Nel 2100 è previsto che il 40% degli abitanti della terra sia africano, nel 2040 l’Africa sarà la più grande forza lavoro giovanile, in Africa vive il 17% della popolazione del nostro Pianeta con solo il 3% del PIL totale, nella parte subsahariana del continente 89 milioni di bambini non completano le scuole primarie, il 60 % della popolazione non dispone di acqua potabile.
Basterebbero questi dati per fare comprendere quanto complesso sia il sistema Africa, quali le potenzialità ed al tempo stesso quali i limiti attuali di un intero continente.
A Roma attualmente è visibile e godibile una mostra su questo tema allestita da ENI presso il MAXXI.E’ significativo che sia ENI ad organizzarla ricordando che oltre 60 anni fa il suo presidente di allora Enrico Mattei lanciò di fatto il progetto Africa coinvolgendo il paese produttore, l’Egitto, attraverso un contratto, negli utili delle risorse petrolifere estratte da suolo egiziano: una vera rivoluzione del tempo. Quella sensibilità di Mattei ,da qualcuno etichettata Africa per l’Africa non ha avuto il successo che meritava, se la situazione è quella di oggi. Ma la mostra, realizzata con tecniche assolutamente innovative-no foto, no video, solo design data visualization- attraverso la storia apre alla 10 speranza per questo continente con i dati e le prospettive di una crescente disponibilità di energia in tutte le sue forme, anche quelle basate su fonti rinnovabili.
L’accesso ai servizi energetici moderni è fondamentale per promuovere diritti, per l’inclusione sociale, come garanzia di una vita dignitosa. Gli investimenti in questa direzione avranno due effetti benefici primari: portare qualità della vita dove non c’è e mettere le basi per sviluppi economici futuri capaci di premiare chi ha investito.
Luigi Campanella
(Fonte: A.K. Informa N. 45)
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Mio commentino:
“Il
futuro umano è africano anche per altri motivi... ad esempio se
l'antagonismo fra oriente ed occidente arrivasse ad un climax
irreversibile, ovvero scoppiasse una guerra nucleare, tutte le
nazioni “civilizzate” sarebbero distrutte. Dallo sfacelo si
salverebbe molto probabilmente l'Africa, perché non coinvolta
direttamente nella guerra, ed a quel punto la civiltà umana (se così
ancora potrà chiamarsi) ricomincerà un'altra volta da lì...” (Paolo D'Arpini)
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