lunedì 31 ottobre 2016

Salvaguardia della cultura bioregionale e dei patrimoni storici


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In questi tempi di complessità e di movimenti migratori c’è un prioritario impegno civile, che pure i processi di ricerca dovrebbero saper onorare: la salvaguardia dei “territori storici”. Questa è la condizione perché tutti (nativi e immigrati, turisti e imprenditori, cultori d’arte e promotori di tecnologie) ci rendiamo conto che – senza la scienza che renda fattibile e produttivo il continuativo e programmato controllo dei fattori ambientali – si ridurranno sempre più le condizioni della durabilità delle risorse d’arte e di storia.

A fronte di questa realtà, che investe contestualmente tutte le opere d’arte, Giovanni Urbani orientò l’ICR a collocare le prospettive della conservazione dell’arte ben al di là delle potenzialità del restauro. Il quale, come è noto (sempre e soltanto per un’opera per volta), può curare gli effetti e non le cause del degrado. Di conseguenza, Giovanni Urbani propose di privilegiare la programmazione dei processi necessari al riconoscimento e alla prevenzione delle cause che incrementano il continuo (e troppo lungo inavvertito) deterioramento della molteplicità delle opere d’arte che connotano la qualità culturale dei territori storici.

Ma quanti si stanno preoccupando di promuovere, diffondere e rendere efficace la “cultura specifica” proposta da Giovanni Urbani? Cultura specifica che i processi di ricerca (umanistica e scientifica) dovrebbero saper orientare pure alla ridefinizione dei compiti dell’urbanistica e, contestualmente, delle competenze e delle funzioni delle strutture della tutela. Strutture tra le quali Giovanni Urbani ne postulò una specificatamente qualificata per la salvaguardia e la cura della complessità delle risorse d’arte nei diversi ambienti di collocazione. In tale prospettiva, non sarebbe da incrementare la collaborazione tra Soprintendenze e Università e Istituti di ricerca? L’Istituto Mnemosyne per la salvaguardia del Patrimonio Storico sapientemente e meritoriamente promuove la diffusione della conoscenza su Giovanni Urbani.


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(Fonte: AK Informa - n. 44) 

domenica 30 ottobre 2016

I terremoti si possono prevedere anche a breve termine (se uno ci crede)


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Sono un fisico, ed avevo sempre pensato che i sismi fossero prevedibili solo statisticamente, attraverso la storiografia e le analisi di stabilità dei sottosuoli.
Quando ho visto le interviste a Giampaolo Giuliani sulle rilevazioni di emissioni del radon ho scoperto che non è così: si possono prevedere anche a breve termine.
GIuliani è stato oggetto di forti censure da parte del mondo scientifico universitario italiano, ma le evidenze sperimentali gli danno ragione, e il suo lavoro merita la massima attenzione da parte di tutti.


Disgraziatamente anche l'attività scientifica è, di fatto, un business, come tutto il resto.
Chi vuole far carriera e guadagnar denaro si adegua, e cerca di difendersi dagli innovatori come Giuliani.


Così va il mondo, tocca agli altri fare spazio alla ricerca della verità.

Purtroppo, anche la induzione artificiale di sismi è possibile.

Le tecniche del caso venivano studiate fin dai tempi della seconda guerra mondiale, ma dopo i brevetti di Bernard Eastlund e i documenti militari U$A come "Owning the weather as a force multipler" non ci sono più dubbi: la generazione elettromagnetica, se ben preparata, funziona.

Meriterebbe un pensiero la questione della riapertura del MUOS in Sicilia, che dispone di emissioni analoghe a quelle di Haarp.

Riguardo i terremoti, consiglio pure di seguire la pagina fb di Maria Rita D'Orsogna, ricercatrice dell'Università di California.

E non dimentichiamo anche la sismogenicità del fracking petrolifero, ben accertata da decenni, tecnica di estrazione completamente diversa da quella del fossile liquido, che induce la propagazione imprevedibile di fratture nel sottosuolo, fino all'esiti storicamente più volte accertato degli sciami sismici (Turkmenistan, Denver, Emilia, molti altri....).

Proprio per questo motivo in alcune nazioni il fracking è stato vietato o provvisoriamente sospeso, ma sono poche.

Vincenzo Zamboni

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sabato 29 ottobre 2016

Bioregionalismo - "Ritorno ad una vita semplice e modesta... questa sì che è vita!"





Qualcuno dei nostri lettori obietta: "Siete sempre lì a denunciare questo o quel sopruso, questa o quella legge porcata, etc. etc. Ma quali sono le vostre  proposte alternative?" 

Domanda di Roberto Ficini: "Hanno in mano il potere legislativo, il potere coercitivo e il potere finanziario. Hai qualche idea per mandarli a casa che sia meno drastica di quello che sta succedendo nel mondo arabo? Io non ne vedo e comunque se anche li mandiamo a zappare la terra chi verrà dovrà sempre andare dai banchieri a elemosinare soldi per la nazione, soldi  che dovremo restituire con gli interessi e la storia ricomincerà con altri camerieri dei banchieri e noi sempre a fare gli schiavi..."

 Risposta e qualche consiglio

Tutto comincia sempre da piccole cose! Per esempio  bandisci le droghe (e simili) dalle tue compere; usa la medicina alternativa il più possibile (metà delle malattie sono inventate); compra solo italiano e se possibile solo bioregionale;  usa il meno possibile la moneta, comincia a donare il tuo tempo e prima o poi qualcuno te lo restituirà; chiudi i conti correnti nelle grandi banche e spostali in quelle piccole di credito cooperativo locale e tratta sempre le condizioni magari con un avvocato amico;  manda lettere ed email sui temi ambientali ad una rete di sodali ed ai i giornali, ai partiti, a tutte le istituzioni locali;  abbandona il  telefonino, spegni la tv  e non comprare  i prodotti che pubblicizza; riduci i consumi; usa il meno possibile l'auto o addirittura rinunciaci; informati informa e divulga...  

Il nostro è un potere soffice,  che si insinua pian piano nelle pieghe della società, ma dobbiamo crederci...

E forse un giorno ci ritroveremo, milioni di bioregionalisti vegetariani e nonviolenti, a circondare il parlamento finché  i deputati non  decidono veramente di cambiare politica e sistema economico, come la sovranità  e l'indipendenza...

