La canapa per secoli e secoli è stata coltivata estensivamente in Italia, molto diffusa, conosciuta ed utilizzata in tantissimi ambiti sino alla fine della II Guerra Mondiale. Poi sono subentrati gli interessi delle multinazionali chimiche e del petrolio che avviarono una campagna denigratoria nei confronti di questa innocente pianta per favorire lo smercio dei loro prodotti sintetici. Ed ottennero il loro scopo, anche per il sostegno del governo USA, inventandosi il pericolo droga rappresentato dalla canapa, che da allora in poi fu identificata come “marijuana”.
La via d'uscita dalla situazione ridicola in cui l'Italia si è cacciata, acconsentendo alla demonizzazione della canapa, risiede ora nella totale liberalizzazione della coltivazione della canapa bioregionale, allo stato naturale, e non nel proibizionismo e nemmeno nella legalizzazione, cose queste che avvantaggiano le mafie e la corruzione.
Non sono d'accordo sulla legalizzazione della canapa per un semplice motivo ecologista la canapa è una pianta naturale utilizzata dall'uomo da millenni e proibita in Italia per assecondare i desiderata degli USA. Dopo pochi anni dalla proibizione della coltivazione della canapa nostrana, comparvero infatti sul mercato le qualità di canapa importate dalla mafia, per uso da sballo, ed il loro spaccio divenne un affare lucroso della malavita.
C'è da tener presente che la cosiddetta cannabis o marijuana è la medesima pianta di canapa cresciuta in particolari ambienti caldi che sviluppa quindi maggiori quantità di cannabinolo, esattamente come il vino siciliano è più ricco in gradi alcolici di quello inglese.
Quella stessa canapa che, coltivata in Italia, per intere generazioni contribuì al benessere della popolazione, con il sopraggiungere della proibizione e dello smercio abusivo di piante allogene ricche di cannabinolo diventò “droga”. E su questa droga ci hanno campato sino ad oggi torme di malavitosi, mafiosi, camorristi, santi coronati uniti, politici corrotti, ecc.
Infatti nell'immaginario popolare quando si parla di “droga” non si fa distinzione fra la canapa o gli stupefacenti, per la demonizzazione nei confronti di questa innocente pianta durante gli ultimi 70 anni.
Ma da un po' di tempo in vari ambienti politici e sui media di sistema si torna parlare di "legalizzazione della cannabis" (vedi anche il recente articolo su L'Espresso: https://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2021/01/22/news/federico-cafiero-de-raho-droghe-leggere-1.358728?preview=true).
Finché la canapa non potrà ritornare libera nei nostri campi e giardini, assieme a tutte le altre piante medicinali, alimentari e di varia natura, non potremo mai attuare una sana ecologia botanica...
Perciò la via d'uscita da questa situazione ridicola in cui l'Italia si è cacciata risiede soltanto nella totale liberalizzazione della coltivazione della canapa bioregionale, allo stato naturale, e non nel proibizionismo, che avvantaggia le mafie e la corruzione - e nemmeno nella legalizzazione che consentirebbe proventi illeciti allo stato (come avviene per l'alcol e le sigarette, questi sì veleni mortali).
Per fugare eventuali dubbi dei lettori faccio presente che non sono consumatore in alcun modo di sostanze tossiche, né di vino, superalcolici o tabacco, ma la battaglia che sostengo ha il solo scopo di salvaguardare la natura e la vita sul pianeta.
Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana
P.S. Per approfondire la comprensione dell'argomento trattato. La coltivazione della canapa sativa è consentita con l'acquisto delle sementi nei consorzi, sementi "trattate". La suddivisione della canapa in "famiglie" separate è del tutto artificiale. Per quanto riguarda la canapa la famiglia è unica, le piante maschio e femmina possono incrociarsi né più né meno come un aborigeno australiano può incrociarsi con una donna eschimese. La canapa bioregionale italiana ha caratteristiche diverse dalla cannabis indica. E nell'articolo si parla di canapa bioregionale. La quantità di cannabinoidi contenuta nella canapa originale coltivata in Italia è di molto inferiore alla quantità contenuta nella canapa coltivata in India. Anche se le piante di canapa indiana crescessero liberamente in Italia dopo poche generazioni perderebbero la quantità di cannabinoidi originale per uniformarsi alle quantità delle piante bioregionali italiane. (P.D'A.)
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