sabato 31 ottobre 2015

Tuscia. La monocoltura della nocciola che uccide la biodiversità




Un secolo fa chi transitava per la Tuscia la descriveva come una terra incantata, ricca di boschi lussureggianti, di campagne con ogni tipo d’albero da frutto, con vasti vigneti e rigogliosi oliveti e poi orti a non finire e prati con armenti al pascolo. Un'immagine idilliaca che oggi è scomparsa. Oggi chi transita sulle strade del triangolo “Viterbo- Campagnano-Blera” incontra monotone distese di arbusti che producono nocciole. Si salva ancora qualche residuo della vecchia foresta Cimina e qualche altro antico bosco comunque assediato da noccioleti, che aspettano il momento opportuno per sostituirsi a roverelle, lecci, faggi ed altri meravigliosi alberi. La campagna viterbese si è ormai trasformata in una industria che produce nocciole. Per alcuni abitanti della zona è una benedizione, perché tante nocciole vogliono dire tanta ricchezza, per altri è invece una “maledizione” poiché vengono usati ed abusati pesticidi e diserbanti, che minacciano la salute degli animali e delle persone.

Sta di fatto che molti passeracei ed altri uccelli stanziali, che in passato allietavano le campagne viterbesi, sono fortemente diminuiti perché avvelenati. Per lo stesso motivo stanno scomparendo anche le api ed altri insetti impollinatori. Anche le rondini in primavera e in estate si tengono lontane dai noccioleti. Resistono solo i corvi, i cinghiali e gli insetti parassiti immuni ai veleni dell’uomo. Di questa situazione le organizzazioni ambientaliste che operano nella Tuscia ne prendono atto. Non possono fare altro che ricordare agli agricoltori che la monocoltura impoverisce i terreni e distrugge la biodiversità e l’uso di prodotti chimici minaccia anche la salute umana.


A questo punto c’è anche una realtà che esula da quella naturalistica, ma che è pur sempre importante: è diventato impossibile acquistare, ai prezzi di mercato nazionali, terreni seminativi per chi volesse fare una agricoltura alternativa e svincolata da prodotti aggressivi e dannosi nei confronti del suolo (pesticidi, diserbanti, fertilizzanti). Acquistarli all’interno del “triangolo d’oro del nocciolo” è ormai una cosa molto difficile perché sono diventati tra i più costosi d’Italia. Si parla infatti di cifre da capogiro, terreni seminativi che fino ad un paio d’anni fa costavano sui 20 mila euro ad ettaro, nel 2015 sono lievitati (in maniera stabile) a 40-45 mila euro ad ettaro. Inoltre tale cifra potrebbe ulteriormente salire a causa del recente accordo fatto dalla Regione Lazio con Ferrero e Ismea, relativo all’impianto di circa 10 mila nuovi ettari di noccioleti.

A conferma che è ormai difficile trovare terreni a prezzi ragionevoli, diversi ricchi coltivatori di nocciole viterbesi hanno iniziato ad acquistare terreni fuori del triangolo d’oro e in alcuni casi addirittura in Albania, Romania ed altri Stati dell’ex URSS.


Il danno fin qui per alcuni e forse solo per l’ambiente naturale e in parte per il turismo naturalistico, ma non è così: a lungo andare i terreni trattati con massicci prodotti chimici inizieranno a non rendere più e, allora, serviranno ancora e ancora fertilizzanti, in parte ricavati dal petrolio, per garantire una certa produzione di nocciole.


Lo scorso anno l’Assessorato della Salute della regione Lazio diramò uno studio fatto dal loro istituto di indagine epidemiologica sull’incidenza dei tumori nella Tuscia. Ne uscì un quadro allarmante che in alcuni casi si può collegare all’avvelenamento di suoli ed acque, causato anche dall’uso improprio di prodotti chimici in agricoltura.

Cosa fare a questo punto? Sperare che la Regione Lazio, più volte sollecitata dalle organizzazioni ambientaliste viterbesi su questo problema, imponga agli agricoltori più attenzione nell’uso di prodotti chimici nelle loro colture, premiando, se necessario, chi invece con responsabilità ed etica ambientale inizi a bandire ogni tipo di veleno chimico, sostituendolo con sistemi naturali compatibili con l’ambiente e la salute dell’uomo.


Filippo Mariani - Accademia Kronos

venerdì 30 ottobre 2015

Treia, 8 dicembre 2015: "Fiera delle eccellenze bioregionali" - Prima Edizione



Il Gruppo di Lavoro del Comitato Treia Comunità Ideale si è riunito  il 28 ottobre 2015, alle ore 21, in Passo Treia. Erano presenti Barbara Rossetti, David Menichelli, Paolo D'Arpini, Lauretta Mattiacci e Adriano Spoletini, dopo poco è giunta anche Simonetta Borgiani. Adriano Spoletini ha confermato, da parte del Comune, la concessione del patrocinio morale e dell'uso dell'ex Mercato Coperto di Treia, c'è da effettuare il pagamento della Tarsu. L'argomento trattato riguardava la stesura del programma definitivo per la prima edizione della "Fiera delle eccellenze bioregionali" prevista sotto il mercato coperto di  Treia, per l'8 dicembre 2015, che così è stato redatto:

Con il Patrocinio Morale del Comune di Treia e della Cooperativa La Talea

Fiera delle Eccellenze Bioregionali
Treia 8 dicembre 2015
Piazza della Repubblica – Mercato Coperto

Programma:

Ore 15:00 – Apertura degli spazi espositivi e inaugurazione della Fiera delle eccellenze bioregionali: prodotti agricoli ed artigianali, opere d'arte e libri, attività associative, sportive, di educazione giovanile, di animazione per l'infanzia, di cooperazione sociale e di promozione dei prodotti tipici locali, caldarroste, vin cotto, bruschette con olio nuovo, frittelle biologiche.

Ore 16:00 – Prova dimostrativa di esercizi yoga

Ore 17:00 – Presentazione del Comitato e interventi su: identità locale, solidarietà, capacità produttiva di piccola economia, lavori alternativi, alimentazione bioregionale, storia e cultura locale.

Ore 18:00 – Momenti di intrattenimento con musica e danza popolare, performances artistiche e recitazioni poetiche.

Ore 19.00 – Brindisi finale e saluti

Prima della Fiera, alle ore 10.30: Escursione storico naturalistica attorno alle mura alla scoperta della vegetazione spontanea e di piccoli e grandi segreti della città (partenza dalla Fontana delle Due Cannelle, sotto Porta Montegrappa).


