mercoledì 30 giugno 2021

Bioregionalismo e finalità della Rete Bioregionale Italiana


La teoria bioregionale ha destato l’interesse di scienziati, ecologisti, agronomi, ed economisti di tutto il mondo.


Ad oggi, è possibile attingere a numerose definizioni di “Bioregione” e “Bioregionalismo”, fornite dalle più varie personalità mondiali e sulla base di approcci eterogenei. Nel complesso, si può affermare che tutti concordano nel sostenere che per “bioregione” si intende “un territorio non delimitato da confini politici o amministrativi ma da confini ‘oggettivi’ (ecosistemi naturali) e ‘soggettivi’ (identità sociali); quindi un’area geografica circoscritta da limiti fisici e da un’omogeneità ambientale e naturale degli ecosistemi (clima, suolo, flora, fauna) e delle caratteristiche sociali delle comunità locali(costumi, tradizioni, identità collettiva, senso di appartenenza al territorio)”.

Per quanto riguarda la definizione di “bioregionalismo”, la questione è più complessa: nelle intenzioni dei suoi fondatori, il
bioregionalismo è una scelta di vita prettamente ideologica e radicale che comporta, in primo luogo, l’esperienza dell’ecologia profonda, dell’auto sostentamento e dell’autosufficienza, è la capacità degli abitanti di una bioregione di organizzarsi autonomamente e di reperire tutte le risorse di cui necessitano entro i confini della propria bioregione, annullando la pratica del trasferimento di risorse nello spazio e nel tempo ed estendendo, dunque, il concetto di sostenibilità all’intero ecosistema e non soltanto in riferimento all’ambiente naturale e alle sue risorse.

Comunque, il bioregionalismo prevede una scelta di vita che evita l’inquinamento e lo speco, che promuove la conservazione e il riciclaggio, che valorizza i prodotti tipici della regione, che adatta i sistemi produttivi ai caratteri ambientali del luogo e che, soprattutto, implica un ridimensionamento al livello locale della gestione delle risorse naturali, come punto di partenza imprescindibile per un qualsivoglia tentativo di sostenibilità ambientale.

In Italia il “movimento bioregionale” si è andato affermando agli inizi degli anni ’80 coordinato da un gruppo di attivisti riconducibili al giornale "AAM Terra Nuova" ed al periodico "Frontiere".

Nel 1996 a Monterufeno  nasce la Rete Bioregionale Italiana, “un insieme di gruppi, associazioni, comunità e singole persone che condividono l’idea bioregionale e in prima persona, nel proprio luogo, si danno da fare per praticarla”. In breve tempo, la Rete, attraverso incontri periodici, diffusione di newsletter, pubblicazioni a vario titolo e contributi all’interno di riviste specializzate, diventerà il principale punto di riferimento nazionale per tutti coloro che, in un modo o nell’altro, intendono intraprendere una scelta di vita bioregionalista.

Coerentemente con il carattere prettamente locale della pratica bioregionalista e, considerando che “l’idea bioregionale è ispirata dai sistemi naturali”, anche la struttura organizzativa
interna della rete mira al decentramento della “gestione” eliminando figure che rivestano ruoli dirigenti nazionali, ritenute poco utili, e limitandosi a costituire un Coordinamento di referenti tematici formato da soggetti con qualifiche diverse, ognuno dei quali, secondo le proprie competenze, porta avanti le specifiche attuazioni del bioregionalismo.

Rete Bioregionale Italiana - bioregionalismo.treia@gmail.com

Carta degli intenti della RBI:    http://retebioregionale.ilcannocchiale.it/?r=28856  

Articolo collegato: http://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2019/11/bioregionalismo-e-rete-bioregionale.html

martedì 29 giugno 2021

Contro-bioregionalismo nel Nord America - "Tribù indiane Capitale e Proletari nella Storia del Nord America" di Giorgio Stern - Recensione



Con l’esproprio dell’identità biorgionale   il nativo americano vedeva il progressivo esproprio di quanto gli restava della terra.  

“I bambini saranno ostaggi per garantire il buon comportamento della loro gente” Così definì gli scopi della Carlisle Indian Industrial School il suo fondatore tenente Richard Henry Pratt.

Dal 1880, ammassati nelle “riserve”, gli Indiani conoscono umiliazione, miseria, acculturazione.  Le famiglie si videro sottratti i figli, mandati in una scuola dell’est definita “tecnica”, la Carlisle Indian Industrial School, in realtà un vero e proprio riformatorio, per di più lontanissimo dalle “riserve”. La storia di questa famigerata “scuola” si rivela densa di violenze e di suicidi infantili.  

Dal 1879, e per quasi cento anni, ai bambini nativo-americani viene impedito, pena severissime punizioni, di esprimersi nella propria lingua. Ne conseguì che l’uso delle lingue autoctone decadde, poiché i genitori, volendo evitare ulteriori ritorsioni sui loro figli evitarono, non solo di insegnare, ma anche di parlare nella propria lingua in loro presenza.


Qualche tempo addietro ricevetti una email da Giorgio Stern in cui mi chiedeva un indirizzo postale per farmi pervenire il suo libro “Tribù indiane. Capitale e proletari nella storia del Nord America” (Zambon Editore), in quel periodo mi trovavo in Emilia, a casa di Caterina, e nel giro di pochi giorni ricevetti il volume. Conoscevo solo di nome Giorgio Stern e la sorpresa nel ricevere questo dono inaspettato fu tanta. Ma in fondo non c’era poi da meravigliarsi, poiché sia lui che io siamo ecologisti e  facciamo parte della lista No-Nato e quindi dal punto di vista “politico” già condividiamo diverse opinioni.

La curiosità solleticata dal come ero venuto in possesso del libro mi spinse immediatamente alla lettura, anche perché delle vicissitudini e delle sofferenze degli indiani d’America avevo iniziato ad interessarmi dai tempi di “Soldato blu” un film epico e drammatico che per primo modificava l’approccio verso l’epopea del “selvaggio West” (pellicola del 1970, diretto da Ralph Nelson e ispirato al romanzo storico di Theodore V. Olsen, Arrow in the Sun, a sua volta ispirato ai reali eventi del massacro di Sand Creek del 1864. Si tratta di uno dei primi film western a schierarsi dalla parte degli Indiani d’America).

L’epopea e la tragedia del popolo dalla pellerossa sono descritte in dettaglio nel libro “Tribù indiane” di Stern ed è subito chiaro sin dalla prefazione dell’autore, in cui è detto: “Quanto qui brevemente esposto riassume un capitolo di storia determinante nei suoi sviluppi successivi, facilmente documentabile per l’accesso alle fonti e per i numerosi studi editi negli stessi Stati Uniti, spesso disatteso o snaturato dai mezzi di diffusione di massa e dagli storici di professione”.

