domenica 29 settembre 2024

Non è come se il pianeta terra fosse tutto?

 


Non è come l’aria, leggera e imprendibile, presenza e assenza colui che mostra sensibilità insolita, che pone cure e attenzioni dove non ci eravamo mai posati, se non magari, per ragioni diverse, financo opposte? Non è come l’aria colui che non sta in un’agenda, in un orario, in una promessa? Non è aerea certa sconsiderata libera creatività? Non lo è l’impossibilità di reggere il fardello della vita rinchiusa nelle norme?

Non è come la terra, ferma, pesante, solida, rassicurante colui a cui ci riferiamo per trovare o dare consistenza al nostro incedere? E non è come la terra colui che osserviamo immobile nel suo vivere, nervosamente allergico a ciò che già non c’è, intollerante nei confronti di chi a lui non conviene? Non è terrea certa continuità, certa allergia al mutamento? Non lo è l’inettitudine a comprendere il mondo estraneo alle categorie e classificazioni in cui si riconosce?

Non è come l’acqua, penetrante, apparentemente inconsistente, profondamente ostinata e spietata, volatile da aerea a materica colui che sembrava qui ed invece era là? Che, debole, facilmente si fa mettere dove si preferisce, e imprevedibilmente sta dove non avremmo creduto? Sempre pronto ad annunciare ciò che non avevamo sospettato? Non è liquido il suo peregrinare per tutti i luoghi? Non lo è il suo mutare nel viscido e nel falso, quando spirito e forza d’animo non lo sorreggono?

Non è come il fuoco, devastante e inavvicinabile colui che sembra procedere come un panzer su un praticello, qualunque siano gli ostacoli che si frappongono al suo avanzare? Colui che senza intenzioni specifiche tiene distante o, incomprensibilmente, si lascia avvicinare? Non è focosa l’esuberanza, eruzione delle proprie convinzioni? Non lo è la sua costrizione a rogo compiuto?

Non è come un rinchiuso in se stesso colui che deride ciò che, a suo dire, non è scienza? Per esempio l’astrologia, l’alchimia, l’ermetismo, lo zen, la conoscenza estetica e perciò quella delle tradizioni sapienziali elaborate dagli uomini nel corso della storia, alle quali bisogna aggiungere quelle preistoriche? O erano stupidi perché non avevano studiato? Crederli tali, non è come misconoscere le culture altrui ed eleggere la nostra? Come affetti dall’ identificazione con il procedere tecnologico, grave patologia endemica della cultura materialista?

Così avanzando non è perciò considerarsi indipendenti dal mondo, perfino superiori e anche detentori? Non è credere di essere veramente l’io con cui ci descriviamo e descriviamo gli altri? Ovvero non è come essere impediti dal riconoscere il profondo significato della caducità del proprio pensare e fare? Non avanzare a petto in fuori sulla sottile domopaktica superficie che avvolge il cosmo, credendo che nulla esista oltre ad essa?

Non è tragico, esiziale e mortifero ciò che ne deriva, verrebbe da domandarsi e da credere. Ma che altro fare, dove altro andare con questo uomo, con questa cultura se non sotto la gogna in cui ci troviamo?

Osservare lo stato delle società odierne, non ci basta per porre freno al sistema che ci ha condotti nello stato malato in cui versiamo. La politica procede salariata da coloro che desiderano e realizzano lo stato delle cose. La democrazia gode ancora dell’incredibile presenza sulle bocche dei fautori di guerre, censure, restrizioni indebite, abusi di potere, minacce, controllo, ricatti, media avvelinati.

L’uomo, che sempre con qualcosa si identifica per sentire esistere se stesso, ha ora modelli che nulla hanno a che vedere con ciò che lo salverebbe dal male suo e da questo provocato ad altri. Se il potere più forte dell’educazione sta nell’esempio, ciò a cui assiste, ciò in cui è immerso, indipendentemente dai discorsi intonacati di giustizia, uguaglianza, solidarietà, sviluppo, ambiente, non potrà che formare uomini-stampino, il cui valore consisterà nel replicare la cultura del domopak.

Populisti sono detti coloro che, senza doti culturali, ma con grave malessere, reagiscono alla rotta della politica, sfiduciano in un crescendo wagneriano le élite, disertano le urne, cioè il fu primo diritto democratico, denunciano i denari spesi per la guerra e sottratti ai servizi sociali, condannano la sequela di privatizzazioni, non si sentono più italiani, vorrebbero scendere, andarsene via perché nonostante la quantità che sono, la loro voce non è considerata. Vorrebbero aprire gli occhi ai divanisti del covid, ma per la paga si sentono dire che le morti crescenti non esistono e nulla hanno a che fare con l’intruglio imposto.

Se politicamente bisogna parlare di malato terminale, privatamente, come nei frattali, la medesima metastasi si mostra identica. Violenza, insofferenza, disoccupazione, omicidi, superficialità, stragi non sono eccezioni ma costanti e crescenti. Come costante è l’indifferenza con la quale, assuefatti, sempre meno si reagisce, sempre meno ci si aggrega. E quando invece lo si fa o si prova a farlo, il rischio di creare un atollo, un ashram in cui darsi del bravo l’un l’altro, è piuttosto alto. La disgregazione pare compiuta se, non solo affligge il domopaktiano e il divanista, ma anche coloro che di questo stato delle cose vorrebbero farne un falò.

Non c’è un nuovo Orwell per far passare la guerra come un’industria, il consumo come buona morale, il popolo come un problema.

Visto il precipitare umanistico-politico, non solo pare illusorio poter porre qualche freno, ma, simbolicamente interpretato, sembra il segno di un destino al quale non possiamo sottrarci, nel quale dobbiamo transitare, forse, e questa è la speranza, per arrivare alla fine e perciò a una rinascita che ci possa fare recuperare ed eleggere il sogno della bellezza, che possa estinguere l’incubo in cui versiamo, in cui la falsa conoscenza storica tecno-scientista ha obnubilato quella simbolica delle allegorie universali.

Lorenzo Merlo




sabato 28 settembre 2024

Poesia tutto ciò che si trova lungo la via…

 










eresia vanesia poesia tutto ciò che si trova lungo la via… la ragazza del bar mi ha sorriso per un attimo il tempo si è fermato il tempo di uno sguardo sotto la pioggia a piedi nudi tra le pozzanghere nel bosco fresco dell’esistenza il telo azzurro sulla testa per ripararmi dalla pioggia grondante d’infinito nell’aria colorata d’autunno l’indifferenza dell’essere al nulla che ci circonda solo attimi di gioia sul sentiero profondo dell’anima. (nàbirr’)
 
Nuova dell’UniVerso 
 
Le forze dell‘oscurità si avvicinano… Sono grata alla Madre Terra che mi ha accolta, che accoglie tutti noi… Sono qui, in questo posto che mi sta riconnettendo a lei in tutto, con le mani nella terra, la nebbia di queste mattine bianche, la pioggia che mi riporta al RitMo e al rispetto dei Tempi di un qualcosa di cui anch’io faccio parte e mi ricorda che sono i Miei tempi e in questi giorni ogni volta è un emozione diversa e un pensiero che Apre a quella luce da portare con noi nell’oscurità in piccole lanterne, che se pur piccole mantengono in quella fiammella una grande potenza. Nel frattempo ci riporta alla Divinità, al pensiero superiore ed ecco… alla materia con i suoi elementi acqua, aria, terra e fuoco e lo fa destandoci sul loro potere nascosto seppur manifesto. A volte ho timore delle scelte che faccio e penso di potermi ritrovare in una situazione di disagio. Poi tocco la Terra e…. va tutto meglio…. (Paloma) 
 
di madre in madre, di figlio in figlio,
di arte in arte, di parte in parte,
senza lei non possiamo vivere,
di lavoro in lavoro,
di stagione in stagione,
di terra in terra,
raccogliamo il frutto dell’uomo
per dare un saggio nostra anima.
 
venti di cambiamento
costruzione dall’aria
con i maestri della terra
nella spirale del grano
il pane della memoria.
il suolo è vivo!

Ferdinando Renzetti


La pseudo-sinistra si astiene in cambio di poltrone?

 



La "pseudo-sinistra poltronara", cui dovremmo appoggiarci per l'opposizione alle guerre, è affidabile dal punto di vista pacifista?

