Treia - Monumento ai caduti
La non-violenza è un valore che fa parte delle tradizioni etiche di alcune religioni, come si riscontra nel Buddismo, Induismo e nel pacifismo cristiano.
Comunque, ha raggiunto una tale statura, da essere considerato un valore cui aspirare, oltre ad essere divenuto un principio da seguire ed adottare contro la violenza della guerra.
Il miglior maestro della non-violenza dei tempi moderni è Gandhi. Egli è anche considerato dalla maggior parte degli Indiani il fondatore della loro Patria, e da tanti altri come il maggior esponente di questa pratica al punto da essere anche ritenuto una sorta di santo.
Infatti ha sperimentato l’uso della resistenza passiva e della non-violenza sia come approccio filosofico e spirituale alla vita di tutti i giorni, sia come tecnica da seguire per raggiungere un vero cambiamento politico e sociale.
Gandhi era conosciuto tra gli Indiani come “ Mahatma”, ovvero Grande Anima, per il suo coraggio, per la sua semplicità, e per lo straordinario impatto che i suoi insegnamenti avevano su tutti, e per l’esempio di vita che ha saputo dare.
Il tema centrale della ricerca di Gandhi è la “verità” come si può desumere dalla lettura della sua autobiografia intitolata “I miei sperimenti sulla verità”; riteneva che l’amore per la non-violenza potesse raggiungersi solo con la compassione e la tolleranza per le altre persone e che il suo concreto esercizio implicasse una continua prova, sperimentazioni, a volte errori e continui sforzi.
Forse il concetto più importante dei suoi insegnamenti è satyagraha, che tradotto letteralmente significa “ la forza dell’anima” o “ la verità dell’anima”. Questo è un valore che per essere vissuto in pieno, richiede una aderenza piena e interiore al rispetto ed amore per il prossimo.
Mohandas Gandhi nasce in India nel 1869; i suoi genitori appartenevano alla casta dei commercianti Hindu. Egli rimase sempre devoto alla sua religione ma esercitarono forti influenze anche le tradizioni e i valori di altre religioni, come ad esempio il principio pacifista del Cristianesimo, e gli scritti di Thoreau e Tolstoy sui diritti e doveri degli individui di praticare la disobbedienza civile quando le autorità politiche violano le libertà personali e i diritti politici.
Si sposò molto giovane e studiò Giurisprudenza a Londra. Trascorso un breve periodo in India, il giovane avvocato si trasferì in Sud-Africa, dove fu ostacolato dal sistema delle leggi razziste di quel Paese ( c’era a quei tempi, e attualmente ancora è presente, una nutrita comunità asiatica, in particolare indiana, in Sud-Africa).
Rimase lì per circa 21 anni, portando avanti una campagna per i diritti degli Indiani, stampando giornali, e sviluppando la sua filosofia della non-violenza. Fu arrestato e torturato più volte dalle autorità britanniche ma egli li servì con lealtà quando lo ritenne giusto. Organizzò, ad esempio, un corpo d’ambulanza durante la guerra Boera, (1899-1902), e la Ribellione degli Zulù (1906), per il cui aiuto offerto ottenne anche una decorazione dal governo.
Nel 1915 Gandhi tornò in India e nel giro di pochi anni divenne il del movimento nazionale Indiano, che mirava ad ottenere l’indipendenza dalla Gran Bretagna. Quando il governo ritenne fuori legge l’opposizione politica, Gandhi lanciò una vittoriosa campagna contro queste leggi.
Nel 1919 le truppe britanniche hanno sparato su una folla composta da uomini, donne e bambini indiani pacifisti e non armati, che stavano dimostrando; vennero uccisi circa 400 persone in quello che sarebbe passato alla Storia come il Massacro di Amristar.
Questo servì a sottolineare la differenza tra la resistenza passiva e la brutalità delle autorità, e aiutò Gandhi a mettere in pratica il principio contenuto nella satyagraha.
Gandhi non condivideva gli atteggiamenti aggressivi degli altri leaders per l’indipendenza indiana; infatti si fece in disparte durante i moti di Bombay nel 1921 e quelli di CHauri-Chaura nel 1922. Continuò piuttosto a battersi per il rispetto dei diritti della casta Hindù dei più poveri, chiamati “intoccabili”, che egli aveva ribattezzato Harijan, ovvero figli di Dio, e per i lavoratori più deboli, come i manovali e i contadini.
Incitò gli Indiani a creare delle aziende perché producessero direttamente il cotone, motivo principale dell’occupazione britannica, e perché si potesse così raggiungere l’indipendenza e l’autosufficienza economica ( swarai).
Era contrario alla creazione di due realtà separate composte dal Pakistan musulmano e dall’India induista e infatti, nel 1948 venne assassinato da un fanatico induista che non condivideva la sua tolleranza religiosa, proprio nell’anno in cui l’India aveva vinto la sua battaglia e divenne indipendente rispetto alla Gran Bretagna.
Questo dimostra che si è realizzato quello che molti credevano impossibile: egli è riuscito a far ottenere l’indipendenza a più di 400 milioni di persone, senza sparare neanche un colpo. Inoltre il suo esempio è stata la concreta dimostrazione che, la pratica della non-violenza, può essere uno strumento più che valido anche nel mondo del XX secolo, caratterizzato dalla “Realpolitik”, potere e violenza.