Insomma si tratta, come diremmo oggi, di un “libro verità” in cui i vari aspetti ed eventi che portarono allo sterminio, da parte dei “civili yankee” di una popolazione indiana stimata attorno ai 14 milioni di persone ed oggi ridotta a poche centinaia di migliaia. Un olocausto tremendo perpetrato non tanto per motivi “ideologici” quanto per motivi di rapina.

Il “selvaggio west” del popolo dalla pelle rossa è stato così descritto da un esponente Sioux, Standing Bear, nel 1890: “Noi non abbiamo mai considerato le grandi pianure, la distesa delle colline e i tumultuosi torrenti fiancheggiati da folti cespugli, come qualcosa di “selvaggio”. Solo per l’uomo bianco la natura era un “mondo selvaggio”, e solo per lui la terra era “infestata” da animali selvaggi e da gente “selvaggia”: Per noi tutto era famigliare e domestico. La terra ci ricopriva di doni ed eravamo circondati dalle benedizioni del Grande Mistero. Solo quando l’uomo peloso venuto dall’est con la sua brutale frenesia rovesciò ingiustizie, su di noi e sulle cose che amavamo, questo mondo divenne “selvaggio”. Quando gli stessi animali della foresta cominciarono a fuggire davanti ai suoi passi, ebbe inizio per noi l’epoca del “Selvaggio West”.

Giorgio Stern

Già da queste parole potei capire e dare una giusta collocazione agli eventi storici contenuti e particolareggiatamente descritti nel libro di Giorgio  Stern. Gli imbrogli, le nequizie, le stragi, la diffusione volontaria del vaiolo e dell’acqua di fuoco, lo sterminio gratuito dei bisonti, il continuo restringimento entro piccole riserve desertiche, l’espropriazione delle stesse ove facesse comodo alla costruzione di reti ferroviarie o allo sfruttamento di risorse minerarie. Insomma la riduzione in schiavitù e la quasi estinzione di un popolo nobile e generoso. Questo fecero i fautori della democrazia e della religione cristiana e giudea che ancora osano mettere sulla loro monete e sui loro simboli: “In God we trust”.

Quale Dio?, mi chiedo, forse trattasi di Mammona, se non peggio. E ciò viene evidenziato anche nel capitolo relativo all’affermarsi del primo capitalismo bancario, finanziario e industriale e conseguente sfruttamento delle masse popolari di immigrati affamati ed oppressi.

Leggendo le tristi vicende occorse ai lavoratori bianchi “di serie b” trucidati durante gli scioperi e costretti ad orari sfibranti per soddisfare la sete di denaro dei padroni, nonché alle mistificazioni portate a scusante dell’eccidio del popolo pellerossa, libero e pulito, è più facile oggi comprendere la frenesia di dominio e di sfruttamento dimostrato da questi “uomini bianchi pelosi” nei confronti di ogni altra nazione del mondo. Gli sterminatori “religiosi e democratici” che affermano “In God we trust” ma solo per giustificare ruberie e distruzioni, allora come ora!

L’emozione provata scorrendo i vari nitidi capitoli del libro mi ha impedito una lettura continuata, ho dovuto riporre il volume più volte, per non soccombere alla rabbia ed alla frustrazione. Insomma ho impiegato quasi un mese a completare la lettura di un testo di appena 160 pagine.

“Tribù indiane” si conclude con le vicende attuali di un ultimo eroe indiano perseguitato dai “democratici e religiosi”, Leonard Peltier, tutt’ora imprigionato senza giusta causa ma solo per punirlo del suo amore e rispetto verso la sua gente e verso le tradizioni ancestrali.

Che dire di più? Termino con le parole della mia compagna, Caterina Regazzi, che a sua volta avendo preso in mano il libro di Giorgio Stern gli scrisse: “Gentile Sig. Stern, sto anch’io leggendo il suo libro su “Tribù indiane…” e lo sto trovando veramente esaustivo , interessante e illuminante su tanti aspetti non certo edificanti della storia degli Stati Uniti d’America. Credo che meriti di essere diffuso e conosciuto… Cordiali saluti!”

Paolo D’Arpini


Coordinatore della Rete Bioregionale Italiana


Recente notizia di cronaca diramata da Televideo: “Canada: trovati i resti di 761 persone. Appartengono principalmente a bambini nativi, i resti scoperti nel sito di un'ex scuola residenziale nella provincia di Saskatchewan, in Canada. Lo riferisce un gruppo indigeno canadese, come riporta il New York Times. La scoperta, la più significativa a oggi, è avvenuta meno di un mese dopo il ritrovamento dei resti di 215 bambini a Kamloops, nella British Columbia, vicino a un'altra delle scuole fondate a fine ottocento dal governo canadese e gestite dalla chiesa cattolica...”

domenica 27 giugno 2021

Dove vanno a finire gli ecopacifisti? Gli indecisi tra Conte e Grillo...



Molta parte del movimento ecopacifista aveva posto fiducia elettorale nel Movimento Cinque Stelle. Ora, davanti ai suoi parlamentari, Beppe Grillo ha ammesso di averlo deluso.

 Dopo aver inventato due governi Conte di due colori opposti (ma nessuno ecopacifista), ha toccato il fondo dell’impotenza e della sudditanza   nell’ammucchiata del governo Draghi. 

Tutti gli organi di stampa ferocemente  restano da oltre 12 anni contro Grillo e da tre contro Giuseppe Conte; a favore di Conte ma contro Grillo c’è solo il Fatto Quotidiano. Eppure è innegabile che il Movimento inventato dal “visionario”, dopo che questi ha definito “ecologisti” tanto Mario Draghi che Roberto Cingolani, non solo è inchiodato alla metà del suo consenso originario, ma addirittura è sull’orlo della scissione.

Non è chiaro se la rottura fra Grillo e Conte si fonda sulla presa di coscienza di Grillo che il governo Draghi è tutt’altro che il governo della “transizione ecologica”, e che dunque occorre uscire dalla maggioranza (tramite una mozione di sfiducia contro Cingolani) e infine ritornare prima della fine della legislatura ai principi fondativi (ecopacifismo, no due mandati, ecc. ).

Oppure se il dissidio è solo una lotta di potere personale nel corso della  definitiva trasformazione di un Movimento rivoluzionario in un Partito tradizionale. La parola degli attivisti è spenta da tempo, mentre tra i parlamentari l’attaccamento alle poltrone spiega le scelte di governo, dal Conte 1 in avanti.

