mercoledì 31 ottobre 2012

Aliberth, al secolo Alberto Mengoni... chi dove come quando perché?

Aliberth - Alberto Mengoni


Chi  e Che Cosa è Aliberth…

Nella home page del  sito Nirvana, tra le altre cose,  c'è scritto che di Aliberth non è importante sapere chi è, né che cosa fa o che cosa è stato oha fatto prima d’ora, ma soltanto ciò che egli riporta… 

Il motivo è che quando un individuo ha realmente capito ‘chi-è’, nel vero senso della parola, allora non c’è più bisogno che si distingua dagli altri, o che racconti i fatti della sua ‘individualità’.

Però, sembra che le persone di ‘questo mondo’ abbiano sempre il bisogno di sapere chi uno sia, e che cosa possa rappresentare, soprattutto quando egli si propone alla gente come una persona che, in qualche modo, potrebbe esserle d’aiuto… A parte il fatto che, ad un attento lettore, non sarà certamente sfuggito  qui e là appaiono cenni e riferimenti di come Aliberth sia diventato… Aliberth, appunto, e di quale sia stato il suo percorso di emancipazione, perciò, siccome la mente degli umani ha una certa ragione nel voler conoscere vita, morte e miracoli di chiunque dichiara di avere qualcosa da dire, è giusto che qualche nota biografica la si scriva anche noi…

L'insegnante Aliberth (al secolo Alberto Mengoni), ha voluto assumere di proposito questo nome, perché quando è ripetuto in continuità come un 'mantra' ha il significato fonico-onomatopeico di 'Libertà". Libertà, non nel senso di avere la libertà di fare il proprio comodo nel mondo, ma ‘Libertà’, o Liberazione dal mondo (moksha), dai suoi tentacoli e attrazioni coinvolgenti, dal suo dualismo di bene e male, e infine dalla sua illusoria interpretazione di una presunta ‘realtà’. 

Egli quindi è un ricercatore della Verità autentica, che è passato attraverso quasi tutte le conoscenze religiose del Divino... Da piccolo è stato per una decina d’anni in collegi cattolici poi, dopo alcuni anni di indolenza e abulìa spirituale per colpa di sostanziali e spesso drammatiche esperienze nel suo periodo giovanile, ha cominciato a frequentare gruppi spirituali alternativi come gli 'Hare-Krishna' e i ‘Bambini-di-Dio’, e ad interessarsi di macrobiotica e vegetarianesimo. 

Pian piano, tutti questi avvenimenti ed approcci, lo portarono ad avvicinarsi a dottrine più profonde, viste dall’ottica delle ‘domande e risposte esistenziali' e, quindi, fu poi fortemente interessato all’insegnamento dell’'Advaita-Vedanta' Induista, sotto la guida del Maestro Italiano RAFAEL dell'Ashram-Vidyà, che egli frequentò settimanalmente per almeno otto anni. Quasi contemporaneamente, egli sentì la necessità di avvicinarsi al Buddhismo. 

Nel 1984, dopo aver conosciuto Cristina, che sarebbe divenuta la sua compagna di vita e di Dharma e che purtroppo dopo 11 anni di totale sintonia lasciò lui e questo mondo a causa di un male incurabile, studiò insieme a lei il Buddismo sotto la guida di due grandi Lama Tibetani, Gheshe Sonam Cianchub dell’Istituto Samantabhadra di Roma e Gheshe Champa Ghiatzo, del Monastero Tibetano di Pomaia. Partecipando in maniera interessata ai loro insegnamenti, e frequentando ben due volte a settimana il Centro di Roma per almeno 12 anni, ottenne una buona preparazione nello studio della ‘vacuità’. Studio che poi gli fu estremamente utile quando nella sua mente esplose la scintilla della ‘comprensione-diretta’... Contemporaneamente, sotto vari maestri ed insegnanti di meditazione (come Corrado Pensa, Ajahan Thanavaro, Coleman, Bachelor ed altri) egli ebbe anche numerose esperienze di Meditazione 'Vipassana', e di Meditazione Zen, assistendo ad insegnamenti e pratiche di vari maestri Zen Italiani e stranieri.

Ma, la svolta effettiva, al suo interno è avvenuta grazie a particolari situazioni occorse nella sua vita e nella sua mente. Dopo aver sperimentato di persona, addirittura in due circostanze, l’esperienza di ‘sensazione-della-morte’ ed esser stato presente alla morte-reale della sua compagna (con la sua esemplare manifestazione di serenità e pazienza, frutto solo e senz'altro di una vera comprensione del messaggio salvifico del Buddha), egli ottenne alfine la ‘comprensione’ della vera essenza di ‘ciò che ognuno in realtà è’. Poiché, come disse il Buddha, se una persona segue il Dharma 'con tutto il cuore e con vera sincerità', essa sicuramente 'vedrà la Verità e raggiungerà la Mèta', (altrimenti, non avrebbe senso darsi così tanto da fare nella spiritualità, rinunciando alla vita mondana e distaccandosi dalle varie occasioni di gratificazione e benessere materiale di questo mondo). 

Così infine, nel 1994, dopo aver avuto un’esperienza mistica su una montagna della Sabina mentre leggeva insieme a Cristina il ‘Sutra di Hui-Neng’, un testo sacro sulla ‘Illuminazione-Improvvisa’ del Chan Cinese, anche stimolato da Cristina, egli decise di fondare un piccolo Gruppo di Autocoscienza, tuttora vivo e attivo ai nostri giorni col nome di CENTRO NIRVANA. Questo nostro centro (in realtà, una piccola saletta) cerca, attraverso gli insegnamenti esperienziali di Aliberth, di aiutare i pochi arditi che hanno il coraggio (e la fortuna) di avvicinarsi all’insegnamento del Chan, a 'trovare il Vero ed Unico Maestro (ovvero, il Buddha)' al nostro interno. E per fare questo, egli si avvale di tutte le possibili nozioni non-dualistiche delle varie dottrine Buddiste, Induiste, Taoiste e quando è il caso, anche Cristiane.

Il nostro insegnamento-Chan si rifà principalmente al Buddismo Mahayana ed alla Scuola Madhyamika di Nagarjuna e dei Patriarchi del Chan Cinese, applicando la Meditazione Chan come forma di profonda auto-conoscenza (nel vero significato del termine, e non come ‘nozione-spicciola’) e assorbimento delle verità interiori acquisite con gli insegnamenti sulla 'Natura della Mente', tramandata dai Sutra e dalla visione di 'Silenziosa Comprensione' di Bodhidharma, e di 'Illuminazione Improvvisa' di Hui-Neng e di tutti i suoi seguaci.

Il Centro Nirvana si trova a Roma, in Via Ostiense 152, in cui per i nostri Gruppi di Meditazione e Pratica ci si incontra il LUNEDI e VENERDI, dalle 19 alle 20.30. Vi è poi un sito di argomenti prettamente spirituali (www.centronirvana.it) che ha lo scopo di filtrare gli interessati, i quali possono, se veramente motivati, chiedere di partecipare ai nostri incontri, previo inderogabile assenso da parte dell'insegnante.

