mercoledì 24 febbraio 2016

In difesa delle piccole comunità bioregionali – Il caso di Montelupone e l'amaro prezzo della perdita del nome



Montelupone, il monte dei lupi, mi ricorda un po' il monte Soratte, anche lì la storia narra di lupi che s'aggiravano nei boschi e di antichi riti della fertilità: i “lupercali”. Ogni volta che transitando sulla Strada Regina tornando a Treia dal mare osservo il cucuzzolo solitario di Montelupone, inserito nel circuito dei Borghi più belli d’Italia, ritorno al tempo che fu, all'isolamento cercato per proteggersi, alla storia secolare di una comunità che osservava dall'alto l'andirivieni di orde barbariche, restando protetta sull'impervia collina. Montelupone oggi è votata alla sparizione, non nel senso fisico, ma nel senso più intimo quello identitario. 

Senza un nome chi sei? Se rinunci al tuo nome per assumerne un altro, anche più altisonante, come “Floris”, ma che non corrisponde alle tue fattezze alla tua storia, cosa diventi? Nulla... Montelupone, una frazione. 

Sono amareggiato dal punto di vista bioregionale della perdita d'identità locale che subentra con le indicazioni livellatrici, della pessima legge Delrio, che spinge i piccoli comuni ad accorparsi. 

Si dice accorpare ma il vero significato è “accoppare”. E poi chi l'ha detto che risulterebbero dei vantaggi nei servizi da tali accorpamenti, da “aree vaste” prive di radicamento nel senso comunitario? I servizi peggiorano, date le distanze e i decentramenti dei vari uffici, la popolazione perde ulteriormente contatto con i propri amministratori, gli interessi dei centri più grandi prevalgono -per la solita legge democratica della maggioranza- su quelli più piccoli.

Si vorrebbero annettere i paesi della Valle del Chienti fino a raggiungere i 60.000 abitanti... quanto conteranno in un tale contesto i 3.500 di Montelupone? 

Se si vogliono soddisfare le esigenze di una buona amministrazione locale risparmiando sui costi, si cominci con l'eliminare le prebende agli amministratori, si crei un servizio di volontariato a rotazione per quei servizi che possono essere condivisi, magari utilizzando il tempo libero degli anziani o dei giovani studenti. Sarebbe un servizio civile utile alla comunità ed a costo quasi 0, soprattutto a km. 0. 

Mentre con l'annessione amministrativa per raggiungere gli uffici decentrati bisognerebbe fare la spola per tutta la Valle del Chienti, in macchina, avanti ed indrè. Per non parlare di altri inconvenienti... come ad esempio l'assoluto estraniamento fra cittadini e amministratori... 

Su 60.000 abitanti quanti consiglieri potrebbe ottenere Montelupone?  Forse nessuno e se ne avesse  uno solo sarebbe grasso che cola. Se ora la gente per strada incontra il sindaco, od un assessore, o anche un semplice consigliere comunale, e può prospettargli i problemi del vicinato, a quale parrocchia dovranno andare a pregare i Monteluponesi per ottenere udienza? 

Questo sistema dell'aggregazione omologante dei piccoli comuni, voluto dal governo Renzi, non tende al miglioramento dei servizi bensì all'annullamento del senso di comunità ed al controllo della cittadinanza, e mi fa venire alla mente la vicenda di Loudun, nella Francia della prima metà del 1600, descritta magistralmente nel libro di Aldous Huxley *


Paolo D'Arpini – Rete Bioregionale Italiana
Via Mazzini, 27 – Treia (Mc) – Tel. 0733216293




* Recensione del libro “I diavoli di Loudun” di Aldous Huxley: Francia, 1631: sotto il regno di Luigi XIII, il cardinale Richelieu, deciso a fiaccare definitivamente le velleità delle città di provincia, ordina la demolizione delle mura di alcuni centri. A Loudun, il barone de Laubardemont, che deve eseguire tale ordine, trova un oppositore in Urbain Grandier, un prete che pur manifestando una sincera religiosità conduce una licenziosa vita privata. La fama di Grandier richiama l'interesse di suor Jeanne des Anges, frustrata superiora delle Orsoline, la quale, allo scopo di stabilire con lui un concreto rapporto, gli offre il posto di direttore spirituale del proprio convento di clausura. Dopo essere stata rifiutata da Grandier, la madre superiora passa ad uno stato di isterico furore che in breve trasmette anche alle consorelle. Il canonico Mignon, venuto a conoscenza delle strane perversioni delle monache, d'accordo con alcuni influenti personaggi ostili a Grandier, attribuisce il fenomeno ad ossessione diabolica e ne incolpa il prete, affidando le invasate suore agli esorcismi del fanatico Padre Barrè. Sadicamente torturato e condannato al rogo, Urbain Grandier muore il 18 agosto 1634, rifiutando però sino all'ultimo di confessarsi reo di colpe non commesse. 
E subito dopo le mura di Loudun vengono rase al suolo....

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