RETE Ambientalista  - movimentodilottaperlasalute@reteambientalista.it




 

giovedì 24 giugno 2021

Glifosate, Pesticidi e Principio di Precauzione



In merito alla notizia Ansa secondo cui le autorità nazionali di Francia, Olanda, Svezia e Ungheria, che han preparato un parere preliminare per l'Efsa, riterrebbero il Glifosate non pericoloso per la salute (*) bisogna affermare con decisione che Il disseccante chimico totale in questione è in primis incompatibile con gli obblighi di produzione integrata vigenti in tutta europa dal 2014 e pertanto vietato di fatto già da quella data. 

In quanto i disseccanti totali devastano la biodiversità funzionale utile agli agro-ecosistemi e possono essere tranquillamente sostituiti dalle lavorazioni meccaniche di taglio dell'erba o interramento pre semina, tecniche alternative prioritarie e obbligatorie, sovvenzionate dalla politica agro-ambientale europea. 

Anche se il Glifosate si è continuato ad usare, inserendolo incomprensibilmente nei disciplinari di Produzione Integrata, illegittimamente sovvenzionati coi fondi pubblici altresì destinati alle tecniche agro-ecologiche (agroclimatico-ambientali) e all'agricoltura biologica, da quando la produzione integrata è divenuta obbligatoria.

Questa sostanza, un aminoacido artificiale modificato, interferisce su tutti gli esseri viventi andandosi a sostituire nel normale funzionamento delle sintesi proteiche, da cui dipendono tutti gli enzimi e le funzioni biologiche vitali, creando il "caos biologico", con ripercussioni epigenetiche sul Dna, Rna e disfunzioni ormonali pericolosissime. Oltre a numerosi danni che via via si evidenziano nel tempo...
Il principio di precauzione europeo e Costituzionale impone di dimostrare che la sostanza sia innocua per la salute ambientale e non di dimostrare che il glifosate sia cancerogeno, mutageno, teratogeno, ecc. per poterlo revocare dall'uso e commercio. 

Prima di immettere nel mercato prodotti chimici che da 70 anni si dimostrano puntualmente pericolosi e, dopo decenni di usi devastanti, vengono poi revocati… "quando il danno è ormai fatto"… alla faccia del principio di precauzione.

Le nuove patologie indotte dalle sostanze chimiche sintetiche, che a centinaia condiscono le nostre pietanze ogni giorno come residui invisibili che si bioaccumulano nei nostri organi e nelle catene alimentari di tutto il pianeta, sono per definizione "precedentemente sconosciute"… 

Ed è proprio per questo che tra due pareri scientifici, quello dell'EFSA (basato sui dati prevalenti delle multinazionali) e quello autorevole dello IARC (OMS) che dimostra la cancerogenicità del glifosate, induttore del linfoma non Hodgkin e di altre patologie oltre a tutti i danni sopracitati, con effetti ancora per lo più sconosciuti, è necessario tener conto di quello che garantisce la massima cautela, sulla base del principio di Prevenzione.

Soprattutto quando in ballo ci sono almeno 20.000 miliardi di dollari in risarcimenti dei danni per almeno 100.000 cause intentate solo negli USA dagli ammalati di Linfoma non Hodgkin contro BAYER-MONSANTO, molte delle quali già passate in giudicato con risarcimenti di almeno 200 milioni di dollari alle vittime. 

Ultima in ordine di tempo una class action intentata in California contro la multinazionale. ( https://www.cambialaterra.it/2021/06/bayer-effetto-valanga/?utm_source=Newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterCLT ) Per arginare i danni e risolvere le richieste delle vittime, nei mesi scorsi la Bayer aveva proposto un accordo da 2 miliardi di dollari con risarcimenti ridicoli e offensivi della dignità umana, dai 10 mila ai 200 mila euro, e la possibilità per quattro anni di effettuare screening diagnostici. L’accordo è stato però giudicato inaccettabile dal giudice Chhabria. Le persone esposte, al momento ancora sane, se avessero sviluppato la patologia oncologica avrebbero potuto chiedere risarcimenti solo sui danni “compensativi”, rinunciando a quelli “punitivi” che rappresentano la parte più rilevante. 

Pertanto, che il Glifosate sia cancerogeno è ormai una certezza, stabilita dai tribunali competenti, i quali hanno avviato lo smantellamento dell'industria agrochimica, obsoleta, anacronistica e nociva alla salute, in presenza di tecniche agroecologiche molto più efficienti… risarcendo le vittime di una storia che non doveva realizzarsi.

Gli interessi in ballo nel passaggio dai Campi di Sterminio allo sterminio dei campi da parte della fusione Bayer-Monsanto, già condannata a Norimberga per crimini nazisti, sono cruciali e segneranno il destino dell'Umanità. Che non potrà di certo essere deciso dal'EFSA, ente tecnico, ma dalla Giustizia e dalla Politica. Vietando tutti i pesticidi chimici e i disseccanti dall'Agricoltura.

E se volete seccare un pò d'erba sul vostro piazzale di casa… usate un pò di sale e aceto... funziona come il Glifosate... e ci potete condire anche l'insalata…

Prof. Giuseppe Altieri, Agroecologo



mercoledì 23 giugno 2021

"Profilassi (o terapie) geniche"… mai usar le cause per combatterne le conseguenze



Mi permetto una considerazione sulla "ecologia dei geni e il riduzionismo scientifico",  contro le manipolazioni genetiche e gli OGM.  Le nuove malattie, create da mutazione genetica e distruzione endocrina, effetti epigenetici e teratogeni (sulle cellule riproduttive), disbiosi microbica, carenze nutrizionali, ecc. dovuti alla miriade di sostanze chimiche, in primis pesticidi sintetici  che da 70 anni si bioaccumulano nelle catene alimentari e 30 anni di OGM altamente instabili e reattivi (contro i quali è chiaramente schierata l'Enciclica "Laudato Sì" di Papa Francesco) ...purtroppo sono per lo più incurabili. Esse possono solo essere prevenute, seguendo l'Ecologia profonda e la vera scienza, non manipolatoria.

Sono proprio queste alterazioni chimico-fisico-transgeniche a scatenare modifiche microbiologiche (intestinali, nelle acque e nei terreni, ecc.) che provocano nuove emissioni virali, negli allevamenti industriali come negli esseri umani… in un tentativo della Natura di ristabilire gli equilibri alterati, frutto di miliardi di anni di evoluzione "perfetta" della vita sulla Terra Madre.

