Nonostante le battute degli estimatori della nutella e delle merendine anni 80, la riduzione dell’uso di olio di palma nei prodotti industriali sta dando i primi frutti: in Malesia il governo non permetterà più l’espansione di colture intensive di palme da olio nel paese. Malesia e Indonesia sono i paesi che producono l’80% dell’olio di palma utilizzato nel mondo e le foreste ed i loro abitanti, per questo, hanno subito una distruzione sistematica.
Ma l’impatto più forte lo hanno le scelte politiche: l’olio di palma è utilizzato anche per fare carburanti e una delle azioni più importanti è stata quella del Parlamento europeo, che nel 2017 ha approvato a grandissima maggioranza (640 voti favorevoli, 18 contrari e 28 astensioni) una risoluzione in cui chiede l’introduzione di un sistema di certificazione unico per l’olio di palma in ingresso nel mercato dell’Ue e l’eliminazione progressiva dell’utilizzo di oli vegetali che causano deforestazione entro il 2020. Il governo norvegese ha già promulgato leggi che escludono dal commercio biocarburanti derivati da vegetali che causano deforestazione: saranno effettive il 1 gennaio 2020.
Nella stessa direzione sta andando anche la Francia, dove si è appena votato per togliere gli incentivi fiscali esistenti per i bio carburanti che contengono olio di palma, rimuovendoli dalla lista dei combustibili “verdi”. Nelle negoziazioni per la revisione della direttiva europea sulle energie rinnovabili nei trasporti, invece, l'Italia si è detta CONTRARIA a mettere fine all'uso di biocarburanti a base di olio di palma entro il 2021.
La Malesia è stata il paese con il più alto tasso di deforestazione nel mondo dal 2000 al 2012, con una perdita inestimabile di biodiversità e l’iscrizione di troppi animali nelle liste della prossima estinzione: la tigre, il tapiro, l’orangotango, l’elefante pigmeo del Borneo, il rinoceronte di Sumatra, la scimmia con la proboscide, il pangolino, il toporagno nero.
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