Dea silvestre di Franco Farina
La proposta vuol richiamare
l’attenzione di politici ed amministratori, insieme a quella di
tutte le persone di buona volontà e che hanno a cuore i temi
dell’ambiente, del paesaggio, della biodiversità,
dell’occupazione, della qualità della vita e del cibo,
sull’opportunità di destinare quanto più possibile la grande
risorsa/bene comune del demanio agricolo ad un progetto teso ad una
gestione del territorio che si muova nella prospettiva di una
sostenibilità intesa in senso ampio e non in quella della vendita e
del fare cassa per convenienze contingenti.
La proposta è quella di
valorizzare le zone rurali e marginali delle Regioni italiane come
territori di sperimentazione nei quali attirare persone a vivere e
lavorare, in un’ottica di ripopolamento umano. Un ripopolamento che
definisco ecosistemico in quanto tende all’inserimento della
presenza e delle attività umane nel contesto ambientale sotto i loro
molteplici aspetti in modo che questi non siano né in contraddizione
tra di loro né con tale contesto, bensì elementi di un (eco)sistema
complessivamente in armonia.
Il progetto di un tale
ripopolamento sarebbe legato, da un lato, ad una serie di misure di
facilitazioni ed incentivi atte a creare un contesto favorevole a chi
voglia trasferirsi in un territorio protetto da garanzie di
conservazione ambientale e, dall’altro, a vincoli e misure volte ad
assicurare che lo stesso territorio sia mantenuto, appunto, nelle
migliori condizioni ecologiche possibili nel tempo.
Ci sono buone ragioni per credere
che vi siano oggi in Italia e non solo molte persone interessate a
vivere in territori che diano garanzie durature di tutelare stili di
vita e di economia sostenibili ambientalmente ed umanamente (e di
continuare a tutelarli anche in futuro) e che sarebbero disposte a
pagare un prezzo – che, secondo i casi e le possibilità di
ciascuno, può essere finanziario o di adattamento o come sforzo di
iniziativa/creatività o lavorativo – per poter vivere in un tale
contesto. In questa ottica, le zone rimaste finora, come si usa dire,
“marginali” (secondo il modo di vedere unilateralmente orientato
alla crescita economica) si trasformerebbero invece in una grande
risorsa, proprio per essere ciò che sono: si tratta solo di
intervenire con intelligenti e non invasive misure legislative per
aprirle all’utilizzo migliore che le persone che le sanno
apprezzare potrebbero farne. Con poca spesa peraltro per
l’amministrazione pubblica, ed anzi, con qualche opportunità di
entrate finanziarie per le Regioni stesse e gli Enti locali e, nel
periodo relativamente più lungo, con ricadute benefiche da molti e
diversi punti di vista anche (ma certamente non solo) economici.
RIASSUNTO DEI PUNTI DEL PROGETTO
- Messa in vendita dei soli
casolari rurali demaniali crollati o semicrollati, utili come
cubatura edificabile per ricostruirne di nuovi nel rispetto di ben
definiti vincoli paesaggistici ed edilizi – fonte di entrate per la
Regione e risposta coerente, da parte delle amministrazioni locali,
all’articolo 66 del decreto “Salva Italia” del governo Monti;
- Contestuale riconoscimento di tutto
il rimanente demanio agricolo - comprensivo dei suoi edifici rurali
abitati, abitabili e/o facilmente recuperabili – come Bene Comune
indisponibile, inalienabile, inusucapibile e soggetto a vincoli di
rispetto ecosistemico. Delibere regionali di rifiuto netto in merito
ad ogni progetto di dismissione del demanio (ad eccezione di quanto
detto nel punto precedente);
- Incentivi fiscali per gli acquirenti
dei beni di cui al primo punto;
- Disposizioni per l’assegnazione
dei beni demaniali agricoli (compresi gli edifici) per il
ripopolamento ecosistemico delle zone rurali (mantenimento al catasto
agrario degli edifici rurali demaniali);
- Iniziative regionali verso i
proprietari privati per incentivare il riutilizzo dei beni
abbandonati;
- Iniziative legislative regionali tese
a dare uno spazio di agibilità legale alle produzioni contadine,
sostenibili e su piccola scala;
- Altre iniziative legislative
regionali in materia di biodiversità agricola, turismo ed ospitalità
rurale sostenibile ed ulteriori aspetti collaterali.