Intanto è stata accusata di aver barattato l'astensione sulle missioni internazionali con le nomine nel CDA RAI.
Un fatto sicuro è che questa astensione sulle missioni c'è stata.

Cominciamo con la notizia che c'è stato il via libera dalle commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera al rifinanziamento delle missioni internazionali per il 2024.

Ecco quanto si legge in un dispaccio dell'agenzia RADIOCOR del 24 settembre 2024:

"Il rifinanziamento delle missioni, ha ricevuto l'ok oltre che della maggioranza, anche del Pd e di Azione (astenuti Avs e M5S)".

Stiamo parlando di 46 tra missioni ed interventi di cooperazione dell'Italia.


Confermiamo l'appuntamento per una discussione online, il 29 settembre 2024. Sentiamo il bisogno di riflettere sull'esperimento tedesco di una lista per la pace, per l'esplorazione di temi e sfide, quali l'opposizione coerente alle guerre, la conversione ecologica, l'immigrazione, il blocco sociale di riferimento per una alternativa, le cui soluzioni oggi forse diamo troppo per scontate, e che la nuova formazione, con il suo approccio innovativo, anche se controverso può scuotere in modo profondo, per diversi punti di vista e aspetti.  

Alfonso Navarra - Disarmisti Esigenti




Link per collegarsi da piattaforma zoom, domenica 29 settembre, dalle ore 18:00 alle ore 20:00: https://us06web.zoom.us/j/84801232820?pwd=NCPtMb8OYFQluz3zviEsxkjGDb0TbU.1

venerdì 27 settembre 2024

Salviamo le foreste... (prima che sia troppo tardi)

 


Le foreste sono fondamentali per la salute del nostro pianeta. Custodiscono l’80% della biodiversità della Terra, ma il loro ruolo è prezioso anche nel mantenere la nostra atmosfera repirabile. Queste enormi distese verdi, infatti, assorbono grandi quantità di anidride carbonica aiutando a regolare il clima. È ora di proteggerle davvero!

Oggi le foreste e la biodiversità sono sempre più minacciate dalle attività umane: ogni giorno la deforestazione fa scomparire aree grandi come un campo da calcio. Il motivo? L'agricoltura industriale e la produzione intensiva di prodotti e materie prime come soia, olio di palma e legno.

 Ancora una volta gli interessi di pochi vanno a scapito del pianeta. E a pagare sono ecosistemi fondamentali per la salvaguardia del pianeta.

Martina Borghi di Green Peace















martedì 24 settembre 2024

Mario Draghi l'avvelenatore PFAS...



Solvay, sanno tutti, si avvale in Piemonte delle complicità delle istituzioni locali, dal Comune alla Regione passando per la Provincia, a tacere i parlamenti e governi. Chi ha frequentato le aule di tribunale sa che Solvay si avvale di due dei più eminenti legali italiani esperti di diritto penale ambientale, titolari di studi in diverse regioni, assistenti di cattedra, premiati dalle riviste specializzate come “leader di mercato” e “avvocato dell’anno”, direttore della più autorevole rivista on line; perciò a maggior ragione la multinazionale belga li ha ingaggiati da anni come consulenti di fiducia di tutti gli stabilimenti.  La formidabile coppia, Luca Santa Maria, l’avvocato malinconico, e Dario Bolognesi, l’avvocato sorridente, guarda con sufficienza ad Alessandria come tribunale di periferia, contando sullo stato di soggezione dei giudici al colosso. E infatti i limiti del blando capo di imputazione dell’imminente processo (il secondo) lo testimoniano. Al punto che sta riflettendo con lham Kadri, presidente di Syensqo Solvay, e con Marco Apostolo, country manager, se gli è conveniente chiedere lo spostamento del processo da Alessandria.
Ma, in aggiunta a tutti questi avvocati diretti e indiretti, ora Solvay ha messo in campo nientepopodimeno che Mario Draghi . Nessuno può stupirsi: Draghi è da sempre l’uomo della finanza e della industria, da inserire nei posti di comando, nella Banca centrale europea e nel governo eccetera. L’avvocatura di Draghi per inserire i Pfas nel suo report europeo è però segno che Solvay si sente in difficoltà. Infatti, la totalità dell’opinione pubblica italiana, comitati e associazioni, centri universitari, Arpe regionali, politici, giornali, chiede la chiusura delle produzioni Solvay di Spinetta Marengo e il divieto dei Pfas nell’uso di una sterminata pletora di prodotti industriali e di largo consumo.
 
Infatti, nel contempo, Danimarca, GermaniaPaesi BassiNorvegia Svezia stanno spingendo per mettere al bando in Europa la produzione e l’utilizzo dei Pfas. Che sono indiscutibilmente tossici e cancerogeni per l’uomo e l’ambiente, come sancisce la letteratura scientifica internazionale, come ha dimostrato l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro IARC. Ma di questi, non frega nulla a Draghi per dichiararsi contrario alla messa al bando dei Pfas in Europa: la competitività viene prima della salute (che a lui auguriamo di tutto cuore), si tratti di amianto o di Pfas, ovvero di 4,4 milioni di tonnellate di Pfas nell’ambiente nei prossimi trent’anni.
 
Non stupisce, data la natura dell’uomo  che Draghi sentenzi: “Un possibile divieto imminente di una serie di sostanze pfas avrebbe un impatto sull’uso di sostanze necessarie per la produzione di tecnologie pulite (batterie, elettrolizzatori e refrigeranti per pompe di calore) per le quali attualmente non esistono alternative”. 

Draghi, che di chimica pulita si intende ancor meno di economia pulita, si riferisce in particolare all’ultima creatura Pfas di Solvay, l’Aquivion,  impianto da poco inaugurato a Spinetta Marengo -con i soldi dei contribuenti italiani- da Giorgia Meloni (che così spaccia il made in Italy) e da Alberto Cirio presidente Regione Piemonte (che li ha sottratti ai monitoraggi del sangue della popolazione). Draghi, che come Santa Maria e Bolognesi, non ambisce ad una cattedra di etica e morale, replica che ha la coscienza a posto: non è pagato per occuparsi di salute (non l’ha fatto neppure da premier per il covid) bensì della competizione nei confronti della Cina dove ci sono meno rischi di restrizioni alle produzioni Pfas,  bensì, insomma,  del profitto di Solvay.
 
A Draghi, che non sa leggere le indagini epidemiologiche (eccessi di tumori, malattie della tiroide, disfunzione immunitaria e interferenza ormonale ecc.), basta appiccicare ad Aquivion l’etichetta “ad uso idrogeno verde”, riempirsi falsamente  la bocca con “transizione energetica” “energie pulite”, per serrare entrambi gli occhi sui quotidiani scarichi nell’atmosfera alessandrina, sulle ondate di Pfas nel fiume Bormida (fino al Po) e nelle falde acquifere, mentre chiudono pozzi privati e acquedotti pubblici, mentre qualunque cittadino, del sobborgo di Spinetta Marengo o del comune o della provincia di Alessandria, quando sottoposto a prelievo, rivela nel sangue presenze criminali di sostanze tossiche e cancerogene.
 

Per rallentare all’infinito le produzioni, Solvay si è affidata al miglior avvocato difensore europeo, e se Draghi chiama la Commissione Europea risponde sull’attenti: la “stretta” sui Pfas sarà la più “larga” possibile (18 mesi, anche 5 anni)  per divieti a uso abbigliamento o imballaggio o alimentare ecc., e “larghissima” per  batterie, elettrolizzatori e refrigeranti.

Ecologia dell'amore...


Risultati immagini per E' tempo di ritrovare l'amore!

L'amore esterno è un riflesso dell'amore interno. Se facciamo un’analisi accurata sui processi emozionali e fisiologici scopriamo che in verità non c’è una reale scissione fra i sentimenti cosiddetti “puri” e lo “sconvolgimento” ormonale fisico. L’estasi è una forma di orgasmo e l’amore nelle sue varie forme ha sempre una componente fisica, con rilascio di endorfine nel corpo.

Persino nello yoga viene descritto il processo di risalita dell’energia “femminile” Shakti/Kundalini, lungo il canale spinale, come una sorta di viaggio verso il ricongiungimento con l’aspetto “maschile” Shiva… è da questa unione che sorge la piena consapevolezza di Sé.

