Per introdurre più incisivamente il lettore nel tema che dà il titolo al presente lavoro è opportuno richiamare la sua attenzione sull’evento forse più decisivo per le sorti dell’umanità verificatosi nella preistoria umana.
In estrema sintesi l’uomo per lunghissimo tempo ha vissuto nell’Africa intertropicale sua patria d’origine nutrendosi esclusivamente con la frutta che trovava nella foresta in armonia con le sue caratteristiche di animale fruttariano (frugivoro) comprovate dalla sua anatomia, dalla sua fisiologia, dai suoi istinti.
Quando, per effetto di grandiosi accadimenti geologici e meteorologici (glaciazioni, pluviali, siccità, formazione della Great Rift Valley), la foresta scomparve l’uomo perse il suo habitat originario il suo paradiso terrestre e divenne animale da savana. Non trovandovi più la frutta che era ed è il suo cibo naturale dovette per sopravvivere nutrirsi oltre che di semi di graminacee anche di carne e divenire quindi cacciatore da raccoglitore qual’era, con l’aiuto del fuoco naturalmente. “Pertanto – afferma l’etologo inglese del mondo Desmond Morris – l’uomo è un vegetariano divenuto carnivoro”
Ma c’è da fare una considerazione ben più importante: mentre nella sua foresta l’uomo da fruttariano si alimentò utilizzando le proteine fornitegli in giusta misura dalla frutta suo cibo naturale, quindi l’ottimale sul piano nutrizionale, quando divenne animale da savana dovette invece forzatamente utilizzare le proteine della carne altamente concentrate fornitegli dai cadaveri degli animali trovati uccisi (sciacallaggio) o che lui uccideva; orbene, le conseguenze sulla vita dell’uomo di una così cospicua devianza alimentare furono immediate e catastrofiche sia in termini di salute che di durata della vita come accertato dal più dai più illustri paleoantropologi, basta citare per tutti Reay Tannahili che nella sua pregevole “Storia del cibo”, ci documenta al riguardo con ampiezza a conclusione dei suoi studi “Meno della metà della popolazione sopravviveva oltre all’età di vent’anni e 9/10 degli adulti restanti morivano prima dei quarant’anni” E ancora “Un uomo di quarant’anni doveva sembrare un centenario”,
Naturalmente, occorre mettere in conto anche il fatto che mentre un frutto è un cibo vivo (ne è prova tra le tante anche il fatto che la sua maturazione spesso può continuare anche dopo che è staccato all’albero), la carne ricavata da un cadavere oltre che fornire un’energia degradata , è sede ormai solo di processi degenerativi (decomposizione, putrefazione) che sono segni indubbi di morte già avvenuta.
(Prof. Armando D’Elia: “Miti e realtà nell’alimentazione umana” – Capitolo introduttivo, paragrafo 8.)
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