martedì 12 novembre 2024

Il luogo in cui viviamo è la nostra casa...

 


... il luogo in cui si vive è la nostra casa. Infatti è la comunità in cui viviamo  che  si riconosce come propria. Essa è la propria terra, la propria bioregione, la propria famiglia...  

Ma da questa  riflessione desidero trarre alcune considerazioni su alcuni aspetti della  comunità dal punto di vista politico amministrativo: “solo una personalità debole ha bisogno di simulacri in cui identificarsi, e questo è proprio ciò che avviene da parte di molti che, speranzosi, si rispecchiano  solo  nell’ideale urbanistico specifico e limitativo  che essi utilizzano! Tale atteggiamento, spesso, è passivamente e acriticamente imitativo, e può attecchire in uomini di spirito debole con vocazione forte all’identificazione esteriore e che vogliono realizzare un proprio interesse".

E l’interesse comune?

Dal punto di vista della sintesi dovrebbe trovarsi nell'adesione al concetto di "bene comune". A questo proposito mi sovviene ancora una volta l'insegnamento de grande saggio Ramana:

 "Una società è l’organismo; i suoi membri costituenti sono gli arti che svolgono le sue funzioni. Un membro prospera quando è leale nel servizio alla società come un organo ben coordinato funziona nell’organismo.    Mentre sta fedelmente servendo la comunità, in pensieri, parole ed opere, un membro di essa dovrebbe promuoverne la causa presso gli altri membri della comunità, rendendoli coscienti  ed  inducendoli ad essere fedeli alla società, come forma di progresso per quest’ultima.”. 

Nel tempo antico  le società si avvalevano della forza lavoro per produrre benessere comunitario, infatti, senza contadini, artisti  ed artigiani non c’era cibo e nessuna ricchezza; dunque, in qualche modo una forma di tutela esisteva per il popolo, perché una comunità senza mano d’opera non sarebbe sopravvissuta. Ma oggi?...

Paolo D’Arpini - Rete Bioregionale Italiana


domenica 10 novembre 2024

La Terra non è un oggetto... è un organismo!

 


La presunta indipendenza dell’uomo sul resto del mondo, l’impedimento culturale che ci impedisce di riconoscere la Terra come un organismo di cui siamo espressione, l’ideologia del progresso che ci induce a rimanere concentrati sul nostro interesse misurabile, ci hanno portati alla decadenza generalizzata, alla lotta tra poveri, alla separazione da chi ci rappresenta, allo svuotamento spirituale della democrazia e anche a credere che il cambiamento climatico sia nostra responsabilità.

Ciò che c’è

La cultura che ci avviluppa, nei suoi popolari svolazzi, si mostra nelle battute da bar, nei titoli dei giornali, nei testi delle pubblicità. Sotto la superficie che tutto ricopre, in profondità se ne trova il cuore nei vanti della scienza, nella concezione del prossimo, della vita e di se stessi, nell’ideologia del progresso, nella medicina, nell’educazione, nella formazione (un’eccellenza), nella comunicazione o presunta tale.

Tale brodo di coltura in cui, più o meno tristi, tutti sguazziamo, nuotiamo, navighiamo o naufraghiamo è convenzionalmente detto materialista. Vale a dire, concentrato sulla dimensione cosiddetta materiale della realtà e di tutto. Ne deriva che intelligenza e creatività, scorrazzano nel limitato campetto di gioco governato da regole, linguaggio e significati definitivi, ai quali tutti possono e devono attenersi al fine della propria integrazione sociale o, al contrario, per non venire emarginati.

È il campetto del meccanicismo, cioè quello dove tutte le relazioni con qualsivoglia elemento della realtà, umano e non, emergono da uno sfondo di calcolo al fine della prevedibilità e modifica. In cui, il potere assoluto attribuito alla logica non lascia scampo al pensiero degli uomini che ne sono schiavi, propagandisti, giudici. Come i crociati avanzano a spada sguainata in mano e diritto di morte nel cuore. La loro presunzione è apicale, niente e nessuno può far cambiare loro idea. Neppure i culmini del loro discorso da paladini della cultura: la mortificazione generale delle persone, la guerra come pratica ordinaria, i soprusi e la violenza che, incuranti, si lasciano alle spalle del loro passaggio.

Alla natura materialista e meccanicista della cultura in corso, fanno seguito e corpo quella positivista, progressista, capitalista, razionalista. E anche la conoscenza come accumulo di dati, ovvero tutto ciò che l’unità di misura logico-razionale può quantificare, e oggi – non plus ultra – mercificare: se non hai un qualche valore misurabile, non sei.

Null’altro che, nel rispetto delle regolette del campetto di gioco prima citato, non possa venire dimostrato, e quindi riprodotto a volontà tutte le volte che lo si desidera, ha la dignità del reale.

L’esaltazione plebiscitaria della meritocrazia, ne è una sconsolante conseguenza, così come lo è stata la democrazia. Entrambe, piccole verità secolari, pronunciate come universali, ma semplicemente campionesse incontrastate di materialismo applicato agli uomini o di intelligenza ergastolana nei loculi delle ideologie e obesa di intellettualismo.

Con tale terreno sotto i piedi diviene normale concepire e quindi pensare e fare come se il mondo, esseri senzienti inclusi, fossero oggetti, cioè elementi inerti, nei confronti dei quali ci poniamo come al cospetto di una sedia: la utilizziamo alla bisogna, la sfruttiamo per sostituire la lampadina bruciata, la modifichiamo se non ci piace il colore, ce ne sbarazziamo anche se funziona ancora, la colpevolizziamo se cede sotto il nostro peso.

L’altro, l’altra parte non solo è suggestione non misurabile ma proprio non esiste, la cultura lo impone, il sistema funziona così, come una macchina di cui siamo pezzi e accessori quando non cagnolini con la testa dondolante.

Come altrimenti dare ragione alla politica che tutto fa meno che lavorare per concorrere a creare individui consapevoli di sé e della comunità a cui appartengono. Un lavoro permanente e lungimirante al quale ha preferito quello a breve termine offertole dalle leggi, ancora una volta, espressione materialista. In quale altro modo concepire la questione del genere, la maternità surrogata, la cancellazione delle culture, la prostrazione della tecnologia, il politicamente corretto, le quote rosa, la deliberata censura, il viatico del controllo e della sorveglianza, per tenere a bada miliardi di persone, per farne pupazzi.