Pensare che le cosiddette " Terapie (o profilassi) geniche" possano contribuire a riparare i "danni genetici" e a curare cancri, tumori infantili e neonatali, linfomi e leucemie, o addirittura creare nuove proteine e/o anticorpi… significa non conoscere il "miracolo del DNA"... 

Ed è quantomeno un azzardo, che pone problemi etici insuperabili, sula base del principio di precauzione.

Si rischia di usare la causa stessa per combatterne le conseguenze… Come fanno gli agricoltori da 70 anni usando pesticidi anacronistici e tossici, che semplicemente dovrebbero essere già banditi viste le risultanze dell'agricoltura biologica e dell'Agroecologia e il fallimento della chimica, con perdita di oltre il 40% per danni da insetti e malattie… (più un altro 20% nella grende distribuzione nei frigoriferi dello spreco) insetti che  prima cerchiamo di combattere con la chimica e poi ci propongono di mangiare, visto che ormai sono resistenti ai pesticidi tossici… la stupidità Umana non ha limiti. 

Le vie d'uscita sono altre, in primis le Biotecnologie naturali e stimolazione della autoriparazione del Dna e del sistema immunitario che distrugge le cellule alterate attraverso un'alimentazione Biologica e ricca di vitamine, frutto dell'Agroecologia, i mix di microbi utili e gli insetti e organismi utili in generale, eliminazione dei pesticidi e delle plastiche nei settori alimentari, cosmetici, tessili, ecc, e dei plastificanti (PFAS di cui sono inquinati ormai tutti i prodotti ittici) e le acque in tutto il mondo…

Per ritornare a Curare i sani, oltre che gli ammalati, con le armi della Natura e del sistema immunitario rafforzato.

Il bio-accumulo di sostanze tossiche non biodegradabili, ha superato da molti decenni il  livello di sopportazione del genere Umano… devastato e sulla via della sterilità, malattia …estinzione?

Le promesse della Manipolazione genetica servono solo a distrarci…
E' già troppo tardi ...per non fare nulla.
E sono almeno 25 anni che abbiamo a disposizione tute le risorse europee per la riconversione agroecologica e la sostituzione dei pesticidi chimici… 
Usati troppo spesso al contrario nei cosiddetti Programmi Agroambientali delle regioni e del Ministero Agricoltura. Per conflitti di interesse semplicemente anacronistici, visto che con i fondi a disposizione è possibile una convergenza di interessi di tutti gli attori delle filiere agroalimentari e chimico-farmaceutiche.

Curare i sani rende molto di più… e mantiene il Capitale più importante per il futuro… la Vita nella sua sacralità

Giuseppe Altieri - Agroecologo 


Premio Internazionale Padre Pio alla Carriera


Per un approfondimento sui vaccini anticovid-19  si può ascoltare la registrazione del seguente webinar della dott.ssa Loretta Bolgan,  tratto dal sito Macrolibrarsi:   
https://www.youtube.com/watch?v=IeN0mki2Rh4


Ecologia e libertà



Credo che lo scopo dell’esistenza umana sia quello di arrivare ad essere liberi da condizionamenti mentali, culturali, da tradizioni sbagliate, da assurde superstizioni; liberi  dall’egoismo, dal rancore, della  critica disfattista, dalla maldicenza, dall’invidia, dal carattere impulsivo, dalle proprie stranezze e debolezze; insomma da tutto ciò che di inopportuno sfugge ad al controllo razionale ed emotivo. 

Il fine è quello di rendere l’individuo padrone del proprio destino, del proprio bene, della propria felicità, consapevoli che finché il nostro equilibrio e la nostra serenità dipende dagli altri non si è veramente liberi e non si ha attuato lo scopo dell’esistenza. Insomma, quanti più vincoli e catene ha il nostro essere tanto meno siamo completi, realizzati e felici.

            La libertà di se stessi non si ottiene dall’appagamento dei propri impulsi ma dal dominio degli stessi. L’incapacità di dominare un’offesa, un’accusa, un’ingiustizia, un torto subito, un desiderio sfrenato, ingiusto e dannoso, indica che non si è padroni della propria mente, del proprio cuore, delle proprie emozioni, del proprio corpo.


            Ma nulla è più plasmabile dell’animo umano. La qualità dei pensieri dipende da ciò che si mangia e dalla volontà di lasciarli permeare dalla legge del cuore. Ragione  e sentimento sono compenetrabili e la volontà è il mezzo attraverso cui è possibile plasmare la sfera del sentimento. Ed io rivendico la superiorità del sentimento sulla ragione. Dunque, la natura umana è modificabile spostando la volontà verso la dimensione del cuore. 


La ragione, staccata dal sentimento è sterile, produce pensieri senz’anima, egoistici, predatori. Per questo, a mio avviso, è fondamentale promuovere la cultura del sentimento come ciò che è mancato e che ancora manca alla cultura umana; una cultura che consenta all’individuo di realizzare integralmente se stesso e, di conseguenza, rendere migliore questo mondo.


Franco Libero Manco




domenica 20 giugno 2021

Il partito dell' “incuria” riprova a vendere Mondeggi...



Era il primo marzo 2019 quando l'ennesimo tentativo di vendita della tenuta di Mondeggi naufragò miseramente. Nonostante il prezzo di base d'asta ridotto al minimo e la spasmodica ricerca di facoltosi acquirenti interessati, all'apertura ufficiale delle buste l'unica proposta presentata, puramente simbolica, fu quella del comitato Mondeggi Bene Comune - Fattoria senza Padroni. In quella specifica occasione, così come molte altre volte precedentemente, venne presentata la sola proposta credibile e costruttiva in merito alla gestione del territorio di Mondeggi: il riconoscimento formale da parte dell'ente pubblico del Bene Comune e l'affidamento della tenuta attraverso gli “Usi civici e collettivi” alla comunità diffusa che da anni si opponeva alla vendita.

Oggi, a più di due anni di distanza, il copione sembra destinato a ripetersi: la Commissione al Patrimonio della Città Metropolitana di Firenze inoltrerà in Consiglio, Mercoledì 23 Giugno 2021, l'ennesima proposta di bando, che metterà all'asta la totalità della tenuta di Mondeggi, eccetto una porzione comprendente una casa colonica e un annesso agricolo, da affidare ad un soggetto giuridico terzo. Se la proposta venisse approvata, la fattoria sarebbe di nuovo a rischio alienazione e il percorso Mondeggi Bene Comune vedrebbe in pericolo la propria esistenza. 