Anche nell’esperienza empirica della vita quotidiana scopriamo che il maschile e il femminile, che sono solo aspetti funzionali alla manifestazione duale della vita, tendono continuamente verso la congiunzione. Forse esteriormente possono anche non apparire in forma propriamente maschile o femminile ma sicuramente assumono una forma “attiva e passiva”,  o Yin e Yang se preferiamo una terminologia taoista.

Quindi bisogna partire dal presupposto che  l’energia sessuale non è antagonista all’espressione amorosa, anzi ne è la componente cinetica. Se poi la pulsione sessuale od amorosa si rivolge verso diverse forme questa è una semplice riprova che tutti in realtà siamo "Uno", e che i molteplici aspetti della personalità umana chiedono di potersi rapportare con altri aspetti esteriori che contribuiscano a fornire le esperienze necessarie per la nostra  crescita. 

Quando la maturazione è giunta al termine non è più necessaria questa "corrispondenza", nel qual caso l'amore si può manifestare in piena solitudine od anche nella forma monogamica poiché si è completato il "congiungimento". Infatti Shiva e Shakti non hanno altri partners se non loro stessi. 

Paolo D'Arpini

Risultati immagini per E' tempo di ritrovare l'amore! shiva shakti

domenica 22 settembre 2024

Sogno o son desto?

 


L´incantesimo è una condizione che difenderemo a dispetto di ogni evidenza che ce lo voglia rivelare.

Mondo oggettivo

Sia che si tratti di tirare la lima che di impiegare un linguaggio, con la pratica si realizza e modifica la relazione con l’ambiente. In una parola si tende alla funzionalità. È una tendenza generata dalla dimensione creativa di tutti gli uomini tranne di coloro che l’hanno prevaricata con dosi cavalline di razionalismo e scientismo.

L’affermarsi della funzionalità, tende ad essere tanto più riscontrabile, quanto più il mondo in cui siamo immersi ci è famigliare. Fanno testo canonico il banco di un’officina, la disposizione degli attrezzi di una cucina, come pure il gergo di un gruppo, efficace e valido solo al suo interno, quindi anche una lingua intera, nonché qualunque suo dialetto.

Il concetto assai fenomenico di funzionale, sta al centro della relazione con l’altro e l’ambiente, ne è una sorta di conseguenza. Esso però, è spesso involontariamente frainteso con quello di razionale. Un equivoco discendente dall’atteggiamento scientista della cultura che ci avviluppa. Questa, ha l’implicita e inconsapevole pretesa di estendere alle relazioni umanistiche la rigida logica meccanicistica. Una forma di cecità e perciò un grosso guaio formativo, evolutivo e relazionale, tuttavia non oggetto del presente articolo.

La tendenza alla funzionalità ha comportato l’escogitazione di un linguaggio che attribuisce al cosiddetto mondo esterno proprietà che invece sono insite nella nostra relazione – dipendente da bisogni e sentimenti del momento – con esso. Sta in questo il gap immanente del meccanicismo sui nostri pensieri e linguaggio, quindi sul comportamento. Totalmente ignari del processo di narrazione della realtà con i colori della nostra tavolozza e col gradiente di talento descrittivo di cui disponiamo, giungiamo, sic et simpliciter, a creare il presunto mondo oggettivo. Un mondo reificato in materia, in cui esiste l’ovvio e la verità, almeno per la fonte che lo descrive e per chi ne è d’accordo. Siamo quindi ciechi al principio che la realtà sta nella relazione come Heidegger e la fisica quantistica hanno cercato di fare presente. Se per il pensatore tedesco, una brocca esiste non per contenere e mescere acqua ma perché c’è l’acqua e il bisogno di assumerla e, per la seconda non siamo che creatori di realtà, per entrambi siamo l’espressione dell’essere. Un’affermazione olistica, non accessibile nel suo significato finché si resta preda nella rete della concezione antropocentrica del mondo. La cultura materialista che ci vuole invece indipendenti o senza padre ha, come possiamo constatare soprattutto in questi ultimi tempi, la sua stessa, infernale, disperazione.

Ritenere che l’ovvio e la verità che stiamo vedendo siano evidenti anche al nostro interlocutore, ne fa due caposaldi del mantenimento della storia come conflittualità latente, pronta a decantare alla minima scintilla di equivoco o scontro di esigenze. È la prima conseguenza del muoversi attraverso l’interesse personale, ovvero ciò che, oggi ha valore assoluto, s non a caso posto in cima alla piramide del liberismo.

Indipendentemente da tutti gli ma è ovvio no? e quindi da tutte le verità che ognuno di noi ritiene di osservare nel mondo, come fosse uno spazio fermo, in cui entrare e gironzolare, ma soprattutto come se quello spazio fosse così, come lo stiamo vedendo, anche per tutti gli altri, fatichiamo a riconoscere l’inopportunità della concezione oggettiva del mondo quando si tratta di relazioni aperte, umanistiche, nelle quali gli interlocutori, al pari di noi stessi, sono posizionati in punti del loro personale universo che non sappiamo, che non vediamo, che non sospettiamo. Chiusi nel tubo cieco del mito del razionalismo, crediamo infatti che il nostro discorso basti a portare l’interlocutore sulla nostra stessa piazzola da cui guardiamo la vita. Con l’aggravante che quella piazzola, che concepiamo materiale è, di fatto e come detto, conforme allo stato d’animo, alle esigenze, ai valori, eccetera di chi la occupa. Tutto ciò induce gli uomini a non vedere il grottesco insito nell’esportazione della democrazia, della propria idea e posizione. Statale o individuale, la cecità è la stessa.

Imbambolati dall’idea che un’affermazione razionalmente pronunciata contenga comunicazione, siamo indotti a prendere alla lettera gli idiomi impiegati, ovunque questi vengano funzionalmente impiegati, ma con accezione differente. Ottima premessa per complicare le relazioni. Così, si possono impiegare anni e caraffe di bile, prima di arrivare a riconoscere che dire domani in molta Africa e non solo, non vuole dire domani in senso stretto, ma lato, cioè più avanti, poi, aspetta ancora. I registri delle culture sono differenti, così come quelli delle persone. Una banalità che pare segreta a tutti.

Si può quindi riconoscere in che termini il linguaggio contenga la realtà che crediamo di osservare, e come l’abitudine e l’assuefazione ad esso comporti l’incantesimo che quanto affermiamo corrisponda effettivamente ad essa. Il senso di questo stesso articolo, intelligibile solo dall’interno della medesima bolla emozionale che mi contiene, non fa eccezione.

Foucault diceva che la verità è nel discorso. Per quanto si riferisse a prospettive minute, per esempio ideologiche, rispetto a quella qui considerata, che potremmo chiamare culturale-occidentale, la formula del sociologo francese contiene la stessa prospettiva che ha generato questo articolo. Questa, è rivolta a narrare l’origine del sortilegio di cui, in maggioranza, siamo prigionieri. E nel quale, occasionalmente, ricade anche chi ne è emancipato, per esempio, giocando la carta del luogo comune, quando vogliamo gettare un salvagente al nostro discorso, o quando edulcoriamo le nostre parole con concetti copiati, non ricreati.


Mondo relazionale

L’esigenza al nostro discorso, qui inteso come noi stessi, come ciò che crediamo di essere e sentiamo di volere, ci guida estraendo dall’infinito che tutto contiene, gli elementi funzionali ad esso. Tutti gli altri sono cibo tossico, terremoti per la nostra stabilità, fosse anche precaria, in quanto in essa e solo in essa ci riconosciamo. È quello il momento che vediamo la realtà come fosse effettivamente di fronte a noi. È a quel punto che il sortilegio del mondo oggettivo fiorisce in tutto il suo potere assoluto. È quello il punto di cui prendere coscienza affinché non si confonda la funzionalità del linguaggio con la realtà, affinché si possa poi arrivare a riconoscere come e quando la investiamo di noi stessi ovvero, arrivare all’evidenza che non c’è alcuna stanza in cui entriamo, che mente e materia non sono distinte, se non nell’infestante erbaccia scientista-materialista che ci garrota il potere creativo.

