Se ne parla già da un paio di anni, quando i due shuttle Rover in esplorazione sul pianeta rosso avevano fotografato “ciottoli di fiume”, pietre lontane molti chilometri dal loro sito geologico, trasportate nelle valli marziane non si sa come, e strane conformazioni ondulate come potrebbero presentarsi oggi su una costa battuta dalle onde del mare. Dalle prime osservazione, alle enigmatiche foto, dopo 6 anni di studi e conferme, gli scienziati sono giunti alla conclusione che Marte un tempo lontano aveva una sua atmosfera e molta acqua.
Un gruppo di ricercatori della NASA, guidati dal prof. Geronimo Villanueva, grazie alle ultime rilevazioni di sonde in orbita sul pianeta rosso e dei due Rover, nonché al contributo determinante di tre potenti telescopi terrestri, ha dimostrato che su Marte almeno 3 miliardi di anni fa esisteva un oceano primitivo, con un volume d’acqua di almeno 20 milioni di chilometri cubi, superiore rispetto a quello dell’Oceano Artico qui sulla Terra. La sua profondità massima ipotizzata era di 140 metri.
Un pianeta quindi ben predisposto ad accogliere la vita e ad avviare un processo evolutivo forse simile a quello accaduto sul nostro pianeta.
Per il prof. Michael Mumma della NASA e co-autore della ricerca dell’acqua su Marte, la perdita di tutta l’acqua è avvenuta lentamente e ciò può aver comunque avviato un processo di sviluppo di forme di vita primordiali. Se una consistente parte dell’acqua scomparsa in superficie fosse sprofondata negli strati del terreno è possibile che qualche forma di vita primordiale ancora possa esistere.
Ma che fine ha fatto tutta quell’acqua? Se lo domandano gli scienziati. Gli attuali poli ghiacciati del pianeta non giustificano i 20 Km cubici d’acqua presenti nell’oceano preistorico. Se tutta l’acqua di Marte fosse finita per congelarsi ai poli, ora le calotte sarebbero molto più grandi delle attuali. Alcuni scienziati ipotizzano che tutta quella massa d’acqua sia finita sottoterra. Ma se fosse così i Rover terrestri l’avrebbero già rivelato. E allora?
Al momento sembrerebbero reggere due tesi: la prima è che un gigantesco pianeta errante, passando vicino a Marte, con la sua forza di attrazione abbia strappato l’atmosfera del pianeta e dissolto nello spazio tutta l’acqua della superficie; l’altra ipotesi, forse la più credibile, è che essendo Marte privo di uno scudo geomagnetico come quello del nostro pianeta, non abbia resistito ai venti cosmici generati dalle tempeste solari e che alla fine una o più “onde” solari super potenti abbia definitivamente compromesso l’atmosfera del pianeta spazzandola via e disperdendo le sue acque nello spazio.
Marte non ha un nucleo fuso di ferro come la Terra, un nucleo che girando in senso contrario alla rotazione del pianeta possa generare, come in una dinamo, un campo elettromagnetico tale da costituire uno scudo contro i raggi cosmici e i venti solari. Fatto questo che in maniera eccellente, invece, avviene sul nostro pianeta. In questo modo Marte da pianeta verde e con un grande oceano si è trasformato in quello che conosciamo, un pianeta sterile e deserto.
In tutto questo comunque c’è la conferma che qualche miliardo di anni fa il nostro cugino rosso aveva iniziato prima di noi la strada verso la vita biologica, partendo dalle sue acque e dalla sua atmosfera, peccato però che non ce l’abbia fatta. Il “testimone” in compenso è passato al nostro pianeta dove invece la vita qui si è fortemente affermata.
Gabriele La Malfa
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