giovedì 31 dicembre 2015

Economia circolare, riciclaggio spinto, riuso delle materie prime e sviluppo lavorativo...

In discussione nel Parlamento europeo le proposte della Commissione europea per una transizione verso una economia circolare

265-15 - Economia circolare: come usare prodotti e materiali riciclati

Ogni cittadino europeo consuma circa quattordici tonnellate di materie prime e genera cinque tonnellate di rifiuti l'anno. In un mondo in cui le risorse stanno esaurendo, queste cifre appaiono allarmanti. Ma una soluzione c'è. I materiali possono essere riutilizzati, riparati o riciclati, riducendo così la quantità di rifiuti prodotti.

A differenza del tradizionale modello economico lineare basato sulla dinamica "prendi-produci-usa-getta", l'economia circolare è fondata sul riutilizzo, la riparazione, il ricondizionamento e il riciclaggio, in un circuito (quasi) chiuso nel quale i prodotti e i materiali in essi contenuti assumono grande valore. La transizione verso un'economia circolare risponde a una logica tanto ambientale quanto economica.

Potrebbe infatti allentare le pressioni sull'ambiente, con ricadute positive sugli ecosistemi, la biodiversità e la salute umana. Potrebbe altresì aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico, dato che l'UE importa attualmente, in equivalente materie prime, circa la metà delle risorse che consuma. Inoltre, le imprese avrebbero la possibilità di realizzare risparmi sulle spese per i materiali e si potrebbero creare 2 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030, secondo le stime della Commissione europea.

A questo proposito mercoledì il Parlamento europeo proprio in questi giorni sta discutendo la nuova proposta della Commissione europea per la creazione di un'economia circolare.

In un'economia circolare, il ciclo di vita dei prodotti è esteso grazie a:
  • Un eco-design che permette di riparare e riutilizzare i prodotti più facilmente;
  • Una maggiore durabilità;
  • Una migliore gestione dei rifiuti;
  • Un nuovo modello di business basato sul leasing e la condivisione (per esempio, una compagnia olandese affitta dei jeans per pochi Euro al mese e quando ci si è annoiati li si può restituire).
  • Riparare, invece di cambiare, gli elementi della casa che non funzionano più.
Nonostante ciò, in un sondaggio su Twitter realizzato dal Parlamento Europeo, due terzi dei partecipanti hanno affermato che preferiscono cambiare invece che aggiustare una parte rotta della propria abitazione.

I passaggio a un'economia più circolare presenta una serie di ostacoli e sfide. Richiede un'evoluzione strutturale del comportamento dei consumatori e dei modelli imprenditoriali. Mancano ancora strumenti chiave per la transizione, ad esempio mercati per le materie prime secondarie. Inoltre, gli Stati membri usano metodi molto diversi per trattare i rifiuti. Un cambiamento di questo tipo comporterebbe altresì una grande sfida in termini di governance multilivello.

Il JRC (Centro Comune di Ricerca per la scienza e la ricerca) che fornisce un supporto tecnico e scientifico indipendente alla Commissione, ad esempio, in un recente studio ha evidenziato l'importanza di una progettazione più attenta ed ecompatibile, che consenta non solo di risparmiare risorse, ma anche di rendere i prodotti più durevoli e più facili da riparare. Gli studi più recenti sulla progettazione del prodotto confermano infatti che molti materiali pregiati si perdono ogni anno soprattutto perché è difficile sostituire e/o recuperare le loro componenti, come accade per esempio per prodotti abbastanza costosi come telefonini e computer. Prevedere un più facile e sicuro smontaggio dei componenti, potrebbe rendere i prodotti più durevoli e più facili da riparare, ma anche favorire la fase di recupero e riciclo dei materiali.  

Il pacchetto di proposte della Commissione europea
La Commissione europea ha adottato il 2 dicembre un nuovo pacchetto di misure sull'economia circolare per aiutare le imprese e i consumatori europei a effettuare la transizione verso un'economia più circolare e forte, dove le risorse vengono utilizzate in modo più sostenibile. Attraverso un maggior ricorso al riciclaggio e al riutilizzo, le azioni proposte costituiscono "l'anello mancante" nel ciclo di vita dei prodotti, a beneficio sia dell’ambiente che dell’economia. Si trarrà così il massimo valore e il massimo uso da materie prime, prodotti e rifiuti, promuovendo risparmi di energia e riducendo le emissioni di gas a effetto serra. Le proposte della Commissione riguardano l’intero ciclo di vita: dalla produzione e il consumo fino alla gestione dei rifiuti e al mercato per le materie prime secondarie.

Un piano d’azione dell’UE per l’economia circolare
Le azioni chiave adottate o da realizzare nel corso del mandato dell'attuale Commissione includono:
  • finanziamenti per oltre 650 milioni di EUR provenienti da Orizzonte 2020 e per 5,5 miliardi di EUR dai fondi strutturali;
  • azioni per ridurre i rifiuti alimentari, compresa una metodologia comune di misurazione, una migliore indicazione della data di consumo, e strumenti per raggiungere l'obiettivo di sviluppo sostenibile globale di ridurre della metà i rifiuti alimentari entro il 2030;
  • lo sviluppo di norme di qualità per le materie prime secondarie al fine di aumentare la fiducia degli operatori nel mercato unico;
  • misure nell'ambito del piano di lavoro 2015-2017 sulla progettazione ecocompatibile per promuovere la riparabilità, longevità e riciclabilità dei prodotti, oltre che l'efficienza energetica;
  • la revisione del regolamento relativo ai concimi, per agevolare il riconoscimento dei concimi organici e di quelli ricavati dai rifiuti nel mercato unico e sostenere il ruolo dei bionutrienti;
  • una strategia per le materie plastiche nell'economia circolare, che affronta questioni legate a riciclabilità, biodegradabilità, presenza di sostanze pericolose nelle materie plastiche e, nell'ambito degli obiettivi di sviluppo sostenibile, l'obiettivo di ridurre in modo significativo i rifiuti marini;
  • una serie di azioni in materia di riutilizzo delle acque, tra cui una proposta legislativa sulle prescrizioni minime per il riutilizzo delle acque reflue. 
Revisione delle proposte legislative sui rifiuti
Le nuove proposte legislative sui rifiuti definiscono obiettivi chiari in materia di riduzione dei rifiuti e stabiliscono un percorso a lungo termine ambizioso e credibile per la loro gestione e riciclaggio. Al fine di garantire un’attuazione efficace, gli obiettivi di riduzione dei rifiuti delle nuove proposte sono accompagnati da misure concrete volte ad affrontare gli ostacoli pratici e le diverse situazioni nei vari Stati membri. Gli elementi chiave delle nuove proposte comprendono:
  • un obiettivo comune a livello di UE per il riciclaggio del 65% dei rifiuti urbani entro il 2030;
  • un obiettivo comune a livello di UE per il riciclaggio del 75% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030;
  • un obiettivo vincolante per ridurre al massimo al 10% il collocamento in discarica per tutti i rifiuti entro il 2030;
  • il divieto del collocamento in discarica dei rifiuti della raccolta differenziata;
  • la promozione di strumenti economici per scoraggiare il collocamento in discarica;
  • definizioni più semplici e adeguate nonché metodi armonizzati per il calcolo dei tassi di riciclaggio in tutta l’UE;
  • misure concrete per promuovere il riutilizzo e stimolare la simbiosi industriale trasformando i prodotti di scarto di un'industria in materie prime destinate ad un'altra;
  • incentivi economici affinché i produttori facciano giungere prodotti più ecologici sul mercato e un sostegno ai sistemi di recupero e riciclaggio (es. per imballaggi, batterie, apparecchiature elettriche ed elettroniche, veicoli).
(Fonte: Arpat)

mercoledì 30 dicembre 2015

L'inizio del nuovo anno con l' 1 gennaio è una convenzione sociale, per questo celebriamo la "Notte Senza Tempo"



...la sera del 29 u.s. siamo andati, Caterina ed io, a Ca' Lamari di Montecorone per dare il benvenuto a Sonia, proveniente dalle Marche, e per accordarci con Pietro sugli ultimi dettagli della Notte Senza Tempo. Lo abbiamo fatto attorno ad una tavola, con altri due ospiti trevigiani presenti, davanti ad un bel piatto caldo di riso integrale, topinambur stufati e verza cruda dell'orto, caciottina fresca, pane integrale fatto in casa e frutta di stagione. Non è mancata una bottiglietta di vino rosato di Treia, residuo della Fiera delle Eccellenze Bioregionali dell'8 dicembre. 

