venerdì 7 marzo 2025

Tifosi si nasce o si diventa?... Opinioni o verità?

 


I padroni del mondo squarciando il velo d’ipocrisia con cui ammantavano i loro loschi affari non hanno più bisogno di simulare. Ormai perseguono i loro nefasti progetti alla luce del sole confidando nell’ignoranza e nell’indifferenza generale. Come Brenno gettano con violenza sul piatto della bilancia la loro spada per ricordare ai vinti chi è il più forte.

Qualche lupo ancora si camuffa travestito d’agnello e ama ostentare le sue munifiche elargizioni unicamente perché giova alle sue trame. Di fatto da consumati burattinai i padroni dominano il mondo a spese dell’intera umanità, sempre più impoverita e sofferente.

Una tragedia che si trasforma in commedia grazie soprattutto al circo mediatico al servizio della propaganda, che ama allestire, non senza una certa dose di cinismo e di senso degli affari, il più amato degli spettacoli: lo scontro nell’arena.

Cosa c’è di più bello e di più entusiasmante per un popolo distratto e turlupinato, annoiato e privo di emozioni se non quello di inscenare un bel duello rusticano all’ultimo sangue? D’altronde gli imperatori romani l’avevano capito molto bene quest’arma di “distrazione di massa” coniata nella celebre locuzione “Panem et circenses”.

Il pane in una società opulenta non serve più a sfamare, ormai è un retaggio della povertà, e per assistere allo spettacolo basta una busta di popcorn e una lattina di coca cola da consumare sdraiati comodamente su di un divano mentre a reti unificate va in scena l’ennesimo duello.

Come è noto, ogni duellante ha i suoi fans pronti a scatenarsi e a vomitare tutta la loro rabbia repressa, anche a commettere gesti indicibili, pur di contribuire alla vittoria del loro idolo.

E così, mentre l’imperatore e la sua corte accrescevano prestigio e potere, i lanieri di turno incrementavano i loro affari sulla pelle degli schiavi, i gladiatori quando sopravvivevano godevano di qualche istante di gloria in attesa del duello successivo, e infine una parte degli spettatori composta dalla plebe, quella il cui beniamino aveva vinto, tornare a casa soddisfatta. Per un momento avevano dimenticato i loro problemi.

L’identificazione con l’eroe vittorioso nutriva la loro voglia di riscatto sociale e rafforzava il senso di appartenenza ad una fazione, ma era un’illusione perché la loro condizione non sarebbe mutata. Rimanevano sempre nel recinto dei paria agli occhi dei potenti. Al più potevano far parte di una macabra scenografia. Secoli di storia ci hanno raccontato questo triste destino.

Il tifo è una manifestazione dell’animo umano incline al parteggiamento e non c’è ambito sociale in cui non si creano fazioni. Tante sono le ragioni che spingono gli uomini a schierarsi e ciascuno ha le sue preferenze. Ma non tutte le competizioni suscitano lo stesso interesse, ci sono alcune, come la guerra, specie nell’era atomica, che va al di là della semplice passione e che invece sono foriere di un totale annichilimento che mette seriamente a rischio la sopravvivenza stessa dell’uomo.

Da queste semplici considerazioni, la predisposizione a prendere le parti sembrerebbe congenito alla natura umana per cui tifosi si nascerebbe. Ma anche questa è una “verità” parziale come cercherò di dimostrare.

Per molti il tifo, specie quello più organizzato, è una specie di religione che ha i suoi riti, i suoi templi e suoi sacerdoti. Sul suo altare la prima vittima sacrificale è la ricerca della verità e la seconda, altrettanto nefasta, è la demonizzazione dell’avversario. Quest’ultimo tanto più sarà screditato come il male assoluto, quanto più i tifosi riterranno giusta la causa per cui combattono.

Una dimostrazione di queste dinamiche conflittuali è rappresentata dalla vita politica dove i partiti tutelano o meglio dovrebbero tutelare gli interessi del loro elettorato, al netto di promesse non mantenute! Una raffigurazione che non aderisce più alla realtà, dal momento che la partecipazione al voto è precipitata vertiginosamente a dimostrazione del fatto che i cittadini non si fidano più di nessuno. Essi non si sentono più rappresentati dai partiti tradizionali a cui rimproverano, tra l’altro, l’asservimento ad interessi di potentati extranazionali che espongono il paese alla subalternità e al ricatto.

Ritornando a ragionare sulla domanda espressa nel titolo di questo articolo, possiamo ragionevolmente affermare che l’obiettività è una virtù rara perché presuppone il riconoscimento e il rispetto dell’altro a prescindere dal proprio tornaconto.

Un atteggiamento fatto di ascolto, di equilibrio, senso del limite, conoscenza dei fatti e soprattutto di fiducia reciproca. Ma se è difficile riscontrarla anche tra i più virtuosi, diventa perfino blasfema per quelle tifoserie particolarmente focose perché chi compete con il loro beniamino o con la parte socio – politica a cui appartengono, è un nemico che non merita nessun rispetto e che anzi deve essere sconfitto e soggiogato.

Se questi meccanismi perversi, che una certa consuetudine ha normalizzato, sono il sale, bene o male, di una competizione sportiva, nel mondo in cui viviamo, dove vige “Homo homini lupus”, cioè la legge del più forte, sono il segnale di una deriva disumanizzante che relega le masse nell’insignificanza.

Ho voluto accennare questo breve excursus per confidarvi che non sono interessato a questo genere di contese. Non mi appassionano né le arene mediatiche, né tutto il teatrino che gli gira intorno, ma cerco di osservare le vicende umane per quelle che vedo, almeno dal mio punto di vista, e non ho particolare stima per coloro che creano subdolamente la contrapposizione e lo scontro per venali ragioni di bottega.

Le mie poche forze sono destinate a creare una possibile convivialità delle differenze perché le divisioni nel tessuto sociale non fanno altro che il gioco dei potenti. Anche qui ci viene in soccorso un’antica locuzione latina “divide et impera” che ci ricorda come il potere teme la coesione sociale e che farà di tutto per seminare discordie e rivalità grazie al sostegno di un sistema mediatico corrotto che foraggia lautamente e che ha il compito di aizzare le tifoserie.

Che si creino ponti e si abbattano muri, mi verrebbe a dire! Anche se un sentimento di scoramento e di impotenza sembra vanificare le migliori intenzioni sotto questo cielo. Morale della favola: tifosi non solo si nasce, ma anche si diventa!