- Disposizioni per la
valorizzazione del demanio agricolo
Le Regioni censiscono tutti i casolari
rurali ed i terreni agricoli demaniali. Si impegnano ad attuare tale
censimento in tempi prestabiliti e congrui. Per quanto riguarda i
casolari vengono distinte due categorie: quelli già crollati,
semi-crollati ed inagibili - che devono essere ricostruiti per intero
o ai quali servono opere importanti - e quelli privi dei soli
requisiti di abitabilità o già abitabili o anche già abitati.
Gli edifici appartenenti alla prima
categoria sono una ricchezza storica, paesaggistica ed una risorsa
abitativa rurale il cui recupero è però al di là delle possibilità
finanziarie degli Enti pubblici e di molti privati. Potrebbero essere
invece beni appetibili per privati dotati di sufficienti
disponibilità. Essi valgono essenzialmente come cubatura edificabile
che permette di ricostruire nello stesso luogo un’abitazione
rurale. Questi edifici, dunque – e solo questi – vengono resi
disponibili alla dismissione da parte della Regione in linea con
l’articolo 66 del decreto “Salva Italia” del governo. Vengono
messi in vendita esclusivamente a privati persone fisiche e non a
società immobiliari o d’altro genere, né per fondi di
investimento immobiliare, e nella misura di un solo edificio ad
acquirente. La cubatura dà la possibilità di ricostruire un
edificio rurale nel rispetto di una serie di vincoli quali forma e
dimensioni simili a quelle dell’edificio originario, materiali
affini a quelli originari o comunque compatibili ecologicamente e
paesaggisticamente, destinazione d’uso ecocompatibile. I ruderi
vengono messi in vendita insieme ad un massimo di due ettari di
terreno annesso circostante la casa. Gli acquirenti – se residenti
ed esercitanti attività agricola contadina (vedi oltre) – avranno
diritto di prelazione per l’assegnazione dei terreni ascritti al
podere originariamente di pertinenza del casolare acquistato.
Per tutto il resto del demanio agricolo
e rurale le Regioni deliberano opponendosi nettamente ad ogni ipotesi
di alienazione di tali beni, come da alcune già è stato fatto.
Tutto il resto del demanio agricolo – comprendente sia edifici che
terreni anche boschivi – viene dichiarato ufficialmente ‘Bene
Comune’ della popolazione e pertanto bene inalienabile,
inusucapibile e soggetto a vincoli di rispetto ecosistemico (vedi
oltre). Gli edifici rurali attualmente appartenenti al catasto
agrario vi rimangono quale parte integrante dei poderi agricoli e
viene bloccata ogni procedura di loro passaggio al catasto urbano.
La seconda categoria comprende gli
edifici rurali demaniali – quelli ancora in piedi, sebbene privi
dei requisiti di abitabilità, ed anche quelli già abitati (anche,
eventualmente, senza un contratto regolare) – i quali, dunque, se
accatastati al catasto agrario, non possono essere trasferiti a
quello urbano e devono restare parte integrante dei poderi agricoli.
Devono essere inoltre esclusi da ogni possibilità di
vendita/dismissione e – insieme a tutti i terreni appartenenti al
demanio agricolo ad eccezione degli edifici rurali di cui al primo
punto – vengono considerati ufficialmente dalla Regione come ‘Bene
Comune’ della popolazione.
Questi edifici, insieme ai terreni del
podere di pertinenza, vengono destinati ad ‘assegnazione di
ripopolamento’ nei termini che verranno descritti in seguito.
Il richiedente – secondo tali termini
- un bene demaniale rurale non ancora censito (ovvero in assenza
dell’avvenuto censimento da parte della Regione oltre la scadenza
prevista) può presentare una perizia di propria parte che attesti le
condizioni del bene da cui si evinca la sua appartenenza alla prima o
alla seconda categoria e pertanto ottenere che entro un termine
congruo (ad es. di 60 giorni) sia attestata da parte della Regione (o
altrimenti d’ufficio) la disponibilità del bene per la vendita o
per l’assegnazione di ripopolamento (vedi oltre).