Non sono bastati, evidentemente, i sette anni di presidio permanente, attraversato da migliaia di persone, che hanno strappato la fattoria all'abbandono; non è bastata neanche l'interlocuzione, finalmente avviata da un paio di mesi, con alcuni rappresentanti della stessa Città Metropolitana, per cercare una soluzione che salvaguardasse il Bene Comune Mondeggi facendolo divenire caso esemplare in materia di diritto.

Prendiamo atto, se mai ce ne fosse stato bisogno, che gli enti istituzionali, al loro interno, sono tutt'altro che coesi e che alcune posizioni pregiudiziali, granitiche e incancrenite, oltre che squisitamente “personali”, come quella del Sindaco di Bagno a Ripoli Casini e della responsabile al patrimonio Tosi, nocciono alla collettività tutta. Così come grava sulla collettività la spesa di oltre novantamila euro per cinque mesi (!) che è stata stanziata per l'attività costante di sorveglianza privata sulla tenuta di Mondeggi, iniziata in questi giorni tra minacce di vario genere; soldi pubblici che vengono dilapidati per coprire le falle di una mancata gestione, come se i problemi legati all'abbandono degli immobili potessero essere risolti da un esercito di vigilantes.

La denuncia da parte nostra di ciò che si sta mettendo a punto in Commissione è un atto dovuto: lo dobbiamo a chi, in questi anni, ha messo tempo, entusiasmo ed energie nel recupero di un pezzo di territorio abbandonato colpevolmente al degrado, e a chi ha aderito, anche solo moralmente, ad una lotta nata dal basso ma dal respiro ormai globale.

Chiediamo pertanto alla Città Metropolitana di Firenze che la proposta di bando venga rigettata in Consiglio, che la vendita come soluzione sia definitivamente e ufficialmente accantonata, e che si persegua, viceversa, quel dialogo ancora embrionale che si stava dando con lo stesso ente. Se così non fosse, prenderemo atto per l'ennesima volta della miopia suicida che regna nelle stanze dei palazzi, dell'incapacità anche solo di pensare soluzioni differenti in un mondo che muta a velocità siderale; e detto ciò, continueremo a seminare, potare, raccogliere, ridere, dissodare, spietrare, ballare e riflettere come facciamo da ormai sette anni.

Difendere Mondeggi dalla privatizzazione, la svendita o l'abbandono è oggi più che mai una priorità di tutte e tutti, vi invitiamo quindi Mercoledì 23 Giugno alle ore 9.00 in Via Cavour sotto il palazzo della Città Metropolitana per spingere l'amministrazione ad ammettere le proprie colpe ed abbandonare una volta per tutte l'ipotesi di vendita ed alienazione.

VI ASPETTIAMO IL 25/26/27 GIUGNO 2021 A MONDEGGI PER FESTEGGIARE INSIEME IL 7° COMPLEANNO (Programma dettagliato sul web)

Una altra grande sfida ci attende, un altro grande passo da compiere insieme, un futuro ancora tutto da scrivere. Il vento soffia ancora.

Mondeggi non si vende, si coltiva e si difende!

sabato 19 giugno 2021

Ridurre le emissioni di metano per contrastare l'effetto serra

 


Le emissioni di metano causate dall'uomo possono essere ridotte fino al 45% nel prossimo decennio, evitando quasi 0,3°C di riscaldamento globale entro il 2045 e avvicinandosi così all'obiettivo dell'Accordo di Parigi di limitare l'aumento della temperatura media globale a 1,5° e rispettando anche gli scenari prospettati dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).

Il taglio del metano, gas serra estremamente potente, può giocare dunque un ruolo chiave per contrastare il cambiamento climatico, andando ad affiancarsi agli sforzi per ridurre l'anidride carbonica. Rispetto a quest'ultima, che rimane in atmosfera per centinaia di anni, il metano inizia a degradarsi rapidamente e la maggior parte scompare dopo un decennio. Riducendo quindi le sue emissioni si può frenare rapidamente il tasso di riscaldamento nel breve periodo.

Essendo poi il metano un importante inquinante atmosferico, nonché precursore dell'ozono troposferico, questa riduzione del 45% delle emissioni eviterebbe 255.000 morti premature, 775.000 visite ospedaliere legate all’asma, 73 miliardi di ore di lavoro perse a causa del caldo estremo, 25 milioni di tonnellate di perdite di raccolto all’anno (vedi immagine a seguire).

Nonostante la crisi economica indotta dalla pandemia nel 2020, che ha impedito un altro anno record per le emissioni di anidride carbonica, la quantità di metano nell'atmosfera ha raggiunto livelli elevati, secondo gli ultimi dati della United States National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA).

Più della metà delle emissioni globali di metano derivano dalle attività umane principalmente in tre settori:

  • 35% dai combustibili fossili, con l’estrazione, la lavorazione e la distribuzione di petrolio e gas che rappresentano il 23% e l’estrazione del carbone il 12%,
  • 20% dai rifiuti (discariche e acque reflue),
  • 40% dall’agricoltura, con le emissioni di bestiame da letame e fermentazione enterica che rappresentano circa il 32% e la coltivazione del riso l‘8%.

A proposito di quest'ultimo punto, il rapporto mette in evidenza il contributo importante al cambiamento climatico che deriva dalla produzione di cibo e dall’agricoltura. Quest'ultima è infatti responsabile di grand parte delle emissioni globali di metano, a causa della rapida crescita dell’agricoltura industriale e del consumo eccessivo di carne e latticini. Le emissioni di metano del settore zootecnico sono aumentate drammaticamente del 70% dal 1961 a oggi e si prevede che rappresenteranno una quota crescente delle emissioni future di metano.

Quali soluzioni possibili?

Il rapporto mette in evidenza le soluzioni mirate già disponibili e in grado di portare avanti le riduzioni che sono auspicate fino al 30%; circa il 60% di queste misure è a basso costo e il 50% di queste ha addirittura costi negativi, quindi costituisce un guadagno per le aziende che le applicano.

Quasi la metà di queste misure sono già disponibili per il settore dei combustibili fossili in cui è relativamente facile ridurre il metano nel punto di emissione e lungo le linee di produzione/trasmissione. Sono disponibili anche soluzioni mirate nei settori dei rifiuti e dell'agricoltura.

A fianco di queste misure, ne servono però anche di aggiuntive che possono ridurre le emissioni di metano di un altro 15% entro il 2030, ad esempio

  • passaggio alle energie rinnovabili,
  • efficienza energetica residenziale e commerciale,
  • riduzione della perdita e degli sprechi alimentari.

