giovedì 26 giugno 2025

Pace fatta tra Texas e BlackRock...

 


Il Comptroller Glenn Hegar, responsabile della gestione delle finanze pubbliche dello Stato americano, ha aggiornato la lista di aziende messe al bando perché accusate di boicottare l’industria del gas e del petrolio. E ha deciso di rimuovere la più grande società di investimenti al mondo, che ne faceva parte dal 2022. Premiando così la sua scelta di mettere da parte gli impegni – già estremamente parziali – per il clima.

Il conflitto tra Texas e BlackRock sul fronte Esg e fossili

La lista esiste dal 2021 ed è la logica conseguenza di una legge statale che vieta al Texas di fare affari con chi «limita le relazioni commerciali» con il settore petrolifero. «Il movimento Esg (ambientale, sociale e di governance) ha dato origine a un sistema opaco e perverso in cui alcune società finanziarie non prendono più decisioni nel miglior interesse dei loro azionisti o clienti ma, al contrario, utilizzano il proprio potere finanziario per promuovere un’agenda sociale e politica avvolta nel segreto», aveva motivato all’epoca lo stesso Glenn Hegar.

Il Texas era uno dei più potenti tra gli Stati a guida repubblicana pronti a dare battaglia contro BlackRock e, più in generale, qualsiasi attore finanziario avesse un atteggiamento anche solo vagamente progressista. In particolare, a destare scandalo era l’ipotesi che tali società, attraverso il voto per delega, usassero «gli investimenti posseduti dal Texas» per promuovere «iniziative che vanno contro agli interessi dello Stato». Vale a dire contro il gas e il petrolio.

BlackRock era l’unico colosso statunitense in una lista affollata di nomi europei e britannici. E si era subito difeso ricordando di avere sempre investito nelle compagnie petrolifere texane, ExxonMobil in particolar modo. Un curioso cortocircuito, considerato che – appena un paio di anni prima – il suo fondatore Larry Fink aveva speso grandi parole di encomio per gli investimenti sostenibili e la lotta contro la crisi climatica. Ma erano, appunto, parole. Che ora non portano più consensi.

Il Texas riammette BlackRock dopo il disimpegno ambientale

Se già all’epoca c’era parecchio da obiettare sulla presunta linea ambientalista di BlackRock, ora che i repubblicani sono tornati a dominare la scena politica statunitense non c’è più bisogno nemmeno di difendere posizioni di facciata. Così, BlackRock all’inizio del 2024 ha demandato a una sussidiaria internazionale più piccola la partecipazione alla coalizione di investitori Climate Action 100+ – ed era in buona compagnia, visto che circa 70 altri membri ne sono usciti. Un anno dopo ha abbandonato l’Alleanza degli asset manager per il clima (che da allora è entrata in una lunga pausa di riflessione). In questo periodo è drasticamente diminuito anche il numero di fondi che limitano gli investimenti fossili.

Così facendo, Blackrock «ha riconosciuto i reali costi sociali ed economici, sia qui in Texas che a livello globale, derivanti dalla limitazione degli investimenti nell’industria del petrolio e del gas. In breve, sta avviando un confronto più intellettualmente onesto», dichiara soddisfatto Glenn Hegar. Non c’è dunque più motivo per impedirle di gestire i capitali pubblici texani. Si tratta di centinaia di miliardi di dollari: da soli, i fondi pensione pubblici arrivano a circa 382 miliardi in attività nette. Nella lista degli esclusi restano 332 fondi e 15 società finanziarie, nessuna delle quali è statunitense.

(*) Link all’articolo originale: https://valori.it/blackrock-texas-clima-fossili/

Fonte secondaria: https://www.labottegadelbarbieri.org/blackrock-volta-le-spalle-al-clima/



martedì 24 giugno 2025

La doppia natura del nucleare...



Il punto cruciale da comprendere è la  doppia faccia della tecnologia nucleare. A differenza di altre forme di produzione energetica, i processi e i materiali necessari per generare energia nucleare a scopi pacifici sono gli stessi, o molto simili, a quelli richiesti per lo sviluppo di armi nucleari.

Ecco perché:

Arricchimento dell'uranio: Le centrali nucleari civili richiedono uranio arricchito per produrre energia. Lo stesso processo di arricchimento può essere spinto a livelli più elevati per produrre uranio altamente arricchito (HEU), che è il combustibile primario per le armi nucleari. Le centrifughe utilizzate per l'arricchimento sono identiche, cambia solo il grado di arricchimento desiderato.