Paolo D'Arpini, Rete Bioregionale Italiana

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venerdì 28 ottobre 2016

Il percorso è già la meta... - Riflessioni bioregionali sull'ecologia profonda e sulla spiritualità laica


Ascesa

Quando ricevo un  intervento -sui temi della spiritualità, dell'ecologia e del bioregionalismo-  mi rallegro molto, soprattutto se esprime concetti integrativi e propositivi, rispetto a quanto da me espresso. Questo, secondo me è il vero atteggiamento in sintonia con l’Ecologia Profonda.. Ovvero mai porsi in antagonismo bensì cercare di cucire e collegare i vari modi di pensiero, le varie esperienze ed azioni, affinché esse rientrino in un contesto unitario ed universale. Come di fatto è.
Dovete sapere che solitamente quando scrivo non sento mai, o quasi mai, l’impulso di affermare qualcosa di definitivo, di realmente corrispondente ad un mio sentire..  le mie sono  espressioni libere, pescate nell’umore del momento e valide al solo fine di poter raccontare una storia “sensata”. Insomma quel che dico è un raccontino, una descrizione di un sogno.. e  i sogni sono imponderabili e fantasiosi.. (salvo che non ci si metta Freud, la Smorfia o l’I Ching a dare una spiegazione)… 
Apparentemente adoro "l’idea" della scalata come simbolo verso la conoscenza.. (e questa è l’immagine che solitamente si da all'ascesa, in tutte le tradizioni spirituali), ma nella mia natura umana (e di conseguenza anche in quella spirituale) permane una fondamentale “pigrizia” (intesa in senso zen) verso l’agire per l’ottenimento di una conoscenza. Mi piace molto il detto Zen: “Seduto senza far nulla, viene la primavera e l’erba cresce da sé…”.
In verità il Sé è indescrivibile a parole, è aldilà dei sentimenti e delle emozioni, pur comprendendo sino al più piccolo movimento della coscienza.. Tutto comprende ma di nessuna cosa assume la forma. Il sé è il substrato perennemente presente che consente alle forme di manifestarsi. Ed in questo senso in “esso” non c’è preferenza non esiste scala di valori per cui il sé possa prediligere un discorso rispetto ad un altro. Non vi sono argomenti nobili e metafisici da preferire rispetto alla materialità ed alla contingenza empirica. Ogni cosa ha il suo valore ed il suo significato nella manifestazione che le è propria e confacente alla condizione vissuta. Perciò l’intensità e il senso di presenza che si sperimenta salendo su una vetta equivale al riposo contemplativo. Ad ognuno secondo le congeniali caratteristiche di ognuno.
Stasera stavo rileggendo una poesia sul Sé (lasciatemi in amoroso pegno dall’amico fraterno Upahar) ed intanto mi chiedo: c’è mai stato un momento in cui io non sia stato me stesso? Cos’è questo io che così fortemente sento e percepisco, questo io è la sola realtà che conosco, è coscienza assoluta e indivisibile. Tutto ciò che appare in questa coscienza, le immagini che io osservo, tutto ciò che si manifesta davanti all’io è un oggetto, questo corpo è un oggetto, questa mente è un oggetto, le forme variopinte del mondo sono solo oggetti.. dell’io. Le qualità, le sensazioni, le attrazioni e repulsioni che appaiono nel campo della coscienza, che io sono, sono solo proiezioni come lo sono i sogni che appaiono al sognatore. Se io non sono chi è? Ma poi… come posso lontanamente immaginare separazione fra l’io e le proiezioni dell’io, tutto si risolve nella stessa realtà, unica ed indivisibile, inspiegabile perché non vi è nessuno a cui poterla spiegare…. Questo io sono in cui anche l’ipotetico altro riconosce come io sono….
Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana
All'opera in cucina a Treia
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“Mi vedi? Chi sono io? Sono l’albeggiare della luce divina. Sono l’amore, l’amante e l’amato. Radiando in ogni luogo. Io solo esisto. Il mio posto è l’assenza di ogni posto. Mi sono nascosto sotto un velo… per meglio godere dello spettacolo.
Dimmi fratello, chi dovrei cercare? Chi potrei trovare?
Io solo esisto. Io sono quell’assoluta essenza priva di limiti, dinnanzi alla quale l’intelletto ammutolisce, come un bambino.  Certi mi chiamano Allah… altri Signore. Accetto ogni attributo ed ogni nome. Per me il tempio, la moschea o la chiesa sono uguali.   Né dualità né non-dualità si associano a me. Oltre me nulla era, è o sarà.
Tutte le rose e tutte le spine del mondo non sono altro che me. Sono l’amico ed anche il nemico.  Se c’è una riva da questa parte, sono io. Se c’è una riva da quella parte, sono io. Sono il legame del legato e la libertà del libero…. È la mia bellezza che tocca il cuore del mondo, sono io che do fragranza alla rosa, brillantezza ai gioielli, i belli debbono a me il loro potere d’attrarre.
Do l’oro al sole e l’argento alla luna, e loro danzano in ubbidienza, e le stelle della Via Lattea brillano chiamandomi, ma dove potrei andare? Sono già presente nei loro occhi!  Niente esiste a parte me, nessun mondo, nessun Dio, nessun devoto.
Quando l’uccello del cuore è preso nella trappola degli attaccamenti, tutto questo accade in me solo. Il bene il male che significato hanno per me? Sono colui che si inchina e colui al quale l’inchino viene offerto. Sono il maestro ed il discepolo, dentro ogni cosa trascendo ogni cosa. Io solo esisto” (Swami Ramatirtha)

giovedì 27 ottobre 2016

Jesi, regione Marche - Il terremoto del 26 ottobre 2016 raccontato da Patrizia Cavallo


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Stamattina, 27 ottobre 2016,  qui a Jesi c'è una bruma "insolita" come quando sollevi un pentolone che bolle e la stanza si riempie di vapore e ti si appannano gli occhiali... 

Ieri sera alle 19 e 10 ero in auto e non mi sono accorta della prima avvisaglia, anche se da dopo il terremoto di agosto, ogni tanto avverto uno strano tremolio interno... 

Alle 21 e 10 circa ero sul divano a godermi la tranquillità serale e lì il tremolio è stato vero e reale: TERREMOTO! sono sola a casa Mattia è in vacanza e vi confesso che è salito in me un certo disagio. il terremoto destabilizza la terra e i corpi e l'animo, si sente forte l'impotenza e l'incertezza e non si sa che fare....mi sono affacciata e sotto Paola e Marco si guardavano intorno quasi per cercare un rifugio poi abbiamo deciso di rientrare, quale rifugio migliore della nostra casa?... Non sapevo come aspettare la prossima scossa, tanto si sa quando c'è quella grande poi arrivano le altre più leggere.

