Alla Camera il match incrociato dei partiti.
Questo il titolo del pezzo de “Il Manifesto”, del 23 marzo 2023, a firma di Andrea Colombo, dedicato alla premier che comunica alla Camera, dopo il Senato, in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo.
Il giornalista osserva: “L’Ucraina è un nodo reale, il più intricato che ci sia oggi, ma è anche uno strumento da adoperare (per la contesa sulle nomine- ndr). Matteo Salvini la usa per tenere la premier sulla corda”. E questo si manifesta attraverso la simbologia dei ministri leghisti non presenti sul banco del governo.
Nell’evento però non è infondato vedere una certa insofferenza del partito di Salvini per la posizione espressa in Senato da Giorgia Meloni sull’invio di armi a Kiev.
(Già il 21 marzo al Senato il capogruppo leghista Massimiliano Romeo aveva frenato sulle armi a Kiev facendo riferimento a "rischi dalla corsa alle armi").
Al netto di questo teatrino sul vuoto, alla fine rattoppato, dei leghisti tra i banchi del governo, al momento del voto sulle risoluzioni non si è registrata nessuna sorpresa, col documento di maggioranza approvato senza problemi e quello del Terzo Polo di AZIONE+IV parzialmente sostenuto anche dal centro-destra (il documento si è votato per parti separate).
Ettore Rosati di IV: “Lei, signora Meloni, si può permettere la sua posizione netta perché c’è un pezzo di opposizione che condivide questa linea”.
Le opposizioni, come al Senato, si sono schierate in ordine sparso alla Camera. Ma con intenzioni presuntamente pungenti nelle loro accuse. Si è già citata la disponibilità di Calenda-Renzi a fare da sponda militarista. Ma anche il PD di Elly Schlein, che si è fatta notare per la sua assenza, si è buttato a giocare sulle crepe del centrodestra. Ricorda Enrico Borghi che “Meloni dice in aula che dobbiamo arrivare al 2 per cento delle spese militari sul PIL e il capogruppo della Lega Romeo dice l’opposto”.
Marianna Madia: “Tenga d’occhio i suoi alleati, noi faremo altrettanto dalla nostra parte”.
Ma è evidente che il PD su questo punto delle armi a Kiev sconta le difficoltà e l’imbarazzo della sua neosegretaria.
Commenta Andrea Colombo: “Scegliere (da parte della Schlein – ndr) di non parlare non è una gran bella figura. (La sua controfigura Madia-ndr) non spiega perché, essendo del tutto d’accordo, il PD non vota la parte della mozione di maggioranza sulla guerra, come fa invece il Terzo Polo. È un autogol e un passo falso da parte della nuova segretaria dem che di fatto ha lasciato ieri la bandiera di speaker dell’opposizione a un Conte in ottima forma”.
Ma come è possibile coprire con spiegazioni posticce una incoerenza palese, caro Colombo?
È il Fatto quotidiano che, come al solito, fa da cassa di risonanza all’intervento di Giuseppe Conte.
Titolo dell’articolo a firma di Luca De Carolis: “Conte attacca: L’Italia in guerra, la premier è una faccia di bronzo”.
“Il 1° marzo 2022 il Parlamento approvò un decreto che autorizzava Draghi a inviare forniture militari all’Ucraina, ma con precisi limiti. Noi, 5 Stelle, non senza tormenti di coscienza, decidemmo di non abbandonare un Paese aggredito, nella convinzione che alle armi si affiancasse una forte iniziativa diplomatica. Ma oggi possiamo dire che quei limiti e quelle premesse sono stati traditi, prima da Draghi e adesso dal suo esecutivo, che è la brutta copia del governo Draghi”.
Conte insiste: “Ci state trascinando in guerra, per inseguire una vittoria militare sulla Russia”. Osserva De Carolis: sono parole rivolte anche al PD, che non cita.
Giorgia Meloni replica con delle domande da rivolgere a chi parla di pace “facendo propaganda sulla pelle di una popolazione sovrana”.
“Quali sono le condizioni per aprire un tavolo di trattativa? Ritenete che si debbano rivedere i confini dell’Ucraina oppure no?”