Si diventa perché un esercito di prezzolati corifei, tutti i giorni, approfittando dell’ignoranza diffusa e dei tanti malumori che serpeggiano nella società, inoculano nel cuore dell’uomo il veleno mortifero dell’inimicizia generando diffidenza e paura. Attraverso un’informazione disonesta e fuorviante cercano di suscitare gli spiriti più retrivi nei loro accoliti da scagliare contro fantomatici nemici.

Uno stillicidio martellante e subdolamente strumentale che serve a giustificare le vere intenzioni che perseguono e che si vorrebbero ineluttabili. I prepotenti non perseguono la giustizia, ma cercano unicamente una giustificazione per legittimare la loro sete di potere.

Solerti e miserabili pennivendoli sono impareggiabili maestri nella creazione del nemico di turno a cui attribuiscono le peggiori nefandezze. Un nemico che rappresenta il male assoluto e una minaccia da estirpare. Come se la minaccia giungesse sempre e comunque dall’esterno, dagli altri, e non da noi stessi e dal nostro oscuro mondo interiore.

Ad essere onesti la disinformazione avrebbe più difficoltà a propagarsi se trovasse una società più attenta e responsabile, tanto lenta a giudicare, quanto sollecita ad informarsi correttamente utilizzando buon senso e spirito critico. Non è semplice barcamenarsi nel mare magnum delle notizie, né si ha il tempo necessario per documentarsi meglio, ma se si sospendesse il giudizio in attesa di maggiori chiarimenti non sarebbe vano.

La mia esperienza mi suggerisce che il miglior antidoto per proteggerci dal fanatismo fazioso, che potrebbe albergare soprattutto in noi, è la predisposizione al dialogo e al confronto, dove nel riconoscere le ragioni dell’altro scopriamo che ci sono infiniti punti di vista e soprattutto che non siamo il centro del mondo intorno al quale tutto ruota. Quando il dialogo si basa sul rispetto reciproco e sulla sincerità potrebbe diventare una risorsa preziosa per tutti. Non bisogna aver ragione a tutti i costi, ma tendere al bene comune cercando ciò che ci unisce.

Se non siamo mossi da sentimenti di malvagità e al contrario siamo animati da una sincera compassione si tende a solidarizzare con gli inermi quando sono vittime dei soprusi e delle prepotenze dei più forti. E allora, non di rado, spinti da carità fraterna si tende la mano verso coloro che vivono nell’indigenza. L’umanità è piena di questi esempi, ma se prendere le parti delle vittime dei soprusi e delle tante ingiustizie è un sentimento nobile che sgorga nell’animo umano, francamente mi riesce difficile parteggiare per gli squali che si scontrano nelle arene del mondo per accaparrarsi il bottino. Se hanno scelto di fare gli squali sanno che non devono soccombere se vogliono prevalere. Sanno che “Mors tua vita mea”.

Negli squali spesso si assiste che alle prime schermaglie, una volta che si sono annusati e stimate le rispettive forze, non di rado anche quelli più protervi stimeranno più conveniente mettersi d’accordo, piuttosto che scannarsi a vicenda, assegnando il boccone più grande allo squalo più forte. C’è solo un problema in questo scenario, si fa per dire, che quel boccone siamo noi, il popolo bue!

Mi chiedo allora: “Perché i pesci più piccoli, che hanno un destino segnato se non trovano intelligenti strategie unitarie, senza le quali verranno prima o poi fagocitati dall’insaziabile voracità dei loro predatori, dovrebbero parteggiare per i loro carnefici?”

Perché dovrebbero tifare per i loro squali - aguzzini? E ancora, perché dovrebbero simpatizzare per quello meno forte? Per entrambi gli squali i pesci più piccoli non sono che cibo! Non riesco sinceramente a capire l’entusiasmo delle vittime nell’imbandire la tavola dei loro assassini. E come consegnare “corda e sapone” al boia che ti sta trascinando al patibolo!

Per chi non ama schierarsi il problema sorge quando le tifoserie ti vogliono intruppare per forza nel loro reggimento perché, come recita un vecchio adagio “Chi non è con noi è contro di noi”. Una semplificazione manichea che si commenta da sola. Chi non si uniforma alle idee dominanti è un pericoloso sovversivo verso cui viene aizzata la canea inferocita al soldo della propaganda.

E in ultimo, per quello che vale, mi permetto di ricordare a chi ha scelto di non far parte delle tifoserie, a chi ha un pensiero autonomo, che prima o poi il suo nome verrà inserito nella lista di proscrizione dalla propaganda di regime ed esposta al pubblico ludibrio con tanto di foto segnaletica sotto la quale spiccherà a carattere cubitali il prefisso “Filo” che anticipa il nome del nemico che vorrebbero annientare.

Michele Meomartino




giovedì 6 marzo 2025

Agricoltura e Sovranità Alimentare - Stati Generali





Agricoltura e Sovranità Alimentare
 "Sinergie Agroecologiche e Giustizia sociale. Un Nuovo Umanesimo per il Rinascimento Rurale"

Roma 16 marzo 2025 (h 10 -18)
Auditorium dell'Università SSML Scuola Superiore di Mediazione Linguistica San Domenico

Biodiversità, recupero delle tradizioni, restauro dei paesaggi e innovazioni conservative 
 Al fine di tutelare la salute ambientale, la fertilità umana e dei terreni, insieme al benessere animale, garantire la sovranità agroalimentare e prevenire il dissesto idrogeologico 

Contrastare in primis Pesticidi e OGM, così come i cibi "sintetici" e gli insetti a tavola, che violano la dignità dei piccoli e medi agricoltori e del popolo italiano 
Per difendere la dieta mediterranea nei suoi principi ed alimenti tradizionali e territoriali 

Incrementare il reddito agricolo e superare la drammatica "policrisi rurale" attraverso il paradigma di "Agroecologia e Giustizia sociale"
Nel rispetto dei Diritti Costituzionali inviolabili recentemente rafforzati, per le attuali e future generazioni, in una Repubblica fondata sul Lavoro