L'accordo per l'evento magico, tra la notte  del 31 dicembre 2015 e la mattina del 1 gennaio 2016,  è presto fatto. Noi dell'organizzazione saremo presenti dal tardo  pomeriggio, assieme a chi vorrà esserci,  alcuni volenterosi cucinieri prepareranno sulla stufa a legna una tegamata di lenticchie in umido ed una pentola di polenta gialla che servirà come base alimentare per la cena. Il resto lo porteranno, si spera, gli altri convitati. 

Durante la cena conviviale vi sarà uno scambio di esperienze di vita vissuta  tra i presenti e la compilazione dei pensierini di buon auspicio per l'anno nuovo. Verranno anche scritti su altri foglietti i "difetti" personali di cui vogliamo sbarazzarci nel 2016, piegati e tenuti in tasca durante la passeggiata notturna e poi, al ritorno, bruciati nel falò appositamente acceso nell'aia. 

La passeggiata notturna (partenza verso le 23 circa) si tiene in qualsiasi condizione atmosferica, forse è prevista neve, per cui è consigliabile indossare abiti caldi ed impermeabili e scarponi. Portare torce elettriche a dinamo. Il tragitto non sarà comunque molto lungo, da Ca' Lamari si arriverà fino al un ruscello che distingue il territorio di Montecorone, lì si terrà una piccola cerimonia di unione fra l'acqua interna e quella esterna. Non spaventatevi.... non è prevista l'abluzione ma il semplice tocco. 

Di ritorno  alla base la festa continua attorno al fuoco assieme ad una decina di suonatori veneti, arruolati da Davide: trombe, fisarmoniche, chitarre, tamburelli, etc. 

 Bene (o male), vi aspettiamo?  

Paolo, Caterina, Pietro... etc.  


Come Raggiungere Ca’ Lamari - In auto: Da Bologna o da Modena andare a Vignola e da qui prendere la strada provinciale per Zocca, passando da Guiglia. Dopo Guiglia proseguire verso Zocca e superata la frazione chiamata Rocca Malatina, dopo circa 1 chilometro la strada curva a destra ma prima della curva a sinistra si vedrà il cartello che indica Via Lamari, mentre a destra si vede la traversa chiamata Via Tintoria, dirigersi con l’auto in Via Tintoria e parcheggiare dove si può e poi prendere Via Lamari a piedi. La casa di Pietro è la seconda lungo la strada a circa 400 metri dal bivio.
Info. 333.6023090 - circolovegetariano@gmail.com


Attenzione: La manifestazione non è coperta da assicurazione infortunistica, chi partecipa lo fa a proprio rischio e pericolo!

Descrizione della Notte Senza Tempo: 

A CAVALLO TRA IL 2015 ED IL 2016: "LA NOTTE SENZA TEMPO..." ED IL RITO CONTINUA!
Dopo 30 anni che si ripete, il rito della Notte Senza Tempo è ancora fresco e nuovo, come si evince dal titolo, è appunto "senza tempo".
A cavallo tra il 2015 ed il 2016: "La notte senza tempo..." Ed Il rito continua!

A cavallo tra il 2015 ed il 2016: "La notte senza tempo..." Ed Il rito continua!

Ricordo, quando questa tradizione, lanciata dal Circolo vegetariano VV.TT., era ancora ai primordi, a quel tempo eravamo a Calcata, nella valle del Treja e sentivamo il bisogno di portare il messaggio dell'ecologia anche in forme ludiche, nelle ricorrenze festaiole ormai consolidate, com'è appunto il 31 dicembre.
Così pensammo di organizzare il capodanno alternativo, senza festoni né mortaretti, né brindisi, né cenoni, né luminarie... insomma una nottata all'insegna della riscoperta del nostro habitat e del tempo in cui ci si trova. E l'idea maturò in una esplorazione notturna del territorio, in qualsiasi condizione atmosferica, con la pioggia, la neve, il vento, il ghiaccio che scricchiola sotto i piedi, oppure con la luna piena, con il tepore di un focherello acceso nella notte, con le lacrime e la gioia per aver compreso il messaggio: "Siamo vivi, siamo presenti!"
Montecorone Casa di Pietro Rossi
Ma la Notte senza Tempo è anche uno scherzo, un imbroglio, un modo per attirare quelli che si fermano al guado, ma che vengono abbacinati dal messaggio di una nuova dimensione magica, aldilà della realtà virtuale e della società dei consumi. L'uomo ha bisogno ancora di magia di poesia di trasgressione. Ma non la trasgressione delle pasticche strizza cervelli o del sesso sbrigativo fatto al cesso, non la magia del mago Otelma e delle figurine new age, non lo scaricamento isterico della tensione e la finta condivisione di facebook, non lo stappamento di bottiglie di champagne ammuffite dalla consuetudine...
Ci vuole una vera magia, una vera trasgressione, una vera presenza, la presenza nella natura che ci è madre, che tutti ci accomuna, la consapevolezza di essere vivi.
Montecorone collettivo ecologista 2015 Fuoco
Così anche quest'anno lo scherzo si ripete.
Stavolta saremo a Ca Lamari di Montecorone, un luogo fra cielo e terra, che alcuni dei nostri amici ecologisti già conoscono perché vi abbiamo organizzato la celebrazione del Solstizio Estivo, e cosa c'è di meglio di trascorrervi anche i giorni del solstizio invernale?
La casa in pietra di Pietro ci accoglierà la sera del 31 dicembre 2015 per condividere il cibo vegetariano da ognuno portato, non mancherà una polenta calda cotta sulla stufa a legna e nemmeno le lenticchie tradizionali con un bicchiere di vino rosso.
Poi giù nella valle, a godere la frescura e poi davanti al fuoco per compiere il rito finale, quello dei buoni propositi per il 2016.


martedì 29 dicembre 2015

Bioregionalismo come metodo descrittivo degli ecosistemi (o aree geografiche)

L’uso del termine ecoregione o bioregione è conseguenza del rinnovato interesse negli ecosistemi e nel loro funzionamento e, in particolare, di numerose ricerche relative alla scala spaziale nello studio della gestione dei paesaggi. È ormai ampiamente riconosciuto che sistemi interconnessi si combinano per formare un insieme che è “più grande della somma delle parti”. Molti sono i tentativi in atto per gestire gli ecosistemi in modo integrato per ottenere paesaggi “multifunzionali”, e vari gruppi di interesse, dai ricercatori agronomi agli ambientalisti, stanno iniziando ad usare l’ecoregione o bioregione come unità territoriale di analisi e pianificazione.
I bioregionalisti credono che le strutture politiche devono corrispondere a insiemi - pattern – naturali e che si debba ri-abitare il territorio usando il concetto di bioregione. L’individuazione di una bioregione considera clima, suoli, drenaggio delle acque, vegetazione, risorse minerali, così come le culture e le società espresse sul territorio.

