Aurea l’acqua che balla sulla via dell’arcobaleno la città del sollievo e dell’asino d’oro sul passo godi con tanti teatranti e accordi scordati nel paese della musica: l’albero che suona il senti senti senti sento senti senso un cucchiaio di elicriso secco mezzo litro di acqua un po di zucchero e qualche goccia di limone elisir della felicità.
Nella tasca del pastore non mancano mai aglio zafferano liquirizia e i preziosi confettini di sulmona con pezzetti di cannella dentro.
Nota - mi piacerebbe andare o tornare a scanno alle glorie fuochi rituali di san martino uno dei paesi piu belli d’abruzzo poi sabato nella grande e bella piazza di sulmona forse la piu bella del regno di napoli con il bellissimo mercato e domenica nella vicina introdacqua la festa del ringraziamento dei frutti della terra dove sono stato gia altre volte.
Prendendo spunto qua e là, ho scritto questo breve racconto tra leggenda psico-storia e fanta-archeologia. Maja simbolo della fecondità della terra, madre del gigante Ermete, nutrice di Arcade figlio di Zeus e della ninfa Callisto e ancora Maja la più bella delle Pleiadi che venne trasformata in stella da Artemide che voleva salvarla da Orione. Narra una leggenda che Maja per salvare il figlio ferito Ermete consultò gli oracoli che le risposero che se voleva salvarlo doveva seguire il corso del carro di apollo oltre il mare dove poteva trovare una pianta magica che poteva salvarlo. Cosi attraverso faticosamente il mare con il figlio ermete che, arrivato nella nuova terra trovata oltremare seguendo il corso del sole, si accasciò al suolo. Era inverno e la pianta non era ancora fiorita cosi il gigante ermete mori e si trasformo in una enorme montagna di pietra. Maja rimase a vegliarlo, quando in fin di vita invoco gli spiriti della terra che accorsero in suo aiuto. Maja raccomando loro l’equilibrio e la bellezza della montagna. Dopo la morte anche lei si trasformo in pietra e in montagna maja majella, montagna della libertà, per il mare che si vede all orizzonte e anche per la storia che si porta dietro. Maja la montagna madre e il figlio ermete, il gran sasso, un enorme gigante addormentato. Infatti narra la leggenda che l’equilibrio e la bellezza di queste montagne non sia affatto fortuita, non fu il caso a tracciare il percorso dei ruscelli e i salti nel vuoto delle cascate, ne fu la fatalità a disporre sui versanti di alta quota boschi imponenti intervallati da prati odorosi e radure ombreggiate ne tantomeno fu la coincidenza a far nascere i fiori nelle valli anzi l’equilibrio e la bellezza non sarebbero mai durati tanto a lungo senza un costante e capillare controllo delle montagne. Chi pianta gli alberi chi ripara le sponde dei corsi d acqua chi raccoglie i semi di tutte le piante e li mette da parte per far si che non vadano persi, sono gli spiriti naturali invocati da maja che fanno tutto questo e hanno come missione quella di sorvegliare montagne boschi e ruscelli e di proteggere tutti gli animali che ci abitano. Sono i tutori millenari e rappresentazione della coscienza ambientale della tradizione popolare dei territori montani.
Racconta un altra leggenda che anticamente i solariani o Atlantidei giunsero in queste parti del mondo e progettarono e pianificarono questo territorio a loro uso e costume, soprattutto le acque per produrre una energia definita poi in seguito vrill e il calcare reso fluido e malleabile. La forza delle acque in questo modo scavò le profonde gole del sagittario e di fara san martino. Gli Atlantidei lasciarono una traccia indelebile del loro culto del sole in un segno trasmessosi nel tempo per continuità culturale alle comunità vissute in seguito tra queste montagna e dove è rimasto il simbolo solare per eccellenza: un sacro ciondolo d’oro ancora in uso. Chiamato presentosa a sette a nove e a undici raggi; col tempo ha perso il suo significato originario o le comunità ne hanno cambiato il significato proprio per nasconderne l’origine sacra. Oggi viene usata nei fidanzamenti e nella promessa d’amore tra i giovani uniti anch’essi in qualcosa di sacro: l’amore di una vita.