Tel. 338.7021800 - 347.5808241

Biografia a Cura del Centro Nirvana
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Altri articoli di e da Alberto Mengoni (Aliberth)

http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=alberto+mengoni

martedì 30 ottobre 2012

Il Ciclo della Vita - "Spiritualità Laica.... nell'eterno ritorno all'esistenza" - 31 ottobre 2012 a San Severino Marche




Stasera al baretto di Treia sono andato a godermi un secondo cappuccino bollente e ne ho approfittato per leggere qualche notizia locale. Con piacere ho notato che si sta affievolendo la moda orgiastica della mascherata di Halloween. 

Nelle Marche pochi sono gli appuntamenti dell'orrore ed inoltre è sorta una competizione diretta fra i festeggiamenti cristiani della Vigilia di Ognissanti e quelli consumisti delle birrette e coriandoli di Halloween. 

Ma fra i due ancora una volta abbiamo potuto inserire la nostra ricorrenza del Ciclo della Vita, che da tanti anni celebriamo in varie forme culturali laiche. E' il perenne ciclo della morte e rinascita, della consapevolezza di vivere in un mondo che sempre cambia e si rinnova. Questo processo chiede attenzione e per questo la cerimonia del 31 ottobre è per noi importante. Chiamarla Samahin o Vigilia d'Ognissanti o pure Halloween (storpiatura di All Saints Eve) è inimportante... in fondo ognuno la festeggia come gli compete, in spirito tamasico, rajasico o satvico. Purché la cosa avvenga con "spirito" ovvero senza implicazioni ideologiche inutili e dannose e senza inutili contrapposizioni. Lo spirito è libero e non è descrivibile od etichettabile, come potrebbe esserlo la mente od il corpo.

Ed inoltre la spiritualità laica non è certo una nuova filosofia, assolutamente no! Semplicemente è un modo di esprimere qualcosa che c'era già, nella via personalizzata di ognuno del ritorno a casa.

Per una sorta di simpatia che percepisco verso tutte le persone con le quali riesco a condividere emozioni e sentimenti ho pensato che potesse essere utile (per me e per loro) chiarire alcuni aspetti di questa celebrazione che - in fondo- ancora si rivolge alla persona. Poiché (comunque) dalla persona dobbiamo partire in quanto depositaria della prima scintilla di Coscienza dalla quale tutto deriva. Non voglio infatti sminuire il valore di questa persona, e come "questa" anche tutte le altre che pazientemente seguono e precedono.

Bene, anche questo 31 ottobre si compie un altro Ciclo. Saremo a San Severino Marche nel campo di Lucilla Pavoni per una significativa cerimonia condotta da Sonia Baldoni, seguirà uno sharing collettivo e la successiva condivisione del cibo vegetariano da ognuno portato. Vi aspettiamo. Programma: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2012/10/appuntamento-bioregionale-san-severino.html

Paolo D'Arpini
Circolo Vegetariano VV.TT. 

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Commento di Michele Meomartino: “Caro Paolo, io e Fabiola,  saremo da te. Partiremo in mattinata per giungere prima di pranzo. Che dici, porto qualcosa per pranzo? Potrei raccogliere erbe spontanee mangerecce (sonchus, tarassaco, cicoria, bietola, ortica,...). Sarà mia cura pulirle e lessarle a casa mia. Per il Samahin da Lucilla ho intenzione di contribuire con una bella frittata di boraggine. Ne ho tanta dietro casa in una zona assolutamente incontaminata. Invece Giovedì 1 Novembre lo dedicheremo al tuo libro. Se per te non è un problema, resteremmo con te a Treia sino al 2 Novembre per andare nel pomeriggio a Castelfidardo dove con Sonia presenterò il mio libro. Da li torneremo in Abruzzo”

Mia rispostina: “Caro Michele, sarà un vero piacere condividere con te e Fabiola le erbe selvatiche abruzzesi e la frittata di borragine, anch'io preparerò qualcosa, magari un primo piatto. Mi farà piacere stare con voi fino al 2 novembre almeno potremo lavorare tranquillamente al libro sul bioregionalismo, ecologia profonda e spiritualità laica... di cui ho già il canovaccio pronto” 