Produzione di plutonio: I reattori nucleari, anche quelli progettati per la produzione di energia, producono plutonio come sottoprodotto del processo di fissione. Il plutonio è un altro materiale fissile chiave per la costruzione di armi nucleari. Il riprocessamento del combustibile nucleare esaurito può estrarre il plutonio, rendendolo disponibile per usi militari.

Conoscenze e competenze: Lo sviluppo di un programma nucleare civile su larga scala forma ingegneri, scienziati e tecnici con le competenze e le conoscenze approfondite sui processi, i materiali e le tecnologie nucleari. Queste competenze sono direttamente trasferibili dalla sfera civile a quella militare.

Infrastrutture: Le infrastrutture necessarie per un programma nucleare civile (laboratori, impianti di ricerca, misure di sicurezza, ecc.) possono essere, con modifiche relativamente minori, adattate per supportare un programma di armi nucleari.

Stralcio di un articolo di Alfonso Navarra




lunedì 23 giugno 2025

Uomo. Estinzione garantita...


Allarme degli "scienziati": l'umanità verso l'estinzione. 

La Terra è entrata in un nuovo stadio di estinzione e l'uomo potrebbe scomparire, proprio come accadde ai dinosauri 65 milioni di anni fa. Sono le conclusioni choc di tre studi americani condotti dalle università di Standford, Princeton e Berkeley. Secondo gli scienziati, riferisce la BBC, il Pianeta ha varcato la soglia del "sesto grande evento di estinzione di massa". Il quinto era avvenuto, appunto, 65 milioni di anni fa, quando i dinosauri furono spazzati via. 

"Se non faremo nulla per fermare questo processo, per la vita ci vorranno milioni di anni per riprendersi e la nostra specie sarà tra le prime a scomparire", ha avvertito uno dei responsabili della ricerca, Gerardo Ceballos. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, ha analizzato il tasso di scomparsa dei vertebrati - specie a cui appartiene anche l'uomo - attraverso i resti fossili di quelli già persi; il risultato è stato sconvolgente: il ritmo di estinzione è infatti 114 volte più veloce del normale. Dal 1900, più di 400 specie sono già sparite, un numero che gli esperti si sarebbero aspettati in 10mila anni..." (AGI)


Ed anche le api stanno morendo - "....le api stanno morendo ed in maniera sempre più accelerata, in Italia come in tutto il mondo, per il deterioramento del loro ambiente naturale, causato dalla chimica in agricoltura, in particolare pesticidi, diserbanti e fungicidi, fino ai terribili dissecanti totali, che oltre ad uccidere le api, tolgono loro il nutrimento,  distruggendo la Biodiversità con i suoi infiniti fiori e distruggendo humus, foreste, siepi, il tutto per produrre biocombustibili, bioplastiche e mangimi OGM... (Giuseppe Altieri)

Sì, è vero,  anche le api stanno morendo e la loro diminuzione è un problema serio. Questo fenomeno, noto come moria delle api, ha diverse cause, tra cui inquinamento, uso di pesticidi e malattie. Le api sono fondamentali per l'impollinazione, processo vitale per la produzione di cibo e la biodiversità... (A.O.)



Da Gaza il contagio bellico passa all'intero pianeta...

 


Partiamo dalla consapevolezza che gazawi martellati e martoriati possiamo diventarlo anche noi tra breve.  Nel senso che, nel gorgo che si sta formando, possono prima o poi caderci in senso letterale le bombe sulla testa. Il problema allora diventa: dobbiamo muoverci bene da subito per evitare questa fine. E - secondo voi - questa necessità di organizzarsi per sopravvivere ci avvicina o ci allontana dalla solidarietà con i più di gran lunga disgraziati - al momento- abitanti della Striscia?

Sì - vi chiederete - ma come li si ferma questi guerrafondai? Come si ferma la corsa alla guerra?

Diceva Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza laico che quando le guerre partono pretendere di fermarle è come sforzarsi di arrestare il vento con un retino acchiappafarfalle. Come possiamo organizzare con il senno del prima condizioni di sopravvivenza collettiva migliori?

Anche se dovessimo focalizzarci solo sulle ristrettezze della economia di guerra?

Proviamo a chiederlo a META e vediamo cosa ci risponde.

Ecco alcune strategie che possono essere adattate per prevenire un precipizio bellico. Ecco come:

1. Diplomazia preventiva: incoraggiare il dialogo e la negoziazione tra le parti in conflitto per trovare soluzioni pacifiche.