Una ulteriore leggenda racconta che il lago di Scanno fu creato appositamente per coprire qualcosa di segreto che si trova ancora nascosto sul fondo del lago. Una storia racconta che anche il lago del fucino fu creato artificialmente per coprire una grande e antichissima città sepolta ancora oggi sotto al limo e ai depositi alluvionali della pianura del fucino. Fu proprio sulle rive di questo lago che gli antichi Marsi hanno trovato grandi pietre ammucchiate e mura poligonali e strani oggetti come elmi scudi lance spade in rame e bronzo. Antichi strumenti che i Solariani usavano per proteggersi e direzionare il vrill l’energia segreta, rappresentata nei scudi e sulle corazze con una figura zoomorfa definita come la kimera dei marsi. Gli scudi stessi potrebbero essere antiche mappe stellari o codici ancora da decifrare. Questi uomini arrivati in seguito, i Marsi, non sapendo che fare con questi oggetti di cui non conoscevano origine e funzione, iniziarono ad usarli in modo diverso e cosi nacque la guerra. Sulle rive del Fucino è sorta una delle scuole di metallurgia più importanti dell’antichità per forme astratte o geometriche,bellezza e raffinatezza dei materiali e delle lavorazioni e raffigurazioni.
in questo scritto, a parte se siano vere o no le storie, Maya e Vrill sono il simbolo della creazione attraverso il cambiamento. Anche noi nella vita combiniamo qualcosa, di buono e di male cambiando e mettendoci in gioco ogni giorno. Si arriva anche alla guerra, come nella storia di Vrill. Un giorno avverrà che nei cambiamenti umani anche la guerra sarà eliminata.
Elicriso. Conosciuta anche come “erba liquirizia” per il suo aroma, “erba respiro” per le sue proprietà balsamiche o “sempre vivo” per la sua longevità e capacità di crescere anche fuori dalla terra, è una pianta ricca di credenze “portafortuna”, protagonista di miti e leggende sull’amore, apprezzata e riconosciuta da sempre anche per le sue proprietà officinali potentissime per il nostro benessere naturale con infusi di fiori e sulla pelle con oleoliti e oli essenziali.
Il confetto di sulmona è una specialità dolciaria tipica della città di Sulmona dove esiste la più antica fabbrica del dolce. Il confetto ha una storia antica; una piccola bottega artigianale sorgesse, nel XV secolo, presso ilmonastero di Santa Chiara. Esistono varie tipologie di confetti sulmonesi,
Bianco: utilizzati per il matrimonio
- Rosa: nascita e primo
- anniversario di matrimonio
- Celeste: battesimo e
- prima comunione
- Rosso: laurea
- Verde: Nozze di Bronzo
Le mandorle sono coperte da uno sciroppo di zucchero bianco oppure colorato, al completamento della confettatura. Le mandorle sono pulite e lavorate. Sottoposte ad asciugatura con aria calda, l'acqua evapora e viene lasciato uno strato uniforme di zucchero sul cuore della mandorla. Il confetto sulmonese non viene preparato con l'uso di farine e amido, e la particolarità risiede nella qualità della mandorla stessa, e nell'involucro avvolgente, che viene lucidato nella fase finale.
Il termine zafferano è attestato nella lingua italiana dal XIV secolo e deriva dall’arabo zaʿfarān (زَعْفَرَان), che equivale al persiano zaâfara, termine indicante il croco. La parola è giunta alla lingua italiana attraverso la forma del latino medievale safaranum. Una derivazione alternativa vorrebbe che zaʿfarān sia la forma resa in arabo della parola persiana زرپران zarparān, data da zar + par + -ān, propriamente "alle ali d'oro". Ancora più antico è l’accadico azupiranu, "zafferano".
liquirizia dal lat. tardo liquiritĭa(m), che è dal gr. glykýrrhiza, comp. di glykýs ‘dolce’ e rhíza ‘radice’, con influsso di lĭquor ‘liquido’. le radici sono usate per preparare il succo di liquirizia, costituito dal loro estratto acquoso dopo lunga preparazione forma una massa semisollida forgiabile in bastoncini. Pianta erbacea perenne delle leguminose papiglionacee (Glycyrrhiza glabra), detta anche popolarm. regolizia, originaria del Mediterraneo e dell’Asia centrale.
La bhadaseme: il ballo della pupazza, in dialetto introdacquese Bbhandaseme, è una tipica rappresentazione polare che si tiene nell’ambito delle feste patronali in molti paesi dell’Abruzzo. si tratta di un grosso fantoccio di sembianze quasi sempre femminili, costruito con una intelaiatura di canne ricoperte di carta sottile , al cui interno trova spazio la persona che dovrà ballare mentre al suo esterno vengono applicati numerosi giochi pirotecnici collegati in successione dalle micce. anticamente il ballo della pupazza aveva un significato propiziatorio e di chiusura della festa che terminava co l’accensione del fantoccio stesso. il suo fascino è dovuto al carattere e alla personalità che le viene conferita sia dall’aspetto esteriore, sia dal ballerino che la anima. essa deve sorprendere, impressionare spaventare incutere timore e meraviglia, per questo motivo esce all’improvviso da una stradina buia, dalla parte vecchia del paese, preceduta dalla banda e accompagnata da un corteo.