Cerchio bioregionale

Confidenze spirituali laiche... sulla crescita personale di Paolo D'Arpini


Paolo D'Arpini  e Amma Anasuya Devi a Jillelamudi

Ognuno ha i propri segreti, esperienze che si tengono celate per non offuscare l’immagine di sé, oppure per evitare che ci siano dei fraintendimenti inopportuni. 
Ad esempio tempo addietro   mi è capitato di rileggere la storia di Mansur Mastana un santo sufi che avendo ottenuto l’esperienza del Sé, lo dichiarò pubblicamente affermando “Ana’l-ahqq” che significa “Io sono Dio”. Ovvio che in una religione dualistica come quella musulmana tale affermazione fu presa per eresia e Mansur fu condannato a morte. Ma anche sul patibolo egli rideva e continuava ad affermare “la verità” della sua esperienza ma gli altri non potevano capire e semplicemente pensarono che fosse impazzito e comunque meritevole di morte. In seguito i sufi s’intesero fra di loro che in futuro sarebbe stato meglio non affermare pubblicamente tale verità, che anche quando fosse stata raggiunta era meglio uniformarsi alle convenienze essoteriche, lasciando le verità esoteriche nel cerchio ristretto degli iniziati.
Questa premessa per dirvi che a volte ci possono essere esperienze spirituali che non è bene divulgare, poiché potrebbero essere fraintese o creare confusione nella mente degli ascoltatori. Per questa ragione in tutte le scuole iniziatiche si proibisce esplicitamente di farsi belli con i miracoli, le visioni, gli insegnamenti ricevuti e quant’altro. 
Però, però… stavolta vorrei trasgredire la regola. Ormai la lezione ricevuta è stata da me metabolizzata e credo che –sia pur nel rischio di una malinterpretazione- sia per me giunto il momento di raccontarla. In effetti non è un’esperienza di cui andare orgogliosi, dimostra solo la “piccolezza” dell’io, ma questo aspetto è importate per significare che non occorre uniformarsi ad un “modello” di santità idealistica, che ci fa apparire santi a tutti i costi, ma che è sufficiente poter sorridere e passar sopra alle proprie deblacles considerandole normali avvenimenti sul cammino, in cui talvolta si inciampa per rialzarsi e proseguire.
Dovete sapere, forse già lo sapete, che questo personaggio Paolo D’Arpini è nato l’anno della Scimmia ed è perciò profondamente convinto di essere il migliore in ogni campo o per lo meno si atteggia ad esserlo. Ma siccome ha il Legno (amore, empatia) come elemento principale, manifesta questa sicumera attraverso i sentimenti. Poi c’è il Metallo che rende codesto scimmiotto alquanto giusto ed il Fuoco che gli fa vedere le cose per quel che sono, anche se lo rende un po’ troppo “intelligente” (diciamo pure astuto). Il risultato? Quando da giovane scrivevo poesie lo facevo con impegno amoroso, magari cercando di conquistare con quelle dolci parole le ragazze che altrimenti non mi avrebbero filato (visto che fisicamente non sono un granché). Siccome poi non mi piace la competizione violenta mi ero specializzato nel poker in modo da dimostrare la mia superiorità con il gioco d’azzardo (questo mi ricorda un po’ il tragitto di Siddharta). Inoltre, per quanto riguarda la giustizia, chi mi conosce sa quanto sia un Don Chisciotte contro i mulini a vento, e per l’intelligenza la riprova sta in questa capacità (messa in pratica ora) di raccontare storie ed aneddoti che sanno pure affascinare….
Insomma in tutti gli aspetti della vita, le caratteristiche psichiche e gli aspetti elementali si manifestano secondo la loro natura e non c’è nulla da fare, succede e basta! Ovviamente questo vale anche nella dimostrazione della mia “santità”, quando si tratta cioè di fare quella parte, debbo in qualche modo dimostrare un’eccellenza od unicità.
Ad esempio il mio voler dare uno specifico ed esclusivo nome all’esperienza interiore, da me definita “spiritualità laica” è uno dei miei vezzi ormai riconosciuti.
La comprensione del significato “spiritualità” appartiene in verità all’intelletto mentre il “cuore” non darebbe alcun nome, al massimo sarebbe una “meraviglia di sé”. Dare una definizione ed un significato all’esperienza è già separazione, dualismo, ma il “cuore” accetta solo l’unione, semplice fioritura, e non comprende la “descrizione” di tale fioritura. Eppure è sotto gli occhi di chiunque che io continuo a parlare di “spiritualità laica” come un giusto modo di esprimere l’integrazione e la realizzazione, avendolo reso persino un “filone”…. Scusatemi per questo imbroglio scimmiesco!
Oggi sono in vena di confessioni e mi pare giunto il momento di raccontare un fatto vissuto tanti anni fa, quando stavo a Jillellamudi con Amma Anasuya Devi, la mia madre spirituale. Dovete sapere che Anasuya è stata per me  l’incarnazione della verità (come quel Mansur Mastana di cui sopra), ma lei era molto modesta diceva “non c’è differenza fra voi e me” “io sono voi e voi siete me” “i miei attaccamenti mondani sono molto superiori ai vostri voi siete attaccati agli amici, ad una famiglia, io sono attaccata a tutti voi”… Il significato di Anasuya è “una che è aldilà dell’invidia e della gelosia” ed infatti come poteva essere invidiosa o gelosa quando riconosceva se stessa in tutti ed in tutto ciò che esiste? Cosa significava per Anasuya essere più belli, più brutti, più bravi o più furbi? E perciò Anasuya non manifestava alcuna qualità diversa da quelle che le erano proprie, che facevano parte delle caratteristiche innate con le quali era nata. In ogni caso erano le qualità di una “incarnazione” della verità, come d’altronde ognuno di noi…. E le sue lezioni erano dolci e sublimi, crudeli, a volte, ma piene di nettare.
Vi racconto una di tali lezioni “materne” da me allora ricevuta.
Avevo preso l’abitudine da alcuni giorni di recarmi sulla costa, da cui Jillellamudi dista una ventina di miglia, per restarmene in meditazione solitaria di fronte all’oceano. Un giorno mi trovavo in bicicletta pedalando per andare alla spiaggia. Chi di voi conosce le vecchie bici indiane sa che sono macchinari impossibili, altissime e con grandi ruote, una volta salito in sella e partito non è facile fermarsi o compiere acrobazie. Per cui procedevo spedito sgattaiolando senza mai fermarsi fra altri velocipedi, risciò e pedoni.
“Chi si ferma è perduto” dice un vecchio adagio ed infatti cercavo di non fermarmi mai lungo il periglioso percorso. Già un paio di volte alla periferia di Bapatla, la cittadina che dovevo attraversare prima per raggiungere il mare, avevo notato una capannuccia minuscola dalla quale usciva un filino di fumo, davanti alla quale stazionava una vecchietta male in arnese, forse aspettava qualcuno o chiedeva l’elemosina, non so. Nel frattempo dopo alcuni passaggi di andata e ritorno avevo appurato che la vecchietta era in realtà una lebbrosa, con le mani mangiate dalla malattia ed anche alcune parti del volto. Non mi ero mai fermato sia per la mia difficoltà nel pilotare il velocipede ed –ovviamente- anche per la reticenza ad affrontare una situazione alquanto “anomala” per me. Non avevo però potuto ignorare quella presenza, e ricordarmi delle storie di Gesù, di San Francesco, di Madre Teresa di Calcutta e di tutti gli altri santi che curavano e benedicevano i lebbrosi e gli appestati. Insomma la mia “santità” veniva solleticata ed anche la tentazione di dimostrare a me stesso (e di conseguenza al mondo) che non ero inferiore agli altri santi, mi spinse una bella mattina ad arrestare il biciclone (quasi perdendo l’equilibrio) davanti a quella vecchia signora.
Avevo in tasca alcune rupie e ne diedi una alla donna, poi mi ricordai di un’altra banconota da due rupie decrepita e forse anche falsa che mi era stata appioppata da qualcuno e mi dissi “tanto io non potrei mai spendere queste rupie, perché nessuno dei negozianti le prenderebbe, tanto vale darle a questa donna, magari lei riesce a spenderle…” e così feci. La vecchietta mi ringraziò con le mani giunte, anch’io la salutai compito (a distanza di sicurezza) e rimontai in sella partendo a sbalzelloni.
L’immagine di me, che mi ero costruito, era comunque “bellissima” già mi vedevo raccontare l’avventura agli amici ed ai fratelli spirituali, con tanto di descrizioni del marciume della carne della povera vecchia, del mio sprezzo del pericolo, etc. Trascorsero alcuni giorni in cui non passai più di là, finché una bella mattina eccomi di nuovo su quella strada e davanti alla capanna c’era la lebbrosa a sbracciarsi, mi si piazzò quasi di fronte alla bici, facendomi perdere l’equilibrio e costringendomi ad una brusca frenata.
Pensai un po’ scocciato “ma che vuole ancora questa? Non le è bastata l’elemosina dell’altra volta?”. La donna mi costrinse ad entrare nella sua capannuccia dove non si stava quasi in piedi e dove lo spazio era appena sufficiente per due persone affiancate e per un giaciglio che stava lì dappresso. Io mi sentivo molto a disagio e debbo dire che provai anche fastidio non sapendo come muovermi o comportarmi. La donna estrasse da una sua sacchetta, con lentezza che trovai estrema, un qualcosa di arrotolato, e me lo porse… era la banconota da due rupie… Compresi allora che neanche lei era riuscita a “spenderle” e quindi me le restituiva…. Non ebbi il coraggio di riprendermi quel pezzetto di carta che oltre che falso ora mi sembrava anche “infetto”… Altro che sublimazione ed imitazione di Gesù, San Francesco, etc. etc. mi ritrovavo lì, scimmiotto furbetto, ad essere ripagato con la mia stessa moneta…
Offrii alla lebbrosa un’altra banconota da due rupie, in buone condizioni, mi scusai a gesti con lei e scappai il più velocemente possibile dalla scena e per un bel po’ smisi di andarmene a “meditare” sulla spiaggia, in bicicletta.
Vi è piaciuta questa storia?
Paolo D’Arpini



lunedì 29 ottobre 2012

“L’esercito sta nelle pieghe della massa popolare, come l’olio nelle olive ed il burro nel latte…”