Info: treiacomunitaideale@gmail.com - Tel. 0733/216293




Gli organizzatori declinano ogni responsabilità civile conseguente a danni a cose, animali o persone relativamente allo svolgimento della manifestazione

giovedì 29 ottobre 2015

Non violenza - Gli ultimi nastri di Capitini



L'eredità di Aldo Capitini continua a dare frutti.

A più di 50 anni di distanza riemergono le registrazioni audio del primo «Seminario internazionale sulle tecniche della nonviolenza» che si tenne a Perugia dal 1° al 10 agosto 1963, su iniziativa dello stesso Aldo Capitini e di Pietro Pinna, che – dopo il successo della Marcia per la Pace Perugia-Assisi del 1961 – vollero avviare nel nostro Paese un lavoro per dare vita alla “nonviolenza organizzata” di cui ancor oggi beneficiamo.

Venerdì 30 ottobre 2015 ore 16,00 a Perugia presso la Biblioteca di San Matteo degli Armeni a Perugia, via Monteripido 2 si svolgerà il Convegno “Capitini, nastri ritrovati” organizzato dal Movimento Nonviolento e da Radio Radicale, in collaborazione con la Biblioteca comunale San Matteo degli Armeni e con la Fondazione Centro Studi Aldo Capitini.
Vedi qui: https://www.youtube.com/watch?v=72EXM1mfsHI

Introducono:
Andrea Maori, collaboratore dell’Archivio di Radio Radicale
Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento
Daniele Lugli, presidente emerito del Movimento Nonviolento, collaboratore di Aldo Capitini
Sono previsti una serie di interventi programmati.

I nastri sono stati ritrovati presso la sede nazionale del Movimento Nonviolento a Verona e messi a disposizione dell’Archivio di Radio Radicale che ha curato la digitalizzazione, l’indicizzazione e la disponibilità dell’audio in rete. Le registrazioni delle dieci giornate del seminario sono ora ascoltabili qui:
http://www.radioradicale.it/scheda/449405/seminario-internazionale-di-discussioni-sulle-tecniche-della-nonviolenza

Nelle registrazioni, oltre agli importanti interventi di Aldo Capitini, sono ascoltabili le voci di: Anna Belardinelli, Vincenzo Bentivegna, Eugenia Bersotti (Eughenes), Joice Cadogan, Peter Cadogan, Guido Calogero, Angelo Li Causi, Luigi Clementi, Danilo Dolci, Franco Ferrarotti, Franco Fornari, Giuseppe Francone, ,Robert Jung, Daniele Lugli, Edoardo Marcucci, Edoardo Martinez, Rosi Menasse, Nini Menichetti, Ettore Nobilini, Enrico Pachetto, Aldo Putelli, Ferdinando Pucciarini, Renè Riggini, Agostino Sanfratello, Giacomo Santucci, Luisa Schippa, Bertil Svahnstrom, Aldo Stella, Riccardo Tenerini, Renzo Zuccherini.




Movimento Nonviolento
www.azionenonviolenta.it

Radio Radicale
www.radioradicale.it

mercoledì 28 ottobre 2015

Roma, 31 ottobre 2015: "Agroecologia, strumento del Nuovo Umanesimo"


Agroecologia, strumento del Nuovo Umanesimo
Roma, 31 Ottobre 2015,  ore 8.15 – 18.30
Sala Pio IX - BASILICA di S. LORENZO FUORI LE MURA AL VERANO - Frati Francescani Cappuccini
(PIAZZALE DEL VERANO, 3)

----------

PRESENTAZIONE

 Dall'Enciclica "Laudato si'“ di Papa Francesco al delicato rapporto tra Ambiente, Agricoltura, Alimentazione e Salute, una Conferenza per individuare il cardine intorno al quale sviluppare le ormai improcrastinabili esigenze di nostra "Madre Terra". E' in gioco la sopravvivenza stessa dell'Uomo.
L’incontro si terrà a Roma il 31 ottobre 2015, coordinato sul piano scientifico dal Prof. Dr. Giuseppe Altieri, agroecologo e docente di curriculum trentennale, ed organizzato con il contributo di AGERNOVA, agenzia di Servizi Avanzati per l'Agroecologia e la Ricerca, che opera da anni a livello nazionale e internazionale, dell'Associazione EcoFoodFertility, diretta dal Dr. Luigi Montano, e del Movimento Eudonna, diretto dalla Dr.ssa Giovanna Sorbelli. Con il patrocinio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, di Portici (Napoli).

L'iniziativa, per la quale sono stai richiesti i patrocini del Vicariato di Roma, dei Ministeri Agricoltura, Ambiente, MIUR, e dell’Istituto Superiore di Sanità, riunirà giuristi di chiara fama ed alcuni tra i massimi esperti dell'esperienza agroecologica.

La giornata di studi si articolerà in una prima sessione medico-epidemiologica, una seconda dedicata al monitoraggio ambientale e tutela della 'Biodiversita' dal pericolo pesticidi e OGM, ed una terza, conclusiva, sessione agroecologica e giuridica.

Il fine che ci si propone è quello di implementare ed orientare le politiche agro-ambientali nazionali ed internazionali, per utilizzare al meglio le enormi risorse finanziarie europee disponibili per l'Agricoltura, l'Ambiente, la Prevenzione Primaria. 

E' previsto un evento didattico-culturale finale, di breve durata, con la presentazione dell’ultima edizione, in lingua italiana, del volume “Agroecologia”, di Miguel A. Altieri, Clara I. Nicholls, Luigi Ponti e proiezione del film-documento “Respiro di Terra” del Regista Enrico Bellani.

CONSIDERAZIONI SULLE POLITICHE AGROAMBIENTALI NAZIONALI ED EUROPEE
L'Europa spende oggi circa il 50% del proprio bilancio per il settore agricolo, in pratica riservandolo al solo 4% della popolazione europea (tale è la quota che riveste la popolazione rurale), proprio per le enormi ricadute, dirette ed indirette, dell'attivita' agricola sull'Ambiente, la Salute Umana e la Biodiversità. 
 Basti l'esempio dei pesticidi, oggi scientificamente e giuridicamente riconosciuti (dalla Direttiva UE sull'uso sostenibile degli Agrofarmaci e recepimenti nazionali in via di definizione), quali principali "concause di pericolo grave per la salute umana". E sono, purtroppo, in continua crescita, in Italia, celiachie, ipofertilità, sterilità, tumori mammari, linfomi, Parkinson, aensibilità chimica multipla, cancri e altre patologie degenerative. Un vertiginoso aumento che si accompagna in modo paritetico all'incremento nell'impiego di queste sostanze chimiche tossiche, dando uno sciagurato seguito a mal recepite politiche agro-ambientali nell'ultimo ventennio, che ha portato il nostro paese al triste record mondiale dei tumori infantili (dati OMS), e ad una drastica riduzione dell’aspettativa di vita sana, con tutte le conseguenze sulla spesa sanitaria nazionale.