In quel punto possiamo così assistere in che misura la relazione col mondo ne traccia i tratti, ne sia di fatto l’origine. Nell’inestinguibile relazione con esso, seguitiamo a dipingerlo secondo il nostro potere e talento, proprio come mille pittori disegnano mille alberi diversi pur osservando tutti la medesima pianta. Averne consapevolezza ci permette di dominare il prossimo. I timonieri della comunicazione ben lo sanno, e lo fanno. Mantenere alta la manipolazione delle persone è la prima esigenza per la realizzazione del mantenimento del dominio, del potere. È la magia nera. Ma c’è anche quella bianca, cioè realizzata attraverso la consapevolezza di quanto gli altri siano dei noi stessi in altro tempo e modo, di come l’assunzione di responsabilità cambi le relazioni e quindi il mondo.

Oggettivo o relazionale

In funzione del linguaggio adottato, a sua volta dipendente dalla consapevolezza che esso è creatore di realtà, disponiamo del potere di soggiogare il prossimo o elevarci dalla storia di conflitto e sofferenza, attraverso l’abbandono dell’interesse personale tout court. Il primo contiene dunque la storia così come la conosciamo e il dolore ad essa implicato, l’altro il suo superamento attraverso l’emancipazione dal conosciuto. Significa constatare la bolla logico-razionale che ci rinchiude. Uno ne alimenta il sortilegio e mantiene lo status quo, l’altro comporta la frantumazione del diaframma che ci contiene e ci separa dal resto del cosmo. Il primo ci vincola ad esistere attraverso e nel giudizio, il secondo tende a scatenare il nostro potere creativo, la lucidità per riconoscerci all’origine del nostro malessere/benessere.


Lorenzo Merlo



sabato 21 settembre 2024

Pesanti alluvioni tra Marche ed Emilia Romagna...

 


Le alluvioni che in questi giorni hanno interessato Emilia Romagna e Marche riportano nuovamente in auge il tema del dissesto idrogeologico e della mancanza di tutela del territorio. I dati indicano che, in Italia, il 18,4% del territorio nazionale, pari a 55.609 km2, è classificato a pericolosità frane elevata, molto elevata e/o a pericolosità idraulica media. Complessivamente il 93,9% dei comuni italiani (7.423) è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera. Circa 1,3 milioni di abitanti sono a rischio frane e 6,8 milioni di abitanti a rischio alluvioni. Le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia, e Liguria. Le famiglie a rischio sono quasi 548.000 per frane e oltre 2,9 milioni per alluvioni. Su un totale di oltre 14,5 milioni di edifici, quelli ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 565.000 (3,9%), quelli ubicati in aree inondabili nello scenario medio sono oltre 1,5 milioni (10,7%). Le industrie e i servizi ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 84.000 con 220.000 addetti esposti a rischio; quelli esposti al pericolo di inondazione nello scenario medio sono oltre 640.000 (13,4% del totale). Degli oltre 213.000 beni architettonici, monumentali e archeologici, quelli potenzialmente soggetti a fenomeni franosi sono oltre 12.500 nelle aree a pericolosità elevata e molto elevata; raggiungono complessivamente le 38.000 unità se si considerano anche quelli ubicati in aree a minore pericolosità. I Beni Culturali a rischio alluvioni sono quasi 34.000 nello scenario a pericolosità media e raggiungono quasi i 50.000 in quello a scarsa probabilità di accadimento o relativo a eventi estremi. Fenomeni piovosi di estrema intensità e concentrazione stanno effettivamente abbattendosi sul nostro territorio a cadenza regolare producendo ingentissimi danni la cui entità viene sistematicamente amplificata dall’incuria e dalla mancanza di manutenzione del territorio. A fronte di una situazione tanto critica, rispetto alla quale la passività dolosa delle autorità ha indubbie e cruciali responsabilità, si assiste ad un osceno scambio di accuse tra governo e amministrazioni locali. Il ministro della Protezione Civile Nello Musumeci, dal canto suo, si è spinto a proporre l’introduzione dell’obbligo di accensione di polizze assicurative sulla casa contro i rischi climatici, in quanto «è finito il tempo in cui lo Stato poteva erogare risorse per tutti e per sempre. La prevenzione non può essere un obbligo solo a carico delle istituzioni».

Giacomo Gabellini





Intervista con Gilberto Trombetta, giornalista economico, e Giacomo Gabellini:   https://www.youtube.com/watch?v=SWjBvQBidxQ

venerdì 20 settembre 2024

L'immensa regressione e l'orto che ci aspetta...


Pensiero poetico per l'equinozio d'autunno 2024



 
Discutiamo di etica e sviluppo, filosofia e avvenire per limitare l’entropia che minaccia la distruzione irreversibile del pianeta. 

Utilizziamo la conoscenza come cura-pensiero per distinguere tra la ricchezza ad ogni costo e il valore che va rimesso al centro. 

Diciamo No al cambiamento fine a se stesso, siamo per una nuova percezione dell’avvenire fondata sull’etica e sulla capacità consapevole di affrontare la negatività dell’auto-dissoluzione. 

Tra le linee che liberano dall’immensa regressione spesso pensiamo a coltivare un orto piccolo o grande che sia, quello che conta è la sensazione che si prova a viverlo. Il più puro dei piaceri umani sentire la necessità di contornarsi di piante di diversa natura, per creare scenografie verdi, tra i fiori e gli alberi trovano spazio piante edibili distribuite come piante ornamentali; punti di sosta e di ombra tra gli orti e i piccoli giardini gestiti e curati per creare luoghi che badano all’atmosfera che si respira e alle sensazioni piacevoli che danno.

Intento bioregionale inviato da Ferdinando Renzetti



Non più con poco sole aria maligna,
non più la via tumultuosa e stretta,
ma l'alto, d'onde la città soggetta
apparisce una grande orma sanguigna;

ma il mio libero cielo e la mia vigna
che al sole i succolenti acini affretta,
dove ogni zolla sempre un germe aspetta
che subito fiorisce e non traligna!

Tornare a'i cieli eterni e della terra
a'i frutti eterni, nuda erger la testa
a l'aquilone purificatore.

E, riscattato d'ogni intima guerra,
sorgere a l'alba ad offerire, in festa
alla natura e a Dio tutto il mio cuore.

Giulio Gianelli 

giovedì 19 settembre 2024

Consigli per escursionisti nei boschi che si imbattono in animali selvatici di grossa taglia...

 



Va subito detto che  gli  animali selvatici di solito  hanno paura dell’uomo e lo aggrediscono solo se rappresenta un pericolo soprattutto per la loro prole. Difficilmente comunque si potranno incontrare linci e lupi, è più facile imbattersi in qualche orso o cinghiale. Ecco quindi alcuni consigli.

Per prima cosa se incontrate un plantigrado, ma anche una lince, un lupo o un cinghiale, non perdete la calma. Non scappate, non correte, ma continuate senza fissare l’animale (guardare direttamente un animale selvatico è un segno di sfida) per il vostro sentiero. Se l’animale è sul vostro sentiero noterete che questo se ne andrà via, importante non perdere la calma e dimostrare decisione nel continuare a camminare come prima dell’incontro. Gli orsi in particolare sono animali curiosi e quindi potrebbero alzarsi sulle zampe per osservarvi meglio, in questo caso controllate il movimento dell’orso con la coda degli occhi e continuate a camminare allontanandovi. Soprattutto gli orsi maschi giovani, come gli umani, sono più esuberanti, quindi potrebbero fingere un attacco e fermarsi a pochi metri da voi. Se in quel momento, presi dalla paura, cominciate a scappare, a correre, allora invogliate il plantigrado ad attaccarvi veramente, se invece continuate sui vostri passi con calma, vedrete che l’orso se ne andrà via.

Attenzione però se vedete dei cuccioli, in quel caso la madre vi sta osservando e se vi fermate a guardarli, a toccarli o a scacciarli, per voi sono guai. L’orsa vi aggredirà, ma questo accade anche per le linci e i cinghiali. Quindi continuare a camminare fingendo di non esservi accorto dei piccoli. Se i cuccioli stanno proprio sul vostro sentiero e non se ne vanno via cercate di prendere un’altra via, senza correre.