Dato il cospicuo numero di casolari
demaniali abbandonati semidistrutti o del tutto crollati, ma utili
come cubatura, in molte Regioni italiane, le casse pubbliche
dovrebbero poterne ottenere entrate consistenti:
- sia in quanto il loro numero in tutto
il territorio nazionale è, appunto, notevole;
- sia perché il loro valore
commerciale come cubatura non è troppo diverso da quello dei ruderi
ancora in piedi – dato che spesso in questi casi il nuovo
proprietario preferisce distruggere in tutto o in parte il vecchio
edificio e ricostruirlo ex-novo;
- sia in quanto la Regione può
aumentare l’appetibilità dei beni predisponendo collateralmente
una serie di provvedimenti che assicureranno agli acquirenti di
acquistare un bene situato in un contesto che avrà e manterrà nel
tempo una serie di caratteristiche di rispetto ecosistemico speciali
(vedi oltre) che possono essere particolarmente interessanti per una
certa tipologia di possibili acquirenti.
La Regione, all’occorrenza stipulando
accordi appositi con lo Stato, l’Agenzia delle Entrate o gli Enti
preposti, riconosce una serie di agevolazioni fiscali a chi acquista
un casolare distrutto come prima casa e stabilendovi la propria
residenza presso l’anagrafe. Ad esempio, le spese sostenute dal
proprietario per alcune opere fondamentali, come la realizzazione o
il ripristino della strada di accesso, il collegamento alla rete
elettrica o all’acquedotto (se possibile), la realizzazione di un
pozzo o le opere necessarie per l’utilizzo di una sorgente, la
realizzazione di impianti di energie rinnovabili come il
fotovoltaico, l’eolico e il geotermico, potrebbero venir scontate
(anche fino all’annullamento) dalle imposte per l’acquisto e
dalle tasse sulla casa per un periodo di dieci anni. Per la
realizzazione di alcune di queste opere gli Enti pubblici stessi come
le (ex)Comunità Montane potrebbero essere impiegate con i propri
mezzi così che i costi sostenuti dal proprietario e scontati dalle
imposte diverrebbero comunque in altra via un guadagno per un Ente
pubblico. Ciò varrebbe particolarmente per la realizzazione delle
strade d’accesso, che dovrebbero comunque rimanere non private –
tranne eventualmente l’ultimo breve tratto nei pressi
dell’abitazione – ma vicinali/interpoderali. I ruderi acquistati
invece come seconde case o comunque usati come case per vacanze
sarebbero considerati abitazioni di lusso e tassati di conseguenza.
Eventualmente alcuni sgravi fiscali potrebbero essere previsti in
questo caso esclusivamente a compensazione di spese sostenute dal
proprietario per la realizzazione di piccoli impianti di energie
rinnovabili paesaggisticamente accettabili.
La Regione istituisce – segnatamente
nelle zone dove insistono i beni destinati all’alienazione come
detti sopra e quelli destinati all’assegnazione come detto qui di
seguito – “Distretti di Rispetto Ecosistemico” in cui vengono
adottate misure stringenti di salvaguardia ambientale come il divieto
totale dell’uso di pesticidi, diserbanti e concimi chimici, di
coltivazioni di ogm anche solo a titolo sperimentale, di qualsiasi
tipo di impianto industriale inquinante compresi gli inceneritori (o
altrimenti denominati), forti limitazioni alla caccia, abolizione di
allevamenti animali senza adeguata superficie a pascolo, disposizione
di sostanziali incentivi per impianti di energie rinnovabili, vincoli
paesaggistici…
- Disposizioni per
incentivare il ripopolamento ecosistemico delle zone rurali
Gli edifici demaniali rurali
appartenenti alla seconda categoria ed i terreni (tutti o parte di
essi secondo la richiesta degli interessati) appartenenti ai poderi
di loro pertinenza ed i terreni agricoli demaniali eventualmente non
ascrivibili ad alcun podere vengono assegnati a persone (fisiche o
riunite in associazioni o cooperative agricole, sociali o miste) che
vogliano ripopolarli e lavorarli coerentemente con una serie di
principi ecosistemici. L’affidamento anche con contratto di tipo
agricolo è peraltro contemplato anche nell’articolo 66 del Decreto
“Salva Italia”, dove si prevede una precedenza per gli
agricoltori con meno di quarant’anni di età.