L'Italia ha a disposizione 70 miliardi di Euro (tra fondi PAC e di Sviluppo Rurale) per il periodo 2015-2020: sono risorse europee di sostegno più che sufficienti a consentire la riconversione agroeco-biologica dell'intera “agricultura” italiana, garantendo redditi maggiori agli agricoltori, salute, benessere, fertilità e felicità per tutti. 

Sviluppando finalmente una "Economia della Vita".

Attraverso le convergenze degli interessi di tutti gli attori della filiera agro-alimentare e sanitaria.
Al Convegno sono stati invitati gli Ambasciatori presso la Santa Sede e gli addetti agricoli delle Ambasciate in Italia.



martedì 27 ottobre 2015

Funghi e metalli pesanti - Ricerca di un nuovo strumento per la bioindicazione dei suoli



La capacità degli esseri viventi di scambiarsi vicendevolmente elementi e sostanze dà vita ad un ciclo ecologico che si svolgerà fino a quando l’energia del sole sarà disponibile, a condizione che non subentrino fattori di disturbo di intensità superiore alle capacità omeostatiche degli ecosistemi. Di recente nella storia della vita sulla Terra, l’uomo è intervenuto modificando i cicli naturali della materia manipolando artificialmente gli elementi chimici e disperdendo nell’ambiente sostanze sintetiche estranee alla vita (“xenobiotiche”), che sono entrate nel ciclo metabolico degli organismi. 

Da un’inchiesta condotta all’alba del terzo millennio dall’American Chemical Registry risulta che il mercato utilizza oltre quattordici milioni di sostanze chimiche diverse e che ogni settimana il loro numero aumenta di diecimila nuove unità. La grande maggioranza di queste sostanze chimiche è stata ed è ancora oggi rilasciata nell’ambiente interferendo con gli equilibri degli ecosistemi terrestri. Per lungo tempo si è ritenuto che il suolo avesse la capacità di trattenere le sostanze inquinanti tamponandone gli effetti evidenti entro poco tempo. Si è quindi prestata sempre più attenzione a quei comparti ambientali come l’aria o le risorse idriche superficiali dove, gli effetti dell’inquinamento antropico si ripercuotono sull’ambiente con maggiore immediatezza. La capacità del suolo di accumulare le sostanze inquinanti può effettivamente impedire l’immediata contaminazione di altri comparti ambientali, tuttavia può anche determinare un improvviso rilascio degli inquinanti una volta raggiunto il limite di ritenzione. La parete cellulare dei funghi nel suolo è a diretto contatto con l’ambiente esterno ed è in grado di assorbire ed accumulare cationi pesanti, che possono essere comunque accumulati anche all’interno della cellula. 

Queste caratteristiche, pur essendo generali, si presentano in maniera differenziata a seconda delle varie famiglie e specie fungine; infatti numerosi sono gli studi compiuti negli ultimi venticinque anni, particolarmente in Europa, sulla determinazione dei metalli pesanti nei funghi e i risultati ottenuti evidenziano comportamenti eterogenei tra specie e specie. Molti sono i metalli che, presenti in tracce sulla superficie terrestre, sono essenziali per la crescita e la riproduzione dei microrganismi. Diverse concentrazioni di metalli pesanti nel suolo influenzano la composizione della comunità fungina presente nella lettiera e nel suolo. Negli ultimi venti anni grazie ai lavori innovativi di una “equipe” italo-svizzera di studiosi che risponde ai nomi di L. Cocchi (AMB), O. Petrini (ICM-CH) e L. Vescovi (ENIA) è andato sempre più maturando il convincimento che i risultati di queste ricerche necessitino di un affinamento nella loro analisi per addivenire alla creazione di un termine di confronto che è stato “battezzato” con il nome di:

“fungo di riferimento” (“reference mushroom”).

La mole impressionante di dati prodotti da questi studiosi sono stati validati e pubblicati nel 2010 grazie al partenariato con due istituzioni pubbliche di cui una a livello nazionale (“Progetto Speciale Funghi” dell’ISPRA) e l’altra a livello europeo (JRC-ies). L’EUR-REPORT prodotto e la sua versione monografica (ISBN 978-92-79-16023-6) contengono in 2.500 pagine i seguenti dati:

Indicazione delle località di campionamento dei funghi e dei suoli.

I dati analitici (circa 300.000) riguardanti la totalità dei campioni di funghi (circa 10.000) e di suoli analizzati.

La statistica descrittiva per tutti i Generi e le specie analizzate.

Le mappe che illustrano la distribuzione delle concentrazioni degli elementi inorganici nei funghi.

Le mappe che illustrano la distribuzione delle concentrazioni degli elementi inorganici nei suoli.

Quando questa sorta di termometro (“fungo di riferimento”) della situazione chimica del complesso suolo-organismi viventi ad esso collegati, sarà messo a punto per ognuna delle principali specie fungine bioindicatrici, grazie all’ampiezza della composizione del campione di base, permetterà di far luce sulla funzionalità fisiologica che le concentrazioni degli elementi chimici nei funghi possono avere sulla bioindicazione, sulle valutazioni tassonomiche e, non meno importante, sulla stima dei metalli pesanti che vengono assunti tramite l’alimentazione, sia dall’uomo, sia dagli altri esseri viventi. 


Abbiamo già detto che dal punto di vista funzionale degli ecosistemi del suolo i complessi costituiti dalle emanazioni ifali delle micorrize mobilizzano minerali e molecole organiche a partire dalle proteine e proteggono l’apice dall’effetto tossico di inquinanti presenti nel suolo compresi i metalli pesanti in concentrazioni non micotossiche. Quest’ultimi dopo essere stati assorbiti, generalmente, inibiscono la crescita fungina e causano anche cambiamenti morfologici e fisiologici. La loro azione tossica sembra essere essenzialmente esercitata a carico degli enzimi. L’inibizione può dipendere dal fatto che vengono mascherati gruppi cataliticamente attivi dalla denaturazione di proteine, dalla modificazione della conformazione enzimatica o dall’attivazione di altri siti coinvolti nella formazione di complessi enzima-substrato, che entrano in competizione con quelli normalmente presenti. 

Queste azioni tossiche variano da specie a specie e dipendono dalla concentrazione dei metalli e dal tempo di esposizione. I funghi di riferimento costituiranno sicuramente in un prossimo futuro uno degli strumenti più validi per la valutazione della biodiversità del suolo e degli ecosistemi ad esso collegati.