2. Cooperazione internazionale: lavorare con organizzazioni internazionali e governi per condividere risorse e conoscenze e coordinare gli sforzi per prevenire il conflitto.

3. Sostegno alle iniziative di pace: rafforzare le capacità delle comunità locali di promuovere la pace e la riconciliazione.

4. Gestione delle crisi: identificare le aree di tensione e sviluppare piani di emergenza per rispondere alle crisi.

5. Educazione e consapevolezza: promuovere l'educazione e la consapevolezza sulla importanza della pace e della cooperazione internazionale.

Metterci insieme per prevenire il conflitto:

1. Costruire relazioni: costruire relazioni solide tra le nazioni e le comunità per promuovere la comprensione e la cooperazione.

2. Promuovere il dialogo: incoraggiare il dialogo e la negoziazione tra le parti in conflitto per trovare soluzioni pacifiche.

3. Sviluppare la cultura della pace: promuovere la cultura della pace e della non violenza attraverso l'educazione e la consapevolezza.

4. Supportare le organizzazioni pacifiste: sostenere le organizzazioni pacifiste e le iniziative di pace per promuovere la risoluzione pacifica dei conflitti.

Lavorando insieme e utilizzando queste strategie, possiamo cercare di prevenire un precipizio bellico e promuovere la pace e la stabilità internazionale.

Alfonso Navarra - Disarmisti Esigenti


Si ricorda l'incontro online convocato, nell'ambito di STOP REARM EUROPE, per il 27 giugno dalle ore 17:00 alle ore 20:00.  SI partecipa al seguente link: https://us06web.zoom.us/j/88436423243?pwdxQj2ANitRlkZTSRn9vDgbqxV4fMQQV.1


sabato 21 giugno 2025

Degrado dell'intelligenza naturale e supremazia di quella artificiale...



L’intelligenza artificiale sostituirà l’uomo in tutte le circostanze chiuse, d’ordine meccanico, ovvero quelle in cui gli elementi in campo sono limitati, hanno relazioni pressoché fissate da una dialettica ciclico-ripetitiva. Tutto ciò è già evidente e di comune condivisione. Ciò che manca al discorso, e che lo rende rovente, sta nella prospettiva, segreta alle moltitudini, ma sempre più affilata dai potentati che la vogliono imporre, la progettano e la applicano, per cui l’uomo e il suo maggior numero di relazioni possibili, prima libere e aperte, di matrice emozionale, saranno – con espedienti d’ordine vario – indotte alla codifica, affinché possa venire destituito con suo stesso beneplacito. Un benestare che comporta la sua stessa morte, ma al quale non potrà sottrarsi perché l’efficienza della macchina sarà convincente a 360°.

È su questo fondo che gli scientisti e i loro soci divanisti, vero zoccolo duro, accondiscendente e primo tifoso dei potentati, ci stanno trascinando, tronfi della supremazia del razionalismo.

Il campo chiuso sarà, quindi, dominio dell’intelligenza artificiale, panorama fagocitatore dell’operatività umana. Sembra un inno alla disoccupazione, all’assegno di cittadinanza, al bromuro necessario a sedare qualche irriverente che, invece di ringraziare il sistema, che si prende cura di lui e di tutti, vorrebbe prendere le distanze e ribellarsi alla sostituzione dell’umano. Non ha costituito lui le politiche capitalistiche, l’opulenza, il consumismo. Lui se ne è nutrito, non poteva sottrarsi, ma non vuole ora pagare il conto di un ristoro imposto dall’alto.

Il campo chiuso corrisponde a quanto è regolato da norme e leggi e consuetudini, anche biologiche. Non rispettarle non equivale ad aprire il campo ma a esserne esclusi. Basta provare, per esempio, a usare la seconda mano per mescolare le carte da gioco o pelare le patate, a mandare una raccomandata senza compilare il modulo, a usare le mani per giocare a calcio o a scrivere in cirillico la firma sul documento di identità, per constatare che per permanere e muoversi nel campo chiuso è richiesto il rispetto assoluto del sistema che lo governa.

Per essere ammessi nel campo chiuso, per chi vuole entrarvi e godere del sistema che lo riempie, è necessario anche conoscerne il linguaggio, le sue accezioni e il gergo relativo, sempre pena l’esclusione, la punizione, l’ammenda, il rimprovero.