Se invece l’orso ha deciso di aggredirvi, perché avete commesso qualche azione mal interpretata dall’animale, raggomitolatevi, proteggetevi e riparatevi con quello che avete ( zaino, bastoni, ecc.) e cercate di allontanarti senza correre.

Prudenza estrema se invece si incontra un animale ferito, in questo caso sarà bene cambiare sentiero ed allontanarsi il più lontano possibile. L’animale ferito diventa automaticamente aggressivo.

Consiglio finale molto utile è quello di non andare mai da soli nei boschi, ma almeno in compagnia di un’altra persona.

Ennio La Malfa

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Ribellarsi al sistema consumista... nei limiti del possibile!

 

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“Guarda un filo d’erba al vento e sentiti come lui. Ti passerà anche la rabbia.” (Tiziano Terzani)
L’Eternità è un attributo del Divino ma non per questo in essa è contenuta anche l’immutabilità. Ed è una fortuna! 
Questo è un mondo transeunte... la terra trema e fa tremare i cuori della gente…. ma è sveglia… lei…. è viva…. lei…. e ribelle… già ribelle!
La ribellione, in senso umano, deve tramutarsi in cambio di abitudini e allontanamento dalla sudditanza al sistema. Si chiama “sopravvivenza bruta”, cioè bisogna essere pronti a rinunciare in toto  a questa società consumista e totalitaria.
All’inizio sarà una ribellione  “parziale”  ovvero basata solo sul non incremento della nostra adesione al sistema.. poi pian piano sarà necessario uno scollamento definitivo e non so se questo potrà avvenire a livello globale ma sicuramente deve avvenire a livello personale e di piccoli gruppi.
Intanto si può partire da cose fattibili: interrompere gli acquisti di qualsiasi bene innecessario, abiti, oggetti, macchine, vizi, etc. e limitarsi ai generi  di sopravvivenza. Nel frattempo tentando di incrementare l’indipendenza alimentare attraverso piccoli orti, anche sui terrazzini di casa, raccolta erbe selvatiche, scelta vegetariana, etc.
Ad esempio quando faccio una passeggiata attorno alle mura di Treia  sono sempre meravigliato della dovizia che la natura ci offre. Dappertutto ci sono erbe commestibili ed anche alberi selvatici da frutta. Di legna secca  per il camino se ne trova in giro ed anche pigne e pignette.
Abbiamo anche un orticello sotto casa, certo non ci sono coltivazioni sofisticate (dovuto alla forte presenza di lumache) solo cicorie selvatiche, un po’ di bieta, qualche fiore, finocchiella, rosmarino, topinambur e quattro ulivi e recentemente -Caterina ed io- vi abbiamo piantato  un melograno, un pruno ed un caco ed anche un tralcio di vite, che ha preso…  
Finché dura c’è verdura, si dice a Roma. Comunque anche questo è un segnale dei tempi che viviamo, ed è già tanto che possiamo “raccontarcela”, vi pare?
Paolo D’Arpini - Rete Bioregionale Italiana

Io non parlo per me, ma per noi tutti.
Forse che questa è la Casa di Priamo?
No, questo è il mondo immenso in microcosmo,
una sola faccenda di Famiglia.
Da bimbi noi davamo ai genitori
il biasimo per ciò che ci spiaceva;
adulti riversiamo sugli Dei,
sulle leggi economiche e d’ambiente,
ogni nostra stoltezza.
Non esiste
se non dentro di noi ciò chiamiamo
Dei, Sorte o Fato.
Se Troia o se Sparta
cadono, che importa alle divinità?
Esse son già cadute e, insieme ad esse,
chi vive d’ingordigia, di paura,
e d’inganno.
Gli Dei non curano chi cade o come.
Gli Dei vivono solo nell’istante,
nell’acuta canzone meridiana
della cicala, nel sentore fresco
di pioggia fra gli abeti, nella sera,
nella gioia che dà la differenza
reciproca agli amanti estasiati,
o come quando qui stasera, allegri,
si ride insieme.
Atena, la saggezza occhi–lucente,
prende forme svariate, e più il silenzio.
Il Dio si mostra in ciò che non ci dice.
O creature umane che capite,
voi sensitive più d’ogni altro bruto,
agili come rane e costruttrici
come formiche, nulla vi minaccia
se da voi stesse non vi condannate.
Distruggetevi almeno nella gioia!
E che gli Dei vi vedano!

martedì 17 settembre 2024

"Terra Anima Società" - Recensione


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L’ecologia e la spiritualità sono le due facce della stessa medaglia. La religione deve lasciar andare i dogmi in modo da poter riscoprire la saggezza del mondo. 

Come dovrebbe essere una religione ecologica? Negli ultimi 300 anni l’umanità è stata coinvolta in una grande desacralizzazione del pianeta, dell’universo e della propria anima, e questo ha dato origine all’oltraggio ecologico. Saremo capaci di recuperare il senso del sacro?

La religione del futuro non sarà una religione in senso stretto del termine, dovrà imparare a lasciare andare la religione. Il Maestro Eckhart, nel quattordicesimo secolo disse, “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Per riscoprire la spiritualità, che è il cuore autentico di ogni religione vera e fiorente, dobbiamo liberarci dalla religione. Sembra un paradosso. La spiritualità significa usare il cuore, vivere nel mondo, dialogare con il nostro sé interiore e non semplicemente vivere a un livello organizzativo esterno.

E. F. Schumacher, nel suo profetico modo di scrivere, disse, nell’epilogo di Piccolo è bello, “Dappertutto la gente chiede, ‘Cosa posso fare praticamente?’ La risposta è tanto semplice quanto sconcertante, possiamo, ciascuno di noi, mettere in ordine la nostra casa intima, interiore. Per far questo non troviamo una guida nella scienza o nella tecnologia, poiché i valori sui quali esse si poggiano dipendono sommamente dal fine per il quale sono destinate. Tale guida la si può invece ancora trovare nella tradizionale saggezza dell’umanità”.

Tommaso d’Aquino, nel tredicesimo secolo disse, “Le rivelazioni si trovano in due volumi – la Bibbia e la natura”. Ma la teologia, a partire dal sedicesimo secolo, ha messo troppa enfasi nelle parole della Bibbia, o del Vaticano o dei professori, ha messo tutte le uova nel paniere delle parole, parole umane, e ha dimenticato la seconda fonte della rivelazione, la natura!

Il Maestro Eckhart disse, “Ogni creatura è la parola di Dio e un libro su Dio”. In altre parole, ogni creatura è una Bibbia. Ma come ci avviciniamo alla saggezza biblica, alla saggezza sacra delle creature? Col silenzio. C’è bisogno di un cuore silente per ascoltare la saggezza del vento, degli alberi, dell’acqua e della terra. Nella nostra ossessiva cultura verbale, abbiamo perso il senso del silenzio. Schumacher disse, “Siamo ormai troppo intelligenti per sopravvivere senza saggezza”.

Lester Brown ha posto in una sola frase quello che un sacco di attivisti ecologisti e scienziati si stanno oggi rendendo conto: ci sono rimasti soltanto vent’anni per cambiare il nostro stile di vita su questo pianeta. Dobbiamo quindi esplorare la nostra casa interiore prima possibile. Quando usiamo il termine “casa interiore” ricordiamoci che l’anima non sta dentro al corpo. La casa interiore non è quella piccola cosa dentro la ghiandola pineale che Cartesio chiamò anima. Tutti i nostri grandi mistici – Ildegarda di Bingen, Tommaso d’Aquino e il Maestro Eckhart hanno detto che l’anima non è dentro al corpo, ma è il corpo che è dentro l’anima. Il corpo è uno strumento delle passioni, dell’angoscia, dello stupore, di quello di cui ci prendiamo realmente cura. Esplorare la casa interiore della nostra anima significa ascoltare il proprio sé profondo, e non solo il nostro, ma anche quello della comunità della quale facciamo parte, delle nostre nazioni, della nostra specie. La casa interiore non fa parte dell’individuo, anche il nostro stile di vita contiene la sua casa interiore, ed è a causa della nostra violenza interiore che l’ambiente intorno a noi sta morendo, stiamo sporcando il nido nel quale viviamo.