Allora ho ascoltato il mio piano mirroring e mi sono ri-centrata, ho deciso di guardare per l'ennesima volta uno dei miei film preferiti "Stregata dalla luna" e mi sono calmata. ad un certo punto il sonno mi ha catturata e ho deciso di resistere fino alla fine del film.


Poi ho preso coraggio e mi sono coricata, ma il mio corpo vibrava e se lo ascolto vibra ancora. a mezzanotte e qualcosa sono balzata dal letto di nuovo e ho risposto al telefono che finalmente squillava era Ambra che mi raccontava della loro situazione in montagna, tutto bene ma anche lì è stato forte, allora ho chiamato Jonas e Kirsten a Perugia che per fortuna stavano dormendo.


Allora ho deciso che avrei dormito anch'io con la certezza di un detto che serpeggia qui a Jesi dove s. Floriano ha fatto una promessa "Sgrulla ma non crolla" e mi sono addormentata.


Meditazione del risveglio: tutto intorno sta crollando, apparentemente, ma c'è qualcosa dentro che sta ritrovando il proprio equilibrio e bisogna avere pazienza e trovare una nuova centratura, questo terremoto sta diventando una scuola di vita, un modo forte e definitivo di riflettere su ciò che è necessario e su ciò che non lo è, una modalità che ci obbliga a ritrovare l'umiltà e la capacità di affidarci a qualcosa di supremo che nessuno può più dirigere e controllare ecco perché ieri prima di addormentarmi ho chiesto al Padre Celeste di vegliare su di noi tutti!

Un abbraccio!


Patrizia Cavallo



E questa è l'immagine adatta per il "giorno dopo" 



è davvero un nuovo giorno, tutto è cambiato, tutto è nuovo e rinnovato, nonostante il timore che possa di nuovo succedere, è proprio l'istinto di sopravvivenza...


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Articolo in sintonia sul terremoto a Treia:
 https://circolovegetarianotreia.wordpress.com/2016/10/26/6404/

Solo la pratica può trasmettere l'esperienza bioregionale e spirituale


Un punto basilare, che spesso emerge in seguito alle domande di persone che si avvicinano al bioregionalismo e alla spiritualità laica, è quello della non trasmissibilità della pratica. Ovvero ognuno di noi dovrebbe vedere in se stesso il modo idoneo per manifestare la sua natura spirituale ed ecologica sapendo poi adattarla a tutto ciò che ci circonda, nella domanda e nella risposta.
La non trasmissibilità dell'esperienza bioregionale e spirituale
Nel bioregionalismo e nella spiritualità laica non esistono dogmi ma solo adeguamenti armonici fra le varie componenti, l'interno e l'esterno, l'uno e i molti.
L'unico aiuto possibile che possiamo fornire ai compagni di viaggio, in quanto praticanti "anziani", è quello dell'esempio non volontario, ovvero del retto comportamento, in piena sincerità e onestà, non indirizzato a dimostrare alcunché bensì semplicemente ad esprimere noi stessi nella nostra verità.

Se la perfezione non fosse a noi intrinseca come potremmo scoprirla nella vita universale?

La perfezione è la nostra vera natura ma non siamo in grado di riconoscerla e ci logoriamo tremendamente pensando che dobbiamo compiere azioni "codificate" per "appropriarcene".
Ricordo un proverbio che mi citavano i vecchi contadini di Calcata: “il meglio è nemico del bene”… Ed è proprio così, arrabattandoci e cercando di migliorare non riusciamo a percepire il bene che già c’è in noi… Quel bene che richiede solo di essere riconosciuto rinunciando alle sovrastrutture e alle imposizioni che non ci appartengono.

E in fondo cosa significa essere perfetti?

Semplicemente essere quel che si è senza remore né rimpianti, senza cercare l’approvazione di qualcuno, perché se siamo quel che siamo evidentemente ci compete. Da ciò nasce spontaneità e naturalezza…
Purtroppo quel che ci manca è la fiducia… e da questa carenza sorge il desiderio e la paura e in tal modo si aziona quel meccanismo “diabolico” del voler organizzare il nostro agire e sentire, come si fa con una macchina.
Questo atteggiamento ci fa commettere un errore dopo l’altro… e più sbagliamo e più (cercando di rimediare) commettiamo altri errori… altre paure e altri desideri si aggiungono. E intanto la società umana (e noi stessi come persone) va a rotoli, perché non può funzionare come un meccanismo, non è fatta di semplici ingranaggi e di numeri.
Paolo D'Arpini
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mercoledì 26 ottobre 2016

La bioregione come terreno geografico o "terreno della coscienza"


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Bioregionalismo è un termine usato per descrivere un approccio alle questioni politiche, culturali ed ambientali basato su aree regionali naturalmente definite, individuate con i termini di bioregione o ecoregione. Il termine è utilizzato dai primi anni del 1970 nei lavori di Peter Berg e Raymond Dasmann. Lo stesso Berg ha poi definito la bioregione terreno geografico e terreno della coscienza, leggendola come un organismo vivente frutto di secoli di evoluzione morfologica, biologica e soprattutto culturale.

L’uso del termine ecoregione o bioregione è conseguenza del rinnovato interesse negli ecosistemi e nel loro funzionamento e, in particolare, di numerose ricerche relative alla scala spaziale nello studio della gestione dei paesaggi. È ormai ampiamente riconosciuto che sistemi interconnessi si combinano per formare un insieme che è “più grande della somma delle parti”. Molti sono i tentativi in atto per gestire gli ecosistemi in modo integrato per ottenere paesaggi “multifunzionali”, e vari gruppi di interesse, dai ricercatori agronomi agli ambientalisti, stanno iniziando ad usare l’ecoregione o bioregione come unità territoriale di analisi e pianificazione. 
I bioregionalisti credono che le strutture politiche devono corrispondere a insiemi - pattern – naturali e che si debba ri-abitare il territorio usando il concetto di bioregione. L’individuazione di una bioregione considera clima, suoli, drenaggio delle acque, vegetazione, risorse minerali, così come le culture e le società espresse sul territorio.