Infine, il campo chiuso tende a esprimere la sua natura ferrea e imitabile dalla macchina in modo indirettamente proporzionale alla quantità di elementi in gioco. Meno sono questi ultimi, più il campo è rigido, stabile, vero e capace di esprimere verità. Al contrario, ovvero con l’aumentare degli elementi, la chiusura è meno ermetica e tende a divenire campo aperto. Se il chiuso ha come psicologia la ripetitività, la replicazione, l’alienazione e l’attribuzione di responsabilità, quello aperto allude alla creatività, unicità, irripetibilità, alla presenza e all’assunzione di responsabilità.

Se il campo chiuso ha una natura che fa capo alla fisica classica, il campo aperto ha come referente la fisica quantistica. Uno tende alla prevedibilità delle fasi e del risultato finale, l’altro all’imprevedibilità. Uno è tendenzialmente lineare, l’altro stocastico. Uno normabile e riferibile ai numeri, l’altro no e riferibile all’infinito.

Finché le emozioni non saranno codificate – un’eventualità umanamente esiziale, tendenzialmente improbabile nonostante l’intento dei potentati – tutte le relazioni a sfondo libero e lirico non potranno essere replicate da una macchina. La volatilità delle emozioni e quindi la loro imprevedibilità nell’insorgenza, nel tipo, nella forza e nel significato, nonché il loro potere creatore e la loro incomprimibilità in paradigmi meccanicistici, tendono ad essere una garanzia della sopravvivenza della dimensione analogica, cioè umana, atollo di salvezza in un oceano di vita amministrata dai detentori della comunicazione, con l’indispensabile sostegno della moltitudine di proboviri mandati in prima linea a loro insaputa.

La crescente potenza di calcolo e i suoi efficienti risultati, che già oggi godono di un credito a suffragio universale, costituirà il paesaggio e l’ambiente delle prossime generazioni. C’è da temere che, anche se non potrà mai arrivare a prevedere, e quindi a chiudere, tutti i cangianti campi ora aperti, la sua competenza non potrà che allargarsi fino a divenire esaustivamente convincente e incontestata, fino a essere con noi, e con nostra soddisfazione, nei momenti più personali. Una specie di morale studiata, pianificata, subliminalmente diffusa da artisti, youtuber e nuovi menestrelli del potere. E, ciò che più conta, fino a spegnere l’idea del campo aperto. Un terreno d’avventura che diventerà leggenda, e i genitori, seduti sul bordo del lettino, ne racconteranno le gesta, iniziando i racconti della sera con “C’era una volta...”

Salvo avarie del sistema, un’eventualità che – con la potenza di calcolo, gli zero errori, la massima efficienza, la massima riduzione dei tempi, il massimo smaltimento pratiche, la massima uniformità, la massima uniformità nell’esclusione delle pratiche oltre tolleranza stabilita – tende all’improbabilità, anche le poesie non necessiteranno più di poeti. Sarà a qual punto che gli uomini abiureranno a se stessi, consegnandosi a un comandante di cui non vedranno mai la faccia, come già da tempo accade in molte interlocuzioni commerciali, istituzionali e non solo.

La digitalizzazione imposta, impone l’impiego degli strumenti digitali. Le multinazionali ne godranno i guadagni per vendita, manutenzione e aggiornamenti. Ne gestiranno l’obsolescenza secondo esigenza commerciale e di controllo. La relativa dipendenza dei fruitori – cioè di tutti – quindi i ricatti legalizzati in forma di punteggi acquisiti o persi per godere o meno dell’ora d’aria, della promozione, del premio del mese, previsti dal regolamento, avranno terreno sempre più fertile per le nuove artefatte descrizioni di realtà, di fronte alle quali le nuove generazioni, senza più paragoni, si esalteranno, come a suo tempo tutti fecero con il nuovo verbo illuminista.

Se, originariamente, il terziario e l’industria erano i più esposti agli esuberi, la macchia d’olio del disastro ambientale umanistico, non lascerà libero di volare neppure l’ultimo cormorano.

E qui viene il bello.

Le persone, prese da se stesse, dimentiche della loro origine e dimensione cosmico-energetica, concependosi come entità indipendenti della vita, quindi legittimate e dedite a soddisfare le esigenze del loro egocentrismo, non hanno mancato di prostrarsi davanti agli altari dell’illuminismo e poi del materialismo e seguiteranno a non mancare di devozione nei confronti del digitale e della tecnologia, nonché del propagandato progresso offerto dall’intelligenza artificiale.

Un concerto di chimere la cui natura arimanica è vischio per le vanità, per l’avidità, unghie indolori conficcate nella carne di troppi.

