In occasione della pubblicazione del numero di Ecoscienza dedicato ai delitti ambientali, è stato organizzato un incontro, a Roma, per affrontare i principali temi della nuova legge in materia di delitti ambientali con il contributo di esperti e politici.
La recente legge sui delitti ambientali non è perfetta, ma è opinione diffusa tra i politici, gli operatori, le forze dell’ordine, che sia stato, comunque, importante approvarla.
Si tratta di una legge parlamentare, che ha visto la luce grazie al voto di maggioranza ed opposizione, e rappresenta l’ambiente come un bene esauribile, degno di particolare attenzione e tutela, ma anche strumento di sviluppo economico sostenibile e sostegno ad un’economia pulita e leale.
La norma si inserisce in un contesto riformatore più ampio, rappresentando un primo passaggio, che sarà completato solo con l’approvazione della legge di riforma delle Agenzie ambientali e di ISPRA, di quella sul riordino delle forze di polizia, con la previsione dell’istituzione di una polizia ambientale e di semplificazione dei procedimenti amministrativi.
Con la legge 68/2015 si superano gli elementi di debolezza che caratterizzavano il sistema dei controlli ambientali nel regime previgente.
Prima della legge, la maggiore parte dei reati ambientali erano di tipo contravvenzionale, le sanzioni non sempre erano correlate alla gravità dei fatti, i termini di prescrizione si presentavano ridotti, vi era la possibilità di estinzione delle contravvenzioni tramite oblazione, il tutto determinava una scarsa deterrenza.
Ora il sistema sanzionatorio è stato potenziato, sono state introdotte fattispecie di danno e pericolo e previste pene correlate alla gravità dei fatti.
In più sono state introdotte procedure di intervento integrative/alternative alla pena, finalizzate alla tutela sostanziale e non solo formale dell’ambiente e sono stati potenziati i mezzi di indagine e sanzionatori per fronteggiare i fenomeni di criminalità ambientale.
Le Agenzie sono direttamente coinvolte, soprattutto con riferimento:
Molte le questioni interpretative aperte, tra cui:
Sarà poi necessario che il sistema delle Agenzie preveda una puntuale pianificazione dei controlli, AIA e non, nonché una corretta rotazione del personale di controllo nel rispetto della normativa anticorruzione.
La legge è appena stata approvata, ha bisogno di tempo per assestarsi, il contributo all’interpretazione di alcuni termini che, ora, pongono dubbi verrà dai soggetti direttamente coinvolti, operatori e imprese, e dalla magistratura.
A tale proposito, il recente intervento della Corte di Cassazione, con l’Ufficio del Massimario, ha definitivamente superato le questioni di tipo interpretativo nate intorno all’avverbio “abusivamente”.
La legge ha elementi di forza, tra cui possiamo annoverare:
Non mancano i difetti, tra cui non chiara differenziazione tra atteggiamenti colposi e dolosi e problemi di armonizzazione con altre disposizioni preesistenti in campo ambientale. Emergono, infatti, talune incongruenze per cui, ad esempio, la gestione abusiva di discarica, oggi nel nostro ordinamento, è ancora una contravvenzione, che si prescrive in 4 anni, ed è punita con sanzioni basse a fronte di introiti alti.
E’ auspicabile quindi che il Parlamento si renda disponibile a prevedere un “tagliando di controllo” in materia di delitti ambientali.
La recente legge sui delitti ambientali non è perfetta, ma è opinione diffusa tra i politici, gli operatori, le forze dell’ordine, che sia stato, comunque, importante approvarla.
Si tratta di una legge parlamentare, che ha visto la luce grazie al voto di maggioranza ed opposizione, e rappresenta l’ambiente come un bene esauribile, degno di particolare attenzione e tutela, ma anche strumento di sviluppo economico sostenibile e sostegno ad un’economia pulita e leale.
La norma si inserisce in un contesto riformatore più ampio, rappresentando un primo passaggio, che sarà completato solo con l’approvazione della legge di riforma delle Agenzie ambientali e di ISPRA, di quella sul riordino delle forze di polizia, con la previsione dell’istituzione di una polizia ambientale e di semplificazione dei procedimenti amministrativi.
