Abbacinati da specchietti e bon bon,
ingannati da false promesse ci troviamo ora immersi in un mare di
disperazione senza sponde. Per salvarsi ormai è tardi, bisognava
giocare d’anticipo. Ne avevamo avuto la possibilità, ma chi poteva
e chi avevamo delegato, ha preferito cercare di vincere facile.
Secondo la tradizione vedica, Kali
yuga corrisponde all’eone della
povertà spirituale. Spostandoci su coordinate di pensiero e gergo
filosofico occidentale, ne troviamo corrispondenza con il
positivismo, il materialismo, lo scientismo.
Tuttavia, tutte le tradizioni sapienziali del mondo, ognuna a mezzo
del proprio gergo, germinano e fioriscono attorno al concetto
olistico dell’Uno. Parte e tutto non presentano differenze se non
nel famelico ambito quantificatorio scientista, autoreferenziale.
Nell’Uno, materia o storia e spirito o eternità, non sono affatto
due metà complementari. Sono invece una, quella storica,
l’espressione dell’altra, quella universale. Significa che, anche
nel buio assoluto, segnato dalla recisione con la nostra origine –
radice e culmine materialismo – la luce dello spirito eterno è, in
quanto immortale, presente.
I tempi di oggi, simili a un insospettabile, terrifico, incubo,
permettono di vedere dove la cultura del razionalismo –
intelligenza cognitiva über alles – ci ha condotti e anche dove
seguitando a precipitare ci porterà.
La cultura occidentale per eccellenza ha dimenticato, o meglio,
gettato via, la ricchezza fornitaci dalla consapevolezza, disponibile
a tutti nella sua evidenza, che l’uomo misurabile non ha nulla a
che fare con l’uomo incontaminato da superstizioni d’indipendenza
e d’onnipotenza. Una dimenticanza che ha comportato la
marginalizzazione a irrilevanza della dimensione umana più profonda
e necessaria alla storia. Così, tra l’altro, invece di impegnarsi
a crescere persone compiute e capaci realizzare nel benessere la
propria vita, si è dedicata a coltivare stampini, con la stessa
cravatta e gli stessi pensieri. Naturalmente ostracizzando i primi,
almeno quelli che sgusciano dalle fitte maglie del sistema, e
premiando con bmw, titoli e benefit, i secondi.
Che ora ci si senta smarriti non fa difetto. Nella concezione del
mondo di chi è avveduto sul fatto che un uomo senza bussola va
necessariamente alla deriva nel mare dell’esistenza, cioè, va a
finire nel vuoto di sé. E non è prerogativa di chi condivide
l’incubo. Anche le persone con meno disponibilità di osservazione,
informazione e studio, avvertono a loro modo che la loro esistenza
non solo è peggiorata, ma che non c’è nulla che possa far pensare
migliori in futuro.
Nonostante le case piene di oggetti, nonostante la disponibilità
diffusa della migliore tecnologia ad uso privato e pubblico,
nonostante la gran parte di noi che ancora gode del benessere di
superficie, quello del tempo libero e del consumo vizioso, si sta è
ormai diffuso il sentimento di non avere più alcun potere
contrattuale nei confronti dello stato. L’astensionismo quale primo
partito, non è stato di fatto ignorato a caso da chi ci governa per
una minoritaria manciata di voti. Precarietà e disoccupazione sono
crescenti, l’informazione e la politica sono allineate e in mano ai
poteri economici, la sovranità, bene che vada, è una bandiera buona
per raccogliere poltrone ma non per altro.
Così, recisi dalla nostra origine, lo siamo anche dal nostro vertice
politico, nonostante le voci che ci hanno annunciato tale disastroso
epilogo.
E nonostante il teatro di guerra esistenziale sia lapalissiano nel
suo bombardarci di menzogne e futilità, il dramma è che qualcuno ne
vuole le prove. Senza queste, seguiterà a organizzare i suoi fine
settimana e credere in wikipedia e ai giornalacci, come se
l’orizzonte politico nazionale e internazionale non destasse
preoccupazione particolare, come se, con il suo scientismo, potesse
calmare tutte le burrasche.
I cosiddetti catastrofisti, coloro che non vedono terapia possibile
per sanare lo stato sociale, ma che auspicano la sua morte al fine
della generazione di una nuova epoca, sono forse i più realisti,
ottimisti, e con il barlume vitale che gli permette di constatare la
disumanità dell’umanità. Ci sono infatti anche loro tra quelli
che sanno cosa significa dissanguare un essere vivente dalla sua
linfa creativa.
Tutti gli altri, quelli che vanno a votare, quelli dell’Europa
Unita, della Nato, della destra e della sinistra, del libero mercato,
del buon senso, tutti replicanti di successo della vita imparata ai
master discutono e dibattono, guardano la tv e leggono i giornali e
senza timore ritengono che il nostro sia “il miglior sistema del
mondo sebbene abbia bisogno di correzioni”. Parole di balsonati
economisti e professori.
Parole che si generano e fluttuano nella kali yuga, una specie di
corrente che ci trascina, obbligandoci a pensieri e azioni adatti
alla sopravvivenza. Entri in acqua davanti all’ombrellone e torni a
terra cento metri più in là. Significa che buttarsi a partecipare a
vario titolo alla miglior gestione sociale, comporta entrare nella
kermesse con le più pure intenzioni e ritrovarsi ad averle perse,
dimenticate, cambiate, allineate alla corrente, appunto. Non la si
può contrastare, la sua forza è superiore alla nostra. È come una
notte, solo l’accondiscendenza, l’accettazione e l’attesa
permettono di accorciarla.
Affinché la degenerazione non accada ci vuole anticipo, cioè
consapevolezza d’insieme. Bisogna entrare in acqua cento metri a
monte del flusso, se ne si vuole uscire al nostro ombrellone, sotto
il quale giocano serene le nostre idee di bellezza, che, nonostante
tutto, resta un comportamento riservato a pochi.
Eppure non erano i molti, la vera maggioranza, che in tweed, clarks,
giornalaccio e grandi intenzioni si alzavano ad applaudire Giorgio
Gaber. Uno dei tanti nella storia ad averci fatto presente dove ci
stava portando la corrente.
Lorenzo Merlo
Note
https://www.youtube.com/watch?v=S3Fn7C7awqw
https://www.youtube.com/watch?v=EGe-IRNVRMg
https://www.youtube.com/watch?v=3iccz42Yfxs