Nel settore agro-zootecnico, visto che le tecnologie non sono in grado di affrontare in modo decisivo le emissioni di metano, è necessario da una parte intervenire sulle abitudini dei consumatori e dall’altra puntare su politiche innovative. Tre in particolare sono i cambiamenti comportamentali che sarebbero efficaci in tal senso e che potrebbero ridurre le emissioni di metano di 65-80 Mt / anno nei prossimi decenni: ridurre lo spreco di cibo, migliorare la gestione del bestiame, adottare diete sane (vegetariane o con un contenuto inferiore di carne e latticini).

Per facilitare l’attuazione di tutte le misure necessarie, si potrebbe ricorrere ad alcune possibili strategie come mettere una tassazione sulle emissioni o stabilire un obiettivo di riduzione. Ci sono però anche ostacoli da affrontare come la mancanza di finanziamenti, la necessità di aumentare la consapevolezza e migliorare l'istruzione, i metodi di produzione da cambiare, lo sviluppo di nuove politiche e normative e la necessità, come detto, di operare cambiamenti nei consumi e nel comportamento dei consumatori.

Il potenziale di riduzione delle emissioni di metano varia però a seconda dei Paesi e delle regioni:

  • in Europa e in India il più grande potenziale si trova nel settore dei rifiuti,
  • in Cina nel settore della produzione di carbone, seguita dal bestiame,
  • in Africa dal bestiame seguito da petrolio e gas,
  • nella regione Asia-Pacifico, escluse Cina e India, proviene da carbone e rifiuti,
  • in Medio Oriente, Nord America e Russia proviene da petrolio e gas,
  • in America Latina dal sottosettore zootecnico.

Sforzi comuni per raggiungere i risultati

Oggi le riduzioni di metano sono sempre più affrontate attraverso leggi locali e nazionali e nell'ambito di programmi volontari e ci sono pochi accordi politici internazionali con obiettivi specifici per questo inquinante. Per raggiungere i risultati auspicati si rende invece necessaria una migliore e continua cooperazione per creare dati sulle emissioni, che siano trasparenti e verificabili in modo indipendente, e analisi di mitigazione. Tali sforzi di cooperazione consentirebbero ai governi e ad altre parti interessate di sviluppare e valutare politiche e normative sulla gestione delle emissioni di metano e monitorarne le riduzioni.

Per approfondimenti leggi Global Methane Assessment: Benefits and Costs of Mitigating Methane Emissions

(Fonte: Arpat) 

venerdì 18 giugno 2021

Ecologia profonda come tentativo di armonizzazione del sé individuale con il Sé ecologico

 


... Il modo in cui l’ecologia profonda guarda al reale, in termini di totalità anziché di frammenti, contrasta  con il modo dominante di concepire la realtà, che Arne Naess ironicamente paragona ad “un supermercato fornito di cose individuali estrinsecamente correlate.” E mette in guardia contro la concezione oggi dominante: “Più le persone si sono adattate alla concezione del supermercato, più dannoso è il fascino della correttezza dell’opinione della maggioranza.”  

Ecco un esempio del suo argomentare: “esiste una proposta di costruire una strada all’interno di un grande bosco. I conservazionisti rifiutano la proposta. Tuttavia i proponenti dicono onestamente che l’area rovinata dalla strada sarà meno di una millesima parte dell’area del bosco. I conservazionisti rispondono che il cuore del bosco, o il bosco come un tutto, viene degradato (il bosco, in quanto esperito spontaneamente, non è lo stesso, se ti trovi nel profondo del bosco e incontri una strada. La grandezza e lo splendore, la dignità e la purezza, vengono perdute, ecc.). Tuttavia ciò è solo soggettivo. Oggettivamente il bosco è una molteplicità di alberi, ecc., e una strada costituisce una piccola intrusione (ancor più oggettivamente, come la microbiologia e la chimica ci insegnano, l’intera area è un grande complesso di molecole senza colore correlate esternamente, e noi, come soggetti, immaginiamo che tutto ciò sia là fuori, nel mondo esterno) Il conservazionista ammetterà che nel bosco ci sono alberi. Queste sono gestalt subordinate, come sono molte altre caratteristiche del bosco. Ma il bosco come un tutto è una gestalt sovraordinata, estremamente preziosa e chiaramente vulnerabile allo sviluppo, qualsiasi sia la frazione di area che viene distrutta.”  

Nel pensiero di Naess l’ontologia fonda l’etica ambientale. La norma etica fondamentale dell’ecosofia di Naess, che si riassume nel principio della realizzazione di sé, segue naturalmente dalla particolare ontologia relazionale appena delineata. Segue “naturalmente” nel senso che non si tratta di una mera norma etica, ma della naturale conseguenza dell’aver assimilato una certa visione del mondo. Per illustrare il principio dell’autorealizzazione il filosofo norvegese introduce il concetto di Sé ecologico, cioè di un Sé più ampio e profondo rispetto al ristretto io personale. 

Contro “la concezione occidentale moderna dell’io definito come ego isolato che si batte in primo luogo per una gratificazione edonistica o per un limitato senso di salvezza individuale in questa vita o in quella futura”, Naess sostiene che il Sé ecologico è solidale con ogni altra forma di vita (in senso ampio, non strettamente biologico): “il senso di sé dell’ecologia profonda richiede ulteriore maturità e crescita, un’identificazione che oltrepassa l’umanità per comprendervi il mondo non umano”. Non a caso il movimento ecologista “chiede una profonda identificazione degli individui con tutta la vita.” 

L’autorealizzazione non è in fondo che un tentativo di armonizzare continuamente il sé individuale e il Sé ecologico. La realizzazione del Sé implica in qualche modo un trascendimento del sé individuale, ma senza dissolverlo in un tutt’uno informe e indifferenziato. Il Sé ecologico è esperienza dell’unità nella diversità, ovvero del carattere relazionale della realtà intera, attraverso la salvaguardia del valore intrinseco di ogni vivente. Il Sé ecologico si attua attraverso un continuo processo: “Io ritengo che questo processo sia insieme di maturazione e di apprendimento (..) la norma “realizzazione del Sé” riassume un insieme unitario di ipotesi di natura sociale, psicologica e ontologica: una maggiore maturità della personalità umana garantisce un comportamento bello”. 

La formulazione più calzante di tale processo continuo è l’espressione spinoziana perseverare in suo esse. Ora, ciò che è proprio della natura umana, è l’essere parte integrante di una rete di relazioni: “E’ specificamente umano sia vedere che formulare dei limiti al ruolo dell’essere umano nell’ecosfera e fare esperienza della propria identificazione con il tutto.” 

