Ricordo che sin dalla fondazione della Rete Bioregionale Italiana, avvenuta nel 1996, cercai di inserire nel discorso dell'attuazione di un nuovo sistema ecologista, adatto al mantenimento della vita sul pianeta, la proposta vegetariana. Nel frattempo, con il passare degli anni, vennero assunte da diversi membri posizioni contrastanti, una è quella che sostiene la necessità di mangiar carne, visto che l'uomo primitivo era sopravvissuto proprio con quella alimentazione, la posizione opposta è quella del vegani che propugnano una dieta assolutamente vegetale, giustificata da motivi etici ed animalisti.
Inutile dire che io personalmente, ma parecchi altri assieme a me, siamo rimasti convinti che il consumo dei prodotti cresciuti nel luogo in cui si vive, maturati spontaneamente, con l'integrazione di limitatissimi apporti di derivati animali, come il formaggio, il miele o le uova, ottenuti però con metodi naturali e da animali tenuti allo stato brado, possa essere una idonea risposta alla sopravvivenza, soprattutto nel nostro ambiente mediterraneo.
Ovviamente la sola agricoltura moderna, sia pur biologica, non è sufficiente a garantire tutte le proprietà di cui un organismo umano ha bisogno, da qui la necessità di attingere alla fonte ricchissima di erbe spontanee (che facevano parte della dieta mediterranea antica) e che possono fornire tutti gli oligoelementi e le vitamine necessarie a mantenere l'uomo in buona salute.
Tutto questo, però, non ha impedito all’agroindustria di spingere per le coltivazioni e gli allevamenti intensivi e per l’introduzione di immissioni OGM. Ma per fortuna, anche alcuni settori della società civile (vedi la recente campagna per l'Agricoltura Contadina) stanno attivandosi per rinforzare la produzione agricola organica e per incentivare la ripopolazione di aree rurali non soggette a coltivazioni estensive. Anche in Italia il ritorno alla campagna e il tentativo di autoproduzione ed autonomia alimentare, portata avanti da diversi gruppi di carattere bioregionale trova il favore di vari ambiti ecologisti in università e pensatoi d’Europa.
Il fatto è che per soddisfare la richiesta di cibo biologico, sempre più in crescita, è necessario che le tecniche organiche innovative, riconosciute come valide dalla Comunità Europea, siano adottate anche nei settori agricoli convenzionali ed in estensioni agricole facilitate ad una alta produzione. Il che significa che ampie aree attualmente utilizzate per l’agricoltura intensiva, che fa largo uso della chimica, dovrebbero pian piano essere riconvertite e recuperate per la produzione organico biologica.
Ovviamente questa spinta verso il biologico è anche incentivata dal numero sempre più alto di vegetariani naturisti che chiedono maggiore disponibilità sul mercato di prodotti biologici. Vegetarismo e diete naturali vanno infatti di pari passo.
Il movimento vegetariano e bioregionale in qualche modo è comunque riuscito ad influenzare gli indirizzi comunitari, promuovendo una maggiore sensibilità alimentare.
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