Carmine Siniscalco (A.K.)

lunedì 26 ottobre 2015

Inquinamento acustico. Il rumore che uccide



Non c’è dubbio che ormai, specialmente in ambiente urbano, il rumore sia diventato il sottofondo in cui quotidianamente siamo immersi. Le sue caratteristiche peculiari, il contesto in cui lo sperimentiamo e il livello sonoro specifico contribuiscono diversamente alla percezione del disturbo associato.

La riduzione dell’esposizione al rumore nell’ambiente di vita e di lavoro è uno degli obiettivi della legislazione italiana e comunitaria per preservare e migliorare il livello di benessere dei cittadini, la fruibilità e la conservazione degli ambienti urbani e naturali.

Il suono (dal punto di vista della fisica del fenomeno) è definito come una perturbazione dello stato di equilibrio di un mezzo elastico che si propaga nel mezzo stesso… complicato? No, se si pensa al formarsi delle onde in uno stagno dovute, ad esempio, al lancio di un sassolino: la superficie in equilibrio dell’acqua è increspata (la perturbazione) dalle onde che si propagano allontanandosi dal punto in cui si sono inizialmente formate.
L’onda sonora, nel suo propagarsi, provoca una variazione locale della pressione atmosferica e uno spostamento di particelle che possono essere rilevate sia dall’orecchio umano che da specifici strumenti, quali i fonometri..

L’intervallo di variazione della pressione sonora è molto ampio: il suo valore è valutato rispetto a un termine di riferimento espresso in decibel (dB). ll decibel (dB) è l’unità logaritmica che viene utilizzata per misurare i livelli di rumore, per cui si può dire che un incremento di un valore di 3 decibel corrisponde a un suo raddoppio. Ogni valore in dB corrisponde ad un fattore di moltiplicazione o divisione (rispettivamente in caso di aumento o diminuzione) della grandezza misurata. Nella seguente tabella vengono riassunti brevemente i vari fattori di moltiplicazione o divisione:
dBFattore approssimato
11.25
21.6
32
42.5
53
64
75
86.3
98
1010

Questo significa che l'incremento di un decibel (dB), che apparentemente sembra poco, corrisponde ad un aumento del livello di rumore nell'ordine del 25%.

Per cercare di rendere il più possibili immediatamente comprensibili questi concetti, abbiamo predisposto una infografica, che, naturalmente, ha un carattere solamente divulgativo ed indicativo.  

infografica sul rumore




domenica 25 ottobre 2015

Incontro di lavoro del 28 ottobre 2015 del Comitato Treia Comunità Ideale a Passo di Treia


Mercato coperto con disegni di Domenico Fratini

Care, cari, abbiamo appreso in via ufficiosa che l'amministrazione comunale di Treia è disponibile a concedere l'uso del Mercato Coperto del centro Storico di Treia per svolgervi la manifestazione, mostra, festa, mercatino “Treia: il Comitato per una Comunità Ideale si presenta”, prevista per l'8 dicembre prossimo.

Allo scopo di definire i particolari organizzativi dell'evento abbiamo pensato di indire un incontro di lavoro da tenersi Mercoledì 28 ottobre 2015, alle ore 21, presso Barbara Rossetti, Via Matteotti, 26 – Passo Treia (Davanti Banca delle Marche). Info. 338.3125143.

All'incontro sono invitati i membri del Comitato e coloro che intendono collaborare alla buona riuscita dell'evento dell'8 dicembre, che comprende: una passeggiata erboristica mattutina, una fierucola paesana pomeridiana delle attività e dei  prodotti locali: agricoli, d'arte, artigianato, di utilità sociale e bioregionale, di cura del corpo e della mente, con musica, poesia e balli paesani, e la presentazione degli intenti del Comitato e di attività future.

Ringraziamo sin d'ora tutti coloro che vorranno partecipare.

Il Comitato Treia Comunità Ideale


Tel. 0733/216293


Programma di massima della manifestazione:

Stiamo organizzando un festa bioregionale, con mercatino esposizione annessa e musica, yoga, canti e balli, sotto al mercato coperto di Treia per l'8 dicembre. Collaborazioni sono benvenute.
Treia 8 dicembre 2015

Treia Comunità ideale si presenta”


h. 10.30 – Partenza dalla Fontana delle 2 cannelle (sotto Porta Montegrappa, vicino al vecchio lavatoio), passeggiata naturalistica e storica attorno alle mura per riconoscere la vegetazione spontanea e scoprire piccoli e grandi segreti architettonici. (Completato il giro si può prevedere un picnic in luogo da convenire)

h. 15.30 – Apertura degli spazi espositivi. Mostra delle eccellenze bioregionali, prodotti agricoli e artigianali, opere d'arte e libri, stands di promozione associativa,  di educazione giovanile, di cooperazione sociale, etc.

h. 16.30 – Prova dimostrativa di esercizi yoga ed altre discipline sportive

h. 17.30 – Tavola rotonda su: “Identità locale, solidarietà, capacità produttiva di piccola economia, lavori alternativi, alimentazione bioregionale, storia e cultura, etc.” (con interventi mirati sui vari temi).

h. 18.30 – Musica popolare, poesia,  danza e performances artistiche.

h. 19.30 – Degustazione di specialità locali, brindisi e saluti.

Info:
Simonetta Borgiani – Cell. 3661510289
Paolo D'Arpini – Tel. 0733/216293
Barbara Rossetti - Cell. 3383125143
Gruppo Facebook: Treia Comunità Ideale



Catania. La storia senza più storia di San Berillo... dei martiri



San Berillo è forse il quartiere più martoriato di Catania. Dopo il terremoto del 1693 sarebbe dovuto essere il cuore commerciale della città, sarebbe dovuto diventare il quartiere nobile post ricostruzione settecentesca: sarebbe, ecco.

In realtà sin da subito interessi economici e speculazione dei proprietari, come già denunciato dal barone Bernardo Gentile Cusa nel 1882, erano forse più attenti all’opportunità di sfruttare la maggiore cubatura che non rendere vivibile e appetibile la zona. Le strade che sarebbero dovute essere ampie e luminose, i palazzi nobili ed eleganti, diventarono viuzze e casupole, piccole botteghe e tuguri, un miscuglio intricato di gente povera, poverissima, artigiani, piccoli imprenditori. 


Il Novecento si apre con la riscoperta dell’archeologia e del passato di Catania: nel 1904, scavi archeologici intensi squarciano gran parte di piazza Stesicoro, in modi che, nel giudizio di Vitaliano Brancati, la faranno somigliare alla tolda di una nave colpita di fianco. Lo scavo, secondo il direttore dei lavori Filadelfo Fichera, rappresenta un primo accenno di programma archeologico, edilizio e sanitario per San Berillo, sempre con l’idea di collegare il quartiere alla stazione. 