Il processo di realizzazione del Sé ecologico conduce alla gioia, che è fine e conseguenza dell’azione. Vi è un nesso strettissimo fra gioia e autorealizzazione: “qual è ora l’importanza pratica di questa concezione di un sé ecologico allargato e approfondito? Gli oppositori spesso affermano che difendiamo la natura nella nostra ricca società industriale al fine di assicurare la bellezza, lo svago, lo sport, e altri interessi non vitali per noi stessi. Ciò ci rafforza, se, dopo un’onesta riflessione, troviamo che siamo minacciati nel nostro sé più intimo. Se è così, difendiamo in maniera più convincente un interesse vitale, non solo qualcosa là fuori. Siamo impegnati nell’autodifesa.” 

Di fronte all’aggravarsi della crisi ecologica globale Naess, a differenza di altri ecologisti, non ritiene l’uomo un animale nocivo: “la nostra specie non è destinata ad essere la piaga della Terra. Se l’uomo è destinato ad essere qualcosa, probabilmente è colui che, consapevolmente gioioso, coglie il significato di questo pianeta come un’ancor più grande totalità nella sua immensa ricchezza.”  


Stralcio di un articolo di Sandro Marano da Barbadillo.It

(*) tutte le citazioni sono tratte dal volume Introduzione all’ecologia edizioni ETS, che raccoglie una serie di saggi di Arne Naess tradotti e introdotti da Luca Valera.

mercoledì 16 giugno 2021

Irreversibilità dei danni da "vaccini"… e principio di Precauzione




Irreversibilità dei danni da "vaccini"… e principio di Precauzione


Bisogna puntare a evidenziare l'irreversibilità delle contaminazioni transgeniche da dna e rna modificato geneticamente e da nanoparticelle, con danni che non si potranno riparare, sia verso gli individui vittime dei vaccini che per l'ambiente.

Tali sperimentazioni non sono, ne potranno mai essere supportate da principi scientifici,  ed è per questo motivo che gli ogm sono stati interdetti nella loro diffusione ambientale in Italia;  rimane da completare il lavoro attraverso il divieto di alimenti e mangimi ogm, oltre che dei vaccini sperimentali… senza basi scientifiche che supportino le sperimentazioni stesse.

Essendo i vaccini influenzali un assurdo scientifico che non fa altro che alimentare varianti e effetti indesiderati, in un meccanismo naturale di trasferimento d'immunità tipico delle sindromi influenzali evolutesi in miliardi di anni di vita sul pianeta terra… di cui i Covid fanno parte.

Inoltre, il trasferimento genico orizzontale dei frammenti geneticamente modificati può passare al micro-biota intestinale e a quello dei terreni e delle acque con danni imprevedibili… ma sicuri. Ciò contrasta con il principio di precauzione, il cui scopo è proprio quello di prevenire scelte sbagliate con danni irreversibili.

Dopo 70 anni di mancata applicazione del principio di precauzione e prevenzione, nella chimica dei pesticidi come in altri settori, con comparsa di sempre nuove patologie, prima imprevedibili e dovute al caos biologico artificialmente indotto, è necessario applicare il bando totale delle tecnologie pericolose di manipolazione genetica, in particolare nella diffusione di ogm nell'ambiente e nel corpo degli esseri Umani, così come dei nuovi nano-materiali i cui effetti sono imprevedibili e sconosciuti.

E, ovviamente, il bando di ogni tipo di vaccino influenzale, che nessun sperimentazione potrà mai validare.

L'azzardo deve sottostare al diritto  e non viceversa…Anche se l'illegittimità appare ormai una convenzione, essa non può assurgere a divenire "Norma"…

E'' necessario, pertanto, alzate il livello di prevenzione e repressione delle illegittimità ed illegalità diffuse, 
attraverso l'imposizione del principio di precauzione e la repressione dei reati di sperimentazione azzardata... di stampo Nazista.

E' necessario pertanto l'immediato divieto delle cosiddette Vaccinazioni Covid 19 e l'organizzazione di comitati costituzionali di Legittima Difesa.

Nessuna "liberta" può essere consentita che provochi morti e danni irreversibili.

No all'egoismo delle cosiddette "libertà vaccinali" e Si al senso di Giustizia Sociale con il Divieto dei Vaccini Covid.

Prof. Giuseppe Altieri *


 
* Agroecologo, Premio Internazionale Padre Pio alla Carriera - Cell. 3474259872


..............................

Commento integrazione di Giorgio Quarantotto: "Caro Paolo,  ci tengo ad evidenziare cosa afferma in proposito sui vaccini la dottoressa Bolgan

TUTTO QUELLO CHE C'È DA SAPERE SULLA CAMPAGNA VACCINALE IN CORSO – Loretta Bolgan: 

https://www.byoblu.com/2021/06/09/tutto-quello-che-ce-da-sapere-sulla-campagna-vaccinale-in-corso/

Preghiera alla erbe di guarigione




Un tempo le erbe furono Déi: numi benevoli al servizio del genere
umano, prole generata dal ventre prolifico della Madre Terra,
strumento alchemico di salute. L’umido suolo fu il loro altare;
l’uomo, fragile creatura, il loro fedele adepto.

O erbe potenti, ora a tutte voi rivolgo la mia preghiera!
Imploro la vostra autorità, voi che la Madre Terra
ha generato e ha offerto in dono all’umanità:
ha riunito in voi i rimedi e i poteri curativi,
affinché siate sempre utilissimo aiuto
per l’intero genere umano.
Di ciò vi supplico e prego: venite,
avvicinatevi più rapidamente con le vostre virtù,
poiché Lei, che vi ha creato, mi ha concesso
di raccogliervi; è inoltre propizio colui al quale
l’arte medica è stata affidata. E nella misura in cui
la vostra virtù ne ha il potere, assicurate il rimedio
che giovi alla salute. Vi prego che mi facciate grazia
per la vostra forza, affinché in ogni situazione,
qualunque atto avrò compiuto nel vostro nome,
a chiunque vi avrò somministrato, garantiate successo
e rapido effetto. Che sempre mi sia lecito,
col favore della vostra autorità,
raccogliervi...
vi farò offerta dei frutti della terra e vi renderò grazie
nel nome della Madre che stabilì che foste generate.

La fortuita conservazione di quattro manoscritti di antichi erbari (il
più antico è del VI secolo d.C.) ha concesso la sopravvivenza di
questo breve frammento poetico in lingua latina, un’invocazione alle
erbe nota con il nome di Precatio omnium herbarum: non l’unica nel suo
genere, ma certamente tra le più commoventi attestazioni della
devozione dell’uomo antico nei confronti del potere terapeutico insito
nella natura. Nulla di più spontaneo, per la visione magica e
animistica che è propria del senso religioso più arcaico,
dell’invocare gli dèi nelle loro forme arboree, simulacri capaci di
sacrificare all’uomo una corporeità vegetale offerta per essere
spezzata, recisa, raccolta, trasformata e utilizzata sotto forma di
rimedio medicinale.