La visione bioregionalista è ecocentrica, riconosce che l’equilibrio ecologico esige una profonda trasformazione nella percezione rispetto al nostro ruolo nell’ecosistema planetario. Questa consapevolezza, che oggi sembra rappresentare una novità culturale, ha in realtà le sue radici negli antichi saperi popolari e nelle grandi tradizioni spirituali occidentali e orientali. Questa visione propone un modo più appropriato di ri-abitare la terra, non soltanto definito da leggi e regolamenti, ma attraverso la relazione diretta dei singoli e delle comunità con il luogo in cui vivono. Un luogo del quale si sono scoperti i contorni, i significati culturali, gli scambi sociali e che si intende utilizzare con attività sostenibili. Il processo di conservazione di una bioregione privilegia una visione di biodiversità. La visione identifica le aree prioritarie, il passo successivo consiste nell’individuare modalità e costi effettivi di strategie di progettazione del territorio che possano coniugare i bisogni ecologici dell’habitat naturale e le umane necessità, cercando di minimizzare i conflitti che possono sorgere e massimizzando i benefici per la popolazione residente.

Dal punto di vista fisico e ambientale, l’ecoregione è definita come una area estesa di terra o acqua che contiene un insieme geograficamente distinto di comunità naturali che condividono condizioni ambientali simili e la maggioranza delle loro specie e delle dinamiche ecologiche, ed interagiscono ecologicamente con modalità che sono fondamentali per una loro sopravvivenza a lungo termine. Una bioregione può essere un bacino fluviale o un rilievo montuoso. Sulla base di questo nuovo approccio, biologi e ricercatori hanno proceduto ad una mappatura del pianeta utilizzando due fattori caratterizzanti le bioregioni , l’Indice di Diversità Biologica (BDI Biological Distinctiveness Index) e l’Indice dello Stato di Conservazione (CDI Conservation Status Index). Il Conservation Science Program ha diviso la terra in 8 grandi ecozone e individuato più di 800 ecoregioni terrestri intorno al globo e un primo gruppo di oltre 400 ecoregioni acquatiche. Il WWF ha messo a punto una analoga struttura globale di 300 ecoregioni costiere e marine in collaborazione con The Nature Conservancy.

Le ecozone sono grandi aree del pianeta che posseggono condizioni peculiari di interazione tra fattori climatici, morfodinamici, processi di formazione del suolo, condizioni vitali per piante e animali e potenzialità produttive per l’agricoltura e la forestazione. Queste aree, di conseguenza, si distinguono per climi differenti, conformazioni geofisiche, tipi di suolo, formazioni vegetali, biomi e tecniche di uso del suolo. Nella gerarchia dei sistemi delle zone naturali, la cui unità base è l’ecotopo, il termine ecozona rappresenta la classe più grande. Alcune ecozone sono state suddivise in sub regioni relativamente indipendenti o ecoregioni.

Le aree con una maggiore concentrazione di indici di diversità e conservazione sono state definite prioritarie e sono state chiamate Global 200, individuandole come regioni terrestri e marine biologicamente più ricche e diversificate. Questo processo di mappatura rappresenta la prima analisi comparativa della biodiversità dell'intero pianeta sulla base della distribuzione deiMaggiori Tipi di Habitat (MHT Major Habitat Types), corrispondenti ad insiemi di animali, vegetali e microrganismi, i cosiddetti biomi. Le ecozone principali sono a loro volta suddivise in eco-province e eco-distretti. Le ecozone sono ben definite, mentre le bioregioni sono soggette a maggiori cambiamenti e controversie. I confini di una bioregione sono spesso il risultato di una fase formativa - tettonica a zolle - che ha isolato biologicamente una zona per un lungo periodo, determinando lo sviluppo di fauna e flora specifiche.

Dal punto di vista politico e culturale, la prospettiva bioregionalista si oppone ad una economia omologante e ad una cultura consumistica perché questa cultura ignora una dipendenza dal mondo naturale e considera il suolo e i suoi prodotti unicamente come merci scambiabili. Il concetto di bioregione propone l'esatto contrario, rimanere ancorati al proprio luogo, averne cura, difenderlo, rispettarne la diversità, conoscere e mantenere viva la sua storia, applicare i modi più appropriati di utilizzarne il suolo, ridefinendo cosa seminare, come costruire, quali tecnologie e fonti energetiche usare in un ottica localistica.

L’idea bioregionale è proattiva, propone modalità, percorsi e progetti concreti di interdipendenza sociale ed ecologica. Le comunità che abitano una bioregione si devono assicurare che i confini che delimitano le regioni politiche corrispondano a quelli che individuano le regioni ecologicamente definite, devono inoltre imparare a riconoscere le specificità ecologiche locali e a mantenerle vitali, privilegiare le filiere corte di produzione di cibo e manufatti, usare il più possibile materiali locali, privilegiare le colture autoctone, conservare porzioni di territorio e dei suoi habitat naturali, sufficientemente estesi da resistere a disturbi su vasta scala e cambiamenti sul lungo periodo.

(Fonte: http://paesaggimutanti.it/node/319)

lunedì 28 dicembre 2015

Intervista a Mario Pompei, Direttore Generale ARPA Marche


264-15 - ARPA Marche: quali prospettive
Mario Pompei, Direttore generale ARPAM


Mario Pompei,  Direttore generale di ARPA Marche. Laureato in Ingegneria Civile, presso l’Università di Ancona, lavora dapprima con due Aziende emiliane nel settore privato gestendo nel ruolo di Dirigente aziendale realizzazioni di grandi opere pubbliche e di infrastrutture di grande comunicazione. Nel ruolo di Dirigente pubblico gestisce la ricostruzione post-sisma Marche/Umbria del 1997 e nel 2004 passa definitivamente alla Regione Marche ricoprendo gli incarichi di Dirigente nei settori delle opere pubbliche, della prevenzione del rischio sismico, delle infrastrutture, dei trasporti, dell’energia e della difesa della costa. È nominato Direttore Generale di ARPA Marche nell’ottobre 2014, riconfermato, dalla nuova Giunta regionale, alla guida dell’Agenzia per il prossimo triennio.

marchio arpa marche


Quali sono i principali obiettivi che si prefigge di raggiungere durante il suo mandato di direttore generale di ARPA?
Devo innanzitutto evidenziare che, in realtà, ricopro questo incarico già a decorrere dal 1.10.2014, da quando mi è stato conferito dalla Regione Marche a seguito della cessazione del mio predecessore. In questa occasione, la riconferma delle funzioni affidatemi, che mi onoro di continuare a svolgere, rappresenta certamente una sfida impegnativa, sia per la prolungata dimensione temporale dell’incarico, che giustamente costringe ad una visione più lungimirante e progettuale delle azioni da concretizzare, sia per la particolare congiuntura nel cui contesto ci si trova ad operare.