“Nel grembo della terra vi è l’acqua: l’immagine dell’Esercito. Così il nobile magnanimo verso il popolo accresce le sue masse”
L’immagine dell’esagramma L’Esercito (Shih n. 7) del Libro dei Mutamenti, è molto chiara nell’indicarne il significato. Infatti nell’antichità, in virtù della coscrizione obbligatoria, i soldati erano presenti nel popolo come l’acqua sotto la terra. Ed avendo cura della prosperità del popolo si ottiene un esercito valoroso.
Ed ancora nella prima linea. “Un esercito deve servire in buon ordine ed armonia. Se ciò non avviene incombe sciagura”.
…il 4 novembre 2012 ricorre il giorno dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate….
Rinnegare il passato non ha senso… l’Unità d’Italia è stata raggiunta con fatica, lotta e sacrificio… Qualcuno potrà obiettare che non serviva, che si stava meglio con il Regno delle Due Sicilie, con lo Stato del Vaticano (ma quello c’è ancora..), con la Repubblica di Venezia, il Regno di Sardegna, etc.  Può anche essere vero  ma pure in quei regni esistevano eserciti ed un senso nazionale… ora il senso nazionale si è ampliata all’intera Italia e forse all’intera Europa e forse un domani al mondo intero… Staremo a vedere!
Non sono d’accordo con il sistema corrente di prestare servizio alla patria con forze prezzolate, con l’uso di mercenari (sia pure interni cittadini) credo che il dovere della difesa (dico “difesa”…) dell’identità nazionale della nostra terra o dei legittimi interessi dei suoi abitanti non possa essere delegata ai “volontari” di professione.
Nell’antica Cina (e pure oggi) si diceva che l’esercito riposa nelle pieghe della società civile… pronto a sorgere nel momento del bisogno.
La coscrizione obbligatoria può sembrare una sopraffazione, se serve ad una causa ingiusta, ma è l’unico modo per riconoscersi tutti figli dello stesso paese. Vediamo che alla fine dell’Impero Romano, allorché i legionari erano   professionisti pagati dallo stato, è stato sufficiente l’arrivo di una masnada di barbari per sconfiggere l’Impero… Le famose invasioni barbariche contavano a malapena poche migliaia di individui  (comprese donne e bambini ed armenti) mentre Roma  aveva oltre un milione e mezzo di abitanti e le legioni comprendevano centinaia di migliaia di militi- ma quei pochi barbari determinati bastarono per annichilire e distruggere un sistema… forse marcio, forse indegno di essere mantenuto.. come probabilmente succede ai giorni nostri…!
Ma… io personalmente amo e rispetto la figura di Cincinnato… forse perché  - a suo tempo- ho servito nell’esercito non come “mercenario” ma come uomo d’armi venuto dal popolo.  
Memoria personale del mio servizio militare:
…ricordo quando ero bambino ed abitavo a Roma, mio padre mi portava il 4 novembre di ogni anno  a vedere la sfilata  dei soldati,  con le fanfare, con cannoni,  autoblindo,  camion, etc. etc. Potete immaginare l’effetto che faceva su un bambino assistere a quelle processioni…. e l’effetto che mi fa adesso a raccontarvelo… ma come possiamo cancellare il mio vissuto? D’altronde anch’io ho fatto il militare di leva, ho indossato per 15 mesi la divisa, ho imparato a sparare con il Winchester ed il Garand e la mitraglietta, ho tirate bombe a mano d’assalto e da difesa, ho sbudellato fantocci con la baionetta, ho strisciato per terra nel fango e nell’erba con il passo del leopardo, del serpente, etc. Ho marciato per chilometri e chilometri con lo zaino in spalla, ho usato radio da campo…  ho costruito radio galene.. ed infine sono stato dentro un centralino alla Scuola d’Applicazione d’Arma di Torino a passare telefonate agli ufficiali… ed ho pure sventato un colpo di Stato… ma che ve lo racconto a fare, tanto non mi credereste! 
Paolo D'Arpini

Paolo D'Arpini con nipotini

domenica 28 ottobre 2012

Kalåpa, diluizioni illusorie che danno il senso di continuità allo spazio tempo

Il Mullah Nasruddin che cavalca all'indietro


Il Buddha rese noto ai suoi discepoli che ogni cosa che esiste nell’universo, animata o inanimata che sia, è composta di kalåpa (entità molto più piccole di un atomo), che collassano simultaneamente col loro venire all’essere. Ogni kalåpa è una massa formata dagli otto elementi naturali, ossia pathavi, åpo, tejo, våyo, vanna, gandha, rasa, ojå (ovvero solidità, liquidità, calore, moto, colore, odore, gusto e nutrimento).

I primi quattro sono qualità materiali predominanti in un kalåpa, gli altri quattro sono meramente sussidiari e dipendono e sono originati dai primi quattro. Un kalåpa è la più minuscola particella sul piano fisico, ben oltre la portata della scienza di oggi.


È solo allorché gli otto elementi naturali che hanno solo la caratteristica del comportamento si presentano assieme che si forma l’entità di un kalåpa (la più minuscola particella sul piano fisico). In altre parole, la coesistenza per un momento di questi otto elementi naturali di comportamento dà origine a una massa solo per quel momento che nel buddhismo è conosciuta come kalåpa. La grandezza di un kalåpa è circa 1/46656mo di una particella di polvere caduta dalla ruota di un carro nell’estate dell’India. La vita di un kalåpa è un momento e c’è un miliardo di tali momenti nel battito di ciglia di un essere umano.


Questi kalåpa sono tutti in uno stato di perpetuo cambiamento o flusso. Uno studente avanzato nella meditazione vipassanå può percepirli come un flusso di energia. Il corpo umano non è un’entità come sembra ma il continuum di un composto di materia (ru–pa) coesistente con la forza vitale (nåma).