Sono i tempi dello zolfo e Catania è snodo fondamentale delle esportazioni, tanto per mezzo dei treni che per mezzo del nuovo porto: il collegamento risulta sempre più angusto, a misura che cresce la propensione industriale di Catania. Il Grande Albergo, in piazza Cappellini, è l’unico edificio di un certo rilievo: per il resto, San Berillo, nella sua povertà, si rinsalda in un’urbanizzazione caotica e fittissima. È proprio l’impulso commerciale dello zolfo ad indirizzare i notabili catanesi verso l’ipotesi dello sventramento: gli scopi principali sono favorire l’afflusso e il deflusso dalle stazioni, la circolazione di aria e di luce (ma anche di truppe, visto il favore con cui i catanesi vedono le imprese coloniali), abbattere i vicoli infetti (nel 1911 un’epidemia di colera fa molti morti) e sottolineare, isolandoli, la magnificenza di grandi edifici e monumenti.

Ci penseranno i bombardamenti a continuare la distruzione del quartiere e dove non arrivarono le bombe arrivarono le ruspe: negli Anni’50 ha così inizio lo sventramento. Ma non vi fu alcuna “bonifica”, anzi.

Dietro le ampie vie si annodarono viuzze strette e tortuose, continuarono ad operare quegli strati nascosti della società, in una dicotomia ancor più evidente tra miseria e ricchezza.

 San Berillo diventò il quartiere a luci rosse, dove sex worker, vendevano e vendono ancora oggi, il proprio corpo per pochi denari. Negli ultimi anni e mesi abbiamo visto piani di riqualifica, progetti di valorizzazione, volontà di riscatto per portare luce tra quelle vie.

Qualcosa è cambiato: con determina dirigenziale n 577 del 15 settembre 2015 l’assessore Salvatore Di Salvo, “ha comunicato alla Direzione LL.PP. e Protezione Civile la necessità, al fine di tutelare la pubblica incolumità, di intraprendere provvedimenti circa la pericolosità di un tratto di via G. Caramba e di via De Pasquale” ( Determina 577 2015 UTU (1)).  Via Caramba e De Pasquale saranno quindi chiuse. Due vie tipiche del quartiere: perché murarle, chiuderle al transito di pedoni e automobili; sigillate, barrate, a chiunque? Perché, invece, non imporre un piano di messa in sicurezza degli edifici? Perché non iniziare ad attuare i piani e progetti di riqualificazione tanto pubblicizzati?  Perché invece di cambiare il nome alle strade e alle piazze non si lavora per cambiarne il volto? In fondo forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d’avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome?

 Una decisione, quella di chiudere così due strade, che ha provocato sdegno e rabbia in chi a San Berillo ci vive e ci lavora e in quel cambiamento ci credeva: “Non siamo a Gerusalemme est né a Beirut, siamo a Catania, l’unica città d’Italia dove si è sperimentata la prima fabbrica del decoro - si legge nel comunicato stampa del Comitato San Berillo -. Negli accessi alle due strade in questione verranno installate reti elettro saldate che occluderanno totalmente l’accesso delle persone. Strana idea di decoro quello di chiudere completamente due vie pubbliche di Catania. In particolare Il Comitato vuole sottolineare che la chiusura delle strade in questione produrrà solo effetti di maggiore degrado, poiché si creeranno vicoli ciechi in aree disabitate, una nuova ‘terra di nessuno’. 


Dalla nostra esperienza infatti si può notare che lì dove ci sono strade non abitate il grado di sporcizia e incuria aumenta notevolmente. Non solo, ma la chiusura di via De pasquale risponde alle esigenze di chi vuole costruire delle barriere fisiche tra la Via delle Belle (ora Piazzetta Goliarda Sapienza) oggetto di interventi di abbellimento da parte dell’Accademia di Belle Arti e il resto del quartiere, nuove divisioni tra la ‘Catania bene e visibile’ e quella che non si deve vedere. L’intervento su Via Carramba, che rappresenta una testimonianza viva di come era una volta il quartiere, è contrario all’idea di recupero del patrimonio storico architettonico che in questi mesi è stato propagandato dall’amministrazione e dallo stesso assessore Di Salvo. 

In linea con le precedenti amministrazioni anche questa vuole far diventare San Berillo un corpo estraneo alla città, un bubbone da estirpare e come in passato si preferisce chiudere piuttosto che aprire i suoi spazi. Pertanto il Comitato chiede di bloccare immediatamente l’ordinanza di chiusura delle due vie e propone l’apertura di un tavolo di discussione tra l’assessorato e abitanti e lavoratrici di via Carramba e porre sul tavolo soluzioni alternative alla chiusura delle due strade”.

Viviana Mannoia




(Fonte: http://www.newsicilia.it/




................

Commento di Giorgio Mauri:
Questi 8 anni (ormai nove) di crisi hanno prodotto un massacro, hanno causato danni superiori a quelli delle seconda guerra mondiale. E mentre gli USA, i responsabili della crisi, quelli che l'hanno provocata, sono da molto tempo fuori (loro stampano dollari e poi pretendono che valgano come l'oro), l'europa vacilla sotto i colpi di una classe dirigente di nominati al soldo dell'impostore. Mancano politici di spessore, in grado di opporsi alle violenze di oltreoceano. Con Merkel, Renzi & C. faremo una gran brutta fine ! E se i soldi che l'Italia dovrebbe avere dall'Europa non si prendono perché non riusciamo a produrre progetti da finanziare, allora significa che oltre ai vertici abbiamo anche le mezze calzette che non "valgono una sega" !

Conosco Cosenza vecchia, un posto fuori dal tempo, usato anche per girare molte scene serie televisive. Conosco molti altri posti, in Italia, che dovrebbero essere riportati alla luce (l'appennino vede le aree boschive allargarsi sempre più, invadendo e mangiandosi paesini interi, abbandonati per le difficoltà a viverci).
Mi sa che potrebbe aver senso far decollare proprio da qui, gruppi di studio tesi al recupero dei tesori e no del paese, creando così una base seria sia per far decollare un progetto di sinistra come ho sempre scritto e descritto, sia per accedere a finanziamenti che sono troppo spesso inutilizzati. Soprattutto il SUD avrebbe moltissimi casi utili !

sabato 24 ottobre 2015

Monte Porzio - "Gli idrocarburi di Valcesano lasciateli alla terra"


L'incontro pubblico del 16 ottobre 2015 a MONTE PORZIO, organizzato dal comitato VALCESANO UNITA sul tema della ricerca di idrocarburi nella VALCESANO, ha visto la massiccia partecipazione di cittadini e Amministratori della vallata, tanto che la Sala Consiliare di Monte Porzio non è riuscita a contenerli tutti.