L’anno trascorso è stato senz’altro un anno difficile per la situazione di crisi socio-economica che ha continuato ad investire molti paesi, tra cui l’Italia, e che ha naturalmente pesato anche sulle scelte di gestione di ARPAM e sull’organizzazione delle attività e del lavoro. Nonostante ciò l’ARPAM è riuscita ad ottenere risultati d’eccellenza resi possibili sia per la professionalità e l’impegno del personale e dei dirigenti dell’Agenzia, sia per la proficua e costante collaborazione con la Regione Marche, le Provincie, i Comuni, con le varie articolazioni organizzative del Sistema Sanitario Regionale, con le Forze di Polizia ed il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

Vedo quindi il futuro che ci attende come un periodo carico di impegni e sollecitazioni da affrontare e risolvere con la collaborazione di cittadini, comunità locali, associazioni di categoria e rappresentanze delle imprese e con l’ampliamento della sinergia con la Regione Marche e gli altri enti pubblici.
In questa fase congiunturale, in cui il Paese e in particolare la nostra comunità chiedono fortemente di razionalizzare e ottimizzare la spesa, occorre rafforzare l’impegno per la riduzione dei costi continuando a garantire eccellenza nei risultati e innovazioni organizzative.


operatori arpa marche

Nella consapevolezza che l’obiettivo generale dell’Agenzia è favorire la sostenibilità delle attività umane che influiscono sull’ambiente, sulla salute, sul territorio, sia attraverso i controlli previsti dalle norme, sia attraverso progetti, attività di prevenzione e di comunicazione ambientale, intendo quindi far sì che, in seno al mio rinnovato mandato, si persegua sempre più, tra gli altri, la crescente partecipazione alla progettazione europea, attraverso la quale instaurare una efficace partnership con enti e istituzioni di altri paesi, nell’ottica dell’ampliamento della nostra azione, del miglioramento delle competenze e delle prestazioni, e dell’attrazione di nuove risorse finanziarie.
Nella convinzione profonda che ogni azione di cambiamento e miglioramento non possa che prendere avvio “dall’interno”, un obiettivo che intendo raggiungere al più presto è la conclusione del processo - già iniziato nei mesi scorsi - di revisione del modello organizzativo dell’Agenzia, che viene in questa fase ripensato per rendere più funzionale la struttura adeguandola alla domanda sempre più puntuale e complessa espressa dagli assetti istituzionali da una parte e dalla società civile dall’altra. Il nuovo modello organizzativo, che intendiamo sviluppare attorno all’accorpamento e centralizzazione dei compiti per una massimizzazione della interdisciplinarietà del lavoro, e alla valorizzazione delle specializzazioni esistenti e consolidate nelle diverse realtà territoriali, si propone di rispondere più adeguatamente alla necessità di garantire uniformità di comportamenti e di metodologie operative su tutto il territorio regionale e di evitare duplicazioni di prestazioni specialistiche tra le diverse realtà territoriali dell’Agenzia, ponendosi quale strumento di cambiamento con auspicati effetti positivi sull’efficienza, sull’efficacia e sulla qualità dell’attività di prevenzione e tutela ambientale.
Sarà certamente questo un punto non di arrivo ma di partenza per costruire, assieme a tutte le forze interessate, un nuovo “senso” e una nuova capacità di incidere sul benessere della comunità.

Autorevolezza e terzietà sono le due facce della stessa medaglia per un agenzia di tipo tecnico-scientifico. Come pensa di affermare questi caratteri fondanti di un’ARPA?

Il ruolo ambientale dell’Agenzia, ed in particolare la funzione di tutela che i cittadini e la società tutta affidano e si aspettano da noi, si esplica anche attraverso la collaborazione con gli Enti Locali, con la Sanità, con le Università e con le Forze di Polizia. E’ pertanto fondamentale operare costantemente con la massima serietà, puntualità, accuratezza e professionalità affinché l’Agenzia possa continuare a rappresentare, nei confronti sia dei singoli che degli organismi istituzionali o associativi, un punto di riferimento affidabile, autorevole e imparziale.

In questo senso, e dato il rilievo che la garanzia della qualità dei dati ha per le conseguenze che i risultati possono avere nello sviluppo delle attività produttive e nella tutela dell’ambiente, ARPAM prosegue con convinzione nel percorso di applicazione del Sistema di Gestione della Qualità (avviato già nell’anno 2000) con accreditamento Accredia di tipo “multisito”, ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2005, presso tutte e quattro le sedi laboratoristiche; i Dipartimenti Provinciali di Macerata ed Ascoli Piceno mantengono, inoltre, l’autorizzazione del Ministero Politiche Agricole (MIPAF) per effettuare i controlli ufficiali dei prodotti oleici e vitivinicoli destinati all'esportazione, ai sensi del Reg. CEE 2676/90 e s.m.i.
In linea con i piani di attività e di miglioramento e la Politica per la Qualità, intendiamo inoltre perseguire, attraverso interventi di formazione-addestramento dei neoassunti ed aggiornamento continuo del personale, il consolidamento delle competenze gestionali-organizzative, tecnico-professionali, specifiche e specialistiche, accrescendo consapevolezza del lavoro in team, di adattamento alle innovazioni, di proattività verso le molteplici sollecitazioni che continuamente occorre cogliere e affrontare.
Non si può, infine, prescindere da una costante attenzione ai sistemi di informazione, comunicazione e trasparenza, strumenti strategici senza i quali i principi della legalità, dell’etica e della prevenzione della corruzione non potrebbero trovare concretizzazione.

Il bilancio di una Azienda USL di medie dimensioni (ad esempio quella di Pisa) è circa equivalente alla somma complessiva dei contributi pubblici di cui usufruiscono le agenzie provinciali e regionali per l’ambiente. Cosa indica questo dato oggettivo?

Come già affermato dai colleghi intervistati in precedenza, vi è forse ancora in Italia un problema di “identità” delle Agenzie ambientali che continua ad influenzare molteplici aspetti dello scenario nel quale le Agenzie stesse si trovano a muoversi.

operatore arpa marche

A trent’anni dall’istituzione del Ministero dell’Ambiente e ad oltre venti dal referendum del 1993, mentre l’attenzione per l’ambiente cresce sempre più a livello europeo e da parte della società civile, è lo stesso bagaglio legislativo italiano a non aver ancora pienamente colto il ruolo e le potenzialità che le Agenzie potrebbero esprimere in un campo così sensibile.

La stessa modalità con cui è posta la domanda, per esempio, sottende quanto ancora sia viva una certa sovrapposizione delle attività ambientali con quelle sanitarie, con la inevitabile conseguente creazione di confusione sulle competenze specifiche di ciascun ambito.

La questione ambientale, oggi sempre più in cima alla lista delle priorità non solo nell’ambito scientifico ma con grande evidenza anche in quello socio-culturale, deve certamente trovare una collocazione appropriata ed in linea con i bisogni della collettività anche nelle decisioni del legislatore e, più in generale, nelle politiche per una governance di lungo periodo.

A questo proposito, forse questa Legislatura potrebbe essere quella in cui davvero va in porto la riforma delle agenzie ambientali. Cosa pensa del testo licenziato all’unanimità dalla Camera dei Deputati?
Come ogni riforma, al di là delle luci ed ombre che inevitabilmente potrebbe essere possibile cogliervi, il testo proposto rappresenta un sicuro passo in avanti nella direzione di cui si è parlato.
In primo luogo perché, con l’istituzione di un vero e proprio sistema nazionale a rete, sarà finalmente possibile giungere all’armonizzazione ed omogeneizzazione dei compiti, attività, prassi e finanche tariffe delle prestazioni sull’intero territorio nazionale, così da rafforzare, pur nelle specificità regionali che saranno salvaguardate, quel senso di identità che oggi sembra ancora mancare. Allo stesso modo, il consolidamento delle funzioni di indirizzo e coordinamento di ISPRA e l’istituzione dei livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (LEPTA) assumono in seno a questa riforma un ruolo essenziale nel disegno di modernizzazione delle Agenzie che, anche grazie alla “messa a sistema” dei dati e delle informazioni detenute, potranno realmente divenire – come previsto nel nuovo testo – il punto di riferimento “ufficiale” per la Pubblica Amministrazione e, per estensione, per tutti gli stakeholders coinvolti.
E’ pur vero, di contro, che la nuova “vision” del sistema agenziale mutuata dalla riforma si scontra, ancora una volta, con il problema delle risorse, laddove viene espressamente previsto che tutto si debba attuare a “risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

Con il testo approvato alla Camera, dunque, il sentiero tracciato è ancora una volta una sfida; molto, anche dopo l’approvazione definitiva, resterà da fare: i LEPTA dovranno essere concretamente definiti, il coordinamento e l’omogeneizzazione attuati, individuate e salvaguardate le peculiarità territoriali, quanto più possibile ottimizzato l’uso delle risorse, e così via.

