre,
trascurando così di impegnarci su tutto il “sistema” mare. Se
fosse una specie di medusa ad essere in pericolo per una grave
epidemia e vedessimo qualche medusa morta sulla spiaggia, forse
qualche studioso lo noterebbe, ma credete che con sollecitudine
organismi nazionali, e forse anche internazionali, si mobiliterebbero
per capire il problema? No, non lo farebbero, certamente non come è
accaduto a Civitavecchia, dove è accorso un folto pubblico ad
osservare una giovane Stenella, probabilmente persasi nel porto, per
la quale si è mobilitata la Capitaneria, i Vigili del Fuoco, ed
anche tecnici e pescatori impegnati a cercare di catturarla per
riportarla in mare. Purtroppo la povera bestiola è poi morta fra le
braccia dei suoi soccorritori umani, mentre il suo branco di parenti
stenelle incrociava fuori dal porto visibilmente in ansia.
Ecco
uno dei casi di chiaro “specismo” umano, una forma di razzismo
verso gli animali (applicato però spesso anche alle piante). Le
Stenelle non sono specie in pericolo di estinzione, ma muovono la
nostra emotività, educata sin da piccoli con pupazzi di peluche,
telefilm o i film di animazione di Walt Disney che da “Bamby” in
poi ci hanno mostrato una Natura edulcorata, terribilmente
antropomorfa e quindi completamente finta. Noi amiamo e cerchiamo di
proteggere solo ciò che ci assomiglia e che stimola la nostra
empatia, sottovalutando che non esistono specie su questa terra
“migliori” di altre.
Oggi,
è bene saperlo, dopo miliardi di anni di evoluzione, non esistono
organismi più utili di altri. Nell’armonico e dinamico intreccio
delle specie che popolano il pianeta non esistono “sottoprodotti”
e, a meno che non si voglia credere che tanta ricchezza sia stata
creata apposta per l’uomo, anche l’uomo ne farebbe parte
integrante anche se è la causa principale del suo degrado.
Una
Natura che oggi soffre grandemente non perché muore qualche
“delfino”, ma perché stiamo trasformando tutto quello che ci
circonda, perché siamo diventati troppi su questo sempre più
piccolo mondo e non ce lo vogliamo dire, perché, come tutti gli
animali che calcano la terra, anche noi sappiamo vivere solo il
presente.
Roberto Minervini - AK
Nessun commento:
Posta un commento