L'apertura di Giuliano Mancini ha evidenziato come nella VALCESANO si continuano a ripetere progetti di opere impattanti promosse da privati che cercano facili  guadagni, ma che non tengono minimamente conto dei danni al territorio ed ai cittadini sia in termini di salute che di perdita di valore degli immobili.

Basti ricordare la Turbogas di Corinaldo, il maxi elettrodotto Fano-Teramo da 380kV, il maxi eolico a Pergola, opere che avrebbero determinato danni a migliaia di cittadini, scongiurate grazie al fronte comune creato ogni volta tra comitati, cittadini e amministratori.

Ora si presenta un nuovo caso: l'istanza di ricerca di idrocarburi nella Valcesano da parte della MAC OIL S.p.A.

Ritaldo Abbondanzieri ha illustrato i dati della Società MAC OIL S.p.A. e, dalle verifiche camerali condotte, la società non sembrerebbe avere le capacità finanziarie per sostenere i costi dell'opera, là dove la legge prevede di includere tra i costi anche la valutazione dei possibili danni da questa causati all'ambiente, alla salute ed al patrimonio dei cittadini.

L'intervento del Prof. Leonardo Setti, ricercatore presso la facoltà di chimica industriale dell'Università di Bologna, esperto in temi di risorse energetiche, sia fossili che rinnovabili, ha dimostrato l'assurdità di avviare ricerche di idrocarburi in un momento storico in cui gli impegni assunti anche dall'Italia a livello Europeo ci impongono l'obbiettivo a medio e lungo termine di utilizzo (per l'80%) di risorse energetiche rinnovabili.

La Valcesano è già stata oggetto di trivellazione eseguite negli anni '70-‘80 da parte di AGIP & Altri, trivellazioni che non hanno rilevato giacimenti d’interesse. Nuove trivellazioni potrebbero portare (forse) alla scoperta di piccoli giacimenti, con vantaggi economici solo per la ditta proponente, non risolvendo i fabbisogni energetici nazionali e creando inevitabilmente gravissimi danni ai territori ed ai cittadini: l'estrazione di idrocarburi "desertifica" oltre a non escludere la possibilità di “innescare” terremoti(l’area di ricerca è compresa “nelle zone in cui possono verificarsi forti terremoti), pertanto questo tipo di attività non è compatibile con il NOSTRO territorio che si sta' orientando verso il turismo e l'agricoltura di qualità.
L'interessante dibattito in cui sono intervenuti cittadini e Amministratori è stato concluso da Adriano Mei che ha ricordato ancora una volta“che i cittadini non devono chiedersi  cosa possono fare i responsabili del procedimento per fermare quest'opera, ma cosa possiamo fare noi utilizzando gli strumenti che già abbiamo a disposizione per far valere e difendere i nostri diritti e che, come già fatto in passato per la Turbogas, l'elettrodotto e l'eolico, anche questa volta dovremo utilizzare : diffidare i responsabili del procedimento del Ministero: in primis il Dott. Terlizzese Franco (Direttore Generale del MI.S.E. -funzionario pubblico-, che viene a Senigallia su invito del PD per “tranquillizzare” gli Amministratori locali), il Dott. Saralli Marcello e il Dott. Rigido Mileto; della Regione Marche: il Dott. Smargiasso Mario e il Presidente della Regione Luca Ceriscioli; i Presidenti delle Provincie di Pesaro-Urbino e Ancona; i Sindaci dei Comuni interessati dal permesso di ricercain quanto quest’opera è potenzialmente pericolosa visto che non si possono conoscere con certezza i  rischi da questa derivanti.”

Va da se che di fronte a questa incertezza i pubblici poteri (in questo caso i funzionari che dovranno emettere il parere sull'istanza presentata) hanno l'obbligo di adottare “il principio di precauzione” che, nel caso specifico, imporrebbe il rigetto della domanda, contrariamente chiederemo loro i danni a noi derivanti.

Per tale ragione, già nella serata del 16 ottobre, abbiamo avviato la raccolta diffide che invieremo ai diretti interessati dal procedimento in corso e che ripeteremo nei prossimi incontri che si terranno sul territorio.
L'obiettivo è raggiungere almeno 250 famiglie che firmino le diffide. 

Il Comitato ha messo a disposizione del territorio la propria esperienza maturata negli anni e porterà avanti questa ulteriore vertenza convinto che la si potrà concludere in tempi ragionevoli e con rigetto dell’istanza a condizione che ci sia quell’unità territoriale tra Amministratori e cittadini che è, ed è stata, il fondamento di ogni azione di contrasto vincente in tutte le vertenze seguite dal Coordinamento dei Comitati in Rete Marche.

Il Presidente del Comitato Valcesano Unita    
Per informazioni e/o adesioni: Giuliano Mancini 348.3001228, www.comitatinretemarche.it oppure scrivi a: segreteria@comitatinretemarche.it

venerdì 23 ottobre 2015

Bioregionalismo, trasformazione organica e identità ecologica



La natura opera secondo un sistema di nutrienti e metabolismi in cui non esistono rifiuti. Un ciliegio fa germogliare fiori e (forse) produce frutti. È per questo che gli alberi fioriscono. Ma i fiori che danno frutti sono tutt’altro che inutili. Cadono al suolo, si decompongono, nutrono vari organismi e microrganismi, e arricchiscono il terreno. Gli animali e gli uomini emettono biossido di carbonio che le piante assorbono e usano per crescere. L’azoto contenuto nei rifiuti viene trasformato in proteine da microrganismi, animali e piante. I cavalli mangiano l’erba e producono sterco che diventa nido e nutrimento per le larve delle mosche. I più importanti nutrienti della Terra – carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto – sono riciclati di continuo. Rifiuti uguale cibo.

Questo sistema biologico ciclico, “dalla culla alla culla”, ha tenuto in vita e nutrito per milioni di anni un Pianeta ricco e diversificato. Fino a poco tempo fa era l’unico sistema esistente e ogni essere vivente del Pianeta ne faceva parte. Poi è arrivata l’industrializzazione e ha alterato l’equilibrio naturale dei materiali sulla Terra. 

