martedì 27 ottobre 2015

Funghi e metalli pesanti - Ricerca di un nuovo strumento per la bioindicazione dei suoli



La capacità degli esseri viventi di scambiarsi vicendevolmente elementi e sostanze dà vita ad un ciclo ecologico che si svolgerà fino a quando l’energia del sole sarà disponibile, a condizione che non subentrino fattori di disturbo di intensità superiore alle capacità omeostatiche degli ecosistemi. Di recente nella storia della vita sulla Terra, l’uomo è intervenuto modificando i cicli naturali della materia manipolando artificialmente gli elementi chimici e disperdendo nell’ambiente sostanze sintetiche estranee alla vita (“xenobiotiche”), che sono entrate nel ciclo metabolico degli organismi. 

Da un’inchiesta condotta all’alba del terzo millennio dall’American Chemical Registry risulta che il mercato utilizza oltre quattordici milioni di sostanze chimiche diverse e che ogni settimana il loro numero aumenta di diecimila nuove unità. La grande maggioranza di queste sostanze chimiche è stata ed è ancora oggi rilasciata nell’ambiente interferendo con gli equilibri degli ecosistemi terrestri. Per lungo tempo si è ritenuto che il suolo avesse la capacità di trattenere le sostanze inquinanti tamponandone gli effetti evidenti entro poco tempo. Si è quindi prestata sempre più attenzione a quei comparti ambientali come l’aria o le risorse idriche superficiali dove, gli effetti dell’inquinamento antropico si ripercuotono sull’ambiente con maggiore immediatezza. La capacità del suolo di accumulare le sostanze inquinanti può effettivamente impedire l’immediata contaminazione di altri comparti ambientali, tuttavia può anche determinare un improvviso rilascio degli inquinanti una volta raggiunto il limite di ritenzione. La parete cellulare dei funghi nel suolo è a diretto contatto con l’ambiente esterno ed è in grado di assorbire ed accumulare cationi pesanti, che possono essere comunque accumulati anche all’interno della cellula. 

Queste caratteristiche, pur essendo generali, si presentano in maniera differenziata a seconda delle varie famiglie e specie fungine; infatti numerosi sono gli studi compiuti negli ultimi venticinque anni, particolarmente in Europa, sulla determinazione dei metalli pesanti nei funghi e i risultati ottenuti evidenziano comportamenti eterogenei tra specie e specie. Molti sono i metalli che, presenti in tracce sulla superficie terrestre, sono essenziali per la crescita e la riproduzione dei microrganismi. Diverse concentrazioni di metalli pesanti nel suolo influenzano la composizione della comunità fungina presente nella lettiera e nel suolo. Negli ultimi venti anni grazie ai lavori innovativi di una “equipe” italo-svizzera di studiosi che risponde ai nomi di L. Cocchi (AMB), O. Petrini (ICM-CH) e L. Vescovi (ENIA) è andato sempre più maturando il convincimento che i risultati di queste ricerche necessitino di un affinamento nella loro analisi per addivenire alla creazione di un termine di confronto che è stato “battezzato” con il nome di:

“fungo di riferimento” (“reference mushroom”).

La mole impressionante di dati prodotti da questi studiosi sono stati validati e pubblicati nel 2010 grazie al partenariato con due istituzioni pubbliche di cui una a livello nazionale (“Progetto Speciale Funghi” dell’ISPRA) e l’altra a livello europeo (JRC-ies). L’EUR-REPORT prodotto e la sua versione monografica (ISBN 978-92-79-16023-6) contengono in 2.500 pagine i seguenti dati:

Indicazione delle località di campionamento dei funghi e dei suoli.

I dati analitici (circa 300.000) riguardanti la totalità dei campioni di funghi (circa 10.000) e di suoli analizzati.

La statistica descrittiva per tutti i Generi e le specie analizzate.

Le mappe che illustrano la distribuzione delle concentrazioni degli elementi inorganici nei funghi.

Le mappe che illustrano la distribuzione delle concentrazioni degli elementi inorganici nei suoli.

Quando questa sorta di termometro (“fungo di riferimento”) della situazione chimica del complesso suolo-organismi viventi ad esso collegati, sarà messo a punto per ognuna delle principali specie fungine bioindicatrici, grazie all’ampiezza della composizione del campione di base, permetterà di far luce sulla funzionalità fisiologica che le concentrazioni degli elementi chimici nei funghi possono avere sulla bioindicazione, sulle valutazioni tassonomiche e, non meno importante, sulla stima dei metalli pesanti che vengono assunti tramite l’alimentazione, sia dall’uomo, sia dagli altri esseri viventi. 


Abbiamo già detto che dal punto di vista funzionale degli ecosistemi del suolo i complessi costituiti dalle emanazioni ifali delle micorrize mobilizzano minerali e molecole organiche a partire dalle proteine e proteggono l’apice dall’effetto tossico di inquinanti presenti nel suolo compresi i metalli pesanti in concentrazioni non micotossiche. Quest’ultimi dopo essere stati assorbiti, generalmente, inibiscono la crescita fungina e causano anche cambiamenti morfologici e fisiologici. La loro azione tossica sembra essere essenzialmente esercitata a carico degli enzimi. L’inibizione può dipendere dal fatto che vengono mascherati gruppi cataliticamente attivi dalla denaturazione di proteine, dalla modificazione della conformazione enzimatica o dall’attivazione di altri siti coinvolti nella formazione di complessi enzima-substrato, che entrano in competizione con quelli normalmente presenti. 

Queste azioni tossiche variano da specie a specie e dipendono dalla concentrazione dei metalli e dal tempo di esposizione. I funghi di riferimento costituiranno sicuramente in un prossimo futuro uno degli strumenti più validi per la valutazione della biodiversità del suolo e degli ecosistemi ad esso collegati.

Carmine Siniscalco (A.K.)

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