Per questo confidiamo che l’iter di approvazione definitiva della riforma non subisca lunghe battute d’arresto, mentre occorre da subito prepararsi e lavorare in modo da consentirne la realizzazione soprattutto nell’ottica di una risposta concreta alla domanda di governo efficace della questione ambientale a cui i cittadini e le imprese sono sempre più sensibili e attenti.

 laboratori arpa marche

Da questo punto di vista, la riforma delle agenzie ambientali prevede l’istituzione del Sistema nazionale delle agenzie ambientali, ma finora quanto hanno fatto “sistema” le ARPA?
Se, come detto, la proposta di riforma ha come sua “punta di diamante” l’istituzione di un Sistema nazionale delle agenzie ambientali che possa assicurare su tutto il territorio nazionale una definita, efficace, diffusa e omogenea azione di prevenzione, controllo e monitoraggio dell’inquinamento ambientale e fornire un’azione di supporto tecnico alla pubblica amministrazione, ciò non significa che non vi siano state in passato, e ancora vi siano, importanti occasioni di confronto tra le Agenzie, quali – tra le più significative – quella rappresentata dal Consiglio Federale del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), riunitosi proprio recentemente nella prestigiosa sede espositiva di “Ecomondo”, presieduto dal Presidente dell'ISPRA e composto dal Direttore Generale e dai legali rappresentanti delle ARPA-APPA, con funzioni consultive che riguardano, tra le altre, l'assegnazione dei finanziamenti e l'utilizzo delle risorse, le metodologie tecnico operative per l'esercizio delle attività delle Arpa-Appa, ed il compito di coordinamento dell'Istituto nei loro confronti.

Non mancano poi quelle già ricordate nelle precedenti interviste ai colleghi Direttori di altre Agenzie (Centri Tematici Nazionali, Tavoli Tecnici Interagenziali, fino al Comitato Tecnico Permanente e così via), in un percorso di condivisione di conoscenze, esperienze e proposte in cui organismi come ISPRA e Assoarpa hanno svolto un eccellente ruolo propulsivo e di coordinamento.

Tutto questo, però, non è che un punto di partenza; è vero che, come già in più occasioni rilevato, il contesto di riferimento è ancora in molti casi disomogeneo e l’organizzazione delle attività costruita su parametri che non nascondono evidenti, seppur comprensibili, difformità.

E’ dunque in questo senso che la legge di riforma ci si augura possa intervenire, anche pesantemente, nel senso di una crescita “co-operata” del sistema agenziale che sinora non è purtroppo stata omogenea su tutto il territorio nazionale.

Nel frattempo, occorre certamente che le Agenzie “non abbassino la guardia”, continuando a facilitare la messa in comune di esperienze e conoscenze significative, a lavorare nell’ottica di modelli operativi condivisi, a progettare percorsi e forme organizzative che consentano di superare, ove siano individuate, le frammentazioni attualmente esistenti.

 sito Web ARPA marche

L’informazione ambientale dovrebbe essere uno dei tratti distintivi dell’attività di un’ARPA, come pensa di operare in tal senso?
In un recente intervento, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, egli ha avuto modo di affermare che “Comunicare bene è un dovere delle Istituzioni. Migliorare le conoscenze e le professionalità in questo campo ha un valore strategico, perché una efficace comunicazione pubblica può ridurre i costi sociali, attivare la partecipazione dei cittadini, accorciare le distanze che creano disparità nella fruizione dei servizi”.

A questo proposito, è significativo ricordare che il Consiglio Federale ha proprio recentemente preso atto dei risultati di una rilevazione sulle attività di comunicazione del sistema agenziale prodotto da un apposito gruppo di lavoro, il cui report evidenzia quanto le esperienze positive in questo campo, in taluni casi anche molto importanti, non bastino da sole a garantire a tutto il Sistema Nazionale maggior visibilità ed efficacia comunicativa.

Una strada da percorrere, come suggerito dal report stesso, è senza dubbio quella del “fare squadra”, mettendo in comune le esperienze più avanzate e sviluppando un modello coordinato di comunicazione che ne possa accrescere l’adeguatezza ed il valore.

A mia volta, posso aggiungere che, se tutto questo è vero per l’universo della comunicazione istituzionale, è ancor più necessario per la comunicazione ambientale, che non deve tendere alla sola diffusione dei dati ambientali, ma ad interpretare il “comunicare bene” come la capacità di rendere in qualunque momento disponibili, tempestive e comprensibili le informazioni che detiene alla vasta e variegata platea dei propri interlocutori.

Trattare l’ambiente, infatti, significa sì affrontare un argomento scientifico, che richiede un linguaggio appropriato, ma allo stesso tempo saper tradurre quel linguaggio in parole chiare e immediatamente fruibili dal pubblico.

ARPA Marche, pur con le limitate risorse disponibili, ha già iniziato ad adeguare anche in questo senso i propri strumenti di comunicazione: sono storia recente, ad esempio, l’importante ristrutturazione del sito web istituzionale, il miglioramento della fruibilità delle proprie banche dati, l’ampliamento delle iniziative di educazione ambientale soprattutto a favore delle giovani generazioni.

Certo la strada da fare è lunga e impegnativa. Penso che, pur nella consapevolezza delle limitate dimensioni di questa Agenzia, occorre cogliere tutte le opportunità che la formazione del personale, lo scambio di esperienze fra Agenzie e l’uso delle sempre più efficaci tecnologie e piattaforme della comunicazione ci potranno offrire, nell’obiettivo di migliorare non soltanto la messa a disposizione dei contenuti informativi, ma soprattutto la relazione con le istituzioni, il sistema dei media, le imprese e i cittadini tutti.

ARPATnews 

domenica 27 dicembre 2015

Prove generali di disastro climatico prima della catastrofe finale



In questi giorni di fine dicembre 2015  stiamo assistendo ad una serie di eventi meteo che collegati tra di loro ci fanno capire cosa vuol dire catastrofe climatica planetaria. Non era mai capitato, da quando l’uomo ha iniziato a fare le osservazioni meteorologiche in maniera scientifica, che  un inverno cosi caldo interessasse quasi tutto l’emisfero nord della Terra. 

Anomalie climatiche  hanno sempre caratterizzato le stagioni nel passato, ma si trattava di fenomeni che potevano interessare una regione del pianeta, al massimo un continente, ma qui ci troviamo dal nord America orientale, passando per l’Europa e proseguendo per la Russia e poi fino alla Cina con temperature superiori alle medie stagionali da 4 a 12 gradi celsius. A New York venerdì scorso alle ore 14 si registravano 22 gradi, in Florida addirittura 31°C. In tutta Europa temperature dai 3 ai 9 gradi celsius in più. In Russia nel dipartimento di Mosca alcuni alberi sono in fiore 4 mesi prima del dovuto. In Italia poi la situazione è drammatica dove non c’è neve e dove i grandi fiumi come il Po sono in una magra da record. 

Qui da noi, intendendo il bacino del Mediterraneo, una diabolica alta pressione africana sta insistendo da un mese a tenerci prigionieri, facendo da muraglia a tutte le perturbazioni umide atlantiche che invece di scaricare le piogge su tutto il continente europeo, stanno aggredendo l’Inghilterra come mai era accaduto nel passato. 

Questa nazione dall’inizio di dicembre ha subito 3 violenti fenomeni meteo con rilevanti nubifragi soprattutto concentrati nel Galles e addirittura un Uragano. In Italia l’assenza di venti, oltre che di piogge, ha reso le nostre città “irrespirabili” da Frosinone a Roma fino a Verona, Milano, Bergamo e Torino, ecc. Per fortuna qui in Italia non stiamo nelle condizioni di Pechino né di New Delhi dove lo smog che le avvolge da circa un mese produce centinaia di morti al giorno, tuttavia questa situazione per chi vive nelle nostre grandi città del centro nord accentua patologie cardio respiratorie in bambini e in anziani. 