Ciò che non c’è

Nulla è esente dal maglio materialista. La terra, l’intero pianeta, risulta così essere un oggetto, ovvero qualcosa di cui poter disporre senza neppure porsi il problema se esso ci può davvero appartenere, tanto da farne deliberatamene ciò che più ci aggrada. Per le medesime circostanze è esistita ed esiste la schiavitù, gli allevamenti che, più che chiamarli intensivi, è opportuno chiamarli della vergogna, o dell’abiura dell’uomo, la comunicazione creduta insita nel linguaggio logico e tanto altro.

Una differente cultura e quindi realtà e pensieri scaturirebbe da una concezione del mondo che non ci veda osservatori ma autori di quanto osserviamo. Realtà e conoscenza da oggettiva diverrebbero relazionale, ovvero terza cosa rispetto alle parti della relazione stessa. La consapevolezza dell’autonomia della relazione, comporta la presa di coscienza del modo condizionato, autoreferenziale, arrogante, nel quale si era prigionieri. Una premessa per avviare il modo dell’ascolto di quanto accade, una modalità di porsi che implica la piena dignità dell’interlocutore, alla pari con quella che vorremmo ci fosse accreditata.

La realtà nella relazione è quella in cui si muove l’esploratore. Questo, valuta e considera tutto e, se commette una sconvenienza, ha piena consapevolezza di esserne il solo responsabile.

Se nel modo della relazione, al pari della mente di Gregory Bateson, che ha vita propria, cioè comportamenti che non possiamo prevedere, dominare e determinare, significa che non siamo al cospetto di un oggetto ma di un organismo. Significa che applicare il meccanicismo ad oltranza, senza la consapevolezza del suo essere elefante in cristalleria quando la relazione va oltre i campetti normati, è l’espressione di una patologia culturale terminale.

Campioni di consapevolezza che la realtà è nella relazione sono la madre e il maestro. Il figlio e l’adepto non subiranno pressioni né forzature, ma godranno di pazienza e rispetto. I loro cosiddetti fallimenti, lo saranno anche di chi se ha cura e i loro successi, li vedranno gioire insieme.

Il contrario della madre e del maestro sono la pretesa, l’indifferenza, il sopruso come prassi inconsapevole, autorizzata dal titolo o dal potere che l’ambito ci conferisce e autorizza ad esercitare. In questi casi, le conseguenze sono tendenzialmente di tipo spiacevole. Il meglio che da questa sterile modalità può nascere sono il kapò, il delatore e il sottomesso, il delfino, l’uomo stampino.

Matricidio

Ma se il modo della relazione, che comporta ascolto e tiene a bada l’autoaffermazione, induce a riconoscere l’organismo di cui facciamo parte, una natura dalla quale non possiamo mai essere altra cosa, significa che anche gli eventi meteorologici non ordinari che da qualche anno si stanno realizzando hanno a che vedere con la pratica dell’umiliazione, malefica deriva implicita nella concezione materialista del mondo. Null’altro che un’alterazione della stabilità che comporta sofferenza, che può divenire incontenibile. È un male di tipo sistemico: ogni intervento correttivo è parziale per definizione, quindi sostanzialmente inadatto e perciò peggiorativo in quanto più che correggere, alimenta la vita del paziente terminale.

Il controllo della meteorologia, l’ingegneria climatica, per ragioni economiche – come in Marocco e in altri paesi – o belliche – da chi ritiene di avere in sé il mandato di esportare il proprio modello e il diritto all’egemonia mondiale – non è ancora considerato la causa dei violenti, o fuori statistica, episodi di alluvioni. Si preferisce colpevolizzare tutti noi sudditi del loro capitalismo.

Come non lo è l’incremento di campi elettromagnetici per la guerra dello spionaggio e della guida di armi a controllo remoto nei confronti del comportamento anomalo di tanti animali e insetti. Tartarughe marine e delfini che deragliano incaponiti a puntare a terra anche se invitati a prendere il largo, api che spariscono dai territori di residenza, così come avevano già fatto cervi volanti e lucciole ai tempi del primo inquinamento socio-industriale del secolo scorso, la popolazione più che dimezzata delle farfalle monarca, causata dalle connaturate violenze chimiche e ambientali in seno al cosiddetto progresso.

Il mantenimento dell'equilibrio, istinto inestinguibile di ogni organismo senziente, non ha potuto assorbire la pesante invasività di certe azioni compiute sotto l’egida dell’egocentrico delirio di onnipotenza di certa umanità e, ancor più, sotto il patrocinio della narcisistica presunzione di essere altro dalla natura, di non avere con essa alcun legame e quindi, di non elaborare più un pensiero di rispetto e pari dignità, con le relative conseguenze di soddisfazione e bellezza. Urbanizzare i conoidi dei valloni, i bordi degli alvei dei corsi d’acqua, fare politica secondo la priorità assoluta dell’interesse economico, replicata indipendentemente dalle caratteristiche locali e ancor più da quelle bio-regionali, ne rappresenta il contrario.

Non significa che divenire immobili, non è in questi termini che si incarna il rispetto. Significa invece ringraziare, come facciamo con chiunque, per quanto essa ci offre. Come nei confronti di ogni essere senziente, l’organismo natura non può essere bistrattato. L’Emilia e la Valencia sono solo gli ultimi episodi di una collana di reazioni, indicatori di una tendenza, che forse mai la terra avrebbe mostrato se la relazione con essa non fosse stata tanto miserabile dal crederla conquistabile, se fosse stata vissuta come un organismo, di cui siamo peluria. Se gli uomini non si credessero altro da lei, se non avessero creduto di poter reciderne il legame, pensando perciò di poter vivere facendo a meno del sentimento per rispettarla quanto una madre. Quanto sacra origine.


Lorenzo Merlo



sabato 9 novembre 2024

Prove di pace tra Israele e Palestina con Eszter Koranyi e Rana Salman

 


Si chiamano Eszter Koranyi e Rana Salman, di origini ungheresi la prima che oggi vive a Tel Aviv, mentre la seconda discende da una figlia di sopravvissuti alla Nakba e vive in Cisgiordania. Le loro origini, storie familiari, esperienze e postazioni di lavoro non potrebbero essere più distanti, eppure dal febbraio di quest’anno eccole a condividere la direzione del movimento pacifista israelo-palestinese Combatants for Peace, sulla cui storia e instancabile impegno di riconciliazione nell’arco degli ultimi vent’anni la casa editrice Multimage ha recentemente pubblicato il libro Combattenti per la Pace, che verrà presentato nell’ambito di MilanoBookCity2024 e sarà l’occasione per conoscerle di persona. 

