Caro Paolo, ho letto la tua proposta sul carcere
autogestito
e devo dire che in linea di massima sono d’accordo con
te, ma permettimi qualche osservazione.
Trasferire dei carcerati, struttura e
tutto il resto, nelle zone abbandonate, è un’idea giusta, perché
forse si potrebbe ridare valore alla montagna, in continuo
spopolamento; però mi permetto di ricordarti che ci sono tanti
paesi fantasma che aspetterebbero solo nuovi abitanti.
Piuttosto che
cementificare ancora, basterebbe restaurare, in modo adeguato, per
mantenere le caratteristiche del luogo, i tanti ruderi e/o case già
abitabili che sono praticamente invendute e abbandonate, in accordo,
ovviamente coi proprietari.
Le frane, gli smottamenti, gli incendi,
le alluvioni, potrebbero essere controllate e ricreato un ambiente a
misura d’uomo, senza offesa alla natura. Ho nella memoria
l’Australia, antica colonia di detenuti inglesi, diventata uno
Stato, tra l’altro, in continua crescita.
Un altro pensiero lo devo esprimere sui
laici e custodi volontari. A mio avviso, il volontariato è fallito
da tempo e questa proposta mi pare una nuova utopia.
Preferirei pensare a detenuti che, una
volta scontata la pena e consapevoli che la vita era ben altro,
potrebbero decidere di redimere altri, con l’esempio, la presenza
costante e quel piccolo introito che avrebbero dal lavoro nella
comunità, alla pari.
Le guardie, fuori, sono comunque
indispensabili; si eviterebbero inutili doppioni, possibilità di
connubi pericolosi e si distribuirebbero gratifiche adeguate
all’impegno preso con coscienza.
Credo che il futuro dell’umanità
non sia la luna, ma la capacità di convivenza e che i nostri nuclei
familiari, attualmente vilipesi e contestati, diventerebbero il
nucleo centrale di nuove famiglie, nuove e sane “cellule” delle
nostre società alla deriva.
Grazie per questo tuo impegno.
Franca Oberti
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Mia rispostina: "Accolgo i suggerimenti. La proposta del carcere autogestito ha la funzione di riavvicinare i detenuti alla società attiva, del lavoro autonomo e dell'auto-produzione. Potrebbe addirittura diventare un modello di nuova società eco-solidale e socialmente avanzata. Nella mia mente immaginavo queste comunità di recupero come una sorta di monasteri medioevali in cui conservare la cultura e l'umanità preservandole dalla barbarie esterna." (Paolo D'Arpini)
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