Attraverso un piano straordinario di riconversione agroecologica, per azzerare il debito economico, sociale ed ambientale dell'agricoltura italiana
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Dopo 80 anni di uso ed abuso della chimica in Agricoltura, immersa in un modello agro-zootecnico industriale che ha violato le sovranità alimentari nazionali e la dignità degli agricoltori, ibio-accumulo dei residui di pesticidi sintetici nelle catene alimentari e il conseguente incremento esponenziale delle patologie cronico-degenerative (in primis tra gli agricoltori stessi), la perdita continua di fertilità dei terreni, strettamente collegata a quella Umana e al crollo demografico, il dissesto idrogeologico drammatico causato dal mancato trattenimento idrico dei suoli, conseguenza della riduzione progressiva dell'Humus (spugna biologica e collante dei suoli) e distruzione della biodiversità ripariate, paesaggistica e territoriale, con perdite di vite umane ed elevatissimi danni economici, lo spreco drammatico di alimenti ed energia non rinnovabile nel settore agroalimentare e nella grande distribuzione, la riduzione del valore nutritivo e delle caratteristiche organolettiche degli alimenti, evidenziano una drammatica "policrisi" economica, ambientale e sociale dell'agricoltura, imponendo l'immediata applicazione del paradigma Agroecologico nello Sviluppo rurale regionale e nazionale. Con il bando degli OGM e degli alimenti sintetici, insetti nel piatto, chimica e biotecnologie pericolose, nel rispetto degli art. 9 e 41 della Costituzione Italiana, recentemente rafforzati, attraverso legittime clausole di salvaguardia nazionale. 

Al fine di garantire la sovranità alimentare locale e la tutela del reddito degli agricoltori, attraverso una corretta applicazione della politica europea di Sviluppo rurale. in particolare nelle azioni agro-climatico-ambientali, per l'agricoltura biologica e il benessere animale, che "per legge" devono sostenere tutti i maggiori costi e mancati ricavi, agli agricoltori che ritornano all'agricoltura biologica, o applicano reali misure agro-climatico-ambientali e di benessere animale, cui si aggiunge un 30% in caso di realizzazione di bio-territori e azioni collettive. E con una politica di sostegno ai redditi, che privilegi in primis le piccole e medie aziende agricole, in particolare i giovani agricoltori e il recupero dei territori abbandonati, garantendo giuste remunerazioni per i raccolti sul campo, contro le forme di speculazione e concorrenza sleale internazionale, imponendo regole comuni di produzione, sanitarie e ambientali, con dazi per chi non le rispetti. 

Per evitare l'irreversibile contaminazione ambientale ed alimentare da OGM, proteggendo in tal modo la salute umana e animale, la biodiversità naturale e le antiche varietà tradizionali locali dell'eno-gastronomia Italica e mediterranea, che rappresentano un Diritto precedente. Le contaminazioni genetiche "artificiali" trasferiscono resistenze agli antibiotici e frammenti di Dna/Rna, mRna, i cui effetti sono sconosciuti, imprevedibili e pericolosi per la salute e l'ambiente. E' necessario il Bando di ogni immissione ambientale, produzione agricola o importazione di OGM.

Per la tutela della salute ambientale, alimentare e della fertilità Umana, compromesse dal bio-accumulo di pesticidi, additivi chimici e nanoplastiche nelle catene alimentari, oltre ogni soglia di sopportazione biologica. Con conseguente perdita drammatica nell'aspettativa di vita sana nell'ultimo ventennio, causata dall'incremento esponenziale delle patologie cronico-degenerative, ormonali, epigenetiche, riproduttive e dei relativi costi sociali, pubblici e privati. 

Per sostituire la plastica (eliminando i pericoli di "ecomafie" del riciclaggio) dal settore agroalimentare e della pesca, che rappresentano circa il 90% della plastica immessa nell'ambiente. Ritornando al vetro a rendere e alla coltivazione della canapa e altre fibre naturali per il confezionamento "biologico". Obbligando, in primis, la pesca attraverso reti in canapa biodegradabiliil confezionamento dei cereali alla raccolta in sacchi di yuta e la legatura del fieno con corde naturali, in modo da ri-attivare la filiera produttiva della Canapa italiana, a suo tempo secondo produttore al mondo, dopo la Russia. Incentivi agro-climatico ambientali devono essere spesi in tal senso al fine di interrompere il drammatico bio-accumulo di nanoplastiche e plastificanti (PFAS e similari), ritrovatesi ormai fin dentro le cellule riproduttive e nel loro Dna (Ecofoodfertility), come nel cervello (TG Leonardo Rai 3) e in tutti gli organi vitali, dal momento che sono in grado di superare facilmente le pareti cellulari e nucleari (Tg Leonardo Rai 3, giovedì 20 feb 2025).

Per la riconversione biologica e al pascolo degli allevamenti industriali, disumani, disanimali ed energivori, principali responsabili dell'emissione dei gas climalteranti (metano, ossidi di azoto, ammoniaca, CO2) e della produzione di liquami inquinanti, invece che di fertile letame. Con recupero di notevoli risorse alimentari dai pascoli e territori abbandonati, attraverso gli allevamenti biologici.

Per la prevenzione del dissesto idrogeologico attraverso l'incremento dell'humus fertile dei terreni e la ricostruzione del paesaggio agroforestale tradizionale ereditato dai nostri Padri, siepi campestri e ripariali, muretti a secco e terrazzamenti, affidata agli agricoltori, al Genio Civile e alle comunanze agrarie. 
 
Per il recupero della cultura agroecologica ed agroalimentre tradizionale, basata sulle varietà tradizionali autoctone, supportata da innovazioni tecniche conservative e biodiversità "funzionale" (consociazioni ed agro-forestazioni, insetti utili, monitoraggio climatico e fitopatologico di precisione, lavorazioni conservative e diserbi meccanici, compostaggio e microbi utili, biotecnologie agroecologiche naturali libere da OGM).
 
Per la riconquista della Sovranità Alimentare Nazionale basata sulle comunità agroalimentari locali e il ripopolamento produttivo dei territori abbandonati, nel collegamento più diretto possibile tra produttori e "consumattori" con 2 tt. Ricostruendo le reti agroalimentari di prossimità, per una "spesa biologica in campagna", supportata da Organizzazioni dei Produttori Biologici multi-prodotti e dai Gruppi di Acquisto, a partire dalle mense scolastiche ed ospedaliere, seguendo gli esempi virtuosi pilota (Rai 3 "Indovina chi viene a cena", 22 feb. 2025).

Per lo sviluppo della formazione e dell'assistenza tecnica agroecologica e fitosanitaria indipendente e partecipativa, a partire dalle aziende pilota. Con programmi di educazione agro-eco-alimentare nelle scuole primarie negli orti e frutteti pubblici ed urbani, giardini scolastici, aziende biologiche pilota degli istituti agrari.

