Ciao,
vi mando questo breve ricordo di quei momenti tragici, l'inizio della
fine. E anche una foto "montata" sulla rosa canina di casa, simbolo di
saggezza e pace (Marinella)
Guerra del Golfo 1991, uno spartiacque tragico che ci rese apolidi
La guerra
del Golfo o «Tempesta nel deserto» iniziata nella notte fra il 16 e il 17
gennaio 1991 contro l’Iraq fu un tragico spartiacque nella storia del
Medioriente ma anche nella vita di chi si scopriva cittadina/o di un paese che
andava a uccidere dal cielo un altro popolo, violando ogni norma etica. Maledetti
governi, maledetti parlamenti! Sotto Montecitorio in segno di protesta avevamo
passato giorni interi, e c’eravamo anche la notte fra il 16 e il 17 gennaio. Solo
quando per radio arrivò la notizia che l’indicibile era cominciato capimmo che
non c’era più nulla da sperare.
Ci eravamo illusi per mesi, malgrado i tamburi
di guerra risuonassero perfidi fin dall’agosto 1990.
Per sdegno
nei confronti di un’Italia guerrafondaia, forse in molti furono attraversati
dal pensiero dell’esilio: chiedere rifugio etico a un paese di pace, un paese
che si fosse opposto a quella guerra, la prima di una lunga serie di
aggressioni italiane dai nomi fantasiosi. Per mesi la piccola Cuba, membro di
turno in Consiglio di Sicurezza, disse no fino alla fine, sola, insieme allo
Yemen, disse no a mettere il mantello dell’Onu a una guerra statunitense. Perché
non farsi accogliere a Cuba? Perché ostinarci a cercare di uccidere la guerra
da qui, da una provincia dell’Impero diventata perfida, che di guerre ne
avrebbe poi fatte molte altre?
Scoprimmo
anche il malvagio potere della disinformazione di massa. Menzogne e omissioni.
La bugia fondatrice delle incubatrici kuwaitiane. L’occultamento totale dei
morti ammazzati iracheni, ignorati dai media che mandavano in onda fuochi
d’artificio verdognoli sui cieli di Baghdad. Ci fu dunque chi decise di darsi,
almeno in parte, al giornalismo. La disinformazione aiuta le guerre?
Informiamo, dunque, per la pace.
Tuttavia, allora
i pacifisti avevano una consolazione. A protestare erano in tanti. Una
minoranza, certo, ma non piccola. In tanti modi si resisteva. Inventammo la
Rete di informazione contro la guerra, che insieme alle radio popolari, al manifesto, ad avvenimenti, senza cellulari né internet né email né facebook
teneva in collegamento centinaia di focolai di pace, centinaia di forme di
protesta, per mesi e mesi in tutta Italia. Una buona parte di quelle iniziative
fu raccolta in un dossier, salvato dalla polvere di 25 anni.
A leggere nel
2016 di tante e varie e fantasiose proteste, pare impossibile.
Adesso,
infatti, ci si sente molto più soli. In particolare dal 2011…
Marinella Correggia
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