Andrea Sgariglia



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Mio commento: 

... direi che dal punto di vista nondualistico  della spiritualità laica qui si parla solo di  Artha Wada ("materiale aggiunto"), ovvero di illazioni fantasiose per spiegare la ipotetica realtà del mondo fisico e psichico.  La stessa cosa avviene con la teoria espansionista del Big Bang o quella creazionista graduale. Tutti gli insegnamenti in tal senso son frutto di una  speculazione mentale  tesa  a corroborare l'esistenza di una continuità spazio temporale diluita in segmenti. Dal più piccolo al più esteso.  Ma l'eterno e l'infinito, interpretati in questo modo, restano immagini all'interno di una mente finita, Nama-Rupa (nome-forma),  appunto!   Ed inoltre ogni elucubrazione sulla manifestazione ha bisogno della "consapevolezza"  per essere percepita e descritta ed è ovvio che il percepente consapevole (Sé) è alla radice dell'osservazione effettuata. Per cui nell'autoconoscenza ogni discorso di questo tipo è  inutile (se non fuorviante).  Paolo D'Arpini

Per un approfondimento "empirico" consiglio la lettura del seguente articolo:
http://www.circolovegetarianocalcata.it/2010/02/11/albert-einstein-ed-il-grande-mistero-dello-spazio-tempo-che-non-esiste/

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Commento di Vincenzo Toccaceli: "A proposito  della condivisione  del Buddha  (non è stato aperto il cuore)  tutto ciò che parte da questo cuore e per un altro cuore........ se c'e'!  Qui anche se assemblati, solo assemblati uno sull'altro,  ci sono due capolavori pratici per trasformare la mente al solo guardarli! Con gli occhi del cuore! Osservare  sine cogitatio: Sono a dx di Babaji, egli ama molto fare la maglia  lavorare ai ferri. Come ogni brava Madre! Om Namah Shivaya!



Viaggio bioregionale a Terra Madre, per salvare i nostri semi - Racconto di Teodoro Margarita



A Torino, da Asso, a Terra Madre, un venerdì autunnale.... 



Ecco, cari amici, riesco a narrarvi solamente in forma di diario soggettivo questa nostra avventura a Torino, ne siamo stati coinvolti, io, Alice e Jacopo, miei soci e fratelli seedsavers e riabitatori di un vecchio borgo, Fraino, qui ad Asso e quindi al pari di me, bioregionalisti a tutti gli effetti. 

Siamo voluti andare a Torino, questo venerdi 26 ottobre 2012, a sentire Vandana Shiva ed altri, tra i quali il nostro presidente, Alberto Olivucci. Noi militiamo in Civiltà
Contadina da una decina d'anni, e, dopo queste frenetiche settimane di discussioni, dibattiti in tutta Italia ma noi vi abbiamo preso parte con passione qui in Lombardia, tra Milano e Bergamo e confrontandoci con realtà di tutta la penisola, questo ottobre è stato fecondo, intenso, ricco, davvero nel nostro Paese mai si è assistito ad un pullulare così vivace ed articolato di iniziative sulla biodiversità.


Vandana Shiva è la fisica indiana autrice di innumerevoli opere sul tema con un credito che le è universalmente riconosciuto, ella ha lanciato la settimana per la libertà del seme ed ha trovato una eco più vasta del nostro solito cerchio di addetti ai lavori.

Ci tenevamo proprio a sentirla di persona ed assieme al rappresentante italiano dei salvatori di semi, il nostro Alberto, ed altri di diverse parti del mondo, ci è parsa la cosa più giusta e naturale.

Così, dopo aver chiesto tutti i permessi necessari alla mia scuola, siamo riusciti a partire, in auto, viceversa Torino, il convegno era alle 15.00, sarebbe risultata irraggiungibile.

Caricati di semi, di buona verdura e frutta biodiversa dei nostri orti di Cranno e Fraino, siam partiti alla volta di Torino: acqua e nebbia, un clima autunnale classico e padano ci ha accompagnato tra il nostro Comasco e il Piemonte, tante le cose che avevamo da dirci e , voilà, Torino!

Avevamo appuntamento con una serie di persone ed associazioni e non speravamo di incontrarle tutte: SlowFood e di questo gli va dato atto, ha riunito tutti e siamo riusciti ad abbracciare, a consegnare o ricevere da ciascuno i semi, l'intervista o gli accordi per essa, i materiali promessi.

Eh, si, non era solamente per Vandana Shiva, c'erano gli amici della Val di Susa, associazione Etinomia con i quali accordarci per una nostra collaborazione con loro da seedsaver, c'era da trovare qualcuno di Kokopelli, la nota associazione francese ed internazionale al centro della discussa e disgraziata sentenza sui semi non registrati e
la loro non commercializzazione, c'erano gli amici campani della Comunità del cibo del Cilento con i loro grani antichi e c'era anche altro.

Miracoli della tenacia e della fortuna, ma noi non potevamo saperlo, in partenza, saremmo riusciti ad incontrare tutti, anche per qualche minuto solamente, purtroppo, ma almeno, ci siam visti.

La sala del convegno, la Sala azzurra era già strapiena, traboccante di gente seduta anche per terra, il convegno era già iniziato da una mezz'ora, solamente per parcheggiare a momenti ci abbiamo messo più tempo che per arrivare da Asso a Torino. Abbiamo steso il nostro drappo storico a terra e disposto le nostre buone verdure ed i semi in modo acconcio, subito suscitando la curiosità degli intervenuti.

Quando ha finito il suo magnifico intervento, Alberto ci ha esaltato ed è stato chiaro ed umano, abbiamo impugnato il nostro drappo e levando verso l'alto i nostri lunghi tagete minuta, gli abbiamo, in piedi sulle sedie, gridato tutto il nostro appoggio: i seedsavers italiani ci sono!

E' toccata la parola a Bastien, contadino bretone di Tryptoleme, Reseau des semences paysannes, bravissimo, poi Marcello Buiatti, un genetista "pentito" uno di quelli che, ci ha riferito lui, per tutta la vita ha cercato di ridurre il patrimonio immenso della biodiversità "ad unum" , insomma questo qui ha lavorato ad uccidere la ricchezza del patrimonio naturale dell'umanità, ad individuare la pianta "magica" risolutrice di ogni problema, condannando, ovviamente, tutte le altre all'estinzione, ci siam tenuti calmi, io ed Alice e Jape, ce lo dicevamo "Quieti, tranquilli." ma, già, quello lì era un pentito, fino a un certo punto.

Vandana Shiva, quante ne abbiamo sentite su di lei, anche vere e verificate, ma non ci è importato: è stata veramente grande. Il prestigio che si è acquistata le deriva dalla grande, incomparabile conoscenza scientifica e da una visione alta delle cose, lei non ha paura di aggredire moralmente Monsanto e gli altri artefici degli sconquassi e delle tragedie umane che celano le paroline "Ogm", brevettare il vivente e simili diaboliche invenzioni. 


Ci ha ricordato, noi speravamo lo facesse, le decine di migliaia di suicidi dei contadini indiani dovuti all'acquisto delle sementi contenenti il gene Terminator, sterilizzante, Vandana ha ribaltato le accuse alle multinazionali: queste , inserendo pezzetti di gene a caso nel dna dei semi poi pretendono che questi semi gli appartengano e citano per
danni i contadini che non gli pagano i "diritti", ma quali diritti?