Si propone di seguito una bozza di
linee guida per queste ‘assegnazioni di ripopolamento’:
BOZZA DI CRITERI-GUIDA PER LA
PRESENTAZIONE DI UNA PROPOSTA DI LEGGE REGIONALE PER L’ASSEGNAZIONE
DEI BENI RURALI DEMANIALI ABBANDONATI E PER UNA LORO DESTINAZIONE
“ECOSISTEMICA”
La proposta riguarda principi e
modalità per l’assegnazione dell’uso abitativo ed agricolo dei
beni rurali del demanio anche in stato di abbandono e/o non
attualmente abitati o utilizzati (comprendenti case coloniche e
terreni) a persone che ne facessero richiesta per viverci in modo
ecosostenibile.
Il contenuto della bozza riguarda:
- le ragioni e gli obiettivi della proposta
- come tecnicamente potrebbero essere assegnati i beni del demanio
- come la Regione può controllare che il loro uso sia quello desiderato
Spirito della legge
Riconosciuto che l’attuale modello
di produzione e sviluppo dei paesi fortemente industrializzati come
il nostro è causa, per motivi strutturali, di una serie di
conseguenze pericolose e spesso disastrose quali i pesanti danni già
arrecati all’ambiente e all’equilibrio ecologico con l’estinzione
di numerose specie viventi ed il minaccioso cambiamento climatico;
Riconosciuto che i tentativi di
risolvere problemi di tale entità in modo ideologico, per schemi di
portata generale, pianificato e forzato hanno ovunque fallito;
Riconosciuto che è oggi il tempo di
dare spazio anche a chi vuol tentare una via diversa: quella di
“esperimenti” molto concreti e pratici e che questi, per esser
tali, dovranno essere necessariamente su piccola scala:
Riteniamo che nel cammino verso la
soluzione delle citate grandi questioni del nostro tempo dovranno
necessariamente giocare un ruolo importante una serie di scelte di
vita individuali e collettive che in varie forme pratichino un
cambiamento concreto da un orientamento di tipo consumistico ad un
altro radicalmente diverso e sostenibile, che ci piace definire
“ecosistemico”.
Riteniamo inoltre che la portata
sociale di tali cambiamenti individuali non vada a priori
sottovalutata in quanto potrà essere ampia tanto più quanto più
questi saranno numerosi e che perciò il compito delle istituzioni,
da questo punto di vista, dovrebbe essere quello di creare le
condizioni più favorevoli perché ciò possa avvenire.
Quando le persone che concretamente
basano la propria sussistenza su un modello differente di
produzione/consumo non saranno più solo pochi e sporadici pionieri,
ma costituiranno uno strato sociale che, per quanto sottile, sarà
radicato nella società e su specifiche basi economiche (cosa della
quale, almeno nelle campagne di alcune tra le regioni italiane, si
vedono significativi segni iniziali), ciò di per sé contribuirà a
favorire meccanismi di vario genere
(socio-politici-economici-culturali ecc…) che potranno porre le
indicazioni verso un mutamento di tendenza di più vasta scala in
termini non più utopistici e ideali, ma concretamente possibili.
La presente bozza iniziale per una
più compiuta e dettagliata proposta di legge da definirsi vuole in
effetti essere un primo passo verso l’apertura di uno spazio
giuridico per la possibilità ad esistere di un settore ancorché
minoritario di popolazione che fin d’ora, all’interno di questo
sistema, comincia a vivere basandosi sul modello di un’altra idea
di futuro, non più incentrato unilateralmente sull’aumento della
ricchezza e dei consumi (anche perché è molto dubbio che queste
cose siano ancora in grado di garantircene uno di futuro).