Per il rispetto dei Diritti Costituzionali inviolabili ed immodificabili, recentemente rafforzati (Art. 9 e 41), alla salute, ambiente, paesaggio, fertilità (umana e dei terreni), benessere animale e biodiversità, nella garanzia di una reale libertà economica, basata sul Principio di Precauzione, fuori da ogni sfruttamento e violazione della Dignità Umana, per le attuali e future generazioni.

Un piano straordinario di riconversione agroecologica, per azzerare il debito economico, sociale ed ambientale dell'agricoltura italiana.

"La Terra, eredità dei Padri, è soprattutto un prestito dei nostri Figli" 
(Proverbio Indigeno dell'Amazzonia) 

Il coordinatore scientifico 
Giuseppe Altieri

















Programma (interventi di ca. 20 minuti)
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Ore 10 

Saluto di Adriana Bisirri, Rettrice dell'Università SSML Scuola Superiore di Mediazione Linguistica San Domenico 

Presentazione dell'Evento a cura di Federico Fazzuoli, Autore televisivo 
"Come i rami di una grande quercia"

ore 10,15 - I Sessione - Tutela del seme e rischio OGM

1. Pietro PerrinoGenetista CNR, già Direttore di Ricerca e tutore della Banca del Germoplasma di Bari (intervento da remoto)
"Nuovi e vecchi OGM, insetti a tavola e cibi sintetici: tra riduzionismo scientifico ed ecologia dei geni, la necessità di bandire tecnologie pericolose per la salute e l'ambiente" 

2. Prof. Salvatore Ceccarelli, già Docente ordinario di Genetica Agraria Università di Perugia (intervento da remoto dall'India)
"Il fallimento evolutivo degli OGM e della genetica al servizio delle multinazionali. La rinascita rurale attraverso la ricerca partecipativa sulle antiche varietà dei territori"

3. Enrico Lucconi, già Direttore Asseme (Ass. Sementieri mediterranei) 
"Il ricorso alla Corte Costituzionale ai fini del bando degli OGM, crimini contro l'Umanità".


h 11,30 - II Sessione - Alimentazione e salute ambientale

4. Luigi Montano, Uroandrologo ASL Salerno - Presidente Ecofoodfertility 
"Fertilità umana e Bio-marcatori riproduttivi, indicatori precoci della stato di salute ambientale territoriale. L'impatto dei contaminanti e i benefici della dieta MedEubiotica biologica mediterranea" 
 
5. Prof. Federico Infascelli, Docente Ordinario di Ecologia della nutrizione, Università Federico II Napoli 
"Siamo ciò che "mangiano"... Alimentazione animale e qualità alimentare bio-territoriale"

6. Massimiliano Bianco, Ricercatore ISPRA 
"Indicatori e bio-indicatori della salute ambientale: evoluzione dell'impatto dei pesticidi nel trentennio di politiche agroambientali europee"

7. Giovanni Bazzocchi, Coordinatore tecnico del Centro Studi Agricoltura e Biodiversità in Ambiente Urbano Università di Bologna (intervento video-registrato)                                                                                                                                                                                 

 "Agroecologia Urbana, disinfestazioni ecologiche e tutela del verde pubblico"

8. Michele Monetta, Presidente UP Bio
"Educazione agroecologica ed alimentare, gruppi di acquisto e organizzazioni dei produttori biologici per una filiera diretta a partire dalle mense scolastiche" 

9. Giovanna Sorbelli, Direttivo Italia Nostra Roma
"Il recupero produttivo giovanile degli antichi borghi e territori appenninici"


h 13,30 - III Sessione - Agroecologia "sinergica" applicata

10. Prof. Giovanni Burgio, Ordinario di Entomologia generale e applicata Università di Bologna 
"In primis non nuocere. L'approccio agroecologico integrato per la tutela e lo sfruttamento della Biodiversità funzionale negli agroecosistemi"

11. Prof. Adamo Rombolà, Docente di Coltivazioni arboree - Università di Bologna
"Gestione del suolo e agro-forestazione per rigenerare la fertilità, i paesaggi agrari e contrastare gli eventi meteo-climatici"

12. Lorenzo Negri, Ricercatore Università di Bologna - Cell. 389 5168700
"Agroecologia per un rinnovamento sostenibile delle coltivazioni erbacee e l’adattamento agli stress ambientali"

13. Riccardo Cornale, Responsabile campi sperimentali Centro Agricoltura Ambiente "G. Nicoli"
"Assistenza tecnica, trasferimento d'innovazioni e fabbisogni di ricerca, nell'esperienza del Centro Agricoltura Ambiente Giorgio Nicoli"

14. Pino mele, Esperto di formazione e divulgazione in agricoltura biologica, Alsia Basilicata Metaponto 
Formazione tecnica e filiere dei mezzi tecnici biologici. Economie circolari territoriali e autoproduzione aziendale dei bio-fertilizzanti
 

h 15,30 - IV Sessione - Agroecologia Forense

15. Prof. Margherita Ciervo, Docente di Geografia Economico-Politica Università di Foggia (intervento da remoto) 
""Il disseccamento degli ulivi secolari e la questione Xylella in Puglia: dati e scenari"

16. Giuseppe Altieri, Agroecologo - Agernova
"Programmi di Sviluppo rurale agroecologici. Aspetti chiave in trent'anni di politiche UE, tra diritti e doveri"

17. Guido Bissanti, Coordinamento Agroecologia Sicilia
"La legge regionale Siciliana per l'Agroecologia"


h 17 - Conclusioni

18. Collegamento di saluto con Miguel A. Altieri, Agroecologo - Prof. Emerito di Agroecologia, Università di Berkeley - California
"Dalla tradizione…il futuro. Agroecologia, ultima speranza per un pianeta in policrisi"

19Prof. Cesare Mirabelli, Presidente Emerito della Corte Costituzionale 
"Il Principio di Precauzione di fronte ai diversi pareri scientifici e ai Diritti Costituzionali recentemente rafforzati" 




mercoledì 5 marzo 2025

Meditazione e alimentazione secondo Osho...

 


Le abitudini, anche alimentari, si modificano solo attraverso una crescita in consapevolezza. I miei discepoli sono vegetariani non perché seguaci di una setta, non perché fedeli a una dottrina. Sono vegetariani, perché le loro meditazioni li rendono più umani, più vicini al cuore, e così vedono la totale stupidità di coloro che uccidono esseri viventi per cibarsene. È la loro sensibilità, la loro consapevolezza estetica, che li rende vegetariani. Io non insegno il vegetarianismo: è una conseguenza della meditazione. Ovunque sia accaduta la meditazione, le persone sono diventate vegetariane; sempre, da migliaia di anni.

