"...questo fermento che descriviamo nella nostra vita è solo apparenza, tutto è calmo sotto le onde..." (Saul Arpino)
Da Il Giornaletto di Saul, ho tratto un brano di Osho, non so in realtà da dove sia stato tratto, che dice: "Tra te e l’esistenza c’è un'immediata affinità. Tutto quello che devi imparare è come capire il linguaggio dell’esistenza. Conosci i linguaggi dell’uomo, ma non sono i linguaggi dell’esistenza. L’esistenza conosce solo un linguaggio: e questo è quello del silenzio..."
Ho empatizzato la forma trasformando il “tu” in “noi” togliendo il “ma” che blocca il discorso e trasmutando il “devi” in “possiamo” quindi: tra noi e l’esistenza c’è un immediata affinità. Tutto quello che possiamo imparare è come capire il linguaggio dell’esistenza. Conosciamo i linguaggi dell’uomo e non sono i linguaggi dell’esistenza: e questo è quello del silenzio. Che poi, riflettendo, Osho che parla del linguaggio del silenzio è un paradosso, da quel che so, mi sa che in tutta la sua vita non è mai stato un attimo zitto, almeno da quel che si racconta e da quanto scritto nei suoi libri, che non ho mai letto e come mi è stato detto sono trascrizioni di suoi discorsi, da parte dei seguaci.
Quindi se è così, c’è già un passaggio di trasmissione nei livelli di comunicazione, poi la traduzione dall’inglese all’italiano, un altro passaggio. Inoltre essendo trascrizioni di seguaci non si sa se veramente ha detto quel che è stato scritto e quindi forse alla fine non si saprà mai quel che ha veramente detto e pensato Osho, con tutte le verità e le contraddizioni raccontate e con tutta la letteratura susseguente che ne è venuta fuori, a volte anche simpatica, come le famose frasi di Osho in dialetto romanesco.
Molti traducono frasi di saggi e maestri con frasi tipo: “non devi...” solo in questo inizio, a livello di comunicazione empatica, ci sono già tre errori. primo, iniziamo la frase con una negazione. secondo la forma impersonale “tu” crea un distacco, un muro tra chi parla e tra chi legge e ascolta, molto meglio il più inclusivo “noi”. Terzo il verbo “dovere” verbo impersonale che detta una imposizione più che una scelta. Allora trasformiamo “devi” in “puoi o vuoi” quindi empatizziamo la forma di “non devi fare...” impositivo con “puoi fare questa cosa se non vuoi...” ancora meglio in “possiamo fare....”
In questi giorni si è svolto un raduno-incontro, non so come chiamarlo, a Milano con Amritanandamayi, conosco parecchi suoi seguaci così mi hanno invitato, presentandomi l’evento come bellissimo sia a livello spirituale sia a livello bioenergetico. Ho risposto che sono ateo agnostico e che rispetto e apprezzo quanti credono e hanno fede anche se queste manifestazioni mi fanno pensare un po' ai testimoni di Geova, non l'avessi mai detto! Sono stato accusato di essere un grande ignorante, che può anche essere vero, solo che invece di spiegarmi in modo semplice e convincente delle reali motivazioni, mi è stato trasmesso solo un senso di superiorità, sia nei miei confronti, sia nei confronti dei testimoni di Geova, che magari saranno a un livello più popolare di trasmissione, anche se alla fin fine l’importante è ricevere benessere psicofisico da una pratica spirituale, come nella musica per esempio: come si fa a dire che chi ascolta Gigi D’Alessio è ignorante!
Dipende dai livelli di accesso alle informazioni e dalle informazioni che riceviamo dal sistema in cui viviamo e dalla capacita di rielaborare queste informazioni. Come si sente spesso parlare di bellezza ”ritorno alla bellezza” o “educazione alla bellezza” anche se spesso chi nato vissuto e cresciuto ai limiti della società, come quelli che vivono ai limiti del sociale, nelle periferie urbane, spesso non sanno appunto neanche cosa sia la bellezza stessa, oppure ne hanno un concetto totalmente differente dal nostro.
Voglio altresì dire che è facile fare i bravi, essere ecologisti, fare il compostaggio domestico della spazzatura, l’orto sociale e condividere ideali e buone pratiche del vivere sociale, quando si sta nel benessere, come per esempio fanno alcuni che predicano alle televisioni e guadagnano milioni di euro e hanno magari la servitù domestica che fa tutte queste cose per conto loro. Invece quando si vive in un contesto di povertà, ai margini del sociale e spesso non si ha neanche il minimo per riscaldarsi e pagare le bollette che è anche la situazione di tanti pensionati, non ci si sta certamente a chiedere che cosa è la bellezza, la sostenibilità ambientale, l ecologia, il veganesimo, la macrobiotica e altre cose, quando appunto l’unico pensiero spesso è la sopravvivenza stessa e la necessita di riempire lo stomaco con quel che si trova, a basso costo, nelle periferia dell impero.
Tornando a me, mi sento libero, quando voglio, anche di entrare in chiesa e sentire un rosario o una messa o andare ad ascoltare una funzione nell’ashram di Babagi o degli Hare Krishna, apprezzandone le modalità espressive e magari riceverne anche eventuali sensazioni benefiche a livello psicofisico. Mi fermo qui, forse mi sono avventurato un po oltre e non so se si capisce quel che voglio veramente dire.
Riassumendo in parole povere ho la sensazione spesso di una realtà intellettuale radical chic veramente lontano da tematiche popolari e accessibili anche alle classi svantaggiate. Possiamo pure ammettere che non ce ne frega niente delle classi svantaggiate, solo che poi ci ritroviamo vittime pure noi di chi proclama slogan come “prima gli Italiani” e altre cose, anche perché lo stato ha smesso di fare qualsiasi programma di alfabetizzazione da almeno cinquantanni e l’unica educazione che subiamo e riceviamo dal sistema è solo consumismo. Infatti nonostante tutti ormai sappiamo adoperare un cellulare, fare i selfies postare una notizia o una foto un video e altre complicate forme di comunicazione, continuiamo imperterriti a buttare le cicche per terra e a riempire le spiagge di plastica...
Ferdinando Renzetti
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