Due gli appuntamenti con Eszter e Rana previsti per Milano:

- venerdì 15.11 - h 21 ospiti di Base Gaia, Via Crescenzago 101
- sabato 16.11 - h 11.30 alla Casa delle Donne di Milano, Via Marsala 8/10

cui seguirà un vero e proprio tour, in collaborazione con Assopace PalestinaCentro Studi Sereno RegisAss.ne Volere La LunaM.I.R., A.Gi.Te., Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli e testata web Pressenza con la seguente agenda:

- Torino 16.11 - h 17.30: al CAM, Cultures and Mission, Via Cialdini 4, a cura del Centro Studi Sereno Regis con l’adesione dell’Ass.ne Culturale Volere La Luna, A.Gi.Te. e M.I.R.;
- Firenze 17/11 - h 21: alla Casa del Popolo 25 Aprile, Via Bronzino 117 e il mattino dopo incontro con l’Amministrazione di Firenze in relazione al recente riconoscimento dello Stato di Palestina (a cura di Assopace Palestina);
- Roma 18/11 - h 17.30: a Spin Time, Via S.ta Croce di Gerusalemme 55 e il mattino dopo incontri a livello istituzionale (a cura di Assopace Palestina);
- Napoli tra il 19 e il 20/11: ospiti del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, all’interno di una XVI Edizione interamente dedicata alle “Culture della Pace”. 

Sarà un’occasione di confronto con questa importante esperienza di attivismo non violento pressoché ignorata dai media mainstream, iniziata vent’anni fa con l’obiezione di coscienza di ex militari israeliani ed ex militanti palestinesi per lo più reduci da durissimi periodi di detenzione: un’alleanza quanto mai impensabile e animata dall’urgenza di uscire dalla spirale della violenza.

Nel corso degli anni quel primo nucleo di ex combattenti è diventato un vero e proprio movimento: di uomini, donne e sempre più giovani, con un fitto programma d’iniziative condivise, percorsi di advocacy e interventi d’interposizione nelle aree assediate dai coloni in Cisgiordania. Una realtà di cooperazione per molti aspetti miracolosa, che potrebbe considerarsi il prototipo di quella società ‘bi-nazionale’ che nessuno osa più sognare e che per questi Combattenti per la Pace è già oggi.

Certi dell’interesse di questa proposta d’incontro con chi da anni (e particolarmente in quest’ultimo anno) si trova ad affrontare la realtà apparentemente ineludibile della guerra mantenendo ferma una prospettiva di pace, restiamo a disposizione per ulteriori approfondimenti o richieste di interviste.


Contatti: Cell 3381925845, info@multimage.org



venerdì 8 novembre 2024

Appello ISDE per contrastare l'inquinamento insostenibile...

 


L’obiettivo principale dell’ISDE è quello di occuparsi della tutela dell’ambiente, sia a livello locale che globale, per prevenire e contrastare così le malattie e favorire, in un ambiente sano, condizioni di vita dignitosa e di salute per tutti.


E’ ormai evidente a tutti quanto inquinamento ambientale e l’emergenza climatica stiano portando il pianeta, la specie umana e tutte le altre specie viventi ad un punto di non ritorno. Si deve agire subito e su più fronti, come ci invita a fare la comunità scientifica internazionale, l’ONU nella persona del suo segretario generale António Guterres e anche la recente esortazione apostolica Laudate Deum di Papa Francesco.

Quindi dobbiamo intervenire bene e senza più colpevoli ritardi contrastando la perdita di biodiversità, l’alterazione degli habitat, e i cambiamenti climatici, attraverso processi produttivi industriali ed agricoli basati sull’economia circolare, con il ricorso a fonti energetiche veramente rinnovabili, un nuovo tipo di mobilità e più sani stili di vita individuali e collettivi. Preservare l’ambiente e contrastare nuove pandemie, passa anche nella incessante ricerca della pace attraverso le vie diplomatiche.

Tutte le guerre, come anche la guerra in Ucraina e il sanguinoso scontro in Medio - Oriente, hanno un pesantissimo impatto oltre che per la perdita di vite umane anche in termini di devastazione ambientale e di inquinamento dell’aria, dell’acqua e dei suoli.

Ed è da tenere presente inoltre che il settore bellico mondiale contribuisce notevolmente ai cambiamenti climatici per l’utilizzo di combustibili fossili per le navi, gli aerei, i mezzi corazzati e lo spostamento di truppe e la produzione di bombe, razzi e munizioni.

 

Vogliamo richiamare qui la vostra attenzione in particolare sul trasporto aereo che per le sue emissioni nocive contribuisce in modo rilevante all’inquinamento ambientale e ai cambiamenti climatici e danneggia la salute delle persone.


Proprio per questa consapevolezza, più di quindici anni fa, abbiamo costituito un gruppo di studio specifico sul tema: "Il trasporto aereo come fattore di inquinamento ambientale e rischio per la salute", coordinato dalla dott.ssa Antonella Litta.


Il traffico aereo è infatti una rilevante fonte di emissioni di polveri (particolato-PM) e gas nocivi ad effetto serra e contribuisce fortemente non solo al cambiamento climatico e all'inquinamento atmosferico, ma anche all'inquinamento acustico ed elettromagnetico, come dimostrato da un sempre più vasto numero di articoli e ricerche scientifiche.


Negli ultimi decenni, il traffico aereo ha registrato una fase di crescita pressoché costante- fatta eccezione per i periodi di lockdown dovuti alla pandemia da Covid19-  soprattutto per quanto riguarda il settore del trasporto merci e quello dei voli low cost, solitamente legato al turismo definito anche “mordi e fuggi” determinando così un incremento importante del suo impatto negativo sull’ambiente, soprattutto in termini di inquinamento atmosferico, acustico e importante contributo ai cambiamenti climatici.

 

Nel 2022, il sesto rapporto di valutazione dell’IPCC ha rilevato che sono necessarie riduzioni immediate, rapide e su larga scala delle emissioni di gas serra per limitare il riscaldamento a 1,5 °C e che il settore dell’aviazione è ancora ben lontano da provvedimenti utili ad ottenere questo contenimento.