Non puoi uccidere gli animali per mangiarli, non puoi distruggere la vita. Quando hai a disposizione cibi deliziosi di ogni tipo, che bisogno hai di uccidere degli esseri viventi? Non c’entra niente con la religione. Si tratta semplicemente di sensibilità, di comprensione estetica.

Giainismo e Buddhismo sono le uniche religioni senza dio e senza preghiera, ed entrambe sono automaticamente diventate vegetariane.

Perché i miei sannyasin sono vegetariani? Non è la mia filosofia, è semplicemente una conseguenza. Non insisto su quello. Io insisto sulla meditazione. Sii più vigile, più silenzioso, più gioioso, più estatico, e troverai il tuo centro più profondo. Molte cose seguiranno per conto proprio… e quando accadono in questo modo, non c’è repressione, non c’è lotta, non c’è privazione, non c’è tortura.

Ma se vivi il vegetarianismo come una religione o una filosofia, desidererai continuamente la carne; avrai sempre in mente la carne, la sognerai, e il tuo vegetarianismo sarà solo un abbellimento per il tuo ego.

… se mediti arriverai a una nuova sensibilità – un nuovo modo di vedere le cose – e non potrai uccidere animali.

Hai mai notato come le società vegetariane abbiano i cibi più deliziosi? I buddhisti, i giainisti… hanno la migliore cucina del mondo, per la semplice ragione che attraverso la meditazione hanno dovuto abbandonare il consumo di carne. E hanno cominciato a sperimentare con questi cibi appetitosi, così da non sentire la mancanza dei piatti a base di carne. …

L’intero regno animale fa parte di noi, e anche gli alberi. Solo ora gli scienziati hanno concluso per certo che gli alberi sono parte degli esseri viventi. E non solo questo, ma che possiedono anche una grande sensibilità, molto più grande della tua. Hanno messo dei macchinari attorno agli alberi, inserito dei fili negli alberi – macchinari come un cardiografo, che mostra il battito del cuore, fa vedere il battito del cuore di un albero. E se qualcuno si avvicina per tagliare un albero, il tracciato del cardiogramma immediatamente impazzisce: l’albero ha davvero paura e trema. Non solo quell’albero, anche gli altri alberi intorno impazziscono, nonostante non stiano per essere tagliati. Ma qualcuno, un amico, sta per essere tagliato e lo sentono.

La cosa più strana che è stata scoperta dagli scienziati è che se la persona che si avvicina con un’ascia sta solo facendo finta – non ha veramente intenzione di tagliare l’albero – il grafico rimane stabile. Questo è qualcosa di incredibile, che gli alberi sappiano se un individuo intende tagliarli o sta solo facendo finta. Sono molto più sensibili di te. Tu non riusciresti a capirlo: se qualcuno ti si avvicina con una spada, non ti rendi conto se sta per colpirti o sta solo facendo finta, recitando. Non puoi capirlo attraverso la tua sensibilità. La ragione è che l’uomo ha vissuto per milioni di anni in modo così insensibile, che ha perduto una delle più grandi qualità del suo essere. La meditazione piano piano ti ridà la sensibilità; e un uomo che è arrivato all’estasi suprema della meditazione, è sensibile come ogni albero, animale, qualsiasi cosa in tutta l’esistenza.

È questa sensibilità a rendere vegetariana la mia gente. E si tratta di un guadagno, non di una perdita. Ti renderà anche più amorevole, più compassionevole, più sensibile, più in grado di apprezzare la bellezza.

Ti renderà consapevole di una grande musica: la musica che si sente quando il vento soffia tra i pini, o il suono dell’acqua che scorre… la musica che c’è in questo momento, in questo silenzio.

Il silenzio è la musica più grande. È senza suono, ma può essere percepito.

Non senti che silenzio c’è qui? Non senti che le persone qui sono un tutt’uno, vibrano allo stesso ritmo, i loro cuori battono allo stesso tempo? Il vegetarianismo è una piccola cosa. Noi dobbiamo creare un mondo di persone veramente sensibili, che possano apprezzare la musica, la poesia, la pittura, che possano comprendere la natura, che possano capire la bellezza umana, il mondo che le circonda: le stelle, la luna, il sole.

L’umanità ha perduto il suo cuore, e noi dobbiamo ridarlo… a chiunque lo rivoglia.


Osho, From Death to Deathlessness





martedì 4 marzo 2025

...è solo questione di uova...

 


“E io pensai a quella vecchia barzelletta, sapete, quella dove un tizio va da uno psichiatra e dice: “Dottore, mio fratello è pazzo: crede di essere una gallina”. E il dottore gli chiede: “Perché non lo interna?”, e quello risponde: “E poi le uova chi me le fa?”. Credo che corrisponda molto a quello che penso io dei rapporti uomo-donna: e cioè che sono assolutamente irrazionali, e pazzi, e assurdi… e credo che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova”. Con queste parole si chiude Io e Annie, uno dei film più divertenti e poetici di Woody Allen  girato quarant’anni fa. Con uno dei finali più arguti e profondi della storia del cinema, il regista newyorkese tocca il nervo scoperto di quella bizzarria umana che già la letteratura russa di fine Ottocento aveva ampiamente indagato e raccontato. Perché Woody Allen non è soltanto un regista; è anche un filosofo e un antropologo, profondo conoscitore dell’Europa Orientale da cui, almeno spiritualmente, proviene. E con il poetico finale di Io e Annie apre il discorso sulla necessità dell’illusione nell’esistenza dell’individuo.
 
L’illusione, Leopardi e le uova di Woody Allen
 
A quarant’anni da “Io e Annie” e dal suo straordinario finale, una riflessione sulla poetica di Woody Allen e sull’importanza dell’illusione come strumento per alleggerire la vita quotidiana. Che nei secoli ha avuto diverse letture e applicazioni, dall’Antica Grecia a Giacomo Leopardi.
 
– Frattanto si era fatto tardi e tutt'e due dovevamo andare per i fatti nostri. Era stato molto bello, rivedere ancora Annie, dico bene? Mi resi conto di quanto era in gamba stupenda e, sì, era un piacere... solo averla conosciuta... 
 