Sono le multinazionali a dover risarcire i contadini per averli
imbrogliati, schiavizzati, massacrati e sottomessi in nome di questa "scienza" malvagia che punta dritto al profitto e passa volentieri sopra i cadaveri di milioni di desplazados, di profughi ambientali di tutti il sud del mondo. Erano cose che, noi, addetti ai lavori, sapevamo, sentirli in quella sede davanti a centinaia di persone ci ha commosso. 


Tra gli altri relatori, una signora Iraniana, un orticoltore friulano, ma avevano parlato prima, purtroppo e ce li siam persi.

Per ultimo, ormai erano le 17.00, la moderatrice di Slow Food ha ritenuto , dopo averlo chiamato al microfono, al nostro amico di Kokopelli France, Jacques Debaud, unico intervento non in programma, per invitarlo a relazionare sulla sentenza della Corte di giustizia europea che ha, ribaltando una sentenza che, molto stranamente, era stata assolutamente positiva in gennaio, ha condannato i seedsavers transalpini nella loro vetenza contro la ditta sementiera Baumaux Sas. Jacques ha insistito, in italiano, che conosce bene, nella assurdità di questa corte che muta posizione nel volgere di pochi mesi: cosa si cela dietro questo voltafaccia?

Kokopelli non ha dubbi: sono state le attive lobbies dei sementieri, le quattro o cinque multinazionali che detengono il mercato della vita al mondo a condizionare questa decisione. 


Al termine dei lavori abbiamo salutato ed abbracciato tutti, siamo andati a regalare i nostri semi e frutti ed un fiore arancio, una bella tithonia, a Vandana Shiva.

Salutato Alberto, aveva un treno in partenza, abbiamo preso contatti e scambiato materiali ed indirizzi utili, abbiamo abbracciato Jacques, ci conoscevamo da anni, insomma, non eravamo "spettatori" siamo stati dentro l'evento con partecipazione totale.

Tanta gente ha voluto conoscerci, la sala è rimasta ancora piena per un autografo, un saluto, un abbraccio.

Poi, avendo pur pagato 20 euro a testa per entrare, abbiamo deciso di visitarci questo immenso Lingotto adibito a sede di Terra Madre, si badi bene marchio brevettato, ed il Salone del gusto.

Slow Food è diventato una potenza, una organizzazione mondiale con ramificazione ovunque, un'immagine ed un brand forte e riconoscibili: tra contraddizioni stridenti come lo sponsor Fiat o Canon o Kenwood, tra Lavazza e Lurisia e le loro scintillanti hostess e i contadini del Bhutan o i pescatori filippini, una bella differenza! 


Tutti assieme appassionatamente, abbiamo cercato di comunicare con contadini thailandesi a proposito della loro bella varietà di riso ed altre radici e spezie, il volonteroso ragazzo con la pettorinia Slow Food non era in grado di darci le risposte che cercavamo, peccato, dobbiamo dare atto a Solw Food di averci dato la possibiltà di avvicinare e conoscere, toccare con mano, in una volta sola, una indigestione colossale di biodiversità umana e vegetale planetaria delle realtà e degli individui, senza dubbio alcuno, tra i molti furbi, specie tra gli Europei, anche realtà e persone di uno spessore notevole. 

Io penso a certi anziani Peruviani stretti nel loro scialle, credo che si sentissero come noi, abituati a stare nei campi, al massimo le pareti di un'aula, sotto queste volte artificiali di questa fabbrica immensa.

Anche al ritorno, tra noi, Alice e Jacopo ed io, abbiamo ragionato e riflettuto, certamente Slow Food tra incassi dei biglietti, sponsorizzazioni massicce, partner istituzionali in quantità, introiti dagli stand commerciali, tantissimi del Salone del Gusto, ha ampiamente  dimostrato di saper muoversi nel mondo del business, eppure, noi che una cosa così non sapremmo e non vorremmo mai organizzarla, abbiamo goduto della possibilità di vedere e abbracciare
tanti nostri amici, allacciare tante proficue relazioni, c'è da
ragionare a lungo, Carlin Petrini ha tirato dal cilindro un coniglio transgenico, troppo cresciuto o è un genio e sarà il salvatore della campagna italiana? 


Noi non vogliamo dare la risposta, eravamo affezionati al suo amico-rivale Gino Veronelli che alla compagnia della Fiat preferiva gli Anarchici ed il Leoncavallo di Milano al Lingotto,
altra tempra, altra persona, tutt'altro progetto. Gino ci mancherà sempre, il Carlin è qui, dobbiamo, senza piaggerie ma anche senza criminalizzazioni fuori luogo, farci i conti. 


Se si vuole uscire dal ghetto, se si vuole avvicinare un pubblico più vasto occorre farci i conti. Stare solamente tra duri e puri ed ammirare il nostro santo e meraviglioso ombelico non mi pare ci abbia portato lontano, d'accordo,
la Fiat non è una succursale di Emergency e tratta gli operai
esattamente come i padroni delle ferriere, il suo attuale A.D.
volentieri li vorrebbe servi della gleba, schiena spezzata e curvi alla catena, come sponsor è quantomeno discutibile, ecco, noi ci siamo stati a Terra Madre, terremo conto di quanto abbiamo visto e sentito, questo evento ci ha offerto delle opportunità, le abbiamo colte, a voi di giudicare, se volete.

Teodoro Margarita



Referente Seedsaver per la Rete Bioregionale Italiana e socio fondatore in Lombardia di Civiltà Contadina.

sabato 27 ottobre 2012

Intrusioni del Vaticano in Cina e violenze morali dei papi... da Matteo Ricci al maggiordomo "Paoletto"


Paolo D'Arpini, in veste cinese



Mi sono letto tutto il libro che scrisse Matteo Ricci sulla sua vita in Cina nel XVII secolo (nel 1610).

Il povero monaco cristiano, fu riconosciuto santo e saggio  in Cina, ma fu scomunicato dal papa in Italia.

Per fortuna che non tornò in patria, era nativo di Macerata, e morì serenamente a Pechino e ivi fu sepolto, per concessione imperiale, il primo straniero nella storia dell'impero (tutti gli altri cadaveri venivano rispediti in patria).

E sapete perché Matteo Ricci non piacque all'Inquisizione vaticana? Il motivo è semplice egli commise l'errore di pensare che la filosofia cinese, in particolare il  confucianesimo, fosse altrettanto valida che il cristianesimo (essendo inoltre  ad esso antecedente di 500 anni). Egli pensava che i cinesi potessero continuare ad essere   confuciani, mantenendo cioè la loro identità culturale peculiare, e magari diventare anche cristiani.

Ma il vaticano, allora come ora, vuole avere il controllo assoluto dottrinale e politico su tutti i cattolici che operano sul pianeta terra.
Soprattutto i vertici ecclesiastici,  vescovi e cardinali,  debbono essere tutti nominati dal vaticano. 

Cosa contraria persino all'antica tradizione cristiana. Infatti sino al V secolo le nomine vescovili (i cardinali non esistevano) venivano effettuate dal popolo, dai fedeli stessi. Il vescovo di Roma, che poi si tramutò in papa, era eletto dall'ecclesia dei credenti, con una  votazione libera.