Questa anomalia globale è attribuita al El Niño:  più è forte El Niño più fenomeni estremi su scala globale si possono verificare. Sappiamo che El Niño si manifesta quando le acque superficiali dell’Oceano Pacifico orientale si riscaldano troppo. Ma questo anomalo riscaldamento delle acque del mare non è forse il risultato del riscaldamento globale del pianeta? E allora tutto è collegato, più gas serra in atmosfera, più calore resta imprigionato sul nostro pianeta, di conseguenza la macchina del clima impazzisce e fenomeni come questo che stiamo vivendo in questi giorni rappresentano il logico risultato.

Cosa potrà capitarci ancora? Quando l’alta pressione africana finalmente ci abbandonerà, arriveranno quelle che impropriamente i colleghi giornalisti chiamano “bombe d’acqua” e poi uragani, allagamenti e frane. Sono molti gli scienziati che danno ormai per scontato che quello che stiamo vivendo come clima anomalo in questi giorni nei prossimi anni sarà la regola.

Non serve più piangere sul latte versato, lo abbiamo fatto per circa 12 giorni a Parigi in occasione della COP21, serve ora prepararci all’inevitabile mettendo in atto piani di emergenza nelle città, nelle periferie, nelle nostre case. Nessuno ormai si illuda che torneranno le condizioni climatiche che  noi più anziani e i nostri genitori ricordavano: stagioni che con regolarità scandivano il passare del tempo e davano alla vegetazione gli input per fiorire, gemmare e andare a riposo. Tutto questo ormai è il passato e il futuro è incerto…non sappiamo come la macchina del clima agirà anno dopo anno alimentata da un inarrestabile aumento di energia termica prodotta dalle nostre attività.

Quindi ci dobbiamo rassegnare agli eventi che ogni volta si presenteranno, una volta con siccità prolungate, altre volte con nubifragi infiniti, come sta capitando alla Gran Bretagna in questi giorni, altre volte con improvvisi uragani e tornado.   Ma oltre a questo dovremmo combattere contro i criminali dell’ambiente intenzionati ancora a perforare la crosta della Terra per cercare petrolio inquinante, a promuovere impianti che producono energia dalla biomassa, tagliando alberi per ridurli poi in pellet, sottrarre aree verdi alle ultime foreste pluviali del pianeta solo per offrire maggiori spazi ai bovini che poi finiranno negli hamburger, gettare cemento ovunque per inutili infrastrutture e per altri villaggi turistici, ecc. ecc. –

Se questa insensata aggressione al nostro ambiente naturale non si fermerà subito, allora  fenomeni come quest’inverno che ancora non c’è, ne dovremmo subire ancora e ancora e sempre peggiori. L’ultima spiaggia per l’umanità resta l’accordo sul clima di Parigi, siglato da quasi tutte le nazioni del pianeta. Purtroppo l’accordo è volontario, appeso alla coscienza dei governanti. 


Se tale coscienza non si dovesse risvegliare e invece restare nell’ambiguo, allora per l’umanità ci sarà poco da sperare per tornare ad avere clima e stagioni come ricordano i nostri vecchi.

 ELM  - Accademia Kronos

sabato 26 dicembre 2015

Neo-paganesimo, sciamanesimo e animismo nel filone bioregionale



La rivalutazione del neo-paganesimo, o delle religioni sciamaniche e magiche dei popoli nativi,  è una delle caratteristiche portanti del filone bioregionale. Spesso, qui al Circolo vegetariano di Treia,  durante le feste da noi organizzate, soprattutto quelle in concomitanza con i solstizi o gli equinozi o per la luna piena e nuova, alcuni adepti  “neo-pagani” vengono a condividere il nostro spirito  ed oltre alle cerimonie già da noi predisposte aggiungono  riti diversi  ed offerte alle divinità della natura e fate dei boschi. Io li lascio fare perché in fondo il riconoscere la sacralità della natura in tutte le sue forme è uno degli aspetti della spiritualità laica e dell’ecologia profonda.  
In effetti la spiritualità della natura è un aspetto riconosciuto anche nella fede cristiana, soprattutto nel misticismo (sia in quello primitivo che in quello francescano)  in cui prevale  la consuetudine di ritirarsi in grotte, boschi e deserti in stretta comunione con gli elementi naturali e con il mondo animale.  In questo modo viene riconosciuta la bellezza del creato e la grandezza del Creatore.  Aspetti pagani erano presenti persino nella religione ebraica, sia pur talvolta condannati come ad esempio l’adorazione della vacca sacra durante la traversata del Sinai,  oppure  riconosciuti e facenti parte della tradizione  come  avvenne presso la setta degli Esseni che vivevano in strettissima simbiosi con la natura e con  i suoi aspetti magici, avendo sviluppato anche la capacità di trarre il loro nutrimento dal deserto, un grande miracolo questo considerando  che erano persino vegetariani….
 Il rispetto e l’adorazione  della natura, definito dalla chiesa cattolica (un po’ dispregiativamente) “panteismo” è uno degli stimoli da sempre presenti nell’uomo,   tra l’altro questo sentimento panteista è  alla base dell’exursus evolutivo della specie. 
 Ciò  mi fa  ricordare di una storiella,  che amo spesso raccontare,     sull’origine della specie umana.  Ormai è certo che ci fu una “prima donna”, un’Eva primordiale. L’analisi   del patrimonio genetico femminile presente nelle ossa lo dimostra inequivocabilmente… Mi sono così immaginato una donna, la prima donna, che avendo raggiunto l’auto-consapevolezza (la caratteristica più evidente dell’intelligenza) ed avendo a disposizione solo “scimmie” (tali erano i maschi a quel tempo)  dovette compiere una opera di selezione certosina per decidere con chi accoppiarsi in modo da poter avere le migliori chance di trasmissione genetica di quell’aspetto evolutivo. E così avvenne conseguentemente  nelle generazioni successive ed è in questo modo che pian piano dalla cernita nell’accoppiamento sono   divenute rilevanti qualità come: la sensibilità verso l’habitat, l’empatia,  la pazienza,  la capacità di adattamento e di gentilezza del maschio verso la prole e la comunità, etc. etc.  Pregi che hanno  portato la specie  verso la condizione “intelligente” che conosciamo (o conosceremmo se nel frattempo non fosse subentrata una spinta involutiva).
 Purtroppo in questo momento storico, in seguito all’astrazione dal contesto vitale e alla manifestazione della spiritualità in senso religioso metafisico (proiettata ad un aldilà ed ad uno spirito separato dalla materia) molto di quel rispetto (e considerazione) verso la natura e l’ambiente e la comunità è andato scemando,  sino al punto che si predilige la virtualizzazione invece della sacralità vissuta nel quotidiano. Ed in questo buona parte della responsabilità è da addebitarsi ai credo monoteisti. Ma quello che era stato scacciato dalla porta ora rientra dalla finestra, infatti la scienza sta riscoprendo i miti, le leggende e le divinità della natura descrivendole in forma di “archetipi”.
 All’inizio della  civilizzazione umana, nel periodo paleolitico e neolitico matristico, la sacralità era incarnata massimamente in chiave femminea, poi con il riconoscimento della funzione maschile nella procreazione tale sacralità assunse forme miste  maschili e femminili, successivamente con i monoteismi patriarcali fu il maschile che divenne preponderante. Ora è tempo di riportare queste energie al loro giusto posto e su un totale piano paritario.  Anche se già in una antica civiltà, quella Vedica,  questa parità era stata indicata, come nel caso della denominazione(maschile) “Surya” che sta ad indicare l’identità del sole in quanto ente,  che  viene completato dall’aspetto femminile “Savitri”  che è la  capacità irradiativa dell’energia solare. E noi sappiamo che fra il fuoco e la  capacità di ardere sua propria non vi è alcuna differenza. 
 Paolo D’Arpini  