Obiettivi e valenze parallele della
legge
- Incentivare forme di economia familiare dai consumi sostenibili;
- Favorire nuove forme di occupazione giovanile (e non solo) e contrastare o prevenire fenomeni di disagio e/o emarginazione sociale;
- Favorire l’insediamento nelle zone rurali, anche disagiate e marginali, di abitanti che si facciano carico di salvaguardare le condizioni ambientali, paesaggistiche, idrogeologiche e della biodiversità dei territori che abitano;
- Presidiare i
territori collinari montani incentivandone una gestione responsabile
anche al fine
di prevenire
condizioni di abbandono che possono diventar causa di disastri come
le sempre
più
frequenti frane ed alluvioni che sarebbero molto ridotte se ci fosse
chi si prende cura
– com’era
in passato – dei corsi d’acqua secondari, di terrazzamenti,
pendii e declivi
necessari
nell’uso dei campi per un’agricoltura su piccola scala;
- Promuovere il recupero dei beni demaniali abbandonati nelle zone marginali e montane, favorendo la presenza di persone che, per l’attività che vi svolgono, possano prendersene cura sia dal punto di vista ambientale che paesaggistico;
- Incentivare il ripopolamento di tali zone;
- Recuperare all’agricoltura sostenibile e su piccola scala, l’agricoltura contadina, zone altrimenti abbandonate ed improduttive, incentivando altresì le produzioni di qualità e le specialità locali tradizionali nonché forme di turismo rispettoso e di minimo impatto;
- Favorire lo sviluppo e la diffusione di pratiche autentiche di agricoltura biologica, tale da garantire la salvaguardia della biodiversità;
- Proporre, promuovere e concretizzare un uso sociale ed ambientale dei beni demaniali che valga come alternativa all’orientamento attualmente prevalente da parte del governo nazionale che è quello della vendita del demanio ai privati per ragioni di cassa (questa destinazione alternativa potrebbe essere preferita almeno per la parte dei beni demaniali di valore commerciale secondario, ma al tempo stesso di grande importanza ambientale e paesaggistica come quelli del demanio agricolo);
- Perseguire questi obiettivi con il minimo possibile di spesa da parte dell’ente pubblico e ponendo condizioni rigorose atte ad escludere la possibilità di abusi, speculazioni o frodi ovvero tali da destare interesse nella possibile assegnazione dei beni solo in coloro che sinceramente vogliano usarli nel modo e per i fini previsti.
Criteri nella
modalità di applicazione della legge
- Fatto in tempi certi il censimento dei beni demaniali nella disponibilità della Regione, viene stilato l’elenco dei casolari inseriti nella seconda categoria e relative pertinenze di terreno demaniale – come anche appezzamenti di terreno agricolo demaniale non di pertinenza di fabbricati o indipendente da essi – già abitati o viceversa abbandonati e/o non abitati o non utilizzati che la Regione ritiene di poter affidare;
- Per quanto riguarda casolari e terreni attualmente abitati i rapporti in essere vengono convertiti, su richiesta degli attuali abitanti e qualora vi siano le condizioni di attività agricola effettivamente svolta, automaticamente in affitti di tipo agricolo secondo la legge 203/82;
- Dopo una adeguata campagna informativo-pubblicitaria ad opera della Regione stessa o di un eventuale comitato promotore della legge, si apre l’accoglienza delle domande di affidamento dei poderi non utilizzati: unico requisito per fare domanda sarà l’accettazione degli impegni che l’affidamento comporta;
- In assenza o ritardo di tale iniziativa da parte della Regione i soggetti interessati possono comunque fare domanda per i poderi documentandone lo stato che ne determina la disponibilità per l’utilizzo in questione ed hanno diritto ad una risposta entro un termine ragionevolmente breve (ad es, di 60 giorni) che può essere positiva o, se negativa, che deve essere motivata fermo restando in ogni caso l’impegno della Regione a non lasciare più in stato di abbandono/inutilizzo alcun casolare/podere demaniale né a venderlo tranne che non sia tra quelli inseriti nella prima categoria, (semi)crollati e pertanto utili solo come cubatura edificabile;