Secondo il Report  European Aviation Environmental 2022

(https://www.easa.europa.eu/eco/eaer/downloads#download-summary-2022le emissioni di inquinanti atmosferici prodotte dal settore dell’aviazione sono aumentate nell’Unione Europea. In particolare le emissioni di CO2 di tutti i voli in partenza dagli aeroporti EU27+EFTA hanno raggiunto i 147 milioni di tonnellate nel 2019, con un aumento del 34% rispetto al 2005. Sempre secondo questo Report il numero di voli dagli aeroporti EU27+EFTA è cresciuto del 15% tra il 2005 e il 2019 fino a raggiungere i 9,3 milioni, mentre i passeggeri-chilometri sono quasi raddoppiati (+90%).


A livello globale, il traffico per l’intero anno 2023 è stato pari al 94,1% dei livelli pre-pandemia (2019). Il traffico totale di dicembre 2023 è aumentato del 25,3% rispetto a dicembre 2022 e ha raggiunto il 97,5% del livello di dicembre 2019.

(https://www.iata.org/en/pressroom/2024-releases/2024-01-31-02/#:~:text=Total%20traffic%20in%202023%20(measured,of%20the%20December%202019%20level)


Il sito Eurocontrol mostra 9 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 in più (+12%) rispetto al 2022 per  soli i voli intraeuropei (https://www.eurocontrol.int/sites/default/files/2024-01/eurocontrol-european-aviation-overview-20240118-2023-review.pdf).

 

Il 29 ottobre 2016 ISDE - Italia ha promosso a Firenze la I Giornata nazionale di studio sugli effetti sanitari e ambientali del trasporto aereo.  Il convegno ha voluto illustrare e proporre alla attenzione dell’opinione pubblica quanto dimostrato ormai da decenni di ricerca scientifica ovvero che il trasporto aereo contribuisce in modo rilevante ai cambiamenti climatici e che le strutture aeroportuali con le connesse attività sono fonti consistenti di inquinamento ambientale e rappresentano un rischio concreto per le popolazioni residenti in prossimità degli aeroporti e per gli stessi lavoratori di questo settore.


Purtroppo sia dal protocollo di Kyoto e finora anche dalle più recenti conferenze internazionali sul clima (Parigi COP 2015, Marrakech COP 2016 e Katowize COP 2018, Madrid COP 2019, Glasgow 2021, Sharm El Sheick 2022 e Dubai 2023), non è venuta alcuna disposizione e indicazione concreta e vincolante circa l’urgente necessità di ridurre il trasporto aereo e questo rende più difficile il raggiungimento dell'obiettivo di limitare l'aumento della temperatura globale media entro i 2 ° C, rispetto ai livelli di temperatura globale del periodo preindustriale.


Da segnalare inoltre che i piani di miglioramento della qualità dell'aria predisposti nelle principali città in Europa, USA e Asia, non inseriscono ancora la riduzione e la razionalizzazione del traffico aereo tra le misure per contrastare l’inquinamento dell’aria e i cambiamenti climatici.


Per quanto sopra esposto, riteniamo che i Paesi che partecipano alla prossima conferenza sui cambiamenti climatici dovrebbero predisporre programmi nazionali e internazionali di riduzione e razionalizzazione del trasporto aereo, al fine di contrastare concretamente i cambiamenti climatici e limitare il rischio sanitario per le comunità esposte. Per queste importanti ed obiettive ragioni inviamo in allegato alcuni contributi scientifici su questo argomento.


L'articolo "Trasporto aereo e clima", in particolare, fornisce un quadro dettagliato dei problemi ascrivibili al trasporto aereo in Italia. Inoltre segnaliamo la recente pubblicazione “Pulire l’aria. La vergogna di volare”, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2020.


ISDE-Italia auspica vivamente che la prossima Conferenza sui cambiamenti climatici (UNFCCC COP 29) che si svolgerà a Dubai porti a decisioni concrete che vincolino tutti i Paesi partecipanti a ridurre le emissioni prodotte dal trasporto aereo che tanto impatto negativo hanno su clima, ambiente e salute.

                                             

Dr. Roberto Romizi - Presidente dell'Associazione Medici per l'Ambiente




giovedì 7 novembre 2024

Per un Modello Regionale e Nazionale di Sviluppo Rurale Agroecologico...

 


"La Terra, ereditata dei Padri, è soprattutto un prestito dei nostri Figli" (Indigeni dell'Amazzonica) 

Dopo 80 anni di uso ed abuso della chimica in agricoltura è necessario un immediato programma Agroecologico di Sviluppo rurale regionale e nazionale.

Per la sovranità alimentare  bioregionale e la tutela del reddito degli agricoltori, garantito da una corretta applicazione della politica agroclimatico-ambientale europea, per l'agricoltura biologica e il benessere animale che da 30 anni sostiene tutti i maggiori costi e mancati ricavi agli agricoltori che ritornano all'agricoltura biologica, più un 30% in caso di realizzazione di bio-territori agroecologici.

Per evitare l'irreversibile contaminazione ambientale ed alimentare da OGM, al fine di proteggere la biodiversità naturale e le antiche varietà tradizionali locali adattate ai territori, che rappresentano un Diritto precedente, e la salute umana ed animale da manipolazioni genetiche artificiali che trasferiscono resistenze agli antibiotici e frammenti di Dna/Rna, mRna i cui effetti sono sconosciuti e pericolosi. Attraverso il Bando di ogni importazione di OGM.

Per la tutela della salute ambientale, alimentare e della fertilità Umana, compromesse dal bio-accumulo di pesticidi, additivi chimici e nanoplastiche nelle catene alimentari, oltre ogni soglia di sopportazione biologica. Con perdita drammatica dell'aspettativa di vita sana, incremento esponenziale delle patologie cronico-degenerative, ormonali, epigenetiche, riproduttive e dei relativi costi sociali.

Per l'eliminazione della plastica (e conseguentemente del rischio di ecomafie) dal settore agroalimentare e della pesca che rappresentano il 90% della plastica immessa nell'ambiente, ritornando a coltivare la canapa e le altre fibre naturali per il confezionamento "biologico", con obbligo di pesca attraverso reti naturali e biodegradabili.

Per la riconversione biologica e al pascolo degli allevamenti industriali, disumani e disanimali, principali responsabili dell'emissione dei gas climalteranti (metano, ossidi di azoto, ammoniaca, CO2) e della produzione di liquami inquinanti, invece che di fertile letame.
   