Di secoli ne  son trascorsi ed ormai il papa è solo un monarca assoluto, ed il vaticano è uno stato totalitario e un potentato economico. Perciò è importante che i suoi rappresentanti siano nominati dal papa stesso e da qui la diatriba attuale -dopo il precedente del povero Ricci- contro la Cina.  

Il papa, uno specialista in storie costruite per ingannare le masse, può continuare a sperare che  qualcuno creda alla sua "religiosità", ma quelli che  gli “credono” son solo i suoi sottoposti e gli scherani politici di convenienza.

Per questa ragione insisto nel biasimare la pretesa ridicola  del  papa Ratzinger, spesso e volentieri ripresa da giornali e da televisioni asservite, che in Cina ci sarebbe una “repressione in corso contro i cattolici”.

Nulla di più falso e mistificatorio!

In realtà è il governo cinese che deve difendersi dalle intromissioni politico-economiche del vaticano che, in quanto potenza straniera, pretende di nominare i  rappresentanti della confessione come fossero suoi ambasciatori. In Cina c’è ampia libertà di manifestazione religiosa, tant’è vero che esistono vari culti che convivono pacificamente, essendo garantiti da uno stato laico com’è quello cinese.

In Cina operano varie minoranze religiose: taoisti, confuciani, buddisti, animisti, ebrei, cristiani assortiti e musulmani sciiti e sunniti ed anche atei... Nessuna fede è in conflitto con lo stato né fra di loro, persino i musulmani e gli ebrei che nel resto del mondo scalpitano  si trovano bene nella repubblica cinese. Anche le diverse fedi cristiane non hanno problemi di convivenza, gli unici a creare questioni sono i cattolici e solo perché il vaticano pretende di comandare in casa d’altri.
Questo non è accettabile dal governo cinese, alquanto geloso –e giustamente- della sua indipendenza e laicità. La Cina, come diceva il prof. Tucci, altro maceratese illustre, o  lo stesso Ricci: "è un mondo culturale in cui tutto per coesistere deve essere cinesizzato”.

Questa regola è stata accettata da tutte le confessioni che trovano i loro sacerdoti nel contesto stesso della civiltà e società cinese. Ogni setta sceglie al proprio interno i propri rappresentanti religiosi. L’unico credo che non si adegua, meglio dire l’unico potentato, è il vaticano che pretende di essere lui il deus ex machina di ogni nomina e si fa missionario in casa d’altri con le proprie gerarchie scelte da Roma.

Il vaticano è una potenza straniera  che s’ingerisce indebitamente nella conduzione di affari interni della Cina.

A dire il vero il vaticano lo fa ovunque, solo i cinesi sono gli unici a ribellarsi alle pretese papaline che intendono far passare la loro “aggressione politica e culturale” contro la Cina definendola all'inverso come  “persecuzione subita dal governo cinese”.

Il vaticano è il lupo che si dichiara offeso dall’agnello!

Se i prelati cattolici fossero membri della comunità cinese e non emissari di un altro stato potrebbero tranquillamente continuare a svolgere le loro funzioni senza essere disturbati, se credono nelle favole religiose  è affar loro. Ma se Ratzinger ed accoliti vogliono dar a bere la storiella della “persecuzione” contro i cattolici, è comprensibile l’atteggiamento cinese di diniego….

Ma forse i “papalini” sono rimasti indietro nel tempo…. a quando bruciavano la gente o mandavano i fedeli a scannarsi alle crociate affermando che “dio lo vuole”….

Magari qualcuno dei lettori dirà che la mia è una battaglia contro i mulini a vento, ma trovo che agire ed intervenire sui mali correnti delle religioni sia utile e necessario per l’elevazione della coscienza.

Sospetto che qui in Italia non sarà facile scardinare il  potere vaticano  che non è spirituale ma economico e politico. Inoltre se vogliamo parlare di “religione” facciamo prima un’analisi sul termine che significa “unire” (e non dividere)…. poi seguiamo un tracciato solido per stabilire ciò che “non” è coscienza religiosa, neghiamo ogni costrutto, assioma, assunzione, pretesa di descrivere ed incarnare la coscienza (o lo spirito, che è comune a tutti e non ha bisogno d’intermediari).

Ed è proprio in questi termini, di spiritualità laica, che si configura la mia opposizione verso fedi cieche ed ideologiche, soprattutto quelle ipocrite e funzionali al potere dei “sepolcri imbiancati”.

Purtroppo non siamo in Cina ed in Italia finché le truppe vaticane sono unite ed arroccate sulla menzogna e sul potere mafioso interno sarà dura scardinare la fortezza, c’è sempre qualche Pietro Micca pronto a sacrificarsi… 

L'ultimo è il maggiordomo Paoletto (poveretto) che sarà costretto a chiedere perdono e a dichiararsi pentito se vuole evitarsi la galera vaticana. Ma "pentito" di che? Di aver cercato di portar luce in quel sotterraneo buio?

Purtroppo di fronte all'acquiescenza di  tanti “fedeli”  (e presidenti del consiglio e giornalisti ed uomini di cultura e politici e mafiosi ed opportunisti, etc.) serve solo la discriminazione ed il distacco, una partita a scacchi del pensiero.

Paolo D’Arpini
Circolo vegetariano VV.TT.




 Inquisizione e diavolerie vaticane - Collage di Vincenzo Toccaceli

venerdì 26 ottobre 2012

Bhaktivedanta Swami Prabhupada, Raffaele Lacquaniti, Giorgio Furlan, Piero Angela, incrociati sulla via di Damasco…


Il gufo ha acchiappato il sorcetto

Vi  ho già  parlato degli incontri con  vari yogi e maestri da me fatti nei primi anni ’70 in quel di Roma.  Qui vorrei abbozzare alcune impressioni su alcuni di essi. Di altri, quelli che ritengo più significativi, vi ho già parlato in altre lettere ma dicendo ciò non voglio sminuire l’importanza della presente lista…  

In quegli anni gloriosi ero tornato a vivere  a Roma in pianta stabile, la madre patria mi aveva richiamato al dovere della presenza, ed io zitto zitto me ne stavo in trincea, nella vecchia casa di uno zio da poco defunto, in Via Emanuele Filiberto 29.  Da lì imparai a conoscere bene Roma,  percorrendo le sue strade giornalmente a piedi e visitando ogni possibile angolo in cui si manifestasse qualche forma di “spiritualità”, dalla vicinissima Porta Alchemica di Piazza Vittorio, alla basilica di Santa Maria Maggiore, al Museo per il Medio ed Estremo Oriente, alle grotte del Colle Oppio,  ai vicoli e vicoletti, chiese e chiesuole del Borgo.
 