Storiella riportata da Ferdinando Renzetti



lunedì 3 marzo 2025

Politica o Business (is business)...?

 


Si può pensare che un imprenditore di successo diventato politicamente potente possa ragionare e concepire la realtà e quindi la politica diversamente da come ha sempre fatto? Il suo America first, espressione che contiene una storia profonda e una politica precisa, ha anche il potere di tenere a bada e accudire l’elettorato lasciato indietro dalle amministrazioni che l’hanno preceduto.

L’amministrazione Biden sotto il sommo controllo delle lobby finanziarie e dello stato profondo ha tentato, forse per l’ultima volta nella storia, di sottomettere la Russia. Un progetto che rappresentava l’ultimo anello di una catena messa in atto dagli statunitensi al fine di mantenere la loro egemonia mondiale mai così incerta.

In realtà, la Russia a sua volta non era che un tassello, anche in questo caso forse l’ultimo necessario per arrivare a contenere l’esplosione economica, quindi anche militare, della Cina.

Il lato B dell’idea di annichilire o guinzagliare la Russia e tenere a bada la Cina era, a dir poco, esiziale. Come ho scritto in precedenza in altri due articoli (AUSA - Autarchici Stati Uniti d’America e Rischio manifesto) si trattava di due rischi. Il primo: non vedere rinnovato il monopolio del controllo sul mondo, con le sue ricadute economiche a vantaggio statunitense, elemento a sua volta primario per garantire longevità e benessere americano (anche se non per tutti); il secondo, forse di superiore importanza, l’eventualità di autarchia coatta, nel caso Russia, Cina e compagnia Brics(1) avessero preso il controllo economico del mondo per poi approfittarne applicando la legge del taglione. Desiderio in un certo senso legittimato dalla vergognosa collana di malefatte americane distribuite su tutta la geografia del mondo negli ultimi cent’anni.

Se gli elementi accennati delineano in qualche misura la ragione dei comportamenti messi in campo da Biden e dai suoi pupari, di tutt’altro ordine sono quelli che, in poche settimane di lavoro del neoeletto Trump, si possono raccogliere in una precisa costellazione che si staglia, più lucente delle altre, nel firmamento della realtà.

L’America first di Trump, oltre a essere un perno dei suoi ragionamenti è anche un diversivo, un mozzo intorno al quale far girare la giostra del suo luna park per scongiurare il rischio già citato di trovarsi in un paese costretto all’autarchia.

Per sua sorte, Putin e Xi Jinping, il primo per necessità, il secondo per cultura, pare, quantomeno in ambito internazionale, abbiano buttato a mare la retorica della sopraffazione e dell’esportazione di se stessi, che ha aleggiato e che è atterrata troppe volte sul mondo navigando e volando su flotte e squadriglie travestite da missionari a stelle e strisce.

Il segno e l’ascendente del presidente grande grosso e biondo sono tra di loro identici: fare affari, fare affari. Scalzando in un colpo l’intera retorica moralistica e di controllo – quella che a Bruxelles il falso parlamento vende a poco prezzo, quella che ormai un popolo crescente ha capito non valere niente – il piano di lavoro di Trump non può che essere gradito a Est dell’antico Muro di Berlino.

Partiamo dallo sfondamento rugbistico che il biondo presidente ha compiuto sul campo di gioco della guerra ucraina. Un modo di fare previsto anche dagli esperti della politica statunitense, in bretelle o tweed con Clarks, che è andato diretto al punto, cioè a negoziare con il dirimpettaio Vladimir i termini per un accordo di fine guerra. Non solo, se la meta portata a segno appena citata – tra l’altro rispettosa della promessa fatta ai suoi elettori di far finire il conflitto slavo-fratricida (checché ne dicano gli ucraini) – costituisce di per sé uno sconquasso geopolitico al pari di un’orca nel branco di foche, di pari scompiglio è stata l’esplicita estromissione dal tavolo degli accordi tanto di Zelensky, quanto dell’Unione Europea (attimo di pausa, che mi vien male solo a nominarla, a pensare a chi la guida e a constatare su che niente sta in piedi).

C’è Crozza in regia? Sì, perché l’indignazione indispettita che ha vestito la reazione di queste due figure – che in quanto a figure barbine sono maestre – aveva del divertente, anche forse un’anima alla Dario Fo, perché più che divertente era surreale. Hanno alimentato la guerra fino all’ultimo poro senza perdere neppure un quanto di energia da devolvere al conflitto in tutti i modi in cui questa poteva materializzarsi: armi, munizioni, carri, denari, tanto che pare perfino strano non abbiano mandato anche cristiani in mimetica.

Hanno dimenticato il nazismo ucraino, piazza Maidan, il “fuck the EU”(2), la guerra iniziata nel 2014, gli annosi avvertimenti di Putin in merito all’avvicinamento-accerchiamento Nato, hanno perciò timbrato a ceralacca l’inizio del conflitto nel 2021, e non hanno mai vacillato nel puntare il dito, anzi il jingle, su un solo punto, quello della diade invasore-invaso, come se la storia iniziasse in quel momento, come se non ci fosse altro da considerare. Hanno stuprato i negoziati di Minsk che avrebbero potuto comportare la salvazione di un paese e di un popolo, e hanno tagliato la gola a quelli di Istanbul. Hanno sostenuto contrattacchi primaverili, tacendo poi sulla conseguente disfatta. Ne hanno fatte più di Bertoldo e ora si irritano per l’esclusione dai negoziati. Ma siamo sul palco di Casa Cupiello?

Se ogni espressione umana ha una ragione, un’architettura che la sorregge, una biografia che ne necessita, quella che Trump sta mostrando al mondo, tenendo presente la sua matrice di uomo d’affari, avrebbe una possibile spiegazione.

Donald: Goodmorning dear Vladimir, how are you?

Vladimir: Dobroye utro. Khorošo. E tu?

D: Senti Vladimir, facciamola breve, il tempo è denaro e così tante altre cose.

V: Ti sento in forma. Dimmi.

D: Allora: ti faccio uscire dalla guerra e per questo ti propongo un… cambio merce.

V: Sentiamo, purché l’Ucraina stia fuori dalla Nato e le terre conquistate sul campo rientrino nel confine della Federazione russa.

D: Lo sapevo. Si può fare. Oltre al fatto che non so quanto la Nato possa ancora andare avanti. Per dire che forse è una preoccupazione eccessiva. Non abbiamo più a che fare con l’Alleanza Atlantica della guerra fredda, del dopo muro di Berlino e scioglimento del Patto di Varsavia.

