Gli interventi dell’uomo nel tentativo di “aggiustare” la vita sul pianeta sono diventati talmente pesanti da mettere a rischio la stessa esistenza umana. Infatti il controllo sulle altre specie e sulla natura coinvolge anche l’uomo, che non è separato dal mondo animale e dalla natura.
Le regole della vita sono molto semplici, ogni specie sia vegetale che animale ha una interrelazione mutualistica con il suo habitat e con tutte le specie che lo condividono. Le piante hanno bisogno degli animali per la loro riproduzione e propagazione, gli erbivori sono controllati dai carnivori e così si mantiene un equilibrio fra ambiente e suoi abitanti.
Ma dove l’uomo è intervento immediatamente questo equilibrio è andato perso. Lo abbiamo visto con la desertificazione del Nord Africa e del Medio Oriente causata da un esagerato incremento dell’allevamento domestico e di transumanza. Questo più l’abitudine venatoria nei confronti di specie ritenute nocive o -al contrario- utili all’economia umana hanno trasformato talmente l’habitat da renderlo irriconoscibile… Tutto ciò in passato avveniva in modo quasi impercettibile, poiché gli avvenimenti sopra descritti si protraevano per lunghi periodi di tempo, secoli, se non millenni, ed era alquanto difficile per l’uomo riconoscerne gli effetti (legati al suo comportamento).
Ben diversa è la situazione attuale. Oggi l’intervento umano sull’ambiente ha una conseguenza presso che immediata e non si può far a meno di considerare le cause -come gli effetti strettamente interconnessi- delle mutazioni in corso. Dove l’uomo interviene la natura e la vita recedono.
Persino ove l’uomo cerca di rimediare ai mali del suo operato anche lì combina guai peggiori. Lo abbiamo visto ad esempio con la politica dei ripopolamenti artificiali di specie faunistiche scomparse in una data bioregione e recuperate in altri luoghi del pianeta per essere reimmesse ove estinte. Questa politica di “recupero” è invero deleteria. I danni causati all’habitat dall’introduzione di specie non autoctone sono enormi. Tant’è che di tanto in tanto, con la scusa del sovrappopolamento, ci si inventa partite di caccia per il contenimento di dette specie.
A dire il vero la mia impressione è che questa pseudo politica ambientale è solo funzionale ad interessi altri, che non sono quelli della natura. La natura, se lasciata a se stessa, trova sempre il modo di armonizzarsi, creando una altalena di presenze fra fonti alimentari, specie predate e specie predatorie ma dove interviene l’uomo appare il caos. Ma oggi sembra impossibile che la natura sia lasciata a se stessa, dovrebbe scomparire l’uomo.
La specie umana è aumentata numericamente a dismisura e non ha predatori, né grosse epidemie che secoli fa decimavano la popolazione, e cibare tutte queste persone, carnivori o vegetariani che siano, porta comunque ad un’alterazione dell’habitat naturale.
Inoltre gli animali sono sempre più visti come oggetti di abbellimento -se inseriti nei parchi- o d’uso alimentare o industriale -se allevati intensivamente.
Potete allora vedere che questo gioco delle parti danneggia tutti i cittadini e la natura stessa che è continuamente manipolata pro e contro questo e quello. Insomma un pretesto affaristico in una società che non considera l’animale diversamente da un plusvalore qualsiasi.
Il rapporto fra uomo natura e animali è andato nel corso di questo ultimo secolo deteriorando sino al punto che gli alberi e gli animali, un tempo simboli di vita, totem, archetipi e divinità, sono relegati nei parchi, nelle riserve o negli zoo o utilizzati come cavie o produttori di carne da macello, come fossero “oggetti” e non esseri viventi dotati di intelligenza, sensibilità e coscienza di sé.
Anche se etologi famosi, come ad esempio K. Lorenz e tanti altri, hanno raccontato le similitudini comportamentali e le affinità elettive che uniscono l’uomo agli animali, il metodo utilitaristico, che per altro si applica anche nella società umana verso i più deboli ed i reietti, ha preso il sopravvento.
Pare, ma non è detto, che al momento opportuno si risvegli nella coscienza umana la consapevolezza della comune appartenenza alla vita.
Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana
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RispondiEliminaOlivier Turquet ha scritto:
Caro Paolo, posso amichevolmente dissentire da questa visione "animalista"?
L'Essere Umano (l'espressione "l'uomo" è evidentemente offensiva della parte femminile del medesimo) non può essere equiparato alla sua "natura animale" per la sua specificità di essere intenzionale, dotato di libero arbitrio. Sembra infatti che le innegabili tendenze al possesso e all'aggressività di alcuni membri della specie (il famoso 1% citato da occupy) derivino proprio dalla parte più"animale" della sua struttura neuronale (cervello del coccodrillo). Così io direi che dovremmo dedicarci di più a denunciare quell1% piuttosto che l'umanità intera, la quale include una maggioranza di gente che nulla o poco fa per distruggere la propria casa.
Infine vorrei anche sottolineare che l'interpretazione dei supposti meccanismi della natura è, anch'essa, una assoluta interpretazione umana. In questo senso io trovo più interessanti le leggende che uniscono vari popoli e che parlano dell'Essere Umano custode e protettore della natura. Si tratta in ambedue casi di letture umane dell'incomprensibile "realtà": la seconda mi pare più interessante e utile per uscire dal casino in cui pochi primitivi esseri ci hanno messo; evitando così di colpevolizzare parecchi innocenti.
Un abbraccio di pace, forza e gioia
Olivier
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Mia rispostina:
Caro Olivier, il corpo massa è altrettanto responsabile come quell'1%... almeno finché resta ignorante della situazione di cui si rende complice, in seguito alle sue tendenze involutive.
A questo proposito ti segnalo un articolo che scrissi tempo fa sulla "teoria degli pseudopodi": http://paolodarpini.blogspot.it/2016/07/riflessione-sui-movimenti-positivi-e.html
Un abbraccio affettuoso, Paolo D'Arpini