martedì 7 maggio 2013

Michele Meomartino: "...parole di troppo?"




Nell’orgia caotica di incontri mordi e fuggi, nella giungla delle notizie che occultano anziché informare, nella banalità di tanta indifferenza, nell’ansia di chi vive nell’incertezza per il suo futuro, sempre più rari sono i momenti in cui gli uomini e le donne si sottraggono al chiacchiericcio, spesso inutile, e si dispongono, aiutati dalla semplice e nuda osservazione, scevra da mode e da pregiudizi, a scandagliare la profonda complessità dell’essere.

Non una parola di troppo

In questa ricerca assume un’importanza rilevante l’uso delle parole nel tentativo di collocare questi grumi di sillabe, che sono appunto le parole, nel loro alveo rappresentativo, consapevoli della loro potenza evocativa, ma anche del loro limite, perché nessuno linguaggio, per quanto ricco e articolato, potrà mai avere la pretesa di esprimere l’universo dei segni.

Le parole sono solo una delle forme espressive del linguaggio, precisamente di quello verbale, la cui comprensione è affidata alla conoscenza del suo alfabeto. O meglio dei suoi alfabeti perché diverse sono le lingue. Ciò nonostante, l’uomo dovrebbe farne un uso corretto, consapevole e sobrio, non una parola di troppo, perché il ricorso alla parola non è scontato. Non è un semplice flatus vocis, ma potrebbe rivelarsi letale quando viene brandita come un’arma, come una pietra che viene scagliata per ferire, oppure è un guanto di velluto quando vorrebbe esprimere un sentimento nobile o celebrare le mille forme della bellezza.

Le parole sono suoni, canti, preghiere, immagini, emozioni, idee, magie… Con esse si possono comporre rime di altissima poesia o viceversa comunicare sentenze letali. Ma tutto promana dal cuore dell’uomo. Tra una frase e un’altra, tra un discorso e un semplice parlare, a volte, assume un valore inestimabile l’arte del tacere, di chi sa domare i suoi impulsi più viscerali e non asseconda talune curiosità, preferendo un più saggio ascolto. Ma anche il tacere, in tante circostanze, potrebbe denunciare reticenza e complicità per non dire vigliaccheria. Perché quando la misura è colma, di fronte a violenze inaudite e a gravi ingiustizie, imperdonabile sarebbe rimanere in silenzio.

Alcuni anni fa, di grande giovamento per la mia formazione personale fu la lettura di un libro di Lanza del Vasto, discepolo di Gandhi, che citando un’opera giovanile di Krishnamurti, scriveva: “Prima di parlare, domandatevi se quello che avete da dire è vero, è caritatevole, è opportuno”.
Qualche considerazione s’impone al nostro ragionamento sulle semplici e chiare parole del  celebre maestro di origine indiana.

Bisogna accertarsi sempre con più di uno scrupolo che le nostre parole non siano imprudenti. Chiediamoci se le nostre parole faranno del bene e servono il vero. La maggior parte delle volte si dicono cose non vere o dubbie, spesso ingiuste e offensive e non di rado inutili e prive di senso.
Chiediamoci se quello che dobbiamo dire è opportuno, cioè se il problema che vorremmo porre è risolvibile in quel momento o se piuttosto non crei turbamento e confusione fino a pregiudicare il suo buon esito.

Chiediamoci se il nostro interlocutore è preparato ad ascoltare o se la presenza di terzi in quella circostanza non ci suggerisca di rinviare in un momento più propizio la nostra comunicazione. Forse si può ancora aggiungere un’ altra riflessione sull’uso delle parole. Se il mio parlare è giusto, caritatevole e opportuno, siamo noi credibili nel fare quelle affermazioni? Sono coerenti i nostri atti con quello che la nostra bocca afferma?
Forse la perfetta coerenza è una virtù rarissima perché siamo perfettibili, ma la nostra credibilità, nonostante limiti e imperfezioni, è una condizione necessaria per non depotenziare la testimonianza.

Ognuno lavori su se stesso, si osservi e rifletta bene prima di parlare. Controllare la propria lingua, quando non è il frutto di un cinico calcolo di chi è aduso alla speculazione dell’utile, non è solo un segno di attenzione e di rispetto verso gli altri, ma è il sintomo di una volontà orientata al bene.

E infine un ultimo insegnamento sull’uso delle parole affinché il nostro parlare, come ci ricorda il vangelo, sia sempre “Si, si; no, no. Perché quello che vi è in più viene dal maligno”. Appunto, non una parola di troppo.

Michele Meomartino, presidente Olis



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Di questo e simili temi se ne parlerà durante l'Incontro Collettivo Ecologista  che si tiene a Vignola dal 22 al 23 giugno 2013:  http://www.aamterranuova.it/Convegni-e-conferenze/Ecologia-profonda-e-bioregionalismo-per-la-riscoperta-dell-identita-locale

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