Canto pagano di chi viaggia verso il Sé.  
Ascoltatemi spiriti del Vento, essenze immortali  che abitate nelle pieghe nascoste  dell’aria, delle rocce, delle acque. Oso invocarvi e presentarmi dinanzi a voi per compiere il mio passaggio a cui mi preparo  nel cielo di una notte d’estate, investito dal caldo mormorio dei grilli, inumidito dalla rugiada che bagna il muschio, stremato nel desiderio di correre verso un destino che mi avvolgerà come un non visto mantello…..  da vincitore o da vinto io non so.  Vorrò però essere ricordato come un uomo che ha provato a parlare con voi e da ciò apprendere la poca o molta saggezza che si può richiedere  a un sorso d’acqua gelida,  al fuoco notturno degli amici, al pianto solitario di un bimbo che accende la pianura di suoni che non le appartengono, ma che grata accetta, come il passo silenzioso del viandante che la rende sacra con l’amore del suo andare.   (Simone Sutra)

venerdì 25 dicembre 2015

Il latte materno è "cattivo" secondo la famacologia industriale


Ormai siamo alla pura follia: una ricerca scientifica di qualche tempo fa del CDC (Center for Disease Control) ha stabilito che il latte materno impedisce ad un certo vaccino di funzionare al meglio nel corpo del neonato, e quindi… suggeriscono di evitare l’allattamento al seno.
Non stiamo scherzando. La ricerca si intitola “Inhibitory effect of breast milk on infectivity of live oral rotavirus vaccines” (Effetto inibitorio del latte materno sulla infettività del vaccino orale rotavirus vivo: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20442687
Una ricerca similare si domanda se il latte materno possa interferire con il vaccino rotavirus, mentre una terza conferma che la madre passi al bambino gli anticorpi per combattere il rotavirus tramite l’allattamento.
In altre parole, ci si lamenta che il latte materno impedisca di immunizzare il bambino, infettandolo intenzionalmente con il rotavirus, quando il bambino è già perfettamente in grado di distruggere il virus per conto suo.
La differenza, naturalmente, è che il latte materno non costa nulla, mentre il vaccino te lo vende la casa farmaceutica.
Non vi ricorda niente, questo strano meccanismo perverso? Pensateci bene…
Come si fa a quintuplicare in pochi anni il budget del Pentagono? Si toglie alla difesa aerea la capacità di intervenire, bloccando alcuni punti nevralgici della catena di comando. Poi si fanno “attaccare” gli Stati Uniti da una banda di dirottatori qualunque, causando una catastofe impressionante, che scatena nella gente una tale paura e indignazione da chiedere di rafforzare al massimo una difesa che era già perfettamente in grado di respingere qualunque terrorista al mondo.
Problema, reazione, soluzione.
Solo che in questo caso hanno esagerato, perchè nel mettere sotto accusa una cosa così universalmente valida, apprezzata e insostituibile come il latte materno, persino la più distratta della persone si accorge che c’è qualcosa che non quadra.
Ma loro se ne fottono, e ci provano lo stesso. Ed hanno ragione a farlo: finchè la gente non si ribella e li manda tutti a quel paese, loro hanno solo da guadagnarci. Al massimo non ci casca nessuno, ma si può sempre riprovare.
Massimo Mazzucco

giovedì 24 dicembre 2015

Bioregionalismo ed economia del possibile...- Argomento in discussione a Treia dal 23 al 25 aprile 2016



Dappertutto si va a caccia di alternative alla produzione industrial/mercantilistico/consumistica, visto che gli effetti sulle società e sulla natura si stanno dimostrando sempre più disastrosi. Il caos climatico, l’erosione della biodiversità, la scarsità di acqua potabile, la penetrazione dei pesticidi negli alimenti e il riscaldamento globale sono i sintomi più rivelatori. Questo modo di produzione è ancora dominante, ma non è indenne da serie critiche.

In compenso, appaiono dappertutto forme alternative di produzione ecologica, come l’agricoltura organica, cooperative di alimenti biologici, agricoltura familiare, eco-cittadine e altre affini. La visione di un’economia della sufficienza ossia del “ben vivere e convivere” dà spessore al bioregionalismo.

L’economia bioregionale si propone di soddisfare i bisogni umani (in contrasto con la soddisfazione dei desideri) e realizzare il ben vivere e convivere, rispettando le possibilità e i limiti di ogni eco-sistema locale.

Innanzitutto dobbiamo interrogarci sul senso della ricchezza e del suo uso. Invece di avere come obiettivo l’accumulazione materiale al di là di ciò che è necessario e decente, dobbiamo cercare un altro tipo di ricchezza, questa sì umana veramente, come il tempo per la famiglia e i figli, per gli amici, per sviluppare la creatività, per godersi incantati lo splendore della natura, per dedicarsi alla meditazione e al tempo libero. Il senso originario dell’economia non è l’accumulazione di capitale ma creazione e ri-creazione della vita. Essa è ordinata a soddisfare le nostre necessità materiali e a creare le condizioni per la realizzazione dei beni spirituali (non materiali) che non si trovano sul mercato, ma provengono dal cuore e da corretti rapporti con gli altri e con la natura, tipo la convivenza pacifica, il senso di giustizia, di solidarietà, di compassione, di amorizzazione e di cura per tutto quello che vive.

Mettendo a fuoco la produzione bioregionale, abbiamo minimizzato le distanze che i prodotti devono affrontare, abbiamo economizzato energia e diminuito l’inquinamento. Quel che occorre per i nostri bisogni può essere fornito da industrie di piccola scala e con tecnologie sociali facilmente assorbite dalla comunità. I rifiuti possono essere maneggiati o trasformati in bio-energia. Gli operai si sentono legati a ciò che la natura locale produce e siccome operano in piccole fabbriche, considerano il loro lavoro più significativo.

Qui risiede la singolarità dell’economia regionale, invece di adattare l’ambiente alle necessità umane, sono queste ultime che si adattano e si armonizzano con la natura e perciò assicurano l’equilibrio biologico. L’economia usa in grado minimo le risorse non rinnovabili e usa razionalmente le rinnovabili, dando alla Terra il tempo per il riposo e la rigenerazione. I cittadini si abituano a sentirsi parte della natura e suoi curatori.

Invece di creare posti di lavoro, si cerca di creare, come afferma la Carta della Terra, “modi sostenibili di vita” che siano produttivi e diano soddisfazione alle persone.

I computer e le moderne tecnologie di comunicazione permetteranno di lavorare in casa, come si faceva nell’era pre-industriale. La tecnologia serve non per aumentare la ricchezza, ma per liberarci e garantirci più tempo – come sempre enfatizza il leader nativo Ailton KrenaK – per la convivenza, per il riposo creativo, per il rilassamento, per la restaurazione della natura e per la celebrazione delle feste tribali.

L’economia bioregionale facilita l’abolizione della divisione del lavoro fondata sul sesso. Uomini e donne assumono insieme i lavori domestici e l’educazione dei figli e hanno cura della bellezza ambientale.

Questo rinnovamento economico favorisce anche un rinnovamento culturale. La cooperazione e la solidarietà diventano più realizzabili e le persone si abituano a un comportamento corretto tra di loro e con la natura perché è più evidente che questo fa parte dei suoi interessi come di quelli della comunità. La connessione con la Madre Terra e i suoi cicli suscita una coscienza di reciproca appartenenza e di un’etica della cura.

Il modello bioregionale, a partire dalla piccola città inglese Totnes è assunto oggi da circa 8.000 città, chiamate Transition Towns: passaggio verso il nuovo. Questi fatti generano speranza per il futuro.