Con la legge 68/2015 si superano gli elementi di debolezza che caratterizzavano il sistema dei controlli ambientali nel regime previgente.
Prima della legge, la maggiore parte dei reati ambientali erano di tipo contravvenzionale, le sanzioni non sempre erano correlate alla gravità dei fatti, i termini di prescrizione si presentavano ridotti, vi era la possibilità di estinzione delle contravvenzioni tramite oblazione, il tutto determinava una scarsa deterrenza.
Ora il sistema sanzionatorio è stato potenziato, sono state introdotte fattispecie di danno e pericolo e previste pene correlate alla gravità dei fatti.
In più sono state introdotte procedure di intervento integrative/alternative alla pena, finalizzate alla tutela sostanziale e non solo formale dell’ambiente e sono stati potenziati i mezzi di indagine e sanzionatori per fronteggiare i fenomeni di criminalità ambientale.
Le Agenzie sono direttamente coinvolte, soprattutto con riferimento:
- al delitto di “impedimento del controllo”, che rafforza quanto previsto nella Legge 61/94 in tema di accesso agli impianti produttivi,
- ai poteri prescrittivi, come strumento di prevenzione del danno e regolarizzazione della posizione delle imprese con riduzione del carico processuale.
Molte le questioni interpretative aperte, tra cui:
- ISPRA/ARPA/APPA sono chiamate a “validare” , “verificare tecnicamente” le prescrizioni, ma esistono, o no, altri organi tecnici competenti a “validare” / “verificare tecnicamente”.
- Potere prescrittivo e necessità della qualifica UPG, si riapre la questione dello status giuridico degli operatori delle ARPA/APPa preposti alla vigilanza e controllo.
Sarà poi necessario che il sistema delle Agenzie preveda una puntuale pianificazione dei controlli, AIA e non, nonché una corretta rotazione del personale di controllo nel rispetto della normativa anticorruzione.
La legge è appena stata approvata, ha bisogno di tempo per assestarsi, il contributo all’interpretazione di alcuni termini che, ora, pongono dubbi verrà dai soggetti direttamente coinvolti, operatori e imprese, e dalla magistratura.
A tale proposito, il recente intervento della Corte di Cassazione, con l’Ufficio del Massimario, ha definitivamente superato le questioni di tipo interpretativo nate intorno all’avverbio “abusivamente”.
La legge ha elementi di forza, tra cui possiamo annoverare:
- Effettività della pena e dissuasività; le pene sono:più severe per chi opera a danno dell’ambiente e si prevede anche una responsabilità amministrativa degli “enti”/ aziende, sarebbe stato utile introdurre anche dei premi per chi decide di dotarsi di un sistema qualità.
- Dialogo tra imprese ed enti di controllo, soprattutto attraverso il sistema delle prescrizioni, ma non è chiaro quando si applica il potere prescrittivo e non è prevista una procedura di negoziazione in violazione del principio del contradditorio, in più non è possibile ricorrere al TAR.
- Misurabilità, il reato si configura quando viene superata una certa soglia, lo stato naturale senza inquinamento non esiste.
- Proporzionalità, la legge introducendo i reati ambientali prevede pene severe, come richiesto dall’UE e come già previsto da molti paesi non solo europei; la sproporzione, oggi, però permane nelle norme amministrative, dove è prevista l’azione penale tout court.
Non mancano i difetti, tra cui non chiara differenziazione tra atteggiamenti colposi e dolosi e problemi di armonizzazione con altre disposizioni preesistenti in campo ambientale. Emergono, infatti, talune incongruenze per cui, ad esempio, la gestione abusiva di discarica, oggi nel nostro ordinamento, è ancora una contravvenzione, che si prescrive in 4 anni, ed è punita con sanzioni basse a fronte di introiti alti.
E’ auspicabile quindi che il Parlamento si renda disponibile a prevedere un “tagliando di controllo” in materia di delitti ambientali.
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