Nella mia ricerca sincretica non trascuravo i vari centri di yoga che, come funghi autunnali, erano sorti un po’ ovunque. Il più caratteristico, indianeggiante al 100%, era sicuramente il Tempio degli Hare Krishna.  Ricordo i canti continuati, l’atmosfera festosa, le vesti sgargianti delle ragazze, i musi lunghi dei ragazzi sempre attenti a non cadere in tentazione.  Visitavo spesso quel  gruppo seguendolo nei vari spostamenti che subì in varie zone di Roma. 

Purtroppo non potevo fermarmi molto a lungo nelle mie permanenze poiché venivo preso d’assalto dai “missionari” sempre pronti a convertire nuovi adepti ed io –come sapete- non sono convertibile a nessuna religione. Però gli Hare Krishna mi stavano simpatici e li trovavo persino divertenti, così quando venni a sapere che il loro maestro Swami  Braphupada  sarebbe venuto in città non rifiutai l’invito di incontrarlo. La riunione coloratissima avvenne –mi pare- all’Hotel de La Ville (vicino al Giardino Zoologico) e praticamente c’era tutto il popolo esotico di Roma. 

Nella grande hall l’aspettativa era immensa, le persone eccitatissime come alla venuta di una grande star,  finalmente sul palco apparve il maestro…. In quel momento sentii l’impatto fisico di migliaia di cuori concentrati su di lui, un grande “upsurge” devozionale,  tant’è che sentii anch’io l’impulso di unire le mani in gesto di saluto inchinando il capo.  


Ero consapevole però che tutta quella concentrazione amorosa dipendeva dalla devozione provata da tutti i suoi seguaci innamorati. Swami Baktivedanta Brabhupada in se stesso pareva alquanto legnoso e distaccato, un po’ come  tutti gli altri maschi Hare Krishna, timorosi di Dio.  Beh, il prasad cucinato dalle donne era comunque celestiale e ne mangiai a piene mani… Stranamente però da quella volta non sentii più l’impulso di visitare il Tempio…
 
Un alto incontro abbastanza significativo avvenne allorché  visitai  Raffaele Lacquaniti, Raphael, credo abitante a  San Lorenzo oppure sulla Prenestina, sapete come sono smemorato per le cose concrete….   


Accadde che durante i miei lunghi ritiri spirituali nella casa romana  di Via Emanuele Filiberto,  mi capitò di leggere il Viveka Cuda Mani edito da Ashram Vidya, l’avevo acquistato nella libreria Rotondi di Via Merulana, consigliatomi da Rotondi stesso. Quel testo di Shankaracharia lo trovai sublime e perfettamente in sintonia con il mio sentire. Infatti Shankara è un grande Maestro Advaita (non-duale). Per quanto ne sapevo la traduzione mi sembrò ottima e –come spesso  avviene per queste cose- presi il relatore per il messaggio e quindi mi misi a cercare chi fosse questo traduttore Raphael che sembrava egli stesso illuminato. 


Dopo accurata indagine presso la casa editrice e dietro mia insistenza finalmente ottenni il suo indirizzo, egli abitava a Roma e ritenni che sarebbe stata una fortuna per me  poterlo vedere, così gli scrissi o telefonai  e avendo ottenuta da lui una riposta ed un appuntamento mi recai senza indugio a casa sua. Come dicevo il quartiere popolare in cui viveva non aveva particolare fascino ma questo che importava? L’abitazione stessa in un palazzo qualsiasi (a più piani) era delle più comuni, unica particolarità un soffuso profumo d’incenso  che  si respirava nell’aria. 


Raffaele  si presentò a me con semplicità, non c’erano altre persone  in casa, a dire il vero questo mi mise un po’ in imbarazzo ma accettai di sedermi in un salottino modesto davanti a lui. Il discorso ovviamente andò sulla sua traduzione, sulla sua esperienza della verità e su cosa si potesse fare per ottenere l’illuminazione. Io gli dissi francamente che ero ancora alla ricerca dell’illuminazione finale e chiesi altrettanto sinceramente se lui l’avesse raggiunta. Raffaele fece un gesto come a confermare che sì, aveva raggiunto la conoscenza, ed allora non mi restò che chiedere la sua benedizione per  godere anch’io della sua “esperienza”. 


A quel punto egli pose le mani sulla mia testa e cominciò a tremare come in trance, emettendo suoni gutturali e forse anche sputacchiando e strabuzzando gli occhi. 


Quello fu  per me veramente troppo… la mia laicità naturale prese il sopravvento e quasi mi misi a ridere  mentre non sapevo come fare a svincolarmi da quella strana situazione. Per fortuna, non avendo aderito alla “sceneggiata mistica” e dando segni di volermene andare,  lui  si riprese un po’ ed io ne approfittai per salutarlo e sveltamente guadagnare l’uscita… ed anche questa era fatta! 


La conoscenza del Furlan, l’insegnate di yoga Giorgio Furlan, si inquadra invece in un contesto molto più normale e socialmente accettato. Frequentavo il suo centro perché lo rifornivo di prodotti integrali che a qual tempo avevo preso a distribuire in vari centri di Roma (Centro Macrobiotico, Le Sette Spighe,  lo Zen, etc.),  insomma l’Accademia  Yoga  era mia cliente. Non c’erano stati particolari risvolti spirituali nella nostra conoscenza, io sapevo che lui aveva fatto un corso  a Rishikesh  nell’ashram di Sivananda  (che intendeva propagare l’hata yoga nel mondo)  e lui sapeva di me che ero un discepolo di  Swami Muktananda. 


Poi un giorno mi chiese  se volevo partecipare al primo Festival dello Yoga che si sarebbe tenuto a Milano, organizzato da Carlo Patrian (un altro hata yogi),  in rappresentanza del movimento del Siddha Yoga in Italia.  
Accettai e con altri amici partii per il Festival dove, fra pulizie intestinali con le garze, esercizi a testa in giù, canti devozionali, etc.  fu da noi proiettato un bellissimo documentario che Luciano Cattanie del  Film Luce aveva girato su Baba Muktananda in India. 


Il documentario era veramente ben fatto e solo un altro documentario era altrettanto ben fatto, quello di Piero Angela che riproduceva un maestro sconosciuto  dell’Himalaya. A quel tempo Piero Angela era totalmente sconosciuto,  costui  con un piccolo imbroglio riuscì ad infilarsi nella stanza che era stata a noi affidata per parlare con il pubblico, che numeroso era giunto dopo la proiezione del Film Luce per conoscere qualcosa di più sullo Swami Muktananda. 


Non so se l’infiltrazione di Piero Angela fu voluta da Giorgio Furlan, da Carlo Patrian, dallo stesso Angela  o … dal destino. Fatto sta che io non ebbi il coraggio di mettermi a litigare sull’uso della stanza e così tutte le persone che erano lì furono fagocitate dal discorso di Piero…  da allora iniziò la sua ascesa nel filone del para-normale. 

Che volete farci,  io non ho messaggi da vendere e così andò che non decollai…. Ma chiaramente questa fu per me una vera fortuna, altrimenti adesso invece di essere uno spiritualista  laico  chissà chi e cosa sarei!

Paolo D’Arpini