Dunque, l’esplorazione della nostra casa interiore ha a che fare con l’era ecologica. La parola “ecologia” significa lo studio della nostra casa. L’ecologia non è qualcosa “là fuori”, noi siamo nella natura e la natura è in noi, viviamo in un luogo sacro e il luogo sacro è in noi. La natura sacra, incontaminata, non si trova solo nei parchi nazionali, ma dentro a ognuno di noi e ci richiede attenzione, noi non siamo più in contatto con le nostre vere e genuine passioni, per questo intorno a noi c’è solo devastazione.

Ai nostri giorni la religione deve ritornare alla sua tradizione mistica. Il monaco inglese Bede Griffiths ha detto recentemente, “Se la Cristianità non recupera la sua tradizione mistica, può chiudere bottega e ritirarsi, non ha niente da offrire”. E io aggiungo, Amen. Le chiese sono vuote e l’anima dei nostri giovani disperata. Non deve comunque finire così perché possiamo ancora riprendere le nostre tradizioni mistiche, in ognuno di noi c’è il misticismo che anela a ritornare nell’universo. Quando lo si sviluppa allora tornano i profeti. Come disse il filosofo americano William Hocking, “Il profeta è il misticismo in azione” e Carl Jung affermò “La fede non sostituisce l’esperienza”.

Il mistico è ognuno di noi fiducioso di sperimentare il divino nella natura, il quale apre i nostri cuori e, quando questi sono aperti, il divino ci penetra. La fiducia nella nostra esperienza è la base di tutto il misticismo. Il salmista dice, “Prova a vedere se Dio è buono”. Il misticismo si riferisce appunto a questo assaggio, non può esserci un misticismo di seconda mano, indiretto. Il Papa non lo può sperimentare per conto nostro e nemmeno il parroco, il misticismo non lo si può noleggiare, nemmeno in California! Ci stiamo dirigendo verso un’era in cui tutti noi dovremo prenderci la responsabilità della nostra vita mistica, richiamare la saggezza dei nostri antenati e della comunità, inclusa, naturalmente la saggezza della comunità non umana che, costantemente ci sta nutrendo con la rivelazione della sua verità e insegnando che possiamo gustare e vedere che la divinità è buona.

Tommaso d’Aquino la mise sotto questo aspetto, “L’esperienza del Divino non deve riguardare gli anziani o una minoranza”. Non abbiamo bisogno di mistici professionisti, tutti noi dobbiamo risvegliare il misticismo che è in noi. Gregory Bateson, nel suo libro Steps to the Ecology of Mind (Verso l’ecologia della mente), dice, “La cosa più dura nel Vangelo è quando San Paolo, indirizzandosi ai Galilei, dice, “Non si può ingannare Dio”. Queste parole possono andar bene anche alla relazione tra l’umanità e l’ecologia, non si possono ingannare i processi ecologici. In altri termini, la Terra scrive sul suo libro mastro il livello di ozono, l’inquinamento atmosferico, la deforestazione, perché non vuole essere presa in giro e ingannata. Anche Santa Ildegarda disse, “C’è una tessuto di equità che collega l’umanità a tutte le altre creature”. Dice dunque che se gli esseri umani rompono questa trama di giustizia, Dio permette la creazione di una punizione per l’umanità. Questa punizione è già presente, con il cancro e la leucemia. Non si può ingannare la Terra. Bateson inizia allora ad analizzare le tre principali minacce alla sopravvivenza umana. La prima è il progresso tecnologico, la seconda è l’aumento demografico e la terza sono gli errori e le attitudini della cultura occidentale.

Se ci rimangono soltanto vent’anni, dobbiamo iniziare a risvegliare la massa, e la strada per tale risveglio è la tradizione mistica religiosa che si rifletterebbe nel cambiamento totale delle nostre attitudini convenzionali verso il corpo, la salute, la globalità, verso la sacralità di tutte le creature. Ci insegnerebbe la spiritualità, una maniera nonviolenta di vivere con noi stessi e quindi anche con gli altri.

Per recuperare questo tipo di sapienza religiosa, quello che dobbiamo fare è cercare nelle nostre tradizioni spirituali che sono state spesso condannate. I più grandi Santi della tradizione, Ildegarda da Bingen, fu ignorata per 700 anni, Francesco d’Assisi è stato reso patetico e messo accanto alla vaschetta dei pesci in giardino. Tommaso d’Aquino, prima di diventare santo, fu condannato per tre volte. Il Maestro Eckhart fu condannato ed è rimasto ancora adesso, da 600 anni, nella lista dei condannati. Giuliana da Norwich completamente ignorata. Il suo libro venne pubblicato dopo 300 anni dalla sua morte. Nel diciassettesimo secolo, al concilio di Whitby, ai Celti, con la loro cultura centrata sulla creazione, fu soffocato il loro naturale misticismo.

Questo popolo era impregnato di spiritualità centrata sulla creazione, una spiritualità che cominciava con una benedizione originale invece che con un peccato originale. L’idea di un peccato originale è radicalmente antropocentrica. Il peccato è vecchio quanto la razza umana. Io nego la predominanza che la Chiesa occidentale dà al peccato originale, essa ha alimentato questo antropocentrismo. È così egocentrico pensare che l’esperienza religiosa inizi con i nostri peccati.

Credo invece cha l’esperienza religiosa inizi con la solennità e la meraviglia, che sono i primi passi del viaggio spirituale. La solennità è l’inizio della saggezza, non esistono compromessi su questa verità. Oggi, il primo passo verso la rivoluzione spirituale è il recupero del senso di meraviglia e solennità, ed è un compito agevole perché la scienza stessa ci ha dato una nuova teoria sulla creazione, una nuova cosmologia sul come è giunta qui la nostra specie umana, sul come è nato questo pianeta. Nessuno può ascoltare questa storia senza sentirsi riempire di stupore e maestosità.

È spettacolare sapere che tutti gli elementi che compongono il nostro corpo provengono da una esplosione di una super-nova cinque miliardi e mezzo di anni fa, che ci unisce con tutti gli altri elementi dell’universo. È stupefacente sentire che nei primi secondi di questa sfera infuocata, diciotto miliardi di anni fa, furono prese decisioni che ci riguardavano, che la temperatura della palla di fuoco doveva essere entro certi gradi per permettere l’evoluzione di questo pianeta. Ed è ciò che accadde. Quando sentite tutte queste cose sgorgar fuori dalle bocche degli scienziati, non ci si deve stupire se sono proprio loro, oggi, a condurci verso la via del misticismo. Sento l’eco di quello che diceva Giuliana da Norwich nel quindicesimo secolo, “Siamo stati amati ancor prima dell’inizio”.

L’amore incondizionato è la prima lezione della nuova storia della creazione ed è pure la lezione di tutti i mistici. Quando poniamo insieme scienza e misticismo abbiamo fatto ribollire una nuova cosmologia. Quando gli artisti ci raccontano queste storie, sotto forma di canzoni e danze, musica e rituali, avviene una rinascita, una rigenerazione spirituale basata su una nuova visione. Tutta questa solennità è il punto di partenza per una vita spirituale. Tommaso d’Aquino affermò, “Tutte le cose sono state create per imitare la bellezza divina in qualsiasi modo possibile. La beltà divina è la causa di tutti gli stati di movimento e quiete, sia della mente che del corpo e dello spirito”.

Sono 300 anni che questa parola “bellezza” non viene più considerata come una categoria teologica. Cartesio, il padre del mondo accademico e della scienza occidentale, costruì un’intera filosofia senza mai menzionare la bellezza o l’estetica. L’ultima volta che abbiamo avuto una spiritualità cosmologica in Occidente fu nel Medioevo quando ci fu una celebrazione della bellezza del Signore. Francesco d’Assisi disse “Il Signore è Bellezza”, e d’Aquino insegnava che tutti noi condividiamo e partecipiamo alla bellezza divina. L’ecologia ci parla a un livello di base perché ci stiamo tutti innamorando della Terra. Il primo passo nel viaggio ecologico è innamorarsi della bellezza di questo pianeta, in modo da difenderlo e liberarlo quando viene offeso e abusato.