Come accaduto per l’illuminismo e il suo seguito blasfemo, quella riverenza permanente tende a escludere dalla pienezza degli uomini la dimensione sottile ed energetica, di noi stessi, del mondo, delle relazioni.

C’è quindi motivo per ipotizzare rinnovate cacce alle streghe – il covid ne costituirà l’utile prodromo – rivolte contro i critici del nuovo andazzo, le voci di denuncia dell’uccisione dell’uomo, cioè della sua chiusura entro norme, schemi e paradigmi che, più che mai, lo rendono controllabile. Come vere carpe koi che non possono che esplorare una vasca ristretta, che non possono che sopravvivere di quanto viene loro fornito dall’esterno.

Il campo aperto sarà lasciato a poche occasioni e a poche persone. Privilegiati senza saperlo, in quanto campioni tollerati per alimentare il controllo sulla maggioranza. Maggioranza che crederà di operare per il bene comune, e così, secondo le norme concettuali disseminate a grappolo in tutta la comunicazione, sarà effettivamente, ma anche in questo modo chi si muoverà in campo aperto, ricavandone il guadagno per sopravvivere, sarà il corrispondente del no vax. Uno maledetto e, forse, in parte invidiato dalla massa obbediente, anzi, ammaestrata, alla quale non si mancherà di offrire, dietro impegno, il potere di agire sulla minoranza. Cioè, proboviri in difesa del potere e da questo premiati, kapò d’ultima generazione, destinatari dei nuovi status symbol, nonché dell’acritica imitazione di chi ancora arranca tra le fila senza grado sulla spallina.

Lorenzo Merlo




venerdì 20 giugno 2025

C'era una volta un referendum... sul nucleare?


Ante scriptum: "Nel 2011, si sono svolti in Italia tre referendum abrogativi, tra cui uno riguardante l'energia nucleare. I cittadini sono stati chiamati a votare per abrogare alcune norme che permettevano la costruzione di nuove centrali nucleari nel paese. L'esito del referendum è stato nettamente a favore dell'abrogazione, con una larga maggioranza che ha espresso la volontà di bloccare i piani nucleari del governo". (AI Overview)



Mi colpisce come dallo schieramento governativo si assuma l’esito dei referendum appena svolti come una definitiva sconfitta dei quesiti posti ed una conferma della loro inattualità solo perché sancita non da un dibattito franco sui contenuti, ma dalla indebita pressione esercitata per disertare le urne. Una prova – quest’ultima – più di debolezza che di capacità di stare in un confronto in campo aperto che segni una strategia su lavoro e cittadinanza come la CGIL ha proposto in auspicabile discontinuità con tutta la politica per i prossimi anni. E che dire del tentativo di screditare lo strumento costituzionale di democrazia diretta, forse per avere mani libere sulle modifiche ai principi della nostra Carta?

Più nello specifico e in relazione alle continue improvvide incursioni del Ministro dell’Ambiente che ripropone l’atomo nella transizione energetica da qui al 2050, si vuole forse suffragare e giustificare un comportamento contrario al rispetto del voto popolare di un altro referendum, questa volta ampiamente accreditato dal raggiungimento del quorum: quello cioè del 2011 che ha ribadito l’esclusione del nucleare dal territorio nazionale?

Avanzo qui alcune riflessioni al riguardo, proprio nell’anniversario di quel 13 Giugno di 14 anni fa, segnato da una grande mobilitazione popolare, caratterizzata dalla centralità dei temi dell’acqua e dell’energia scossi anche dall’incidente catastrofico alla centrale di Fukushima qualche mese prima della prova elettorale.

Un avviso chiaro quello del 2011 di come i beni comuni siano assai cari ai cittadini e meno ai governi, se si pensa alla scarsa considerazione mostrata verso l’acqua come risorsa pubblica e bene comune e all’improntitudine con cui il governo Meloni-Pichetto Fratin oggi parla un giorno sì ed uno no di ritorno del nucleare nel programma energetico del nostro Paese. Si dirà: l’emotività aveva caratterizzato il voto dopo Fukushima. Un’emotività, si continua a riportare, oggi superata da rassicurazion verificabili.

