Una sentenza, quella
depositata dai giudici della terza sezione penale della Corte di
Cassazione, che non farà certo felici i cacciatori. Dal momento che mette un
pesante punto fermo nella questione dell'utilizzo dei richiami elettroacustici,
molto diffusi soprattutto nel Delta, nella caccia in botte e in valle.
I
giudici della Suprema corte hanno infatti sancito che il semplice possesso di
un apparecchio di questo tipo è un reato bello e buono. Non è necessario, in
altre parole, che la polizia giudiziaria - nel caso di specie si trattava del
personale della polizia provinciale - sorprenda il cacciatore nell'atto di
impiegare il richiamo. È sufficiente trovarlo in possesso di questo.
La vicenda
approdata in Cassazione riguardava due cacciatori di uccelli acquatici, che
erano stati condannati in primo grado proprio dal Tribunale di Rovigo, dopo che
la polizia provinciale aveva contestato il possesso di un richiamo
elettroacustico. Era stato il suo suono, caratteristico, a mettere il personale
delle forze dell'ordine sulle tracce dei due.
Numerose, comunque, le questioni
che erano state sollevate dalla difesa. In primo luogo, il fatto che non fosse
assolutamente detto che il verso udito dalla polizia giudiziaria provenisse dal
richiamo in possesso dei due. Nel corso del processo di primo grado, tra
l'altro, era stata anche chiesta una perizia, affidata a un esperto di
propagazione del suono, passaggio non ritenuto tuttavia necessario dal giudice.
Altro punto che era stato sollevato dagli avvocati dei cacciatori, il fatto che
il richiamo fosse stato trovato in un capanno, non quindi in mano ai due
cacciatori. Come escludere - avevano sostenuto i legali - che in zona ci
potesse essere un altro meccanismo del genere attivo, alla luce, appunto, della
grande diffusione di questa pratica, per quanto vietata?
Ed è proprio nel
rispondere a queste argomentazioni che la sentenza della Cassazione,
pronunciata lo scorso 5 marzo 2013 ma depositata in cancelleria l’8 giugno u.s., si
rivela innovativa. Dal momento che i giudici hanno chiarito che basta il
semplice possesso di un apparecchio di questo tipo per incorrere nelle sanzioni
previste dalla legge. Proprio perché questi apparecchi sono vietati.
Di qui la decisione
della terza sezione. Che, pur non potendo fare altro che riconoscere
l'intervenuta prescrizione del reato, si è comunque rifiutata di annullare la
confisca del richiamo, disposta a suo tempo.
(Fonte: IL GAZZETTINO DI ROVIGO DEL 10 GIUGNO 2013)
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