La visione bioregionalista è ecocentrica, riconosce che l’equilibrio ecologico esige una profonda trasformazione nella percezione rispetto al nostro ruolo nell’ecosistema planetario. Questa consapevolezza, che oggi sembra rappresentare una novità culturale, ha in realtà le sue radici negli antichi saperi popolari e nelle grandi tradizioni spirituali occidentali e orientali. Questa visione propone un modo più appropriato di ri-abitare la terra, non soltanto definito da leggi e regolamenti, ma attraverso la relazione diretta dei singoli e delle comunità con il luogo in cui vivono. Un luogo del quale si sono scoperti i contorni, i significati culturali, gli scambi sociali e che si intende utilizzare con attività sostenibili. Il processo di conservazione di una bioregione privilegia una visione di biodiversità. La visione identifica le aree prioritarie, il passo successivo consiste nell’individuare modalità e costi effettivi di strategie di progettazione del territorio che possano coniugare i bisogni ecologici dell’habitat naturale e le umane necessità, cercando di minimizzare i conflitti che possono sorgere e massimizzando i benefici per la popolazione residente.

Dal punto di vista fisico e ambientale, l’ecoregione è definita come una area estesa di terra o acqua che contiene un insieme geograficamente distinto di comunità naturali che condividono condizioni ambientali simili e la maggioranza delle loro specie e delle dinamiche ecologiche, ed interagiscono ecologicamente con modalità che sono fondamentali per una loro sopravvivenza a lungo termine. Una bioregione può essere un bacino fluviale o un rilievo montuoso. Sulla base di questo nuovo approccio, biologi e ricercatori hanno proceduto ad una mappatura del pianeta utilizzando due fattori caratterizzanti le bioregioni , l’Indice di Diversità Biologica (BDI Biological Distinctiveness Index) e l’Indice dello Stato di Conservazione (CDI Conservation Status Index). Il Conservation Science Program ha diviso la terra in 8 grandi ecozone e individuato più di 800 ecoregioni terrestri intorno al globo e un primo gruppo di oltre 400 ecoregioni acquatiche. Il WWF ha messo a punto una analoga struttura globale di 300 ecoregioni costiere e marine in collaborazione con The Nature Conservancy.

Le ecozone sono grandi aree del pianeta che posseggono condizioni peculiari di interazione tra fattori climatici, morfodinamici, processi di formazione del suolo, condizioni vitali per piante e animali e potenzialità produttive per l’agricoltura e la forestazione. Queste aree, di conseguenza, si distinguono per climi differenti, conformazioni geofisiche, tipi di suolo, formazioni vegetali, biomi e tecniche di uso del suolo. Nella gerarchia dei sistemi delle zone naturali, la cui unità base è l’ecotopo, il termine ecozona rappresenta la classe più grande. Alcune ecozone sono state suddivise in sub regioni relativamente indipendenti o ecoregioni.


Le aree con una maggiore concentrazione di indici di diversità e conservazione sono state definite prioritarie e sono state chiamate Global 200, individuandole come regioni terrestri e marine biologicamente più ricche e diversificate. Questo processo di mappatura rappresenta la prima analisi comparativa della biodiversità dell'intero pianeta sulla base della distribuzione deiMaggiori Tipi di Habitat (MHT Major Habitat Types), corrispondenti ad insiemi di animali, vegetali e microrganismi, i cosiddetti biomi. Le ecozone principali sono a loro volta suddivise in eco-province e eco-distretti. Le ecozone sono ben definite, mentre le bioregioni sono soggette a maggiori cambiamenti e controversie. I confini di una bioregione sono spesso il risultato di una fase formativa - tettonica a zolle - che ha isolato biologicamente una zona per un lungo periodo, determinando lo sviluppo di fauna e flora specifiche.

Dal punto di vista politico e culturale, la prospettiva bioregionalista si oppone ad una economia omologante e ad una cultura consumistica perché questa cultura ignora una dipendenza dal mondo naturale e considera il suolo e i suoi prodotti unicamente come merci scambiabili. Il concetto di bioregione propone l'esatto contrario, rimanere ancorati al proprio luogo, averne cura, difenderlo, rispettarne la diversità, conoscere e mantenere viva la sua storia, applicare i modi più appropriati di utilizzarne il suolo, ridefinendo cosa seminare, come costruire, quali tecnologie e fonti energetiche usare in un ottica localistica.

L’idea bioregionale è proattiva, propone modalità, percorsi e progetti concreti di interdipendenza sociale ed ecologica. Le comunità che abitano una bioregione si devono assicurare che i confini che delimitano le regioni politiche corrispondano a quelli che individuano le regioni ecologicamente definite, devono inoltre imparare a riconoscere le specificità ecologiche locali e a mantenerle vitali, privilegiare le filiere corte di produzione di cibo e manufatti, usare il più possibile materiali locali, privilegiare le colture autoctone, conservare porzioni di territorio e dei suoi habitat naturali, sufficientemente estesi da resistere a disturbi su vasta scala e cambiamenti sul lungo periodo.



Monte San Martino - L'azienda agricola bio marchigiana “Marchese Marino” colpita dal terremoto chiede aiuto...


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Monte San Martino - Crowdfunding in sostegno della azienda agricola bio marchigiana “Marchese Marino” colpita dal terremoto.

Ciao a tutti, a poco più di un mese dal sisma del 24 agosto 2016 il pensiero va ancora una volta a chi ha perso tutto. Dopo la paura, le macerie e la conta delle vittime è arrivato il momento di guardarsi intorno, capire e ripartire. Le ferite di quel 24 agosto sono ancora profonde, come testimonia la vicenda dell’azienda biologica “Marchese Marino”.

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Questa piccola impresa che produce formaggi ha avuto di fatto una doppia sfortuna: non solo ha subito gravissimi danni dal sisma ma è anche situata in una zona totalmente trascurata dalla grande informazione, zona i cui abitanti sono trattati come terremotati di “serie b” solo perché in quei territori non vi sono state (per fortuna) vittime. L’azienda è situata ai piedi del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, nell’appennino marchigiano, ed è di questi giorni la notizia che il paese Monte San Martino non è stato incluso dal decreto sul terremoto nella così detta “area del cratere”, cioè quella con priorità rispetto ai finanziamenti pubblici e alla ricostruzione.

Il complesso produttivo, composto da stalla, laboratorio di trasformazione ed abitazione dei titolari e dipendenti, ha subito gravi danni strutturali tanto che i lavoratori tuttora dormono in macchina per sicurezza.

Paola e Marino si presentano: “noi insieme ad altri amici ci siamo insediati qui una trentina di anni fa e abbiamo contribuito a ripopolare questa zona pedemontana di alta collina. Abbiamo dovuto lavorare sodo investendo tutto quello che avevamo. Convinti della nostra attività, negli anni abbiamo fatto fronte a tante avversità come i vari attacchi di lupi che hanno ridotto di un terzo il gregge. Siamo sempre ripartiti senza chiedere niente a nessuno. Ma stavolta siamo davvero a terra”.

