giovedì 12 dicembre 2019

La rinascita dell'agricoltura bioregionale e la vecchia "rivoluzione verde" degli scienziati, chimici e genetisti


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Negli anni 60 arrivano nelle campagne, dalle città gli intellettuali, persone che hanno studiato, architetti agronomi e veterinari e portano tante novità, concimi, fertilizzanti e antiparassitari di origine chimica, nuove tecniche di coltivazione e allevamento, il cemento armato, la plastica, soprattutto trattori e altri mezzi meccanici. Portano nuovi semi selezionati in laboratorio, scompare la pratica dell’autoriproduzione dei semi, cambia anche la riproduzione degli animali, divenuta scientifica attraverso le provette dei veterinari. 

Arrivano le nuove fibre dall’America, il cotone e il nylon che sostituiscono lino e canapa. Scompaiono i materiali naturali da costruzione come calce, pietre, terra, paglia e canne. Si inizia a costruire tutto con il cemento. 

Arriva anche l’asfalto sulle strade, assieme alle tubature dell’acqua potabile e tralicci dell’elettricità. Nel tempo si sono aggiunti anche le tubature del gas, dell’acqua della bonifica per irrigare e i fili del telefono. Un sistema a bassissimo impatto energetico, dove quasi tutto veniva autoprodotto e funzionava perfettamente, viene sconvolto, azzerato e trasformato in sistema energivoro come altri della contemporaneità. 

Alla cultura dominante non interessava il prodotto agricolo in quanto tale, voleva solo allargare la rete dei consumatori. Un tempo processi culturali, processi economici e processi naturali stavano sullo stesso piano, ora abbiamo una forte gerarchia piramidale, con i processi economici che influenzano in modo preponderante i processi culturali e in fondo quelli naturali. Arriva un altra importante novità, la radio nelle cucine rurali occupando con la televisione, successivamente, uno dei capisaldi della resistenza della cultura tradizionale: la cucina, luogo sacro della cultura subalterna dove quella dominante non era ancora riuscita ad arrivare. 

Con la radio scompaiono canti balli racconti modi di dire saperi magici giochi filastrocche e tutto cio che veniva espresso e tramandato oralmente nelle lunghe giornate invernali attorno al fuoco. Il paesaggio in poco tempo e’ cambiato tantissimo. Alla fine degli anni 70 sono giunti sempre dalla città, i figli di quegli intellettuali arrivati anni prima, erano ecologisti e ambientalisti, con l’idea forte di proteggere la natura e in particolare uccelli piccola fauna vegetazione spontanea, dimenticandosi spesso dei contadini e dei pastori che vivevano in questi territori e li avevano sempre gestiti. I contadini avevano sempre rispettato l’ambiente in cui vivevano che offriva da vivere in modo naturale e vivevano in sinergia e in simbiosi con gli altri esseri viventi animali e vegetali.  Con la "rivoluzione verde", così era stata definita la nuova agricoltura proposta dagli scienziati delle città, gli animali erano già scomparsi per via dei pesticidi, antiparassitari e rumori di macchine e trattori.  

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Ma qualche anno fa sono arrivati dalla città pure i figli degli ecologisti-bioregionalisti e parlano di agricoltura biologica simile a quella praticata da nostri nonni, agricoltura biodinamica simile alla biologica, si differenzia per uso dei preparati naturali volti ad aumentare lo strato di humus del terreno, permacultura la progettazione sostenibile dell’ambiente naturale partendo dall’abitazione cercando di mettere tutti gli elementi in relazione tra di loro, ogni cosa ha più funzioni. 

Anche nell’agricoltura tradizionale da una siepe si ricavava foglie frasche per nutrire gli animali, fibre e piccoli legni per cesti ed oggetti, bacche ed erbe per curarsi, verdure da mangiare. Parlano di orti sinergici dove le piante vivono in sinergia tra di loro con l’uomo che le cura e il cielo che le nutre. Anche negli orti tradizionali si combinavano consociazioni spesso non c’era acqua per irrigare e molte piante erano selezionate e adattate alla secca. Viene da pensare, senza fare polemiche che sono movimenti di pensiero arrivati spesso dalla città e mai nati e cresciuti dal basso, dai contadini stessi che si sono visti imporre scelte non loro, ormai da cinquant’anni e sempre addotti come responsabili non si sa bene di cosa. La maggior parte di questi movimenti hanno portato tante novità e non sostanziali cambiamenti alla campagna di oggi. 

Con un linguaggio unitario e un unico modo di coltivare più sano per tutti avremmo maggior possibilità di incidere la vita rurale contemporanea. Anche perché tutte queste divisioni sembrano spesso funzionali al sistema consumistico stesso che le manifesta che tende a differenziare i mercati, saziando in questo modo anche tematiche di origine etica e filosofica, è sicuramente anche una alienazione la mancanza di storia nella società urbana industriale. Nessuna volontà polemica verso la città e i cittadini mi e’ piaciuto raccontare questa storia in modo ironico. 

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Ora arrivano nuove forme di pensiero dalle città agronomi architetti geologi biologi sociologi antropologi etnomusicologi vengono da noi e dicono: sapete forse quello che abbiamo detto ai vostri nonni cinquant’anni fa era tutto sbagliato! Ora le chiamano bio-tradizioni o agricoltura bio-tradizionale. La rivoluzione verde ha presentato il suo conto sotto forma di inquinamento, riduzione della biodiversità, suoli impoveriti delle sostanze organiche, falde acquifere che si sono abbassate, aumenti dei prezzi del cibo, lottizzazione del cibo e delle sementi, quindi torniamo all’agricoltura conservativa che permette di aumentare la produzione agricola, conservando acqua biodiversità e naturale fertilità dei suoli. Il sapere e’ condiviso e la sostenibilità si fonda sul rinnovamento e sulla rigenerazione della biodiversità. Lo stiamo facendo con il movimento dei neorurali che sta salendo dal basso pian piano, stiamo sperimentando materiali naturali di costruzione, ci scambiamo semi, facciamo il pane con farine di grani recuperati e lieviti madre centenari, cantiamo e balliamo i canti della tradizione, stiamo ripercorrendo quotidianamente le tracce lasciate dai nostri nonni e soprattutto coltiviamo. 

Come tanti piccoli ragni, stiamo creando una ragnatela sempre più grande. Lo stiamo già facendo!

Ferdinando Renzetti

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ferdinandorenzetti@libero.it



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