Leonardo Boff, scrittore, ecólogo, columnist del JB on line.

Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato


(Fonte: https://leonardoboff.wordpress.com/2015/12/14/uneconomia-incentrata-sul-bioregionalismo/)


...........................


Do questi argomenti se ne parlerà durante la manifestazione prevista a Treia dal 23 al 25 aprile 2016 sul tema: "Lavoro alternativo bioregionale e sue attuazioni in campo agricolo, culturale ed alimentare" -
La manifestazione si svolgerà in collaborazione tra il Comitato Treia Comunità Ideale e le istituzioni locali e le associazioni sindacali (CGIL, etc.), nonché altre associazioni e cooperative, e si terrà a Treia (in luogo ancora da definire) unitamente ad alcuni laboratori sociali, agricoli ed economici, esperimenti di nuove attività ecologiche, una mostra sulla creatività ed operosità locale.
Nei giorni successivi (il 24 ed il 25 aprile 2016), in forma di "Festa dei Precursori" si svolgeranno vari dibattiti di approfondimento nella sede del Circolo vegetariano VV.TT. di Treia ed in altre sedi amiche.
Questa iniziativa primaverile vuole servire da stimolo per una rinascita culturale della nostra comunità. Soprattutto in considerazione che la crisi economica sta sgretolando le capacità produttive oggi è un imperativo improcrastinabile riportare in auge attività consone al mantenimento dell'esistenza e della civiltà, attraverso un’agricoltura bioregionale, una economia minuta ed una cultura socialmente solidale ed ecologica.

Paolo D'Arpini
bioregionalismo.treia@gmail.com


mercoledì 23 dicembre 2015

Le grandi aree urbane sono un cancro per l'ambiente



Più della metà della popolazione mondiale e tre quarti degli europei vivono in città che utilizzano sempre maggiori risorse.

La portata della domanda necessaria per sostenere la vita quotidiana e le attività urbane è molto significativa in tutto il mondo, ma gli impatti non si limitano ai consumi.

Le città richiedono il consumo di flussi considerevoli di risorse (energia, carburante, metallo, legno, acqua, cibo, materiali per edifici, infrastrutture, suolo, ecc.) il cui uso e consumo, durante e dopo l’utilizzo, produce effetti diretti sull'ambiente. I cosiddetti deflussi, che vanno dalle emissioni in atmosfera fino alla produzione di varie tipologie di rifiuti, impattano a loro volta sulla salute umana e sulla qualità dell'ambiente non solo cittadino, ma anche di più su quello extraurbano e naturale.

Eppure il consumo di risorse pro capite nelle aree urbane, secondo un certo metro,  è inferiore a quello nelle aree scarsamente popolate.

Per questo, dal punto di vista dell'attenzione all'uso efficiente delle risorse, diventa sempre più importante che la fase di progettazione delle città tenga conto di questo parametro non solo per i nuovi progetti e le nuove costruzioni, ma anche per l'adeguamento delle strutture esistenti.

Progettazione e non solo, perché la sostenibilità urbana richiede un allineamento di diverse e più visioni e strategie che trovino sintesi in sistemi di governance adeguati alle caratteristiche dei diversi luoghi (geografia, economia, clima, capitale naturale, capitale sociale, ecc.).

In questa ottica migliorare la sostenibilità urbana usando le risorse in modo più efficiente diventa e anche un mezzo per migliorare il benessere, preservare le specificità dei territori e migliorare la qualità di vita dei residenti.

Aumentare l'uso efficiente delle risorse, adottare metodi di produzione di maggior valore economico, salvaguardare il benessere dei cittadini, focalizzare l'attenzione sui consumi per eliminare gli sprechi non sarebbe solo utile all'ambiente e alla salute umana, ma favorirebbe la necessaria transizione verso l'economia circolare, obiettivo che occorre raggiungere al più presto per rendere il futuro possibile e migliore.

Uso efficiente delle risorse e città sostenibili sono priorità in una serie di iniziative e di misure politiche dell'UE, tra cui la strategia Europa 2020 e il 7° Programma d'azione per l'ambiente.


In questa ottica, i tre rapporti intendono contribuire al miglioramento delle conoscenze di base del settore e sostenere i decisori politici, in particolare nella gestione urbana locale e regionale.


(Fonte: Arpat)

martedì 22 dicembre 2015

Treia, 2, 3 e 6 gennaio 2016 - Rivive la Natività di Gesù con il Presepe Vivente



Ho già detto in altre occasioni  che la tradizione del Presepe è tipica nostrana. La celebrazione natalizia italiana infatti è radicata nella composizione del presepe o nella riproposizione dal vivo di scene della natività di Gesù (presepe vivente) la quale  consiste in una rappresentazione teatrale che ha lo scopo di ricordare, con l'impiego di figuranti umani ed animali, la nascita del Salvatore con  una scenografia che viene appositamente  costruita per ambientare la vicenda della natività.

Il primo presepe vivente della storia fu opera di San Francesco d'Assisi, nel borgo di Greccio, presso Rieti, nel 1223. Da allora, la consuetudine si diffuse nel resto d'Italia. Ed anche Treia, da diversi anni, mette in scena  la sua rappresentazione sacra.

"Il 2 - 3 e 6 gennaio, dalle ore 16.00 alle 19.30, potrete rivivere le belle sensazioni della rappresentazione del XXIV Presepe Vivente di Treia, ambientato nel centro storico, nel giardino di San Michele in via dei Mille. Caratterizzato da una grande cura per i particolari storici, l'evento coinvolge a oggi circa centocinquanta figuranti, con la partecipazione delle associazioni locali e di tutto il mondo del volontariato treiese, ognuno dei quali impegnati a interpretare altrettanti personaggi in costume per far rivivere agli avventori, lungo un percorso predefinito, frammenti di vita quotidiana della Palestina del primo secolo, compiendo quei gesti e quelle attività tipiche della quotidianità della vita dell'epoca in cui nacque Gesù. Ed è per chiunque una vera emozione, muovendosi lungo le vie e gli angoli di un'immaginaria cittadina rurale mediorientale, vederne riprodotti nel dettaglio diversi aspetti: dall’accampamento dei beduini e i cammelli alla tenda dei Magi, dalla tessitrice al cestaio, dal calzolaio al fabbro, dal mattonaio al cordaio. Inoltre polentari, contadini e pastori offriranno al pubblico i "loro" prodotti a coloro che desiderano gustarne i sapori. Gli antichi mestieri, così come le varie figure che contraddistinguono la rappresentazione sono tantissimi, e anche se tutti meritevoli di essere citati, elencarli integralmente sarebbe impresa ardua. C'è infine la Sacra Famiglia, quella tipica dell'iconografia cristiana, col bue e l'asinello a scaldare dal vivo la Madonna, San Giuseppe, i Re Magi e ovviamente il bambino Gesù, anch'egli in carne e ossa come il resto dei personaggi." 
(Pro Loco Treia)

A giudicare dalle immagini delle edizioni degli scorsi anni sembra che questo evento sia molto seguito e partecipato dalla popolazione treiese, questo ci rende felici poiché tutte le manifestazioni che vedono il favore popolare  diventano espressione della cultura popolare. 

Caterina ed io non abbiamo ancora avuto la fortuna di partecipare ad una edizione del Presepe Vivente, poiché impegnati in attività ecologiste in Emilia (http://www.terranuova.it/Blog/Riconoscersi-in-cio-che-e/A-cavallo-tra-il-2015-ed-il-2016-La-notte-senza-tempo-Ed-Il-rito-continua) ma siamo presenti a Treia con il nostro cuore ed auguriamo a tutti i nostri concittadini un felice 2016. 


Paolo D'Arpini e Caterina Regazzi