Il rabbino Heschel diceva “Il solo essere è già una benedizione. Il solo vivere è sacro”. Heschel spiega che ci sono tre modi con i quali l’essere umano risponde alla creazione. La prima maniera è di gioirsene, la seconda è di sfruttarla e la terza di accettarla con timore reverenziale. La nostra civiltà occidentale non ha mai praticata la terza via, almeno non negli ultimi secoli. La riverenza è stata tenuta fuori dall’aula perché Cartesio definì le verità come idee, dunque il nostro intero sistema educativo è modellato sulle idee. Una volta uno scienziato mi disse, “Negli ultimi ventuno anni non ho fatto altro che rinchiudermi in un laboratorio all’Università di Stamford, esaminando l’emisfero destro del cervello. Ora sono pronto a pubblicare le mie scoperte che riguardano l’emisfero destro del cervello tutto impregnato dalla paura.

Ecco perché ho smesso di seguire la teologia, in quanto totalmente inadeguata per l’era ecologica e per una rinascita ambientale. Questo modello dice che Dio è “là fuori”. Dio è un proprietario terriero assenteista, che abita lontano dalle sue terre, e che noi siamo qui a fare il lavoro del Signore. Abbiamo quindi una mentalità orientata al dovere, ma non si può stimolare le persone con il concetto del dovere, la fai sentire soltanto colpevoli, la qual cosa le stanca. Quest’idea si rifà a Kant ed è parte dell’Illuminismo. Lasciamola andare.

Tommaso d’Aquino diceva che le persone vanno cambiate con la gioia. Il modello appropriato per la teologia nell’era ecologica non è quello che rinforza il dualismo, quello giusto è il misticismo, il Cristo Cosmico e il Giardino del Cantico dei Cantici, dove ci rendiamo conto che il Divino è il Giardino, che Dio si esprime in ogni pianta, in ogni albero, in ogni animale e quando sono messi in pericolo è il Signore stesso che viene messo in croce. Quando sono forti e in buona salute, è la stessa divinità che irradia la sua doxa, la sua gloria. Il Cristo Cosmico irradia la sua gloria nella gloria della natura.

Un cambiamento nel modello etico, orientato ora al dovere, verso il misticismo e il Cristo Cosmico, è la base per una spiritualità ecologica. Questa è la casa, la “eco” nella quale viviamo, è la casa divina. “Il Signore è qui, siamo noi che siamo andati fuori per una camminata”. (Eckhart). La divinità è in ogni luogo ma i nostri occhi devo imparare a vederla nuovamente.

Un’altra dimensione della spiritualità ecologica è proprio la parola “ambiente”. Proviene dalla parola francese environ che significa “intorno”. La teologia corretta per i giorni nostri non è quella intorno a un Dio che se ne sta là fuori, da qualche parte, riguarda un Dio attorno a noi, come diceva Giuliana da Norwich, “che ci abbraccia totalmente”. Si tratta di un’immagine molto materna di Dio e, come diceva Ildegarda di Bingen, “Sei tenuto stretto dalle braccia del mistero di Dio”.

Questo è panteismo, ci insegna che ogni cosa è in Dio e che Dio è in ogni cosa. È il modo corretto di nominare la nostra relazione con il divino. Mechtild di Magdeburgo, un’attivista femminista del tredicesimo secolo, diceva che “Il giorno del mio risveglio spirituale fu il giorno in cui vidi, e seppi, vidi tutte le cose in Dio e Dio in ogni cosa”. Quello sarà il giorno in cui cresceremo spiritualmente e, se nella nostra cultura non troveremo le risorse che ci assistano in questa crescita, se non sentiremo gli insegnamenti dei mistici, allora dobbiamo andare fuori a chiedere. Lo stesso dobbiamo fare per portar via i nostri corpi dall’industria medica e le nostre anime dai preti professionisti che non stanno facendo il loro dovere, per il fatto che essi stessi sono stati feriti nei seminari e da un’educazione restrittiva.

Lester Brown usa una parola importante quando parla di “inerzia”. Nel Medioevo usavano una parola ancor più profonda, la chiamavano “accidia” che significa rifiutare di iniziare cose nuove. L’accidia comprende la depressione e la tristezza. La nostra tradizione spirituale dovrebbe chiamarla accidia, perché questo è il termine. Come svegliare la massa? Come ci risvegliamo? Paolo, rivolgendosi ai Corinti, diceva, “La tristezza nella vita è imparentata con la morte”.

Ero così consapevole di questo, quando il governo americano stimolando la gente, inviò 400.000 esseri umani in giro per il mondo insieme a una indescrivibile quantità di armi. Essi eccitarono le persone, ma per che cosa? Andare alla guerra. Non siamo riusciti a entusiasmare le persone nei riguardi della disperazione delle nostre città, riguardo al trattamento del suolo. È proprio come diceva Paolo, “La tristezza nella vita è vicina alla morte”. Ci risvegliamo per assistere alla morte come se fosse un intrattenimento. La morte fa notizia. La morte è ora la sola cosa che ci desta. Aquino diceva, “La disperazione arriva quando perdiamo la nostra fiducia nella nostra divinità e perdiamo la consapevolezza di come ci si relaziona con la divinità”.

In altre parole è la teologia delle benedizioni che è la risposta giusta all’accidia e all’inerzia. È quando diveniamo eccitati dalla divinità delle cose che siamo pronti ad agire a favore della vita e della Terra. È come divenire “innamorati”. Noi abbiamo un amore antropocentrico, pensate che sia qualcosa che fate per trovare un compagno per il resto della vostra vita, invece è molto di più di questo. Potremmo innamorarci delle galassie, potremmo innamorarci dei fiori selvatici, dei pesci, delle piante, degli alberi, degli animali, degli uccelli e delle persone. Questa capacità di essere innamorati non ha limiti e tutto ciò deriva dal fatto di sperimentare le benedizioni.

Tommaso d’Aquino disse, “Benedire significa nient’altro che parlare del bene. Benediciamo Dio e Lui ci benedice in un altro modo. Benediciamo il Signore riconoscendo la divinità”. Dunque, dobbiamo prenderci un po’ di tempo per meditare sull’intrinseca divinità delle cose, la divinità delle foreste, dell’aria pulita e salubre e dell’acqua. “Dio ci benedice e ci riempie di divinità” (Aquino). Dobbiamo prenderci tempo per meditare sulle nostre benedizioni, sul come siamo straordinariamente unici. Non c’è mai stata un’altra forma di DNA come la nostra nella storia dell’universo e ogni singola persona è l’espressione unica del Cristo Cosmico. Come dicono i mistici, ciascuno è l’unico specchio di Dio. Questo è il motivo per il quale c’è una tale diversità nella creazione, per deliziare la divinità. Questo è il motivo per cui tutte le creature sono qui per amore della gioia.

Dobbiamo lasciare andare l’ideologia del Peccato Originale, che ci ha fatto crescere con la vergogna e il senso di colpa di essere qui e che, a turno, crea la coercizione del perfezionismo e del sentirsi ancora più in colpa. Il fatto è, miei cari amici, che tutte le creature sono imperfette e, allora, celebriamolo. La divinità, di proposito, si accoppia con le nostre imperfezioni e quindi abbiamo bisogno di entrambe e in questo modo costruiamo la nostra reciproca relazione. Nelle imperfezioni c’è gloria e bellezza. Ogni albero è bello, ma se gli andiamo vicino, ha i suoi nodi, le radici morte e i rami spezzati.

Anche noi siamo allo stesso modo e non c’è da vergognarsi per questo. La vergogna sta nello sguazzare nelle imperfezioni e nel non fare attenzione alla nostra divinità. Aquino diceva che il peccato dell’accidia, il peccato dell’inerzia sono peccati contro il Comandamento di onorare il giorno di riposo. La parola Sabbath significa che il Creatore trascorse il suo giorno di riposo per gioire delle sue creature. Dovremmo recuperare il senso di delizia nei riguardi della creazione. Quando godiamo della creazione, questa è ecologia spirituale, è la Via Positiva (in italiano nel testo originale, n.d.T.).

Il secondo sentiero dell’ecologia spirituale è la Via Negativa (in italiano nel testo originale), la via dell’oscurità, della disperazione e sofferenza. Giornalmente i nostri cuori si spezzano dal sentire quello che l’umanità affligge alla Terra, la sofferenza e il dolore ci colpiscono, ma la prima cosa da fare è porre attenzione alla sofferenza, convivere con la sofferenza, convivere con l’oscurità. I mistici la chiamano la notte buia dell’anima. Al giorno d’oggi la nostra intera specie è coinvolta in questa notte buia dell’anima, ma ciò non è necessariamente una cosa cattiva, può essere l’inizio di una conversione radicale, l’inizio di una nuova vita.

