Joseph Ratzinger, nel suo discorso fondamentale di “papabile”, propose la “religione” (cattolica, ovviamente, perché per costoro non esiste altra religione possibile), quale unico ed efficace antidoto al dilagare dell’agnosticismo e relativismo nella cultura dominante dell’Occidente.
Parlando di “dittatura del relativismo, Ratzinger sostiene che la verità è una sola ed il suo fondamento è in Dio. Di contro ci sarebbe la precarietà e l’arbitrio, la relatività fonte dell’ errore e sul piano morale la mancanza di leggi assolute che favorisce il disordine e l’anarchia…Se ad un ascolto del tutto superficiale ed epidermico, il tono puramente formale dell’accusa Non fa una piega. Il relativismo è sicuramente una “diminutio” nella struttura individuale e sociale, ma questo relativismo a cosa si riferisce e contro chi e cosa muove i suoi attacchi?
C’è tutta una corrente di pensiero, che partendo da Hegel giunge fino a Nietzche e Heidegger che Non piace a Ratzinger, perché l’accusa che questi pensatori portano nei confronti della Chiesa colpisce a fondo la storia di questa Organizzazione.
Tant’è vero che in queste dichiarazioni del papa manca intenzionalmente qualsiasi riferimento alla complessità delle componenti logiche ed epistemologiche alle quali pur si dovrebbe ricorrere nell’attribuire alla Religione cristiana la patente di Unica verità capace di portare la luce nella società e nell’individuo, offuscati dal relativismo. Tanto più che proprio in questi tempi abbiamo preso atto, tutti, della provvisorietà della conoscenza umana e della precarietà dei modi di comunicazione.
Le reazioni. Reazioni consistenti a questi assunti sono state prese in ambito cattolico e protestante, nonché in ambito laico. Dai laici si è opportunamente obiettato che non è possibile ignorare le conquiste operate dal pensiero critico e dalla coscienza proprio grazie all’ affermazione del principio del relativismo gnoseologico ed antropologico.
Il pensiero moderno, sia pure fra errori e svarioni concettuali è però riuscito a restituire all’individuo ed al suo progredire storico la responsabilità della formazione dei valori, che nel travaglio del dubbio e dello spirito critico riescono a rendere omaggio al principio della responsabilità personale quale fondamento della verità e del bene.
Relativismo della dialettica innescata da Ratzinger. Non è questa la sede nella quale impiantare una querelle filosofica, ma ci sembra utile a questo punto sottolineare che la totalità del contendere è racchiusa in una manifestazione della modernità, e non dell’intero trascorrere del pensiero filosofico e scientifico. In questo scontro fra dogmatismo religioso e pensiero “laico” non è presente per nulla la grande stagione del pensiero classico, che viene negati aprioristicamente dal Ratzinger per il quale la Storia comincerebbe con la nascita, peraltro del tutto ipotetica, di Gesù, personaggio preso come manifestazione del divino sulla Terra (come se l’Umanità non avesse fino ad allora avuto a che fare con tante altre “incarnazioni” divine!)
Mentre per i “laici”, che fanno riferimento al pensiero “razionale”, è come se non fosse esistita una storia del pensiero prima dell’affermazione seicentesca della “razionalità” e della “scienza” presa come unica forma di conoscenza proprio perché proiettata nella misurazione del “sensibile”. Va aggiunto che siamo appena usciti dal conflitto fra il Razionalismo e la Scienza positiva.
Il Razionalismo proclama l’eguaglianza naturale degli uomini, e l’identità della ragione in ciascuno di loro, la storia della scienza c’insegna invece che le verità razionali dichiarate a priori , necessarie ed eterne, sono delle astrazioni empiriche tardivamente conquistate nel corso dell’evoluzione umana.
Quindi il contrasto cui fa riferimento Ratzinger è una forma di ragionare antecedente ai problemi qui trattati. Inutile dire che queste modalità di vivere la conoscenza è del tutto nevrotica, sganciata dall’evoluzione del pensiero, ottocentesca, anche perché, per nostra fortuna, stiamo assistendo non solo ad un progredire delle conoscenze scientifiche che annullano qualsiasi presupposto scientista e positivista, ci riferiamo alla Fisica Post-Quantistica, alla Matrix Divina alla Sincronicità di Jung, Plank, Chopra, scienziati che hanno elevato la ricerca scientifica alle vette del pensiero creatore, alle Neuroscienze che, al di là delle necessarie concessioni ad una visione meccanicistica del funzionamento della Mente, hanno colto l’interconnessione pensiero/emozione/corporeità, e con esse sono giunte alla dimensione transpersonale della società e della vita quale era il principio uniformatore della Classicità.
Secondo il pensiero più evoluto dei nostri tempi, non può esistere separazione fra scienza e spirito.
La conoscenza scientifica della materia inanimata non è un sottoprodotto della conoscenza che attinge alle dimensioni metafisiche, come vorrebbero gli eredi del processo a Galileo dell’una e dell’altra fazione. La conoscenza è una e consiste nell’identificazione, e quindi nella morale che è ineludibile. Al contrario, gli scienziati razionalisti contemporanei parlano come se la metodologia della scienza sperimentale fosse la chiave unica per risolvere anche i problemi filosofici e morali. Infatti, non può esservi conoscenza senza Etica, perché se una conoscenza non determina un comportamento non può trattarsi di Vera Conoscenza. Ecco la ragione per la quale oggi si parla di Eco-etica.
Clerocrazia. Il clericale disputa, insiste, condanna, minaccia, con albagia e ferocia non tanto sui problemi della condotta morale, quanto sulle basi dogmatiche della religione. Fuori di queste non c’è, secondo lui, vita morale. Chi non è clericale non è cattolico, chi non è cristiano non è religioso, chi non è religioso è immorale. Ne consegue che chi non è clericale è un essere maligno e pericoloso alla società.
Un pensiero di Giulio Cesare Vanini. G.C.Vanini, martire del Pensiero, della Natura e di Italianità, morì sul rogo a fuoco lento il 9 febbraio 1619. Egli scriveva: “La natura è il potere di Dio diretto a tutti gli ordinari movimenti; apparisce adunque come la stessa cosa della provvidenza. Però gli effetti di quest’ultima hanno un’ampiezza minore appartenendo allo stesso potere l’aver disteso il Cielo, creato l’Intelligenza, generata la zanzara dalla zanzara uscita dall’atto creativo. Aristotele… afferma come la natura nulla faccia con temerità, ragione per cui, giusta Aristotele, la natura è l’energia di Dio…”
Giorgio Vitali – vitali.giorgio@yahoo.it
Giorgio Vitali, particolare
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