Gli uliveti, ancor più che boschi e foreste, potrebbero salvare il mondo dall'effetto serra. L'attuale metodo di calcolo del sequestro di carbonio, secondo una ricerca delle Università di Cordoba e Jaen, infatti sopravvaluta l'effetto sequestrante nel terreno operato dalle specie boschive mentre è grandemente sottovalutato quello operato dall'ecosistema oliveto.
Il metodo di calcolo è tutt'altro che secondario visto che ciascun paese deve sottostare a delle regole sulle emissioni di anidride carbonica che tengono conto però anche delle capacità delle risorse naturali della nazione di sequestrare il carbonio.
L'Unione europea, da tempo, ha stimolato l'agricoltura a operare per diventare una fonte di sequestro di carbonio, più che emissione. Tutto questo grazie al greening e a strumenti della politica agricola comunitaria come la condizionalità. Si parte dal presupposto infatti che è proprio il terreno, dopo vegetazione e atmosfera, il più grande serbatoio di CO2 del pianeta.
Le università spagnole hanno così confrontato diversi modelli colturali per capire quali metodi possono contribuire maggiormente al sequestro del carbonio, anche e soprattutto negli strati più profondi del terreno. Solo grazie al sequestro in profondità, infatti, il terreno può diventare un vero e proprio pozzo di carbonio.
La ricerca ha confrontato diversi sistemi che vanno dall'utilizzo della sansa come ammendante, fino alla pacciamatura mediante la trinciatura dei residui colturali.
I ricercatori dell'Università di Cordoba, così, hanno verificato che la trinciatura della potatura, con effetto pacciamante, senza alcuna lavorazione del terreno è il metodo migliore per fissare il carbonio in profondità.
Al contrario la normale prassi agronomica che vuole lo spargimento della sansa come ammendante, seguita da una lavorazione del suolo, non porta a risultati soddisfacenti in termini di efficacia del sequestro del carbonio.
Anche l'utilizzo delle sole foglie, come pacciamatura sul terreno, offre benefici nella capacità di sequestro del carbonio ma con effetti decisamente più instabili e meno duraturi nel tempo rispetto alla trinciatura dei sarmenti di potatura interi.
R. T.
(Fonte: Strettamente Tecnico > L'arca olearia)
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