Gli uomini hanno cominciato a estrarre materie prime dalla crosta terrestre, le hanno concentrate e alterate, e hanno sintetizzato materiali che non possono essere restituiti al terreno senza provocare danni.   Gli esseri umani sono l’unica specie terrestre che prende dal suolo grandi quantità di nutrienti necessarie ai processi biologici, e raramente le restituisce in forma utilizzabile. I nostri sistemi – eccetto alcune piccole realtà locali – non sono più studiati a questo scopo.   Industriali, progettisti, ambientalisti e in genere gli addetti ai lavori parlano spesso di un “ciclo vitale” del prodotto. Naturalmente solo pochissimi prodotti sono “vivi” in senso stretto, ma in molti casi siamo noi che, per così dire, proiettiamo su di loro la nostra vitalità, e la nostra mortalità. Sono quasi parte della famiglia. Vogliamo che vivano con noi, che ci appartengano. Nella società occidentale gli esseri umani vengono seppelliti nelle tombe e così i prodotti. Ci piace l’idea di essere potenti, unici; e ci piace compare cose nuove di zecca, fatte di materiali “vergini”. 

Quando io (che sono una persona speciale e unica) avrò finito di usare un prodotto vergine, nessun altro lo userà. Le industrie progettano e pianificano in accordo con questa mentalità.   Nel caso dei materiali, ci sembra invece decisamente più sensato insistere su quei caratteri di somiglianza e ordinarietà che ci permettono di godere più di una volta anche di prodotti speciali e unici. Cosa sarebbe accaduto se la Rivoluzione industriale avesse avuto luogo in società che mettono al primo posto la comunità e non l’individuo, e in cui si crede non in un ciclo vitale “dalla culla alla tomba” ma nella reincarnazione?   I sistemi e le industrie umani diventeranno rispettosi della diversità solo quando riconosceranno che la sostenibilità, come tutte le politiche, è un fatto locale. 

Quando si connetteranno ai flussi locali di materiali e di energia, ai costumi e ai gusti locali, dal livello molecolare fino a quello dell’intera bioregione.  Le realtà locali non sono tanto da intendere come isole di civiltà, astratte dal contesto naturale, ma proprio come forme di “sapere ecologico”, un sapere che deve la sua esistenza al legame che le comunità umane hanno, nel corso della loro storia, intrecciato con il territorio cui appartengono. Tutto ciò implica che si costruisca, intorno ai territori naturali, una vera e propria “identità ecologica“, in cui si esprima e si rafforzi la relazione biunivoca tra le bioregioni e i loro abitanti. Per questi motivi, il bioregionalismo implica innanzitutto un coinvolgimento attivo da parte dei membri delle comunità. 

Ciò significa che esso non è solo un progetto meramente politico-gestionale, ma anche un progetto culturale. Insieme a un forte senso di appartenenza al territorio, nell’ “identità ecologica” confluiscono infatti il recupero di tradizioni legate ai luoghi, la riscoperta di lingue, arti, riti e conoscenze indigene, ecc.

Fulvio Di Dio


Referente della Rete Bioregionale Italiana per le aree urbane

giovedì 22 ottobre 2015

I cittadini possono contribuire al monitoraggio ambientale



La così detta “citizen science” nasce nel 1900 da un’idea dell’ornitologo Frank M. Chapman come alternativa alla tradizionale caccia di natale (l’uccisione del maggior numero di animali possibile): la Christmas Bird Count è infatti un censimento ornitologico ancora oggi in funzione.

Attività di osservazione e raccolta dati come quella “inventata” da Champan oggi sono davvero alla portata di tutti, grazie agli strumenti tecnologici e di condivisione delle informazioni, che permettono ai cittadini di contribuire attivamente alla ricerca di base e applicata. In questo senso la “citizen science” è stata talvolta definita come "partecipazione del pubblico nella ricerca scientifica"; possiamo infatti senza dubbio collocare questo genere di attività nella più ampia esperienza della partecipazione dei cittadini, approccio sempre più diffuso nelle comunità e nella realtà delle più moderne democrazie. Il fine ultimo dei progetti di “citizen science” è infatti quello di esplorare e sperimentare nuove vie per rendere i cittadini reali protagonisti nelle decisioni e nelle scelte politiche.
L’amministrazione Obama, nel corso di un recente forum sul tema, ha presentato un memorandum il cui obiettivo è quello di diffondere e istituzionalizzare la partecipazione dei cittadini a vari progetti di citizen science; il documento presenta infatti una lista di progetti fin qui realizzati con obiettivi sociali, di ricerca e innovazione, di formazione e comunicazione delle scienze.

A livello europeo, già a fine 2013 la Commissione Europea promuoveva un Libro verde per la Citizen Scienze, collocandola in un processo di “empowerment” sociale.

La citizen science in ambito ambientale 
In particolare, sta assumendo oggi un ruolo sempre più determinante la partecipazione attiva e volontaria dei cittadini nella ricerca e nello sviluppo di politiche ambientali a supporto dei decisori. I cittadini infatti esprimono crescente interesse e preoccupazione per l'impatto umano sull’ambiente che necessariamente comporta la perdita di biodiversità e il peggioramento della qualità della vita.

Attraverso la loro partecipazione attiva in campagne e progetti di “citizen science”, i cittadini arricchiscono dunque la conoscenza del territorio in cui abitano e stimolano le agenzie di controllo ambientale ad effettuare monitoraggi più estesi ed accurati. I dati prodotti, messi a disposizione della comunità attraverso internet, vanno poi ad arricchire la gamma dei cosiddetti “open data”.

Foto dal portale del progetto MIPP Monitoring of insects with public participation

Alcune esperienze in Italia : il coinvolgimento dei cittadini per acquisire informazioni utili alla ricerca scientifica

Nel campo del monitoraggio della qualità dell’aria, si ricordano i progetti Zero Ipa di PeaceLink e Green Tour di EuThink: il primo, lanciato nel 2010, prevede il monitoraggio degli idrocarburi policiclici aromatici da parte dei cittadini muniti di un analizzatore che non richiede analisi chimiche ma si basa su uno spettro di luce che analizza in tempo reale gli agenti inquinanti; il secondo prevede un sistema di raccolta, elaborazione, diffusione e georeferenziazione dei dati ambientali sulla qualità dell’aria. Recentemente abbiamo già raccontato l’esperienza di misurazione della torbidità atmosferica (foschia) da parte di cittadini milanesi.
Nel campo della biodiversità sono maggiori le esperienze che si possono trovare. Il programma LIFE+ della Commissione europea ha finanziato alcuni di questi progetti:
Il progetto ARVe (Atlante dei Ropaloceri del Veneto) consiste in un’indagine collettiva dedicata al riconoscimento delle farfalle diurne che vivono nel Veneto.

Un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna (Marine Science Group) studia le relazioni tra l’ambiente e le dinamiche dellabiodiversità nel Mediterraneo e nel Mar Rosso coinvolgendo in modo attivo e consapevole il pubblico nella raccolta dei dati.

