venerdì 4 dicembre 2015

Parigi, clima che cambia - Al COP 21 si parla anche dell'ISIS



Parigi - La giornata del 2 dicembre 2015  è stata in parte offuscata dalla questione Turchia – Russia - ISIS. Tralasciati per un po’ i problemi sul clima, molte persone, tra delegati e invitati al COP 21, hanno manifestato una certa inquietudine nell’apprendere che Erdogan farebbe il doppio gioco, da una parte dichiarando di combattere il terrorismo e dall’altra incoraggiandolo e arricchendosi con il petrolio rubato dai jihadisti alla Siria e all’Iraq. In questa situazione la figura di Barack Obama ne esce un po’ offuscata, infatti alcuni delegati soprattutto indiani e cinesi rimangono perplessi sull’atteggiamento del presidente USA in difesa ad oltranza del governo di Ankara, nonostante le evidenti prove fornite dai russi circa il commercio di petrolio siriano verso le raffinerie turche. Non solo, ma ritengono una pura provocazione quella della NATO, strumento come si sa degli USA, di far entrare nella sua organizzazione il piccolo Stato del Montenegro. Questo in sintesi quanto espresso ai nostri corrispondenti in merito a questi fatti da un delegato spagnolo al summit: - “si stanno concretizzando elementi molto pericolosi che potrebbero farci precipitare in una terza guerra mondiale”. Noi ci auguriamo che i timori del delegato spagnolo appartengano a pure ipotesi di fantapolitica e non a pericolose realtà, perché oltre alla minaccia di una catastrofe climatica, ci mancherebbe ora anche la minaccia di una catastrofe nucleare. Tuttavia dobbiamo anche noi di Accademia Kronos comprendere che ruolo ha la Turchia nella lotta al terrorismo, perché ancora non abbiamo, sia su Erdogan che sul suo governo, le idee molto chiare.

Ma questo cosa centra con i lavori sul clima di Parigi?

Centra molto invece, perché soprattutto Barack Obama, che all’inizio aveva dichiarato di essere un inquinatore pentito deciso a far redimere il suo Paese attraverso una regolamentazione delle emissioni di gas serra in atmosfera e, nel contempo, fare da guida a tutti gli altri Paesi per giungere ad una soluzione utile per il mondo, dopo il caso Turchia e la sua difesa ad oltranza a questo Stato, ha finito per perdere quel carisma che tutti gli avevano attribuito all’inizio. Sta di fatto che anche questa mattina invece di individuare soluzioni relative alla mitigazione climatica, si ascoltano le lamentele dei Paesi che più degli altri stanno subendo gli effetti dei cambiamenti climatici. In queste giuste lamentele primeggiano le nazioni dell’Oceania ed altri Paesi africani. Si assiste poi all’intransigenza degli indiani che non intendono rinunciare all’uso del carbone. Stessa cosa avviene con la Cina, che pur sensibile ai problemi climatici, pone un certo freno all’eventuale decisione di mettere al bando il carbone.

Insomma per colpa della Turchia e dell’ISIS lo slancio innovativo e risolutivo che la conferenza sul clima di Parigi aveva fatto sperare di avviare senza ostacoli, ora deve rallentare e superare non pochi problemi. Staremo a vedere…


Accademia Kronos


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