Ma… non banalizziamo! Non solo l’incidente giapponese è responsabile di oltre 65 morti con certezza e di un numero assai maggiore attribuito allo stress successivo o agli effetti di danni radiologici, ma rimane oggi una ferita non rimarginabile sul territorio e nel mare circostante. La società che gestisce l’impianto sta infatti trattando e rilasciando l’acqua contaminata nell’Oceano Pacifico (già 90.000 tonnellate tra 2023 e 2024), oltre a cercare di rimuovere detriti pericolosissimi di combustibile fuso (dentro i reattori permangono 880 tonnellate di materiale estremamente pericoloso, che presenta livelli di radiazioni così elevate da essere trattate solo con robot telecomandati). (vedi: Incidente nucleare di Fukushima Dai-ichi).

Nonostante i tentativi di sminuire il rischio dalla tecnologia di fissione, rimane un ordine di grandezza dell’energia atomica incompatibile con la finestra energetica in cui si sviluppa la vita. Per di più, non ci possiamo sottrarre alle emergenze concomitanti di questa fase storica: clima, guerre e ingiustizia sociale devono far riflettere sulle ferite inferte alla natura anche da scelte politiche avventate e sulla conseguente impronta umana sulla Terra. Ce l’ha insegnato anche Francesco nella predicazione della Laudato Sì, lasciando un pegno che molti dei commentatori alla sua dipartita hanno magari provato a celebrare per poi comportarsi come se il suo messaggio non fosse arrivato al cuore delle emergenze prima citate.

L’energia nucleare, anche su scala globale, non allontana certo le minacce che incombono su una tregua ed una giustizia disarmata tra gli uomini e verso la biosfera.
Nel richiamo al nucleare bandito dal referendum, come giustificare l’assoluta mancanza di novità di rilievo riguardo al rischio di incidente dei reattori e allo smaltimento delle scorie radioattive, se non con una improvvida ed arrogante infrazione del risultato di un atto di democrazia diretta raggirato dalle deleghe ad un Esecutivo che non transita mai dal Parlamento?
Una infrazione che si manifesta anche questa volta con decreti legge reiterati nel tempo che anticipano risoluzioni che sono allo stato attuale impugnabili di diritto.
Come è possibile che Governo italiano e Industria francese siglino in questi giorni un accordo per il nucleare europeo in cui la Francia assume un ruolo guida nel rilancio del settore in Europa, in un contesto di rinnovato entusiasmo per l’energia atomica nell’Unione europea? (Vedi: Governo e industria francese siglano un accordo per guidare il nucleare europeo).

Dove sta il mandato?
In questo accordo sottoscritto a Bruxelles la Francia, come Paese più nuclearizzato del continente, è alla testa di un’alleanza crescente di Stati membri dell’UE, tra cui l’Italia, che promuovono il nucleare come “mezzo per decarbonizzare la produzione elettrica”. In quella sede il Governo ha annunciato l’intenzione di aderire all’alleanza nucleare in estensione avviando un iter legislativo per rilanciare la produzione nazionale.
Il nuovo contratto rappresenta una dichiarazione di intenti politica, assai impegnativa, secondo cui la potente industria nucleare francese dovrebbe svolgere un “ruolo guida” nei progetti di collaborazione europea, visti anche come opportunità per riempire il portafoglio ordini nazionale. Come giustificare sul piano giuridico che siano stati presi impegni perché: “sotto l’impulso della Francia, questo ecosistema europeo possa costituire un blocco unito e coerente, se i mercati globali lo richiedono” e come accettare che “affinché si raggiunga questo obiettivo, diventi necessario avviare precocemente protocolli di cooperazione europea, al fine di proporre un’offerta di esportazione coerente e avanzata”?

Naturalmente, “l’alleanza per il nucleare” ha immediatamente chiesto un accesso dell’energia atomica ai meccanismi di finanziamento europei. Quando poi l’accordo celebra i suoi fasti senza ritegno alcuno – testualmente : “Abbiamo bisogno di nuovo nucleare per inaugurare un’età dell’oro dell’energia pulita e abbondante: è l’unico modo per proteggere i bilanci delle famiglie, riprendere il controllo della nostra energia e affrontare la crisi climatica” – chi ha autorizzato il nostro Governo a condividere questa prospettiva?

E i referendum traditi ed i ritardi sulle rinnovabili a chi imputarle se non a una classe dirigente priva di una valorizzazione di quell’esercizio della pedagogia politica che confida nei cittadini e si colloca in comunicazione con loro, non rinchiudendosi in quelle élite che, al riparo di un populismo mal dissimulato, non esibiscono un sufficiente riguardo della rappresentanza e delle sue regole di democrazia diretta e delegata.

Mario Agostinelli - La Bottega del Barbieri



giovedì 19 giugno 2025

L'agenda estiva 2025 di Terra Nuova

 




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