V: Questo era chiaro da decenni, è carino ci siate arrivati.

D: Non fare troppo sarcasmo sennò usciamo dal seminato. Dunque, dicevo, più banalmente, la Nato non è più quella che fino a ieri sembrava potesse spaccare il mondo come e quando voleva.

V: Certo, le cose stanno cambiando proprio mentre ne stiamo parlando. Dimmi, cosa avevi in mente?

D: Ti tieni le terre conquistate e magari anche le intere regioni russofone del Donbass e, Nato forte o Nato debole, l’Ucraina non ne farà parte.

V: Immagino voglia per te la ricostruzione del Paese.

D: Beh, va da sé. Tu non vuoi certo farlo, Donbass a parte naturalmente, e poi non vorrai mica che un affare di tale portata possa essere lasciato all’Unione Europea o all’Europa – non so neanche più come chiamare quel garbuglio senza bandolo – che non riesce a vedere la realtà, tanto che ancora vuole sostenere l’Ucraina fino alla vittoria. Ma come ragionano? È questo il valore aggiunto delle donne che la guidano?

V: Sarcasmo net avevamo detto.

D: Giusto. Né sarcasmo, né distrazioni. Restiamo sul pezzo. Ricostruzione a parte, che ci tocca senza possibilità di alternativa, dunque in questo nostro affare ha valore neutro, i giacimenti delle terre rare sotto il suolo ucraino, Donbass incluso, sono invece la cessione che, penso, tu sia costretto a fare.

V: Non potevi non passare questa strettoia. Va bene, lo avevamo previsto. Si può fare ma non senza contropartita.

D: Che sarebbe?

V: Non dirmi che a tua volta non l’hai messa in conto.

D: Ti riferisci alle sanzioni e ai beni bloccati?

V: Nientemeno.

D: Certo che era in conto. Anzi, scontato, ovviamente per quelli che fanno capo a noi.

V: Bene. Quasi quasi ti aiuto anche alle prossime elezioni.

D: Scherza poco che c’è davvero qualcuno che poi ci crede o che inventa le prove.

V: Giusto, viviamo in un cesto di vipere. Proseguiamo. Altro?

D: Eh sì. Dunque, sono diversi punti.

V: Vai col primo.

D: Israele.

V: Immaginavo. Continua.

D: Azzeri ogni interferenza diretta o indiretta a favore dei palestinesi, di Hamas e di Hezbollah.

V: Cioè dovrei mettere al guinzaglio l’Iran?

D: Nientemeno.

V: Non è come dirlo.

D: Certo, ma negli affari a questo punto si dice: sono problemi tuoi.

V: Conosco il criterio. Prosegui.

D: Significa che con Israele me la vedo io e basta. Dopo tutto questi decenni di conflitto e instabilità, ritengo sia legittimo arrivare a sistemare la faccenda medio-orientale. È vero, i palestinesi sono stati espropriati della terra che abitavano e in quell’enclave, tirata fuori dal cilindro degli inglesi, si sono trovati gente estranea in tutto e per tutto. Ma la storia ha ripetutamente dimostrato che a tutto ciò, ingiustizia o diritti a parte, lì e altrove nel mondo, non c’è soluzione equa. Dunque, fare capo alla pragmatica è praticamente divenuto un imperativo e soprattutto, per quanto possa apparire raccapricciante a molti europei, anche una modalità più saggia delle altre. Tutta una premessa per dire che non resta che eliminare uno dei due contendenti... e sappiamo quale ho in mente. Ecco perché c’entrano le atomiche dell’Iran e perché il tuo impegno a smorzare certi entusiasmi anti-israeliani e ani-statunitensi è fondamentale.

V: Come, in sostanza, a suo tempo fece il binomio Clinton-Nato, con la Jugoslavia e con il Kosovo?

D: Diciamo che si possono evincere delle similitudini con la situazione israeliana. Soprattutto, per parlar sintetico e chiaro, fa ancora testo il divide et impera.

V: Beh, sei piuttosto franco.

D: Le carte che si giocano in un affare sono sempre sincere. E in questo caso non sto giocando a poker, dove il bluff vale come la verità. E poi le fregature le prendono solo gli affaristi sprovveduti.

V: Più è tutto in chiaro più gli Stati Uniti possono avviare il nuovo corso e, magari, anche il processo di riduzione del debito pubblico, ora himalayano.

D: Ok, ma lasciamo perdere ora questi dettagli. Torniamo a noi, all’Ucraina.

V: Va bene. Però avresti dovuto aggiungere che sotto quelle terre che vorresti sfruttare pare ci siano giacimenti da leccarsi i baffi.

D: Più che avrei dovuto, avrei potuto. Non è che devo dirti tutto.

V: Bene, restiamo sull’affare.

D: Con la Siria ti lascio carta bianca, noi ce ne laviamo le mani. Vedrai tu come sostenere gli interessi della tua federazione.

V: Lo facevo anche prima, quando avevate le mani in pasta.

D: Insomma, le cose sono diverse ora. Giriamo pagina, se no restiamo qui a cincischiare e farfugliare e la situazione non cambia.

V: È strano che non hai ancora citato la Cina e la paventata dedollarizzazione.

D: Adesso ci arriviamo. Andare avanti a guerre non ci è più possibile. Il vostro multipolarismo è al momento troppo rigoglioso per pensare di affrontarlo in modalità classica. Noi prendiamo dall’Ucraina e dal Donbass le materie prime che ci interessano nella misura che concorderemo. E la Russia, non la secca più nessuno. E anche con la Cina, fino a ieri spauracchio permanente, credo si potrà convivere e fare affari.

V: Bel progetto. E l’Europa?

D: Se intendi l’Unione Europea, che posso dire? È praticamente senza testa. Durante tutta la sua esistenza sono emerse carenze che oggi stanno culminando in un crescente, forse inarrestabile, desiderio di sovranismo nazionale da parte dei suoi stati membri. Qualcuno potrebbe dire che è sul letto di morte, anche se l’accanimento terapeutico potrebbe tenerla in vita ancora lungamente. Più semplicemente, l’Europa non ha identità, quindi non ha sostanza, quindi non ha peso. Diciamo che non è una priorità occuparsi e preoccuparsi di cosa farà o dirà.

V: Non ti preoccupa che possa rientrare nel nostro raggio d’azione, che l’Eurasia possa diventare troppo potente?