Per la prevenzione del dissesto idrogeologico attraverso l'incremento dell'humus stabile dei terreni e la ricostruzione del paesaggio agroforestale tradizionale ereditato dai nostri Padri, siepi campestri e ripariali, muretti a secco e terrazzamenti, affidata agli agricoltori, al Genio Civile e alle comunanze agrarie.

Per il recupero della cultura agroecologica ed agroalimentre contadina, supportata da innovazioni tecniche conservative e biodiversità "funzionale" (insetti utili, monitoraggio climatico fitopatologico, droni per il controllo fitosanitario, lavorazioni e i diserbi meccanici, consociazioni ed agroforestazioni, compostaggi e microbi utili, ovvero biotecnologie agroecologiche e naturali.
 
Per lo sviluppo dell'assistenza tecnica fitosanitaria ed agroecologica, finanziata con obblighi e priorità dai programmi europei di sviluppo rurale e la formazione ed educazione agroeco-alimentare, a partire dalle scuole primarie e dagli orti e frutteti pubblici, scolastici ed urbani, al fine di ripristinare il ponte intergenerazionale per la trasmissione delle tradizioni enogastronomiche mediterranee basate su ingredienti e biodiversità autoctoni

Per la rigenerazione delle comunità agroalimentari locali, nel collegamento più diretto possibile tra produttori e "consumattori" con 2 tt. Ricostruendo le reti di prossimità per la "spesa biologica in campagna", con servizi da parte dei Gruppi di Acquisto e prenotazione alimentare Sinergico-Solidali a sostegno degli agricoltori biologici.

Per la drastica riduzione degli sprechi agroalimentari e degli scarti alla produzione, connessi alla grande distribuzione e stoccaggi, in un contesto di eccedenze agroalimentari e crisi dei mercati che porta debiti e fame anche tra gli agricoltori, per soddisfare l'esclusiva sete dei mercanti.  

Per il rispetto dei Diritti Costituzionali inviolabili ed immodificabili, recentemente rafforzati, alla salute, ambiente, paesaggio, fertilità (umana e dei terreni), benessere animale e biodiversità, nella garanzia di una reale libertà economica e mai in violazione dei suddetti principi costituzionali, fuori da ogni sfruttamento e violazione della Dignità Umana, per le attuali e future generazioni.

Per una riforma agraria che tuteli l'agricoltura italiana fondata sulla conduzione familiare e sulle piccole e medie aziende.

"L'inviolabilità della memoria genetica di tutti gli esseri viventi è tutelata dalla carta dei Diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite" (Michele Trimarchi, Carta di Montebelluna 2008)

Prof. Giuseppe Altieri, Agroecologo


Presentazione al Convegno Scientifico di Agroecologia e Diritto: "Umbria cuore verde di un'Italia Libera dagli OGM e dai Pesticidi" - Per un Modello Regionale e Nazionale di Sviluppo Rurale Agroecologico. Perugia, 9 Novembre 2024, h 15, Circolo Arci La Piroga - Via Ferento 9 

mercoledì 6 novembre 2024

RIVE. Incontro autunnale 2024





martedì 5 novembre 2024

La Terra è un pianeta scuola...

 