- Saranno gli stessi titolari della domanda di affidamento a scegliere il podere fra quelli disponibili. Sarà data precedenza ai residenti nella Regione nella quale si trovano i beni richiesti, ai disoccupati, ai licenziati, ai cassintegrati ed a coloro che per motivi particolari (per es. ex-carcerati, ex-tossicodipendenti….) possono trovare maggiori difficoltà a trovare un lavoro, a chi non possiede alcun bene immobile. Case con più di due ettari di terra e terreni privi di casolari saranno assegnati esclusivamente a coloro che si impegnano a svolgervi un’attività agricola entro un termine da stabilire ed in questo caso sarà data precedenza a chi possa dimostrare una qualche esperienza e competenza in campo agricolo al qual fine saranno presi in considerazione esperienze lavorative, titoli di studio ed anche la discendenza da genitori agricoltori. Naturalmente, fatto salvo ogni altro elemento di graduatoria, la precedenza sarà data secondo la data di arrivo della domanda all’ente regionale;
- La Regione e l’assegnatario (ma potrà trattarsi anche di più persone per uno stesso podere o di persone giuridiche senza fini di lucro quali associazioni, cooperative ecc…) stipulano un contratto agrario secondo la legge 203/82 (si potrebbe anche pensare ad un uso gratuito) o in ogni caso una forma di contratto fortemente agevolato e tale da favorire il più possibile una progettualità a lungo termine da parte dell’affittuario che deve anche essere nelle condizioni previste per accedere a contributi e finanziamenti eventualmente messi a disposizione da parte di enti nazionali ed europei. Per le case senza terra o non provviste di una superficie ad uso agricolo tale da giustificare un contratto agrario si stabiliranno comunque condizioni di canone agevolate. L’assegnatario si impegna ad eseguire (eventualmente di propria mano “in economia diretta” come era previsto in passato dalla legge 203/82) i lavori di manutenzione straordinaria volti ad ottenere i requisiti minimi di abitabilità per il fabbricato secondo il progetto di intervento stabilito dall’ente regionale o da altro ente da esso delegato il quale ha la facoltà di controllare che i lavori vengano svolti in modo conforme. Le spese che l’assegnatario dovrà sostenere per la ristrutturazione verranno poi scomputate dall’affitto calcolando i materiali secondo la presentazione delle ricevute d’acquisto e la manodopera proporzionalmente agli standards delle imprese edili. Relativamente alle condizioni iniziali della casa si stabilirà fra l’ente pubblico e l’assegnatario (in un clima di collaborazione che si auspica dovrebbe caratterizzare tutte le fasi e gli aspetti del rapporto) un adeguato limite di tempo – in ogni caso sufficientemente lungo, per es. non inferiore a tre anni – entro il quale l’intervento di ristrutturazione deve essere completato e superato il quale la Regione può, se lo ritiene opportuno, revocare l’assegnazione.
- Fin dall’inizio dell’affidamento l’affittuario è tenuto a non usare nella sua attività agricola (qualora questa ci sia) alcuna sostanza quali concimi chimici, diserbanti, pesticidi, insetticidi, anticrittogamici, organismi geneticamente modificati ed altre sostanze non ammesse in agricoltura biologica; non è però tenuto ad ottenere la certificazione biologica da parte di ente terzo autorizzato (a meno che la Regione non intenda stipulare un accordo apposito con uno di questi enti e farsi carico in tutto o in parte delle spese necessarie – in tal caso si potrebbe prendere in considerazione anche la possibilità di una “Certificazione di Gruppo” - vedi Reg. CE 834/07);
- Dallo scadere del periodo iniziale concordato in poi la Regione e/o i suoi delegati possono in qualsiasi momento e senza preavviso venire a controllare direttamente che gli obiettivi della legge siano rispettati ovvero che sussistano una serie di requisiti:
- oltre ad avervi la residenza anagrafica l’affittuario deve effettivamente risiedere abitualmente nel podere e prendersene cura;
- per verificare che nell’agricoltura praticata non siano state usate sostanze non ammesse possono essere effettuati prelievi di terreno o di prodotti da analizzare;
- l’ambiente circostante deve essere rispettato.
- Le opere necessarie per l’ottenimento dei requisiti minimi di abitabilità devono essere state completate.