L’azienda “Marchese Marino” è parte integrante del Mercato Bio Mezza Campagna e con esso condivide valori e visione dell’attività agricola: eco sostenibilità, qualità del cibo, rispetto della salute, tutela dei lavoratori, rapporto diretto tra produttore e consumatore. “Alcune tipologie di formaggi sono prodotte secondo l’antica tradizione dei piceni, antichi abitanti dei Monti Sibillini, con le tecniche artigianali locali. Il latte prodotto viene trasformato all’interno dell’azienda stessa. Le pecore sono allevate al pascolo per la maggior parte dell’anno e solo nei più rigidi mesi invernali sono ricoverate in stalla”.

Ora Paola e Marino hanno bisogno di noi. E’ per questo che il Mercato Bio Mezza Campagna ha deciso di lanciare una campagna di solidarietà nei confronti della loro azienda, per permetterle di rialzare la testa. Perché ci sentiamo in dovere di restituire una parte di ciò che di prezioso Paola e Marino ci hanno donato come esseri umani, cioè amore e cura del territorio, rispetto per il lavoro degli uomini e un trattamento degno per gli animali. Siamo tutti un pochino in debito con loro. Non possiamo girare la testa dall’altra parte, non vogliamo abbandonarli. Dunque forza, aiutiamoli!

Con il denaro raccolto l’azienda potrà operare quegli interventi di messa in sicurezza che gli permetteranno di riprendere le fondamentali attività dei mesi invernali. In ballo non c’è solo il futuro dell’azienda ma anche e soprattutto quello dei lavoratori che la compongono. La “Marchese Marino” infatti si distingue da sempre anche per l’attività di reinserimento sociale e lavorativo. Attività che la rende un vero e proprio punto di riferimento per il territorio. Un lavoro che va avanti da trent’anni e che non può e non deve interrompersi proprio ora.


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Come contribuire:
Andando sul sito (https://ilbiochenontrema.noblogs.org/) della Campagna o QUI sulla piattaforma di Crowfounding nei quali è possibile contribuire direttamente ma anche condividere la campagna attraverso i propri social network per raggiungere il maggior numero di persone possibili. È inoltre possibile contribuire direttamente presso il banchetto informativo ogni sabato mattina dalle 8.30 alle 12.30 presso il Mercato Bio Mezza Campagna di Senigallia (AN). Sono previste delle “ricompense” per le donazioni. Scopritele sul sito…


martedì 25 ottobre 2016

Troppo CO2 fa male alla Terra


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Quattrocento parti per milione. A quanto ha affermato il famoso meteorologo Luca Mercalli, nella storia dell'Umanità, analizzando tra i ghiacci dell'Antartide, giammai abbiamo riscontrato questa quantità abnorme, quattrocento parti per milione di CO2, tanta anidride carbonica non l'abbiamo mai avuta nell'atmosfera della Terra. 

La città di Milano e con essa le principali città del mondo, quando si sfora una certa soglia di allarme inquinamento, dispongono limitazioni al traffico, una temperatura nelle case e nei negozi di diciannove gradi ed altre restrizioni necessarie tra le quali il divieto delle stufe a legna ed il fare fuochi all'aperto. 


Pare che la mia Valle, la Vallassina, sia fuori dal pianeta, regolarmente, qui, sul greto del Lambro, giunge la Protezione Civile e da fuoco a tutta la vegetazione cresciuta, vegetazione che sto cercando di censire, fotografare, documentare e che assorbe CO2, fitodepura le acque del fiume, alberga microfauna preziosa e fornisce cibo alle api. 

Non sarebbe il caso che questo patrimonio venisse conosciuto, protetto, anziché essere incenerito, in barba a qualunque considerazione più consapevole ed ecologica?

Teodoro Margarita


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lunedì 24 ottobre 2016

Il Ciclo della Vita, 31 ottobre e 1 novembre 2016 a Palazzo Simonelli di Cessapalombo (Mc) - Samhain, ceramica neolitica e presentazione de "La Civiltà della Dea"


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Palazzo Simonelli - Comune di Cessapalombo (MC) 31 ottobre e 1 novembre 2016: “Il Ciclo della Vita”.  In collaborazione con: Circolo Vegetariano VV.TT., Rete Bioregionale Italiana, CEA Vallenatura di Cessapalombo e Ecomuseo dei Vissuti e dei Saperi dei Monti Sibillini 

Nei giorni magici del 31 ottobre e 1 novembre 2016 si tiene una manifestazione culturale a Palazzo Simonelli di Cessapalombo per ricordare che nel trascorrere del tempo circolare tutte le cose ritornano nell’eterno ciclo della vita. 

La manifestazione è modulata in modo da avere diversi momenti di aggregazione: la cerimonia del Samhain e gli aspetti naturalistici e ludici, un mini-corso di ceramica neolitica e la presentazione del libro “La civiltà della Dea” dell’archeologa lituana Marija Gimbutas, presenterà Mariagrazia Pelaia. https://www.youtube.com/watch?v=HDPZfNeQx0Q 

Programma: 

Lunedì 31 ottobre 2016 - Ore 16 – L’arte della Dea. Introduzione teorica al laboratorio di ceramica neolitica a cura del geologo Stefano Panzarasa, della Rete Bioregionale Italiana Ore 17.00 – Raccolta di fiori e foglie per i due cerchi del Samhain ed esecuzione della cerimonia “Il Ciclo della Vita”, a cura di Paolo D’Arpini del Circolo Vegetariano VV.TT. Ore 20 – Cena conviviale vegetariana-vegana e dopo cena musica e canti ecologisti (tratti dalle poesie di Gianni Rodari) di Stefano Panzarasa e musica di Antonello Andreani 

Martedì 1 novembre 2016 - Ore 10 – Inizio del corso pratico di ceramica neolitica. Partecipazione gratuita con un rimborso spese volontario per l’acquisto della creta e per la successiva cottura delle statuine da ognuno realizzate Ore 13 – Pranzo vegetariano-vegano Ore 15.30 – La civiltà della Dea di Marija Gimbutas (Stampa Alternativa 2012-2013, Vol I e II), presentazione di Mariagrazia Pelaia, curatrice e traduttrice dell’opera - https://www.youtube.com/watch?v=HDPZfNeQx0Q Ore 16.30 – Dibattito con il pubblico sui temi trattati Ore 17.30 – Visita alla struttura di Palazzo Simonelli e descrizione delle attività portate avanti durante il corso dell’anno 

Attenzione – Per coloro che vengono da lontano è possibile arrivare a Palazzo Simonelli sin dalla domenica 30 ottobre 2016. Nel qual caso si potrà prevedere una visita naturalistica erboristica pomeridiana nel territorio del Parco dei Monti Sibillini. 