Risultati immagini per L'inganno della realtà empirica vedi

La Terra è un pianeta-scuola in quanto tutte le anime non sono altro che frammenti della  Divinità che si incarnano qui per sperimentare l’autocoscienza – la sensazione di esserci – e sviluppare qualità sempre nuove. Detto in altre parole, l’anima usa il corpo materiale – una macchina biologica – per attirare intorno a sé persone e circostanze che le permettano di sviluppare sempre più amore, fino a quando un giorno non si sentirà “Uno con tutte le cose”.
Ma questo pianeta è anche una trappola, in quanto ognuno di noi, una volta incarnato sul piano materiale, smette di essere l’Uno onnicomprensivo e si identifica totalmente con una particolare macchina biologica, dimentica il suo scopo evolutivo e, soprattutto, comincia a credere che esista un mondo “là fuori” sul quale non ha alcun controllo e del quale è succube.
Credere che il mondo sia qualcosa di separato da noi e non esclusivamente una nostra proiezione, è la causa prima di tutte le paure che ci affliggono. Le nostre paure originano infatti dalla superstiziosa credenza che possa esistere un mondo esterno a noi, separato da noi, il quale può agire su di noi indipendentemente dal nostro volere. Questo criterio totalmente fasullo di rapportarsi alla realtà è stato inventato, divulgato e viene tuttora alimentato da una élite di uomini che governa il mondo nell’ombra.
Ognuno di noi crea, spesso inconsciamente, le situazioni e le persone che gli sono più utili per compiere il passo successivo sul suo cammino evolutivo. Le persone e le cose non sono fuori di noi, bensì dentro di noi. L’anima – la coscienza – letteralmente materializza dentro di sé solo ciò di cui ha bisogno. Nella misura in cui noi siamo identificati – addormentati – nel corpo, non siamo coscienti di stare creando il mondo e quindi subiamo le decisioni della nostra stessa anima come se non fossero nostre.
Solo il fatto di essere ancora troppo lontani dalla nostra essenza, ci fa apparire improvvisi e inaspettati gli eventi della vita. Mentre nella misura in cui sentiamo di essere anima, diveniamo anche coscienti di stare materializzando tutto ciò che ci accade, momento dopo momento. La conseguenza di questo nuovo atteggiamento è che svanisce ogni paura e diveniamo finalmente liberi.
L’élite che governa il mondo è costituita da individui estremamente intelligenti, raffinati conoscitori della psiche umana. Essi sanno bene che alimentando fra la popolazione la stupida superstizione che ci sia un mondo esterno alla coscienza capace di influenzare l’essere umano, questo rimarrà per sempre uno schiavo pieno di paura. Infatti non è un caso che la scienza, la religione, l’educazione, la politica, l’economia… siano tutte basate su questo paradigma conoscitivo: io e il mondo siamo due cose separate.
Così  il mondo diventa un idolo da adorare e temere. Questo è il paradigma della paura, della povertà, dell’insicurezza. Questo è il peccato dei peccati, che ha costretto l’uomo ad abbandonare il Paradiso Terrestre. Crediamo che nel mondo possano nascondersi sorprese e pericoli inaspettati, quando invece nel mondo incontriamo sempre e solo noi stessi. Tutto appare inaspettato agli occhi di chi non si conosce.
Nani psicologici prigionieri della loro stessa atterrita natura animale. Ecco in cosa si sono trasformati gli esseri umani. Come insetti strisciano sulla superficie del globo, attendendo il momento in cui un piede li schiaccerà mettendo fine alle loro sofferenze. Quanto in basso siamo scesi noi guerrieri divini e immortali?!
Facciamo un esempio. Un giorno dall’ufficio del personale della nostra azienda ci comunicano che siamo stati licenziati. Cosa proviamo?
Ognuno di noi reagisce con una manifestazione emotiva differente. Ognuno di noi reagisce secondo ciò che è. Qualcuno diventa aggressivo, un altro comincia a piangere, un altro è contento perché non vedeva l’ora di andarsene, un altro si sente perduto e tenta il suicidio… e così via.
Un atteggiamento unico però li accomuna tutti: tutti credono che il mondo si sia abbattuto su di loro dall’esterno. Chi di loro avrà il coraggio di pensare: “Io mi sono licenziato. Ho usato il mondo per licenziarmi. Affinché emergessero proprio le emozioni che mi stanno attraversando in questo momento”. Vi ho appena dato una chiave magica, usatela in ogni circostanza e presto aprirete la Porta, non serve altro.
Sono le nostre emozioni a plasmare il mondo, e non viceversa. La realtà è fatta di luce, lo hanno scoperto anche in fisica, e questa luce è facilmente malleabile da parte della nostra coscienza, proprio perché è dentro la nostra coscienza. Siamo guerrieri, Portatori della Fiamma, signori incontrastati della nostra realtà… e invece deleghiamo al mondo esterno il potere di decidere quando ci è concesso essere felici e quando no. Abbiamo eletto il mondo esterno a nostro Dio, lo adoriamo, lo temiamo e ci prostriamo ai suoi piedi, infognati nella superstizione e ormai privi di ogni dignità dell’Essere.
Credere alla materia è solo superstizione, perché il mondo è costituito solo di immagini. Le persone non esistono di per se stesse: i figli, i colleghi di lavoro, i partner… sono solo immagini che ci rimandano parti di noi che non vogliamo conoscere, non vogliamo affrontare, non vogliamo superare lo specchio.
Lamentarsi, accusare gli altri, gli eventi, del nostro star male, è come accusare la nostra immagine allo specchio… e arrabbiarsi con quella… e aver paura di essa. Abbiamo il terrore di venire licenziati, di restare senza denaro, di subire un’aggressione per strada, di venire derubati, di ammalarci, di essere abbandonati dal partner.  Siamo ipnotizzati da un fantomatico “mondo di fuori”. Crediamo che le disgrazie possano colpire “a caso”… non riusciamo a concepire un’Intelligenza Nascosta – la nostra – che crea gli eventi intorno a noi secondo le nostre necessità evolutive… e allora ci preoccupiamo di cosa potrebbe riservarci il mondo, quasi fosse una creatura divina onnipotente.
La nostra idolatria e la nostra superstizione vengono abilmente usate da chi governa il pianeta, per tenerci in uno stato di apprensione: crisi economica, immigrazione, terrorismo, pedofilia… Ma il mondo è solo uno stupido schermo privo di vita sul quale ognuno di noi proietta immagini di se stesso. In noi è la vita, e noi siamo i registi del film.
Questo è un Appello. Per gli anni che verranno servono guerrieri impavidi, uomini e donne, Portatori della Fiamma. La tromba del Giudizio è già squillata: uscite allo scoperto e radunatevi. Non sentite ardere la Fiamma nel petto mentre leggete queste parole? Il guerriero ha il vero potere, perché sa che il mondo non può fargli nulla di male, il guerriero sa che vivrà solo le crisi e le sfide che gli serviranno… che lui stesso andrà creando per autoiniziarsi. Pertanto non ha più paura del mondo, e un essere senza paura sfugge a ogni gabbia psicologica… diventa imprevedibile… pericoloso.
Salvatore Brizzi
Risultati immagini per L'inganno della realtà empirica vedi

lunedì 4 novembre 2024

La missione personale...



Risultati immagini per missione personale


Come riconoscere la  propria  missione personale?  Il discorso è da un lato lungo e complesso,  dall'altro invece molto semplice. Non ci si può interrogare sul proprio Dharma, occorre viverlo momento per momento sentendolo dentro di noi, come un'ispirazione. Quindi non ci si può realmente basare sulle indicazioni di libri sacri, sulle divinazioni e  sugli archetipi e sugli elementi  incarnati. Dobbiamo fiutare il vento  e fidarci delle sensazioni e conoscenze ed esperienze personali. Insomma la propria missione  è  assoluto divertimento, senza aspettative di sorta. 


Infatti quando descrivo il "percorso" spirituale laico  o l'indirizzo da seguire in armonia con l'ecologia profonda o con gli aspetti zodiacali incarnati, non do una risposta precisa e definitiva,  utile a "scoprire" la "forma" della persona, poiché quella "persona" in verità incarna tutti gli aspetti possibili ed immaginabili della psiche umana in diverse fasi evolutive.  Di solito per questa mia vaghezza  gli ascoltatori rimangono alquanto meravigliati, e si chiedono "...ma di cosa ha parlato? A chi si riferisce?".  

In fondo  come si può dar forma al nostro "io"?  L'io in se stesso è aldilà della forma, in quanto consapevolezza indifferenziata, ma dal punto di vista della mente dovremmo occuparci anche dei modi espressivi attraverso i quali l'io si manifesta. Paradossalmente occorre prestare attenzione all'io come fosse un ente reale  da perfezionare. 

Come un intagliatore cesella lentamente un pezzo di legno fino ad ottenerne una scultura, così noi perfezioniamo continuamente l'opera mentre viviamo. Quando una parte dell'opera è compiuta si prova un senso di appagamento ma subito dopo si continua a lavorare su un altro aspetto della nostra persona. Secondo la teoria evoluzionista procediamo attraverso una spirale ascendente ed infinita nel contesto di un processo universale.

Nel I Ching è chiamata "costanza nella mutazione". La missione personale quindi si compie durante l'intera esistenza...

"Non c'è segreto che non sia a noi accessibile - diceva il poeta Christian Morgestein - solo che la nostra capacità di penetrarlo ha una graduazione: dalla pietra al profeta".