Un’altra esperienza di ricerca diretta sul campo è quella prevista dal progetto internazionale La Scuola delle Formiche di cui è partner italiano il Dipartimento di Bioscienze dell’Università di Parma: lo scopo è quello di studiare la distribuzione delle varie specie di formiche che vivono in ambienti urbani.

La Lipu ha promosso il portale per aiutare le rondini che prevede la possibilità per chiunque di segnalare attraverso il sito Web la presenza di rondini ovunque si riesca a identificarne la presenza, dal giardino di casa al prato di campagna o sul tetto di un palazzo del centro storico.
L'Università del Salento-CoNISMa e la Ciesm (Mediterraean Science Commission) hanno promosso una ricerca scientifica aperta al pubblico che prevede l’avvistamento e la relativa segnalazione di meduse.

In questo contesto non si può non citare il progetto di cui è stata partner ARPAT Gionha (Governance and Integrated Observation of marine Natural Habitat) che prevedeva la possibilità di segnalare, tramite sito Web l’avvistamento ci cetacei.

(Fonte: Arpat)

mercoledì 21 ottobre 2015

Sostenibilità ambientale ed alimentare




Il tema della sostenibilità ambientale collegato alla produzione di cibo per l’umanità è dibattuto ampiamente da decenni, e la stampa internazionale non fa che riportare annualmente le stime della F.A.O. che avvertono di pericoli ormai incombenti relativi alla scarsità di risorse, quali la terra e l’acqua, nonché all’aumento dell’inquinamento globale, derivante dallo sfruttamento degli animali, per la produzione dei principali nutrienti, in particolare delle proteine. Tuttavia queste sono ricavabili, ed ancor più i sali minerali, le vitamine, e quant’altro necessario ad una sana e corretta alimentazione, dai vegetali. 


Tanto per fare alcuni esempi, mediamente la produzione di 1 kg. di carni (considerando un mix di manzo, pollo e suino), contenente circa 230 gr. di proteine, sufficienti al fabbisogno alimentare specifico per 4,6 persone (in media di 50 gr. pro-capite), richiede 6.700 litri di acqua, 152 m2 di terra, e genera 0,0063 kg. equivalenti di gas serra. La produzione di 1,2 kg. di vegetali (considerando un mix di cereali e legumi), contenenti un’identica quantità di proteine, oltre a molti altri nutrienti, richiede invece circa 1200 litri d’acqua, 6,7 m2 di terra, e genera 0,0025 kg. equivalenti di gas serra. In sintesi, la produzione di vegetali necessari al fabbisogno umano richiede, rispetto alle carni, solo il 18% dell’acqua, il 4,3% della terra, e genera circa il 60% in meno di gas serra!

Le terre coltivabili ancora disponibili (escluse quindi le foreste pluviali, necessarie al ricambio dell’atmosfera) sono oggi ridotte a meno di 4 Mio. di K2 (milioni di chilometri quadrati), rispetto ai 15 già coltivati. Continuando col sistema attuale, e considerando che entro il 2050 si prevede che la popolazione globale salirà dagli attuali 7 miliardi a circa 9, entro tale data saranno necessari altri 3,8 Km2 di terra. Parallelamente, a causa dell’effetto serra (che genera l’aumento della temperatura globale, lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento del livello del mare), la terra coltivabile perduta sarà pari a quasi 1 Mio. di Km2. Già nel 2030, pertanto, non vi sarà più terra coltivabile disponibile, se non distruggendo le foreste pluviali (o ciò che ne resta), con un degrado pressoché irreversibile dell’ecosistema. Per non parlare dell’inquinamento prodotto dai liquami degli allevamenti intensivi e del relativo disastro ambientale.

Numerosi studi confermano che la sola via d’uscita per poter garantire alle future generazioni la disponibilità di cibo, senza distruggere l’ecosistema e provocare catastrofi umanitarie per l’accaparramento delle risorse e la riduzione dell’inquinamento, è rappresentata dal ricorso ad alimenti di origine vegetale. Tale scelta potrebbe infatti risolvere il problema della fame nel mondo, obiettivo delle Nazioni Unite per il 2030, grazie a un rapporto energetico di produzione enormemente più favorevole, a una trasportabilità e stoccaggio decisamente meno complessi, ad una riduzione a livelli sostenibili dell’inquinamento, e pertanto ad un costo globale decisamente inferiore, rendendo possibile un’alimentazione più sana ed etica.

Tuttavia, i governi dei principali Paesi non pare siano disposti a emanare normative per invertire tale tendenza, e le relative popolazioni pare non desiderino tenere conto di tali aspetti al momento di effettuare le opportune scelte politiche. E’ pertanto indispensabile rendersi conto il prima possibile di tali realtà, prendendo familiarità con i dati pubblici oggi disponibili e le relative proiezioni negli anni futuri, al fine di poter effettuare quelle scelte individuali e sociali necessarie a realizzare tale cambiamento.

Il vegetarismo, pertanto, non è una dieta: è uno stile di vita, un approccio etico, filosofico, esistenziale, economico, al mondo degli altri animali e degli stessi umani. E’ parte imprescindibile dell’antispecismo, inteso quale atteggiamento che pone sul confine fittizio uomo/animale quello tra lecito e illecito. Non mangiare gli animali e i loro prodotti è la naturale conseguenza del rispetto loro dovuto. Significa rifiutare alla radice l’atteggiamento predatorio, violento, crudele e ingiusto che è inscindibile dal fatto di sfruttarli e di ucciderli. E’ quindi nostro intento, nel richiamarci alla fallacia di tali assunti, richiamare l’attenzione sul peso insopportabile che la parte più povera del mondo e l’ambiente si trovano a dover oggi fronteggiare. Chiunque abbia a cuore i principi di giustizia e di solidarietà, senza confini di classe, di razza, di specie, non può mostrarsi disinteressato né distratto.

Considerando gli innegabili benefici per la salute umana del vegetarismo, seppur secondi rispetto a quelli che tale scelta alimentare può produrre a livello mondiale per la pace e la sicurezza internazionale, e per il rispetto degli animali non umani, e tenendo conto degli scopi che le Nazioni Unite si sono dati, i quali contemplano in primis il raggiungimento ed il mantenimento della pace, della giustizia e del progresso sociale nel mondo, si invitano pertanto i responsabili del progetto ‘Carta di Milano’ a prendere in considerazione che gli obiettivi individuati in tale documento potranno essere raggiunti più velocemente, e con certezza, se la scelta del vegetarismo potrà essere privilegiata in ogni possibile occasione.


Massimo Terrile