La Presentosa: Simbolo d’amore. Gioiello tipico della tradizione orafa abruzzese. tale gioiello ha origine settecentesca. la sua forma è composta da un telaio di forma stellare, nella parte centrale ci sono uno o due cuori. simboli di amore e felicità. lo spazio circolare interno è riempito da spiralette realizzate in filigrana. questo gioiello lo ricevevano le giovani donne come promessa d’amore, era un dono, un presente da cui deriva la definizione dialettale presentenze e la successiva presentosa. questa veniva regalata dai genitori dello sposo il giorno della promessa di matrimonio alla futura sposa; o dallo sposo come pegno d’amore prima di tornare con il gregge per l’inverno nelle puglie, con il fenomeno della transumanza fissando così la data delle nozze in occasione del suo ritorno. il linguaggio simbolico consente la comunicazione solo all’interno del popolo che condivide quella particolare cultura: con un solo cuore al centro della stella si rendeva noto alla società lo stato nubile dell’indossatrice. questo tipo di presentosa era donata dalla madre o da entrambi i genitori alla giovane in eta maritale. il monile recante i due cuori, legati da una chiave o da un nastro era donato dai suoceri, come pegno d’amore come patto di promessa sposa. la donazione veniva allorquando si facevano le presentazioni dei rispettivi genitori. da quel momento in poi verso il contesto sociale la presentosa assumeva tutta una serie di significati, uno di questi era che la donna era sentimentalmente impegnata.
lu Ferre è uno strumento per creare le ferratelle, chiamate nelle diverse località abruzzesi anche Neole, Pizzelle, Cancellate. Si tratta di cialde cotte all’interno del “ferro” appena incavato e a doppia piastra, che “imprime” una caratteristica forma, solitamente rettangolare, tondeggiante, a ventaglio o a cuore, contrassegnata dalla forgiatura in rilievo con la tipica trama a rombi. Grazie a questo strumento antico è possibile preparare i dolci tipici abruzzesi.
Nella metà del 1700 fu inventato, un attrezzo molto simile a una chitarra, chiamato Maccarunare o “Carrature”, formato da un telaio rettangolare in legno di ciliegio o acero con sopra dei fili di rame oppure di ottone posti uno accanto all’altro alla distanza di poco più di un millimetro, un consistente numero di chiavi per tenere i fili sempre tesi, un piano sul quale cade la pasta. Queste macchine casalinghe venivano portate anche in dote dalla sposa al momento del matrimonio.
Coltivato da secoli il biotipo “Aglio Rosso di Sulmona” ha bulbi racchiusi in tuniche di colore vinoso la testa serrata e compatta e il sapore piccante. L’elevato contenuto di principi attivi conferisce al prodotto un sapore particolarmente piccante mentre l’alto contenuto di oli essenziali lo rende adatto ad un uso farmacologico ed erboristico. Gli agli, intrecciati abilmente dai coltivatori rigorosamente a mano, formano una treccia lunga e omogenea che viene utilizzata anche come ornamento nelle abitazioni.
L’aglio rosso è un prodotto antico quanto la terra che abita. L’origine dell’aglio, Allium Sativum, è incerta. Già utilizzato dagli Egizi e dai Sumeri circa 4000 anni fa, è menzionato nella Bibbia come “il bene più prezioso lasciato dagli Ebrei durante la fuga dall’Egitto”;in un papiro medico egizio, è definito rimedio efficace contro i dolori e le punture di insetti; nell’antica Roma veniva usato sia dai contadini che dai soldati, distribuito nelle legioni per prevenire le infezioni. Dell’aglio rosso di Sulmona troviamo testimonianza in diversi testi storici: il primo risale alla metà dell’Ottocento quando si racconta della grande varietà di colture presenti sul territorio sulmonese con un particolare riferimento al commercio dell’aglio; si afferma che “oltre delle dette piante ortensi, sonovi pure l’aglio, che piantato vicino alle rose accresce il loro odore”.
Notizie riportate da Ferdinando Renzetti
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