La mattina del 11 giugno 2016, Caterina ed io, siamo partiti da Spilamberto, per andare in un borghetto sito oltre Montese, a fare una gita "bioregionale" a Pietracolora, una
frazione di Gaggio Montano, sulle propaggini degli appennini bolognesi. Un villaggetto antico, andato distrutto durante l'ultima guerra per gli aspri combattimenti fra americani e tedeschi, e poi
completamente ricostruito in parte con le macerie ed in parte con vecchie pietre dei
precedenti insediamenti etruschi e romani e medioevali, e forse da qui il nome di
"Pietracolora".
Le case tutte nuove o rivestite da nuovi
intonaci facevano uno strano effetto su quell'altura che domina una
valle con in lontananza montagne completamente verdi e prive di
costruzioni in vista. Un contesto quasi "innaturale" (per i
tempi in cui viviamo), o forse semplicemente improbabile. In
particolare risaltava, nei pressi della chiesa, una torre molto
kich, costruita ex novo sul cucuzzolo del monte da tutti gli
abitanti, come segno di "rinascita".
Credo che l'opera passerà alla
storia per il suo aspetto estremamente naive e surreale. Purtroppo
non avevamo con noi la macchina fotografica e non possiamo quindi
mostrarvi nostre immagini (personali), quelle che vedete sono di repertorio. Veramente un paio di foto le ha fatte la
nostra ospite, Tiziana, ma chissà se e quando ce le farà avere.
Dopo il pranzo, consumato nella nuova/vecchia casa di tre piani dove
abita da sola Rossana, l'anziana madre di Tiziana, siamo andati assieme ad un amico del posto a visitare un altro luogo fantastico ed impensabile.
Proprio
su un'altra collina (900 metri sul livello del mare) dove abita un
vecchio contadino, che semina ancora l'orzo a mano, allevatore di tre
mucche con il cui latte produce un formaggello fresco e ricotta. Ci
ha accolti nella cucina, con la stufa a legna accesa (perché, ci ha
spiegato, lì sopra fanno la ricotta ed il formaggio) mentre la
moglie si dava da fare a servire in tavola caffè caldo e digestivi.
Io mi sono accontentato di mezzo bicchiere di ottima acqua di
sorgente, era fresca!
Paolo D'Arpini
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