Una delle chiavi per capire in pieno gli sforzi fatti da Gandhi nell’applicare il principio della non-violenza è comprendere la ahisma, ovvero la culla del satyagraha. Come egli stesso disse, “Ahisma e la Verità sono così interdipendenti che è impossibile scindere un concetto dall’altro…. Tuttavia, ahisma è il significato più profondo, la verità ne è la conclusione”.
Risulta però limitante tradurre il vocabolo ahisma con il concetto di resistenza passiva, perché invece è fondamentale sottolinearne il contenuto di amore attivo. Implica niente altro che la personale ed individuale responsabilità di riformare il pianeta e se necessario soffrire in prima persona.
La base di questa sofferenza ( chiamata tapasya da Gandhi).
Da un lato, tranne che ci si senta portati alla sofferenza, la profondità del proprio impegno può essere messo in discussione.
Inoltre, poiché ogni conflitto porta alla sofferenza, la devozione verso la giustizia del non-violento aumenterà il senso di sofferenza.
Gandhi ha con forza sottolineato a più riprese che satyagraha deve essere distinta dal passivo desiderio di evitare conflitti a tutti i costi. La classe media in particolare, ha sempre tollerato situazioni scomode pur di poter continuare ad avere una vita sicura e comoda.
“La mia fede nella nonviolenza è una forza estremamente attiva”, scrisse Gandhi, “ non c’è posto per i codardi o per i deboli. Si spera che un uomo violento possa, un giorno, diventare un non-violento, ma non c’è speranza per i codardi”:
La nonviolenza e la disobbedienza civile ricerca il diritto di scelta del singolo,e anche l’obbligo di ognuno,di sperimentare fino in fondo le conseguenze di quella scelta ed essere anche giudicati, di conseguenza, dalla società in cui vive.
La scelta della strada della non-violenza non è sempre semplice: arresti, torture, a volte persino la morte possono far parte di questo modo di combattere. Gli individui sono chiamati a svolgere tutte queste funzioni e a soffrire, anche per tutti gli altri.
Inoltre richiede anche un profondo rispetto per i propri nemici; deve basarsi su una profonda onestà e verità. Occorre considerare il proprio nemico molto seriamente e instaurarci un dialogo che lo porti ad una auto-analisi perché possa fargli cambiare direzione senza fargli perdere l’onore.
In un qualsiasi conflitto in cui vengono usate le armi c’è sempre un vinto da una parte, un vincitore dall’altra.
Nel concetto di satyagraha, l’obiettivo da raggiungere è quello che entrambi le parti vincano agendo con l’amore e in armonia reciproca, piuttosto che continuare nella strada della discordia e della violenza.
Gandhi, essendo sempre alla ricerca della verità e della giustizia, non condivideva le dottrine che giustificano ogni mezzo pur di raggiungere lo scopo.
Per i seguaci di Gandhi, la violenza è reazionaria: più si usa violenza, meno si rivoluziona.
Angela Braghin
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Anche noi del Circolo Vegetariano VV.TT. di Treia celebreremo la giornata della Nonviolenza. Lo faremo nel modo più semplice, in sintonia con quanto insegnato e praticato dallo stesso Gandhi, nel suo ashram, le cui attività di sussistenza erano basate sull’agricoltura e sull’artigianato rurale.
Il 2 ottobre 2014 in mattinata ripuliremo l’orto, adiacente la sede del Circolo. Alle ore 12.30, nella sala di meditazione, verrà offerto un Arati (canto). Nel tardo pomeriggio, verso le h. 19, ci recheremo davanti alla lapide/monumento dei caduti di guerra, nel centro storico, in mesto raccoglimento e meditazione.
Paolo D’Arpini
Chi volesse partecipare alla cerimonia può telefonare allo 0733/216293 oppure scrivere al: circolo.vegetariano@ libero.it
Hari Om Ganeshaya Namah
RispondiEliminaJay Jagannath
Gandhi era un filo-islamico filo-britannico traditore del Sanatana Dharma e
del popolo Hindu. Deformò il concetto vedico di Ahimsa per sostituirlo con
la sua concezione pacifista antivedica di non-violenza. Assieme all'altro
traditore Nehru, fece a pezzi la Madre India per donarne una parte agli
invasori islamici (il cosiddetto Pakistan), causando così lo sterminio di
milioni di Hindu e la distruzione di moltissimi templi, ed attirando sul
suo capo la maledizione di Sri Aurobindo e di tanti altri Acharya suoi
contemporanei.
C'è ben poco da festeggiare un essere demoniaco del genere che ha causato
milioni di morti innocenti: semmai dobbiamo rendere omaggio a Nathuram
Gosde, il pio brahmana che offrì la sua vita in sacrificio per il Dharma pur
di giustiziare Gandhi, e di porre fine allo sterminio degli Hindu che la sua
folle "nonviolenza" continuava a causare!
https://www.sscnet.ucla.edu/southasia/History/Hindu_Rashtra/nathuram.html
Hare Ram Hare Krishna, Jay Vijay
Shankar Satyaprakash Nath Baba
Presidente
Arya Samaj Italia
aryasamajroma.blogspot.com