- Si potrebbe anche prevedere la possibilità che la Regione definisca – prevedendo eventualmente anche una serie di requisiti richiesti – un qualche titolo giuridico da dare su sua delega all’affittuario che ne facesse richiesta da far valere verso terzi in funzione della salvaguardia ambientale e per la vigilanza ecologica del territorio circostante il bene assegnatogli. Questo compito potrebbe comprendere anche accordi per lavori quali la manutenzione di sentieri, di canali dell’acqua piovana, di terrazzamenti e muretti a secco, bacini idrici, la segnalazione e pulizia di discariche abusive, il controllo di eventuali attività di bracconaggio, ecc… che l’affittuario potrebbe condurre in sostituzione parziale o totale del pagamento del canone d’affitto;
- Le persone a cui viene assegnato un bene demaniale secondo questa legge si impegnano a non avere un livello di reddito e di consumi pro-capite sproporzionato rispetto alle attività che conducono, verificabile con controlli incrociati e pena il venir meno dell’assegnazione del bene. Tale limite sarebbe ovviamente relativo alle diverse tipologie di condizione economico-familiare (ad esempio per chi è singolo, sposato, con figli, con persone a carico ecc….)
- Qualora l’affittuario risultasse inadempiente rispetto ai requisiti sopraelencati la Regione recide il contratto e rende il bene disponibile per altri. Fino a che nessun altro ne facesse domanda, però, la Regione può lasciare il bene stesso al precedente affittuario con un contratto a breve termine rinnovabile e secondo le correnti condizioni di mercato.
- In qualsiasi momento l’affittuario può recidere il contratto e rilasciare il bene assegnatogli senza con ciò aver diritto a pretendere alcunché per le migliorie apportate al bene pubblico di cui ha avuto fino allora disponibilità. In questo caso i suoi conviventi residenti (qualora ce ne fossero) hanno dritto di prelazione a succedergli nella titolarità del contratto di affitto in ordine di anzianità di residenza.
Una nota a margine
Il precedente
paragrafo sulle modalità d’applicazione va considerato solo come
uno schema indicativo generale.
E’ importante
comunque prevedere possibili controlli in modo abbastanza severo sia
per far sì che una tale legge invogli solo chi è già convinto di
voler fare una precisa scelta di vita, ma gliene manca solo
l’occasione, sia perché la proposta possa apparire, per così
dire, degna di fiducia agli occhi di chi si trova ad amministrare la
cosa pubblica e alla cittadinanza in generale – che è poi il
proprietario finale della cosa pubblica.
Si tratta certo di
un’idea che va controcorrente e che può apparire antieconomica –
e lo è nel senso convenzionale – ma credo vada invece riconosciuta
la sua “convenienza” in una prospettiva più lungimirante e
globale.
E’ essenziale,
comunque, che, qualora un giorno una proposta come quella appena
esposta potesse prendere forma concretamente come disegno di legge
vero e proprio, ne sia rispettato lo spirito fondamentale cioè
quello di puntare in primo luogo ad un recupero ecologico, sociale,
paesaggistico e di gestione/salvaguardia del territorio dei beni
rurali abbandonati e delle zone in cui questi si trovano e non
(sebbene ciò non sia per principio incompatibile o da escludere)
quello di cercare una improbabile via di sviluppo economico di queste
zone o di una valorizzazione economica di questi beni in termini
finanziari. Di conseguenza i controlli o le limitazioni da porre
agli affittuari potranno essere coerenti con lo spirito che informa
la proposta, ma non potranno limitarsi ad entrare nel merito di quale
incremento le loro attività portino o meno all’economia della
zona, quali prospettive esse abbiano di inserirsi con successo nel
mercato e la sua competitività o quanto siano credibili da un punto
di vista imprenditoriale e produttivo. In quanto cose di questo
genere restringerebbero la valutazione a problematiche estranee e
perfino antitetiche alla prospettiva di una sostenibilità molto più
ampia in cui la proposta è concepita.
- Interessamento
della Regione presso i proprietari privati:
Nella stessa ottica di favorire un
ripopolamento ecosistemico delle zone rurali la Regione può
adoperarsi anche perché gli stessi proprietari privati di beni
(casolari e terreni) abbandonati o non utilizzati li possano mettere
a disposizione. Questo potrebbe essere fatto attraverso incentivi
quali sgravi fiscali a chi affitta, ad esempio:
- con contratto agrario (legge 203/82)
per un uso agricolo definito come “contadino”;
- in Comuni con popolazione inferiore
ad una data cifra (per es. 5000 abitanti);
- in zone rurali di qualsiasi Comune,
ma al di sopra di una certa altitudine (per es. 300-400 mts. slm).
Sergio Cabras - sercabras@gmail.com
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