Nell'osservarsi e nel vivere senza intenzionalità  giungiamo ad un certo punto alla consapevolezza che non c'è nulla da perfezionare o da cambiare, non perché le cose non continuino a perfezionarsi od a cambiarsi, ma semplicemente perché esse così fanno senza il nostro intervento, anzi... il nostro apparente intervento è solo un modo del loro evolversi.  

Paolo D'Arpini 

domenica 3 novembre 2024

Giochiamo a carte...?

 


Con la mano giusta si può vincere la partita ovvero, le quattro consapevolezze per far saltare il banco.


Picche o realtà data

Partiamo tutti alla pari. Nel senso che impariamo e ubbidiamo all’idea che la realtà è una soltanto, che è oggettiva e certa, sulla quale si può arrivare a dire there is no alternative, senza sentirsi beoti. Con questo principio di tutto, ci scivolano giù come uno sciroppo, tutte le idee ad esso connesse. Lottare per un posto al sole o anche al cesso, se necessario fino alla sopraffazione altrui, sempre senza sentirsi beoti, fa semplicemente parte della realtà. Che altro vuoi aggiungere? Chiede, libero da incertezze, sempre il beota. Un tipo, al quale, fa meraviglia, anzi, assurdità, quando gli dici che la responsabilità di tutto è sua.

Nella realtà data, mentire diventa perfino una dote, stavolta, senza scomodare Orwell e il suo ribaltamento di significati. Darsi da fare per apparire come non si è, ma si vorrebbe, è una specialità con la quale mendicare autostima altrimenti labile e latente e, per i talenti puri, anche a gonfiare il conto in banca.

Ci si può dedicare ad allungare questo elenco proprietà picche, fino allo sfinimento, stando semplicemente al davanzale ad osservare chi viene e chi va. Un’azione semplice, ma impedita a quelli del divano, i protagonisti della realtà data. Attori ligi al copione, disinteressati alla regia e, per questa, proni a tutto. Il tipo tengo famiglia ha sempre una Oscar in mano ed è sempre da loro giubilato.

Nella realtà di tipo picche è ordinario prendere posto in treno e sorbirsi le telefonate altrui, nelle quali sentire per un’ora il giro tondo di parole, intorno a una questione già chiara fin dalla prima tornata. Lo sperpero di dedizione a futilità non è contenibile e non è scomponibile in categorie sociali, culturali, politiche, professionali, di censo, di classe, di erudizione. Ad ascoltarli così concentrati e seri, sembra davvero abbiano a che fare con il tutto.

La realtà picche ha una moltitudine di sostenitori, tra cui la scienza per la quale, solo la misurazione, la scomposizione, l’analisi, la dimostrazione, la ripetibilità sono i requisiti della conoscenza e quindi della verità. Il peso, o l’incanto, della realtà data, è tale che quando il detentore del sapere ti dice che sei depresso, vai di buon grado a farti curare. L’accesso al sospetto che chiunque ha in sé il potere di modificare la propria vita, cioè la piena responsabilità, non è nel seme picche.


Fiori o realtà molteplice

Prendere coscienza della realtà picche, della trama di narrazioni che ce la fanno sembrare autentica, inequivocabile e certa, è il percorso lungo e irto per qualcuno o, immediato, per altri, necessario per riconoscere in che termini è vero che la realtà non è lì, di fronte a noi, come lo è un posacenere. Essa, che è piuttosto come attraversare un sūq affollato, dove scegliere quale carugio imboccare o bottega per comprare. Avere fretta o tempo da perdere sono condizioni che parlano del bazaar in modo differente. Sarà quindi solo la nostra descrizione, indotta da modi e ragioni molteplici, a reificare la realtà del mercato.

Prendiamo le reazioni, i pensieri, i sentimenti e le emozioni che tutti muovono e chiunque può vivere ed esprimere davanti al medesimo fenomeno. Si tratta di matrici con le quali, inconsapevolmente, a piacere, stampiamo la realtà. Un’inconsapevolezza duplice, visto che poi il mondo ci appare effettivamente mostrare le proprietà che gli abbiamo attribuito. E anche triplice quando pretendiamo che il prossimo la condivida con noi.

Il bello della realtà fiori, è osservare che non disponiamo di una cultura che ci educhi a vedere il fenomeno prima e l’investitura di realtà con cui lo strapazziamo a nostro gusto. È come non ci fosse alcun fenomeno, ma solo le proprietà che questo riteniamo presenti e il significato che riteniamo esprima. Da qui, deriva tutto il gorgogliare della psicoanalisi, a mio parere fuorviante linea di ricerca per l’autonomia e l’evoluzione personale. Perciò se dici checca qualcuno ritiene di avere il diritto di offendersi, perché a suo giudizio, quel termine è offensivo di per sé, anche senza chi lo dice e chi lo sente. Dell’attribuzione di qualità neppure se ne accorge, ora più che mai. Un po’ come dire che la Gioconda di Leonardo è bella per tutti e adesso, coi tempi che corrono, anche per legge.

Che la realtà non sia un oggetto e non sia di fronte a noi uguale per tutti, lo si può osservare in altre innumerevoli occasioni. È esperienza comune aver preso posizioni secondo circostanza, come se cogliessimo l’occasione per riempire un vuoto ed esprimere da quella prospettiva la nostra opinione, anche contraria con quanto affermato in altra situazione. Basta andare a scavare nel proprio passato per scovare quando abbiamo detto a ciò che in altri momenti abbiamo detto no; quanto abbiamo affermato e quanto ora prendiamo le distanze da quelle nostre considerazioni. Dunque, in funzione di una posizione se ne prende l’altra, senza vedere ciò che abbiamo sostenuto in altro momento. Il punto non è moralistico – la pretesa di coerenza è disumana – non è cioè il cambio di posizione, né rinnegare se stessi, ma è farlo senza avvedersene. La cui ragione non è che un ottimo e occulto espediente affinché la nostra morale possa essere sempre forte del suo giudizio, proprio come non avessimo mai sostenuto o fatto ciò che, in altro tempo e modo, stiamo colpevolizzando. Ovvero rimanere preda inerme della realtà picche.


Quadri o realtà illuminata

Perché per noi la realtà si reifica in un certo modo e non in altro? Una risposta disponibile fa riferimento ad un minimo comun denominatore culturale che domina il nostro immaginario. Si tratta dell’egoismo e dell’importanza personale che ne segue e che, ora con l’individualismo, troviamo alla sua massima potenza. Se l’egoismo saggiamente sfruttato non ci nuoce, quello inconsapevole, ovvero quello eletto a diritto inalienabile, non è che un impedimento a comprendere il mondo. Non quello deliberato dalla scienza ma quello relazionale.