La partecipazione all'evento è GRATUITA 

Come raggiungere Palazzo Simonelli: Palazzo Simonelli è nel piccolo Comune di Cessapalombo in provincia di Macerata, all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini nella sua punta a Nord. In macchina: Autostrada A14 uscita Civitanova Marche poi tutta superstrada SS77 direzione Macerata che si supera per uscire poi a Caldarola, si attraversa la piazza di Caldarola e uscendo dal paese si seguono per altri 5 Km i cartelli con indicazione Cessapalombo e poi Palazzo Simonelli. La superstrada SS77 (Da poco denominata Quadrilatero) può essere presa anche partendo da Foligno per chi viene dal versante Umbria, Toscana e Lazio In Treno: La stazione più vicina è quella di Tolentino a circa 15 min di macchina da Palazzo Simonelli, chi ne avesse necessità può chiamarci al 338.9889440 e vi veniamo a prendere. Coordinate GPS di Palazzo Simonelli: N 43* 06’ 12” - O 13° 13’ 21” Su GoogleMaps: scrivere Palazzo Simonelli www.palazzosimonelli.it


Per eventuali info sul come raggiungere il luogo e prenotazioni: 3389889440 – andreani@palazzosimonelli.it 

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Post Scriptum:
E' possibile pernottare a Palazzo Simonelli a partire da 18 Euro a notte, come anche fare colazioni, pranzi e cene nel ristorante interno al palazzo. Chi poi volesse fare una piccola vacanza nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, visto che il 29 e il 30 sono sabato e domenica può arrivare prima dell'evento e alloggiare a Palazzo Simonelli, la struttura è aperta, è gradita una telefonata o una e-mail di prenotazione. 

Bioregionalismo ed Ecologia Profonda. - La Terra è la nostra vera casa


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I mondi dell'uomo sono molteplici ma tutti nel pensiero.. uno solo è reale: questa Terra. Se non siamo in grado di conservare la nostra vita onorevolmente sulla Terra come potremo sperare la salvezza emigrando su altri pianeti? Come potremo sperare di essere accolti nel consesso della vita universale extraterrestre se non siamo stati in grado nemmeno di mantenere la vita sul nostro piccolo pianeta? Con ciò ritengo che l'esperimento della nostra sopravvivenza deve potersi avverare qui dove siamo... Inutile sperare in colonie sulla Luna, su Marte o su Venere,  inutile cercare l'acqua su quei mondi desolati se qui -dove ce ne è tanta- non siamo in grado di mantenerla pulita.

Eppure già ci furono diversi scienziati e spiritualisti illuminati che sin dagli albori della società dei consumi avvertivano l'uomo del rischio di uscir fuori dai binari dell'equilibrio scienza/vita. Oggi il treno umano sta deragliando con scintillio di schegge impazzite: OGM, avvelenamento chimico metodico della terra e dell'acqua, energia atomica sporca, deperimento sociale e morale, urbanizzazione selvaggia, distruzione delle risorse accumulate in millenni dalla natura, etc.

L'uomo nel corso della sua breve storia ha enormemente trasformato la faccia della Terra, perché egli può deliberatamente modificare quasi tutto quel che costituisce il suo ambiente naturale e controllare quel che cresce e vive in esso.

La trama della vita è però tanto delicata e tanto legati sono tra loro il clima, il terreno, le piante e gli animali, che se una componente di questo complesso viene violentemente modificato, se alcuni fili vengono tagliati all'improvviso, l'intero complesso subisce una modificazione. Questo è il significato intrinseco del Bioregionalismo e dell'Ecologia Profonda.

Per centinaia di anni -e soprattutto nell'ultimo secolo- l'uomo è stato la causa di deturpazioni, stermini ed alterazioni profonde... e questo malgrado la sua contemporanea capacità di creare abbellimento ed armonia. Il potere intellettivo che consente all'uomo di progettare e costruire è lo stesso che gli consente di distruggere. Con l'aumento smisurato della popolazione umana la capacità di procurare danni materiali come pure l'affinamento del pensiero e della riflessione sono cresciuti esponenzialmente.

Purtroppo questa nostra Terra non è un Paese di Bengodi od un corno dell'eterna abbondanza... le risorse del pianeta, pazientemente accumulate e risparmiate nel suo ventre, sono ora in fase di esaurimento. La biodiversità e la purezza del genoma vitale sono sempre più a rischio... molte specie animali resistono solo negli zoo o nei giardini botanici. In tutto il mondo moderno ogni nuova impresa economica e scientifica viene seguita da peste e malanni, lo sviluppo continuo equivale al consumo accelerato dei beni, nella incapacità di recupero ambientale e ripristino da parte della natura.

Occorre da subito e con la massima serietà e determinazione fermare la caduta, preservando le risorse residue e quel che rimane della vita selvatica, non solo per il mantenimento della bellezza naturalistica ma soprattutto perché l'armonia complessiva, cioè la reale sopravvivenza della comunità dei viventi (e dell'uomo stesso) dipende da quelle componenti.

Il futuro dell'umanità, infatti, non resta nella sua colonizzazioni di altri pianeti del sistema solare bensì nella sua abilità di conservare la vita sul pianeta Terra.

Per questa ragione la biologia, l'ecologia profonda, la spiritualità della natura sono aspetti essenziali del nuovo paradigma coscienziale. Uno dei più grandi misteri vitali, che abbiamo il dovere di affrontare e risolvere, è quello relativo alla nostra vera natura. Ma le religioni e la scienza non saranno mai in grado di darci una risposta se non cominciamo a cercarla direttamente in noi ed attorno a noi. Altrimenti non saremo in grado di uscire dal meccanismo ripetitivo delle guerre, dello sfruttamento insensibile, dei conflitti razziali e interspecisti....

Umanità non è solo simbolizzata da questi bipedi antropomorfi e non è solo un agglomerato organico definito “corpo”. Possiamo dire che Umanità è la capacità di riconoscersi con tutto ciò che vive e pulsa energeticamente dentro e fuori di noi.

La Terra è la nostra casa, l'abbiamo avuta in eredità da un lento e laborioso processo globale della vita, ma siamo sicuri di poterla lasciare a nostra volta alle generazioni future nella stessa integrità e opulenza nella quale noi l'abbiamo ricevuta? La dignità umana si gioca anche in questo.... accettiamo dunque la sfida posta alla nostra intelligenza. L'evoluzione ha una direzione univoca, la crescita della Coscienza, restiamo in essa!

Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana

domenica 23 ottobre 2016

Villaggio globale - Anche le cimici cercano asilo...


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Il villaggio globale, inteso come scambio intenso e continuo di merci e prodotti agroalimentari provenienti da ogni angolo del pianeta, ci ha “regalato” la zanzara tigre originaria del Sud est asiatico, la Leishmaniosi e la blue tongue africana per i nostri animali e per la nostra agricoltura sono arrivati parassiti letali tra cui: la Popillia Japonica, la Drosophila suzukii, la Dryocosmus kuriphilus, la Xylella, la Leptoglossus occidentalis Heidemann e il Cinipide, vespa killer cinese letale per i nostri castagneti. Ora è arrivato un altro flagello: la cimice marmorata asiatica, che da qualche giorno sta invadendo campagne e abitazioni del Nord Italia in particolare: Piemonte, Lombardia e tutto il Triveneto. 

Questo insetto sta devastando intere coltivazioni di pere, mele, uva, kiwi, soia e mais. (*)

Certamente l’arrivo (con pochi controlli sanitari) di prodotti agroalimentari provenienti soprattutto dall’Asia, ha permesso l’invasione in Europa di questi parassiti alieni, tuttavia lo sviluppo esponenziale di queste popolazioni di alieni è stato possibile anche e soprattutto a particolari condizioni climatiche favorevoli.

Nel passato, parliamo di 40/30 anni fa, dalle navi che portavano prodotti agricoli dal lontano oriente arrivavano anche insetti pericolosi per la nostra salute e per la nostra agricoltura, ma gli inverni rigidi finivano per sterminarli tutti. Da circa 20 anni ad oggi invece gli inverni rigidi sono rimasti un ricordo, prevalgono invece inverni tiepidi e autunni caldi e umidi. Un cocktail climatico ottimo per batteri, funghi e insetti originari di foreste e campagne calde e umide tropicali.

Quando si parla di riscaldamento lento e graduale del pianeta e dei conseguenti cambiamenti climatici, la gran parte delle persone pensa che in futuro avremo più caldo e che ci saranno più temporali violenti ed estate siccitose, ma tutto sommato ciò non ci impedirà di continuare a vivere “tranquilli”. Purtroppo non è così semplice e scontato: la realtà è più drammatica di quanto si possa pensare. In questo inesorabile cammino verso i 2 gradi centigradi di calore terrestre previsti per il prossimo futuro, si accavalleranno fenomeni negativi su fenomeni negativi, dai danni all’ambiente naturale e alla agricoltura in genere, dovremo vedercela con malattie nuove e crisi economiche devastanti e, in alcuni angoli del pianeta, con l’esplosione di nuove guerre per accaparrarsi le ultime riserve d’acqua.

Ecco perché il prossimo incontro mondiale a novembre sul clima a Marrakech, dovrebbe mettere in atto quanto è stato stabilito un anno fa a Parigi. Tentennamenti, bizantinismi vari e rinvii nel prendere serie decisioni sul problema della mitigazione climatica potrebbero decretare un disastro senza precedenti per tutta l’umanità.

Filippo Mariani - Accademia Kronos


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(*) E’ stata la Coldiretti la prima associazione di categoria a lanciare l’allarme sulla cimice marmorata asiatica. Per la Coldiretti questo è un insetto particolarmente pericoloso per l’agricoltura perché prolifica depositando uova almeno due volte all’anno con 300-400 esemplari a volta. A favorirne la diffusione - sottolinea Coldiretti - è stato un autunno particolarmente caldo, con la moltiplicazione degli esemplari che non hanno in Italia antagonisti naturali. Un problema che rende molto difficile la lotta all’insetto che da adulto è in grado di volare per lunghe distanze alla ricerca del cibo e sverna come adulto in edifici o in cassette e anfratti riparati per poi raggiungere in primavera le piante per alimentarsi, accoppiarsi e deporre le uova. La lotta per ora - osserva Coldiretti - può dunque avvenire solo attraverso protezioni fisiche come le reti anti insetti a protezione delle colture perché non è possibile importare insetti antagonisti dalla Cina per motivi sanitari.

sabato 22 ottobre 2016

Marica Di Pierri e Stefano Kenji Iannillo: “Una lettura ecologista della riforma costituzionale”