Bede Griffiths dice nel suo libro, The River of Compassion (Il fiume della pietà), “È significativo il fatto che l’esperienza della disperazione sia una pratica logica. La disperazione è spesso il primo passo sul sentiero della vita spirituale e molte persone non si risvegliano alla realtà divina e all’esperienza della trasformazione delle loro vite fino a che non passano attraverso l’esperienza della disillusione e della disperazione”.

Oggi, come civiltà, stiamo attraversando questa disillusione e disperazione e abbiamo bisogno come supporto la tradizione mistica perché Dio lo si può trovare non soltanto nella luce e nella gloria della creazione ma anche nell’oscurità assoluta.

Ho parlato del sentiero della creazione e della gioia e anche di quello dell’oscurità. Ora arriviamo al terzo sentiero, che è quello della creatività. Una rinascita della creatività ci può giungere attraverso la gioia o dopo il buio. Dopo la crocifissione arriva la resurrezione, la nuova nascita, la sorpresa. Abbiamo bisogno, oggi, di far nascere nuove virtù in molte zone della nostra civiltà.

In Occidente, per tradizione, abbiamo meriti politici, interiori e civici. Adesso abbiamo bisogno anche di virtù ecologiche. Per esempio, il vegetarianesimo o il semivegetarianesimo è una virtù. Per gli esseri umani del cosiddetto Primo Mondo, non ci sono più scuse sull’eccessivo quantitativo di carne consumata. Infatti, se soltanto i nordamericani riducessero del dieci percento il loro consumo di carne, sessanta milioni di esseri umani potrebbero oggi mangiare, e non morire di fame. L’ammontare della superficie di terra, dell’acqua e dei cereali impiegati per mantenere la dannosa abitudine dell’alimentazione carnea, è, al giorno d’oggi, semplicemente insostenibile. Non sto dicendo che ognuno di noi si deve convertire al vegetarianesimo assoluto, ma certamente possiamo ridurre del dieci percento il consumo e, quindi, cominciare da lì.

Un’altra virtù ecologica è quella di andare in bicicletta, quella della condivisione dell’automobile o di camminare per andare a lavorare. Lo stesso riciclaggio è un’altra virtù. Riconoscere la sacralità dell’acqua e onorarla ne è un’altra. Ci sono dei modi semplice per imparare a onorare. Eccone uno che ho imparato anni fa dai Nativi americani: se volete imparare a onorare l’acqua, rimanetene senza per tre giorni di fila, dopodichè, al primo sorso, riscoprirete la sua sacralità.

Dobbiamo ricreare i nostri intrattenimenti, a casa e nel vicinato. L’arte della conversazione, del giardinaggio, del teatro, della musica e del piantare alberi sono, esse stesse, una gioia. Per divertirci ci rivolgiamo alla televisione. Ho sostenuto a lungo che se avete un televisore in casa dove ci sono bambini, per ciascuna ora di televisione guardata, essi devono rappresentare un loro proprio spettacolo. Dobbiamo riscoprire l’arte di far festa insieme e godere della reciproca compagnia. Lo studio è una prassi spirituale.

È pure una spiritualità ecologica quella di studiare la nuova creazione e mettere in scena un lavoro teatrale, studiare la crisi forestale, la violenza sugli animali, la propria storia. Sono pure virtù ecologiche le organizzazioni politiche in difesa della creazione, includendo, se necessaria, la disobbedienza civile. Un altro modo è quello di fare rituali, celebrare i tempi e i luoghi sacri e gli esseri sacri con i quali condividiamo il pianeta. I rituali sono i modi con i quali il sistema dei valori viene passato ai giovani. Abbiamo necessità, attualmente, di una rivoluzione nei rituali. I riti religiosi annoiano come quelli del governo o della scuola, dobbiamo riportare i nostri corpi ai cerimoniali. La preghiera rafforza il cuore, abbiamo bisogno di persone che ci guidino attraverso le preghiere in forme nuove e tradizionali.

L’arte è la via fondamentale per scoprire la saggezza dei nostri cuori. Oggi potremmo mettere al lavoro tutte le specie se avessimo onorato l’artista come guida spirituale, che è in effetti il ruolo primario dell’arte, e come lo è sempre stato dappertutto nelle tradizioni indigene naturali. Un paio d’anni fa incontrai una aborigena. Mi disse, “Nella nostra cultura, ognuno lavora per quattro ore al giorno, per il tempo restante fa delle cose”. Cosa significa fare delle cose? Riti, convivialità, bellissimi costumi, musica e cibo per le feste che seguono i rituali. È durante i rituali che la comunità guarisce se stessa, si illumina, presenta i doni di ciascuno per la celebrazioni e poi li offre.

L’abitudine all’avarizia e all’avidità è profondamente radicata nella nostra civiltà, è inserita proprio nella struttura del capitalismo, che è costantemente alla ricerca di avere sempre di più. Tommaso d’Aquino dice, “L’avarizia non è un problema del materialismo, è un argomento dell’anima, è la nostra ricerca d’infinito, ma è messa fuori posto. Il consumismo non ci può soddisfare ed è il motivo per il quale siamo sempre alla ricerca del nuovo modello l’anno dopo, in una progressione infinita nella dipendenza consumeristica.

Qual è la risposta all’avarizia? È quella di mettere come priorità assoluta nel sistema educativo, religioso, politico ed economico, la ricerca umana di infinito che può essere soddisfatta in questa vita. Non vogliamo far tacere la ricerca di Dio. Tommaso d’Aquino menzionò tre modi per un autentico infinito. Il primo è la mente umana, “Una mente umana può conoscere tutte le cose, è capace di contenere l’universo,” e come prova è quella che non si impara mai abbastanza. Quindi, nutrire la mente equivale a combattere l’avarizia. Il secondo modo in cui diventiamo infinito, dice Aquino, è nel nostro cuore. “Non c’è limite alla capacità d’amore di un cuore umano”. Il terzo modo è attraverso l’uso delle mani. “Insieme all’immaginazione, le mani possono creare una varietà infinita di manufatti”. Considerate come, nell’intera storia della razza umana, due musicisti non hanno scritto mai la stessa canzone, due pittori non hanno mai dipinto lo stesso quadro: una capacità inesauribile di creatività. Se volessimo ricreare la nostra civiltà, dovremmo rifarla intorno allo spirito che c’è in noi - mente, cuore e mani.

Quando una spiritualità autentica chiama, la religione segue. Se la religione non è in grado di mutare paradigma, se non lascia andare sia se stessa sia i suoi aspetti sociologici superati, il suo valore, allora, in Occidente, sarà alla pari come quello del partito comunista in Unione Sovietica. Se non reimpara le sue proprie tradizioni spirituali e mistiche, se non toccherà di nuovo i nostri cuori e i nostri corpi, se non insegnerà una coscienza benedicente riguardante l’attuale nuova versione dei fatti della creazione derivata dalla scienza, se non insegnerà il modo di convivere fra sofferenza e oscurità, se non insegnerà le virtù ecologiche indispensabili per sopravvivere, se non offrirà una forma rinnovata di culto, se non insegnerà anche i peccati dello spirito, come l’accidia, l’inerzia e l’avarizia, con lo stesso entusiasmo col quale ha insegnato i peccati della carne, se non si scuserà per i suoi propri peccati contro i popoli nativi, verso la Terra e verso le donne, se non condurrà sulla via che porta alla saggezza di tutte le religioni del mondo, allora, amici miei, i giovani diverranno vecchi molto presto e quando ciò accadrà, la specie morirà.

Considerata l’attuale responsabilità della nostra specie, se questo accadrà, scompariranno con noi molte altre specie. Tuttavia, se saremo in grado di riscoprire una spiritualità come interessa alla creazione, avremo un rinascimento, una rinascita di civiltà, una reinvenzione della nostra specie basata su una visione spirituale. 

Matthew Fox 


Estratto dal libro Terra, Anima Società  vol. 2 edizioni FioriGialli


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