Se un deliberato egoismo, costantemente al lavoro ci agisce secondo le sue necessità e bisogni, nel dualismo – regno degli opposti e delle parti – in cui ci troviamo, possiamo riconoscere che la sua antitesi è detta amore. L’azione egoica è destinata al bene individuale, quella d’amore, a quello collettivo. L’egoismo, indipendentemente dal bisogno concreto, comporta l’accumulo o lo sperpero, il necessario per difenderlo o dilapidarlo, diffidenza e avarizia generalizzata. Al contrario l’amore implica riconoscenza per quanto sì ha, dono e condivisione.

Ciò che ci interessa qui al simbolico tavolo del poker, è che, se riconosciamo nell’egoismo e nel suo implicato egocentrismo la matrice della storia grondante di sofferenza, saremo disponibili a riconoscere che emancipandoci dalla gogna egoistica-egocentrica, possiamo lasciare spazio all’amore di permeare le relazioni, le comunità, la cultura.

La lotta egoistica, di gran lunga più subdola di quella animale, può essere mitigata dalla morale solo parzialmente e temporaneamente, ma non permanentemente. Tantomeno da quella legislativa.

È necessaria quindi un’emancipazione strutturale, carnale, cristica, non intellettual-ideologico-moralistica. Non impegnarsi in questo processo ricreativo comporta mantenere il male dal quale siamo circondati. E nel quale saremo coinvolti ancor più alla prima buona occasione, così come ora vediamo essere coinvolti altri.

La realtà quadri o illuminata è quindi riconoscere che, se la responsabilità del cambio di paradigma da egoico/antropocentrico a quella olistico-organica è nostra, così come lo era per il male, ora lo diviene per il bene. Se ci lasciavamo guidare dal male, ora lasciandoci condurre dall’amore realizzeremmo un’altra realtà.


Cuori o realtà quantica

Le tre precedenti consapevolezze di realtà non sono sufficienti per vincere la partita della conoscenza, cioè per riconoscerne la natura. Ne è richiesta un’ulteriore, che riguarda la verità delle infinite realtà emergenti dalle descrizioni che ne fanno gli uomini. Per farlo è necessario tornare alle cosiddette emozioni. Non limitando il discorso a quelle eclatanti, ma estendendolo a quelle ben più segrete che tengono sempre le redini del nostro morso. Per esempio, condividere un’ideologia è condividere un’emozione.

Diversamente dal creduto, vederle come qualcosa che insorge e si esaurisce in noi, pare non basti. Sembra più opportuno vederle e concepirle come una forza dominante, ci pilota, ci sfrutta secondo la sua stessa esigenza. Esse latitano nello spazio in attesa del nostro impatto con un evento, pensiero e fatto. In quell’istante decantano in noi, conformando una realtà che viviamo come certa, in quanto corrisponde alla nostra descrizione. Rapiti da un’emozione, obbediamo al suo volere. Il resto diviene inutile e sparisce. Nessun argomento razionale è in grado di sottrarci al giogo di un’emozione, come invece è nel potere magico dell’ascolto e dell’empatia. Modalità idonee al cambio di emozione.

Accade anche con la memoria di un evento, che due persone hanno vissuto insieme e descrivono in modo differente. Non significa soltanto che la realtà non ha a che vedere con leggi razional-meccaniche che la vorrebbero oggettiva e una, ma con quelle magico-quantiche, che invece, permettono di osservarne la dipendenza da noi, da che la osserva-concepisce. Magico-quantiche significa che la realtà, con i suoi infiniti aspetti è latentemente pronta a divenire una soltanto con una sola e precisa forma, nonché qualunque altra purché al cospetto di qualcuno, delle sue esigenze, sentimenti ed emozioni.

Così diventa comprensibile come coloro che detengono la comunicazione vogliano farci credere che il sistema è buono, che dobbiamo seguitare ad obbedire, che stanno lavorando per il nostro bene. Ovvero, che lo strapotere di ricchezza di un’esigua minoranza non solo non è realmente combattuto ma è considerato più che legittimo, come non ci fosse alternativa.


Poker d’assi

I quattro assi contemporaneamente in mano, rappresentano l’arco di consapevolezze utile per una deriva verso una vita personale e sociale profondamente differente da quella che abbiamo ereditato e che, diversamente, perpetueremmo.


Scala reale o realtà socratica

Il poker, quantomeno quello che conosco, mi è sempre sembrato interessante per la sua efficacia nel rappresentare la vita. Ha poche regole, ma la dote di contenere simbolicamente molto di quanto accade agli uomini anche lontano dal tavolo di gioco. Il bluff e l’inesistenza di una giocata definitivamente superiore a tutte le altre, ne sono una sintesi potente. Sorprese, aspettative, speranze, tradimenti, inganni, raggiri, intuizione, ascolto, strategia, vanità, voluttà, sono alcune dimensioni umane che stocasticamente, ruotano tra le carte del mazzo.

Nel nostro caso, significa che anche con i quattro assi/consapevolezze in mano, sempre di faccenda umana si tratta, quindi ontologicamente parziale, mai assoluta. Attribuire loro qualche potere definitivo e qualche certezza garantita è inopportuno. Distrarsi, e concedere ad esso pieno potere è il solo punto di vulnerabilità di tutti noi, in tutti i giochi, in tutti i mazzi. Dunque, per esempio, la realtà picche o oggettiva c’è eccome in un campo chiuso, dove l’equivoco è soffocato dalla condivisione di regole, linguaggio e significati. È il mutuarla ai campi aperti delle relazioni che genera soprusi e scompigli. È non avvedersene che mantiene alto il vessillo del male. Così è vera la realtà quantica o magica, disponibile e/o obbligata a decantare in quel, e solo in quel, modo nel rispetto delle esigenze di chi la descrive.

Non tenere conto che la sola permanenza dell’esistenza è l’oscillazione, significa sempre credere che un poker d’assi ci permetta di vincere la partita della conoscenza o, più ancora, con la scala reale, ma anch’essa oscilla in una trinità: la massima batte la media, la media batte la minima, la minima batte la massima.

Credere nella conoscenza è una suggestione da divanista, è allontanarsi dal centro e dall’origine di tutto, è aver gettato ai porci la perla di Socrate.


Lorenzo Merlo