Condizioni non ce ne devono essere, a parte il cessate il fuoco delle parti belligeranti. È questa una convinzione dei pacifisti, almeno dei pacifisti “esigenti” (quelli del presidio in piazza dell’Esquilino), ma anche di una strana corrente di pensiero “trasversale” che si sta profilando.
Potremmo chiamarla del “pacifismo utilitaristico”.
La può esprimere, ad esempio, un convegno tenuto nei pressi di Montecitorio organizzato da “Avvocatura in missione”, che ha riunito uno schieramento trasversale – Romeo (Lega), Delrio (PD), Patuanelli (M5S), Gasparri (FI) e Alemanno - per ribadire l’esigenza di andare oltre la ricerca della soluzione armata.
Ne riferisce il quotidiano Avvenire in un articolo a firma di Alessia Guerrieri. Titolo: “Nasce il fronte trasversale che chiede una mozione per favorire la pace”
L’idea è quella di una mozione parlamentare unica “che chieda al governo un’azione diplomatica forte a livello europeo, prima per il cessate il fuoco e poi per la fine definitiva della guerra, “costringendo” le parti a trattare”.
Ecco quanto Romeo “preoccupato” chiede alla premier Meloni: “approfittando di questo momento di stallo del conflitto, cerchiamo una via diplomatica per chiedere uno sforzo europeo almeno per la tregua”.
Graziano Del Rio: “Un anno fa era comprensibile inviare armi per sostenere il diritto alla resistenza. Ma ora è necessario che la grande assente – l’Europa – prenda la sua iniziativa di pace. Su questo tema deve esserci un dialogo trasversale”.
Patuanelli dei Cinque Stelle, propone gli stessi toni. “Oggi si deve lavorare per una tregua e poi fare sedere gli attori intorno a un tavolo”. A suo parere, la fine dell’invio di armi può rappresentare l’unico elemento di discontinuità per iniziare a ragionare di pace”.
Maurizio Gasparri: “Va evitato che la Russia finisca nelle braccia della Cina. Spero si torni allo spirito di Pratica di Mare, cioè leali nel posizionamento, ma non ottusi nel ragionamento”.
Don Stefano Caprio: “Bisogna rimettere al centro l’idea di una trattativa di pace, magari utilizzando la via proposta dal Papa, con la Chiesa come mediatore”.
Gianni Alemanno, portavoce del Comitato “Fermare la guerra”: “Se l’Italia non agirà nel senso di chiedere il cessate il fuoco, offrendo la sospensione dell’invio di armi, il Comitato “Fermare la guerra” è pronto a raccogliere le firme e ad aderire al quesito referendario “ripudia la guerra”.
Il pacifismo si fa vivo con Milex che mostra la sua natura professionale e fa i suoi calcoli tecnici.
Luca Liverani intervista su Avvenire Francesco Vignarca: “Gli aiuti militari sono già costati all’Italia quasi un miliardo di euro”.
Articolo interessante per chi ricerca stime economiche da ragioniere dei conti pubblici. Ma da “persuasi”, attivisti guidati intelletto, passione e volontà concordanti, può e deve bastare la dichiarazione fornita all’inizio del 2023 dal ministro degli esteri Antonio Taviani: “L’aiuto che abbiamo dato all’Ucraina ammonta a circa 1 miliardo di euro di controvalore in armamenti”
Il pacifismo esigente è raccontato, da Luca Liverani, sempre su Avvenire del 23 marzo, quando si riferisce del “presidio pacifista contro il decreto sulle armi a Kiev”.
Nota del Redattore - Inviare armi è utile solo a esasperare il conflitto e danneggia il popolo ucraino, gettando benzina sul fuoco della guerra. Siamo contro l’escalation e per la difesa nonviolenta. L’Italia dovrebbe ripudiare la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, come dice l’articolo 11 della Costituzione. E papa Francesco ci ricorda che “non esistono guerre giuste”. Al presidio del 23 marzo u.s. è stata annunciata la promozione di un referendum popolare contro l’invio di armi all’Ucraina, con una raccolta dopo Pasqua.
Alfonso Navarra - Disarmisti Esigenti
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