Il richiamo insistito alla maiestas e alle virtutes delle erbe
officinali avviene nel nome di una madre, Mater Tellus, che ha
predisposto l’ordine del cosmo. Non è dunque un caso se questo
frammento è accompagnato nelle diverse redazioni da una seconda
preghiera, la Precatio Terrae, intensa invocazione a una divinità
antica quanto l’uomo: la sacra Terra, arbitra della natura e di tutto
ciò che è vitale, colei che ogni cosa genera e rigenera. Una dea
dispensatrice di molteplici doni che, nell’immagine potente dell’inno,
sorge dal caos primordiale per riportare la luce e mettere in fuga la
notte. Comanda i venti, le piogge e le turbolenze, ma tra le sue
braccia la natura sa farsi silenziosa per accogliere il riposo
invernale. Vita e morte sono entrambe il suo dominio, poiché quando
l’anima si ritira dal corpo in Lei trova rifugio. Tutto ciò che
dispensa, a Lei fa infine ritorno.

La bellezza e la forza poetica di questi testi ci schiudono una
visione che con ogni evidenza appartiene a una religione ben più
antica rispetto alle vicende redazionali che li hanno prodotti e ai
manoscritti che ce li hanno trasmessi. Possiedono il senso di stupore
e di reverenza di tempi in cui il dialogo con ciò che è sacro non
passava attraverso la mediazione di divinità antropomorfe: tempi in
cui l’uomo era vicino alla forma più pura del dio. Spiccare l’erba
medicinale dal suo stelo significava accogliere il sacrificio del
principio divino in essa concentrato: l’atto di preghiera ne era il
necessario tributo di gratitudine. Ed è anche possibile immaginare che
questi inni venissero recitati nel gesto stesso della raccolta, nelle
modalità di un rito magico e propiziatorio mirato all’attivazione
della virtù terapeutica della pianta e alla trasformazione in
pharmakon.

Figlie amorevoli della madre primordiale, le erbe celano nella loro
apparente fragilità ed esile presenza il mistero divino della
guarigione. La letteratura relativa alle invocazioni alle erbe è tanto
ricca quanto sconosciuta, e si nutre di riferimenti che dai papiri
magici egizi spaziano fino alle pagine degli erbari della tarda
latinità, dove le preghiere botaniche ancora trovano spazio, residui
di un’archeologia sacra sopravvissuta per fortunata casualità tra le
righe della nuova medicina razionale. Compare così nel Corpus
Medicorum Latinorum un’invocazione attribuita ad Antonio Musa, medico
dell’imperatore Augusto, dedicata all’erba betonica, magna herbarum,
capace di guarire bel 47 diverse malattie. E ancora, in un’appendice
dei codici dell’Erbario dello Pseudo-Apuleio, la proserpinaca, o
serpentaria, erba regolatrice dei malesseri mestruali femminili, è
chiamata a compiere incantesimi (“incantare”), e similmente vengono
invocati il cocomero, il basilico, il prezzemolo, l’edera, la menta,
l’aneto, la ruta...

Ciò che è avvenuto in seguito è storia più conosciuta. Gli dèi
dell’olimpo ellenico, nuovi ospiti di uno spazio geografico e
culturale di antichissimo sostrato, procedettero a una spartizione dei
territori dell’immaginario sacro. Le profonde simbologie arboree e
vegetali vennero fagocitate da questo nuovo ordine di appropriazione,
finendo per essere assegnate per forza di attrazione alla sfera di
singole divinità o personalità eroiche. A ogni pianta, a ogni erba, si
assegna allora un valore magico, una valenza farmaceutica riferita
alla dimensione simbolica di un dio o di una dea. La sua appartenenza
archetipica va a comporre quella che potremmo definire una biografia
mitica della pianta stessa, che si arricchisce nelle trame di
un’aneddotica eziologica. In una sorta di catalogo mitologico troviamo
declinate le piante dell’oltretomba, le erbe apollinee e solari,
quelle afrodisiache, dominio di Venere, quelle donate da Ermes,
trovate da Prometeo, scoperte da Eracle. Secondo un principio di
simpatia semplici quali il prezzemolo, dal potere abortivo, o la menta
e il salice, antigenerativi e anafrodisiaci, sarebbero assegnati alle
divinità infere; tutte le piante afrodisiache a Venere.

Gli esempi potrebbero moltiplicarsi in un’agiografia arborea ricca di
sfumature. L’iperico, poiché nacque dalle gocce del sangue del superbo
Prometeo, si rivela capace di curare nell’uomo la tendenza alla
megalomania. Il papavero, che seda e placa gli affanni, è sacro a
Demetra, la dea che subì l’atroce sofferenza della separazione dalla
figlia Kore, a lei rapita dal tenebroso Ade. La calendula, nata dalle
lacrime di Venere affranta per la morte del giovane amante Adone, ha
virtù di curare le pene d’amore. Il capelvenere, poiché ricorda la
chioma della dea, è un rimedio contro la caduta dei capelli.

Rito, associazione mitica e proprietà medicinale si uniscono in una
relazione indissolubile. Anche le formule di preghiera, in questa
nuova rivisitazione dell’immaginario sacro, si riorganizzarono. L’erba
o la pianta si ammanta di sacralità perché avvinta alle vicende
mitiche del dio che l’ha scoperta o colta per la prima volta: è
scaturita dal suo sangue o dalle sue lacrime, oppure è il risultato
della metamorfosi divina di una ninfa o di una creatura amata. Con il
trascorrere dei secoli la forza di questo universo mitico non si è
estinta, riversandosi nell’orizzonte della tradizione popolare
cristiana, laddove le antiche invocazioni propiziatorie continuarono
ad essere associate al momento della raccolta delle erbe officinali. I
contenuti vennero assorbiti dall’immaginario cristiano, e
l’attivazione terapeutica della pianta spesso associata al fatto di
essere stata raccolta per la prima volta sul Monte Calvario, nuovo
omphalos virtuale, o di aver guarito le piaghe di Gesù. Si rinnova il
senso della raccolta come atto rituale primordiale, attraverso il
quale l’erba, saturata di sacro, può accedere alla dimensione di
pianta cosmica. Sopravvive in questi gesti ancestrali l’antica
certezza di Talete: “tutte le cose sono piene di dèi”.

Erika Maderna -  In collaborazione con Aboca: [www.abocamuseum.it]