Di seguito l’editoriale scritto a quattro mani da Marica Di Pierri dell’ Associazione A Sud e Stefano Kenji Iannillo dell’Esecutivo Nazionale Rete della Conoscenza che analizza i potenziali impatti della revisione del Titolo V della Costituzione prevista dalla riforma costituzionale sulle esigenze di tutela territoriale emergenti da nord a sud del paese contro fattori di rischio ambientale e sanitario.
Con la riforma del Titolo V via libera allo sfruttamento selvaggio dei territori
Partiamo da un presupposto: il consolidamento della post-democrazia di cui parlava Crouch ha bisogno di riforme costituzionali come quella che saremo chiamati a votare (o meglio a sventare) il 4 dicembre. Il disegno sotteso alla riforma – propagandata come al di sopra del bene e del male, buona di per sé, come se dopo anni di tentativi andati a vuoto il solo concetto fosse salvifico e non ne importasse il carattere migliorativo o peggiorativo – mira alla consacrazione di un sistema politico in cui, invece che restituire sovranità al popolo cui apparterrebbe, si fa il possibile per concentrarla sempre più verso l’alto. Vale la pena ricordare che il colosso finanziario JP Morgan affermava nel 2013 che le costituzioni antifasciste – ispirate ai diritti e all’allargamento della base democratica – sono una zavorra per la crescita e vanno profondamente modificate.
L’indicazione giunta al governo dalle istituzioni finanziarie riguarda dunque la creazione delle condizioni di piena esigibilità per le richieste del mercato: necessarie riforme economiche, necessarie grandi opere, necessario sfruttamento delle risorse naturali, necessari tagli ai diritti sociali e al welfare. Il risultato atteso è legittimare la delega dell’intero esercizio deliberativo ad organismi sempre meno rappresentativi dell’interesse collettivo. La ricetta è lineare: svuotamento dei luoghi della rappresentanza, rarefazione dei centri di potere e corsa a verticalizzarne i meccanismi di decisione tramite maggiori poteri all’esecutivo, la camera politica unica e la nuova legge elettorale che la determinerà, le nuove tipologie di procedimenti legislativi che scavalcano le istituzioni di prossimità.
Uno degli aspetti meno trattati e più rilevanti della riforma è la revisione del Titolo V, che affermerebbe un modello di gestione delle risorse deciso dai ministeri – neppure dal Parlamento – senza previsione di correttivi in senso partecipativo. Le competenze esclusive che tornerebbero allo Stato riguardano produzione, trasporto e distribuzione dell’energia; infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e navigazione; beni culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; attività culturali e turismo; governo del territorio; protezione civile; porti e aeroporti civili.
La riformulazione dell’art.117 introduce come ulteriore elemento d’allarme la clausola di supremazia “Su proposta del governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale.”La formula offre all’esecutivo spazio per molteplici forzature: invocando l’interesse nazionale (leit-motiv dell’ultimo decennio) sarà possibile imporre politiche e progetti invisi agli enti locali e alle comunità chiamate a pagarne i costi economici, ambientali, sociali e sanitari. Se ha una sua ratio prevedere che sia il livello centrale a stabilire le regole generali dell’agire in materia di ambiente, garantendo come precondizione il pieno rispetto degli art. 9 e 32 della Costituzione, nello scenario dato il nuovo assetto si tradurrebbe inevitabilmente in un ulteriore arretramento delle legittime pretese dei cittadini potenzialmente o concretamente impattati. Gli enti locali sono inoltre i più esposti – e ricettivi – alle pressioni esercitate dalle comunità locali: elemento rivelatosi spesso decisivo per ottenere la rinuncia a progetti a forte impatto ambientale. Escludere le Regioni dal rapporto di “leale collaborazione” con lo Stato su tutte queste materie senza prevedere di compensare con strumenti di concertazione locale avrà l’effetto di aggravare anziché risolvere il gap (in termini di analisi e proposte) tra comunità e governo centrale.
Da un altro punto di vista, la riscrittura dell’art. 117 è la testa di ariete attraverso cui si tenta di forzare l’introduzione in costituzione di alcuni dei principi contenuti nel decreto sblocca Italia, convertito nonostante forti proteste nella L.164/2014. Si tratta in parte di principi su cui il governo ha dovuto fare marcia indietro in seguito al deposito dei quesiti referendari promossi da 9 Regioni e centinaia di associazioni ambientaliste. Un punto in particolare, che prevedeva l’esclusione delle Regioni dai processi decisionali in materia energetica e infrastrutturale, è stato dichiarato incostituzionale con sentenza n.7/2016 per violazione degli artt.117-118 e recepito obtorto collo dal governo nella legge di stabilità per evitare di sottoporre tale punto (pronto a rientrare in campo proprio con la riforma costituzionale) alla consultazione popolare dell’aprile scorso.
Nonostante la sopravvivenza di un unico quesito, il 17 Aprile oltre 15 milioni di Italiani si sono recati alle urne per affermare il loro diritto a decidere in materia di politiche energetiche. Durante la campagna referendaria il governo ha mostrato quale idea avesse della partecipazione popolare: la proclamazione dell’esistenza di temi troppo difficili su cui esprimersi (guarda caso riguardanti profitti miliardari e devastazioni territoriali), una campagna informativa condotta al fine di boicottare la consultazione, lo sprezzante “ciaone” agli elettori la sera del voto. In quelle stesse settimane emergevano con chiarezza, grazie ad un’inchiesta della magistratura, le connessioni tra il governo e le lobbies energetiche del Paese: scandalo che costrinse l’allora ministro Guidi a dimettersi. Di oggi, infine, è la notizia che il governo Renzi ha autorizzato nuove attività di ricerca di idrocarburi lungo la riviera Adriatica e nel Mar Ionio. Neppure sei mesi dopo il referendum e le continue rassicurazioni circa la rinuncia a nuovi fronti estrattivi, si imbocca nuovamente, indisturbati, la via nera del petrolio. Ulteriore conferma, questa, che lo spirito di quella campagna referendaria e la rivendicazione democratica costruita su centinaia di territori trovano oggi più che mai la loro naturale continuazione nella costruzione di un No collettivo al referendum costituzionale.
Da anni assistiamo all’attivazione di decine di migliaia di persone per ciascuna battaglia territoriale: il movimento No Ombrina in Abruzzo, le lotte contro il Biocidio in Campania, le istanze dei No Triv, No Tav, No Tap e No Muos, le centinaia di altre realtà di resistenza popolare in prima linea per il diritto alla vita, alla salute, all’ambiente. Questo aumento della conflittualità sociale attorno all’imposizione di politiche impattanti (con gravi effetti documentati da rigorosi e numerosi studi ambientali, epidemiologici, economici e demografici) suggeriscono che i meccanismi di funzionamento della democrazia andrebbero riformati in direzione opposta da quella indicata dalla riforma: devolvendo potere decisionale alle comunità sulla gestione delle risorse e inaugurando un nuovo concetto di sovranità legato al territorio.
Alcune tra le maggiori organizzazioni ambientaliste, le 19 big firmatarie dell’appello in cui si chiede al governo di rivendicare la competenza esclusiva dello Stato in materia ambientale senza postulare la necessità di una riforma in senso partecipativo, dimostrano di non aver compreso che la partecipazione alle decisioni e la centralità della volontà popolare non è affatto un corollario marginale per una piena tutela dell’ambiente e dei diritti a esso connessi.
La riforma aiuta infine l’ufficializzazione di una prassi di sospensione democratica già arbitrariamente utilizzata: il massiccio ricorso alla gestione commissariale e allo stato di emergenza, attraverso le quali nell’ultimo decennio si è imposto il meccanismo del comando e controllo come risposta autoritaria all’emergere delle istanze più disparate.
Questa riforma è l’atto finale del processo di trasformazione dello Stato e di suo asservimento a logiche puramente neo liberiste, succubi del mercato e della finanza. Un processo che dopo vent’anni di “berlusconismo”, l’avvento dei tecnici (Monti) e il ricorso a larghe intese (Letta) ha trovato il suo perfetto scudiero in Renzi e la sua definizione formale nella proposta di modifica costituzionale.
Di fronte a questa minaccia, convinti che sia necessario ricostruire un sistema paese fondato sulle redistribuzione dei poteri e della ricchezza e sulla giustizia ambientale, non possiamo che individuare nell’approvazione della riforma un rischio enorme per la tenuta sociale e democratica del paese e nel coinvolgimento pieno delle realtà di resistenza territoriale nella campagna del No una prospettiva concreta per una reale trasformazione del nostro paese.