D: Pensiero legittimo ma lontano. Occupiamoci di quelli vicini.

V: Il dollaro è uno di questi.

D: Altroché, ma la creazione di una valuta alternativa è più lontana. E, aggiungo, certamente critica. In sostanza penso non convenga a nessuno tentare di sostituire il dollaro.

V: Al momento, non si tratta di sostituirlo. La politica Brics, e perciò anche la nostra, è di favorire gli scambi entro il mondo Brics con le relative valute locali e magari anche di crearne una comune, ma anche di continuare a dialogare con il dollaro.

D: È un problema di cui certamente tratteremo, ma che per la sua dimensione non può stare in questi accordi sul fine guerra ucraina. Come pure la questione artica, di pari portata. E poi, se non soprattutto, con tutto il rispetto caro Vladimir, avrai ancora in te qualche goccia di sangue zarista, ma non puoi rappresentare l’intera politica Brics.

V: Avevo visto bene, sei in gran forma.

D: E non hai ancora visto cosa voglio fare a Gaza.

V: Beh, ho visto un breve video su cosa stai immaginando per quel tratto di costa mediterranea, mi ha colpito. Indignazione a parte, che mi sento costretto a lasciar fuori da questo nostro affare, in un certo senso, quel modo affaristico di fare, che non guarda in faccia a un intero popolo, che ha piantato in testa il chiodo dei propri interessi über alles, sarà un segno del nuovo paradigma geopolitico, come lo è il nostro multipolarismo rispettoso?

D: Puoi scommetterci. Business is business, il resto sono chiacchiere. Facciamo questo affare, per il prossimo si vedrà.

V: Vuoi dire che in affari non ci sono chimere?

D: Dotta sintesi, direi forse tipicamente russa, per quel poco che so. E aggiungerei che ci sono solo nelle ideologie.

V: Simpatico e operativo! Mi ricordi i tempi del Kgb, quando riuscivamo a costringere tutto l’infinito del mondo dentro lo scopo che ci eravamo prefissati.

D: Tempi d’oro per te. Anche allora c’era un popolo al quale non guardavate in faccia.

V: Allora non è vero che gli americani sono delle capre.

D: Eh sì, per fare affari è meglio conoscere il nemico.

V: Però non sai che questo l’aveva già detto Sun Tzu.

D: Sun Chi?

V: Niente, non fa niente.

D: Ok. Ci vediamo a Riyad per i dettagli.

V: Khorošo.


Lorenzo Merlo


Note

1. L’acronimo BRIC, risale al 2001. Esso deriva dalle iniziali dei paesi fondatori: Brasile, Russia, India, Cina. Nel 2010 si aggiunge il Sud Africa e l’acronimo muta in BRICS. Nel 2024 si uniscono all’Associazione altri Paesi. L’Indonesia, nel fa parte dal 2025.


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domenica 2 marzo 2025

Treia. Festa dei Precursori edizione del 2025 e "Valori sociali per una comunità eco-solidale"...




Si consolidano e guardano al futuro  le associazioni di volontariato e promozione sociale e culturale  di Treia. Per conoscersi meglio e coordinarsi nelle varie attività  Auser Treia propone  la formazione di una "Tavola Rotonda", prevista, con la presenza di rappresentanti dell'Amministrazione Comunale,  per  le ore 16 del il 26 aprile 2025, in una sede istituzionale ancora da definirsi (molto probabilmente nel Museo Archeologico di Viale Nazario Sauro snc, al Centro Storico di Treia, per dare un substrato culturale idoneo di supporto ai temi dell'incontro). 

Già diverse Associazioni locali che operano nel settore sociale hanno mostrato il loro interesse  e stanno aderendo all'iniziativa che ha lo scopo, tra l'altro, di organizzare  un effettivo coordinamento e collaborazione  tra le varie associazioni di volontariato di Treia e tra persone di buona volontà...  

Il titolo della Tavola Rotonda  è "Valori sociali per una comunità eco-solidale", per contribuire, ognuno nelle proprie forme,  ad una  assistenza, sostegno e compagnia verso le fasce sociali più deboli e mantenere una coesione sociale e una  collaborazione civica.

Temi portanti dell'incontro:

La natura  ci consente un'osservazione diretta di sistemi di  coesione e simbiosi vitali e di interpretarli cercando di capire cosa fare per superare vecchie e nuove inadeguatezze  e di renderci attori entusiasti nel progetto di costruzione di un mondo equo, solidale, felice, e quindi con un futuro.  Così si realizza la coscienza di esistere in quanto comunità, essendo consapevoli di esistere in un unico organismo, in sintonia con l'idea e l'intenzione di perseguire il bene collettivo.

Sono invitati a intervenire le persone, le associazioni e gli enti che si riconoscono in questi ideali.



Ed in questo spirito stiamo lavorando  al programma della Festa dei Precursori,  che si terrà dal 26  al 27 aprile 2025 a Treia (MC). Come in passato l’evento si svolge in collaborazione con Auser Treia ed  altre realtà locali in sintonia.

Bozza di programma in progress: 


Sabato 26 aprile 2025

Ore 16.00 –   Al Centro Storico di Treia –  (molto probabilmente nella sede del Museo Archeologico di Treia in Viale Nazario Sauro snc) 
Tavola Rotonda sul tema  “Valori sociali per una comunità eco-solidale”
Moderatore Michele Meomartino, fondatore della Rete Olistica Italiana
Partecipano Associazioni ed Enti preposti alla Promozione Sociale e Culturale

Ore 20.30 – Sala di Meditazione del Circolo Vegetariano  VV.TT. al Centro Storico
Sessione di Bhajan con Upahar Anand, Venu, Emilio Dolcini ed il gruppo canoro di Scintille di Luce,   con Prasad finale da ognuno portato
(Prenotazione necessaria)


Domenica 27 aprile 2025

Ore 10.00 – Appuntamento all’Auser Treia, Via Lanzi 20, Centro Storico.
Passeggiata nel verde con Andrea Giavara, esperto di erbe spontanee  officinali e mangerecce

Ore 13.30 – Degustazione condivisa 
(Prenotazione necessaria)

La giornata si conclude con  un discorso sull’alimentazione naturale bioregionale e sulla pratica spirituale laica a cura di Paolo D’Arpini intervistato da Lorenzo Merlo

Per info e adesioni:  auser.treia@gmail.com - 333.6023090 - 0733/216293