Non ci sarà altro destino da quello infernale, che quotidianamente ci accompagna, finché la bellezza resterà fuori dal centro delle azioni. È finché resterà fuori, il brutto e il male seguiteranno a contagiare i pensieri e lo spirito degli uomini. Considerare un dovere sociale tenere al centro il razionale, il tecnologico, l’economico e l’interesse personale, è il compimento del brutto in quanto affermazione babelica, separazione dall’origine, esaltazione di sé.
La bellezza quando è solo una parola, riferisce di una categoria nella quale abbiamo posto qualcosa o qualcuno. Quando è invece una vibrazione reifica un universo in cui le relazioni sono regolate prioritariamente dall’energia estetica, dal modo estetico di concepire, intendere il mondo, il prossimo, la realtà. La modalità estetica risiede nel pre-pensiero. Il pensiero organizzato, interessato e politico la deturpano.
Diversamente dalla modalità etica – suo opposto energetico – intenta ad affermare un ordine nelle relazioni, nella realtà e nel mondo, quindi rappresentabile dalla geometria piana, dalla fisica classica e dall’informatica, quella estetica ha un carattere fluttuante, risente di tutto e ha il pregio di condurci a noi stessi a farci riconoscere la nostra vera natura, sempre imbrattata e nascosta da strati di nozioni etiche e dei suoi saperi analitici.
La cultura materialista in cui siamo immersi, tende ad allontanarci dal senso della vita riducendolo al senso del successo. Un territorio in cui la bellezza è ridotta alla parola che allude al bello, ma non contiene il bene, e a uomini senza bellezza, ma pieni di individualistica vanità, tanto che si è separata la bellezza dal bene, credendo di fare scissione innocua. Una separazione tanto profonda che li porta a deridere certe conclusioni. Del resto, come ci racconta Lao Tsu, quando lo stolto sente parlare per la prima volta del Tao scoppia a ridere.
Nel caso etico siamo spinti a eleggere gli uomini a proprietari del mondo e di se stessi. In quello estetico diviene possibile conoscere attraverso il sentire, la liberazione dal conosciuto e la corrispondenza con il cosmo.
L’etico produce norme. L’estetico poesie.
L’etico amministra l’esistente. L’estetico ricrea.
L’etico segue canali ereditati. L’estetico ascolta il mondo.
Il primo usa la matematica, la statistica, gli algoritmi. Il secondo utilizza il terzo occhio.
Uno ritiene che la conoscenza sia da acquisire, l’altro che è già in noi.
L’etico è entro una capsula impermeabile se non dalla norma. L’epidermide dell’estetico è sottile e vibrante come una vibrissa.
Ideologie e relativi dogmi, differenze e separazioni sono il basamento dell’incastellatura etica. L’identicità degli uomini, la maschera delle forme, e ritenere tutto espressione della vita, lo sono per la prospettiva estetica.
Per l’etico esiste l’eretico. Per l’estetico non esiste eresia, neppure quella etica.
I computatori della vita sono meno inclini a sfruttare le informazioni su se stessi fornite dalle emozioni. Sono più stabili ed equilibrati, ma meno impediti a cambiare sembianze, a divenire altro da sé, a sfruttare la contemplazione per conoscere e la meditazione come medicina. A vedere e muoversi secondo bellezza. Non è per loro previsto.
Agli esseri estetici è come se piacesse il rischio. Puntare tutto sulla bellezza richiede fanciullezza, sconsideratezza, inconsapevolezza delle conseguenze e fede. Visti con ottica etica, sembrano coraggiosi e avventati. Al contrario, quelli etici, visti con ottica estetica, che si muovano con accortezza, non sono che pusillanimi. Un po’ come per i materialisti che non sospettano neppure che i loro attrezzi non servono per lavorare al banco alchemico, l’uomo etico, logico, razionalista, concreto, non ha modo di concepire il mondo se non nella sua espressione storica. A lui piace fermarsi al dito. Della luna non sa che farsene. Concentrato sui particolari da mettere e tenere in ordine non la vede.
La bellezza è anche una modalità di ricerca e una discriminante. Essa si rivela ascoltando, anche se nascosta da sembianze che non la evidenziano. Quando la bellezza accade, quando è centrale nelle relazioni, si realizza quella realtà estatica sempre cercata. La sola che conta, in quanto la sola in grado di dare senso alla vita, in quanto benessere intimo e relazionale, in quanto premessa necessaria alla benevolenza e alla gratitudine incondizionata.
Il senso della vita concepito, soddisfatto ed esaurito in ambito etico-amministrativo, allude a titoli, denari, dialettica, saperi cognitivi, vita regolata dal diritto e dimenticata dalla natura, cultura intellettual-tecnicistica.
Differenze formali di senso, ciò che conta, riguarda la compagnia del baratro nero, che accompagna la modalità etica. Un abisso in cui il rischio di cadere corrisponde alla presa di coscienza di avere dedicato l’attenzione a confondere le autoreferenziali infrastrutture per verità.
Essere coinvolti in una caduta della bellezza nella relazione, ossia al tradimento spirituale, arresta i processi vitali-creativi. Essere forzatamente sottratti dalla bellezza è un’esperienza grave, un crollo emozionale. È quanto accade nella prevaricazione della norma, della sua limitatezza, nel campo libero e infinito dell’amore.
Ma le cose si muovono, i ruoli si invertono. Tendiamo a passare da una affermazione al suo opposto, e a tutti i grigi intermedi, in funzione di esigenze e circostanze più forti dei nostri valori e della nostra disciplina e stabilità. Nessun uomo è un tipo puro, e chi lo è più degli altri è tanto più specialisticamente forte, quanto più olisticamente vulnerabile se opportunamente toccato. Anche se – in senso lato – il nostro segno zodiacale e ascendente ci spingeranno sempre verso la loro concezione delle cose, tutti corrispondiamo alla verità dell’yin e yang, ovvero in ognuno c’è parte dell’altro. L’opposto che fuggiamo è il primo generatore di quanto desideriamo essere.
Lorenzo Merlo
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