venerdì 30 dicembre 2022

Sarebbe ora di finirla con la "plastica"...

 


Una delle forme più dannose di inquinamento di questi nostri tempi è certamente quella prodotta dalle materie plastiche. Resistono alle intemperie, agli acidi, agli alcali, ai solventi. Se pur di natura organica, non rientrano nel ciclo biologico e perciò né batteri, né enzimi , riescono ad intaccarle , degradarle , distruggerle. Se bruciate, emettono veleni di tale tossicità (es. Diossina), che il rimedio risulta molto peggiore del male. 

Se tra 5.000 anni la nostra civiltà sarà scomparsa, eventuali archeologi di altre future civiltà, troveranno ancora intatte, nei loro scavi, le taniche, i barattoli, le strutture di televisori, di computer, di telefoni, di macchine per ufficio e le stoviglie, le sedie, i tavoli, ecc. 

Quando la tecnica è al servizio del consumismo e del mercato, senza i filtri ed il controllo di uno Stato a salvaguardare gli interessi della comunità, avviene che gli investimenti del capitalismo sostengano studi atti a creare prodotti che diano risposte economiche e cioè profitti, mentre non interessano  e non ci si investe nulla, gli studi sul come evitare i danni che questi prodotti causeranno. Gli utili li incassa il Capitale; i danni sono scaricati sulla collettività ( ..privatizzare gli utili e socializzare le perdite...). Il tutto in una totale carenza Legislativa che regolamenti il problema. Questo Stato , anche con questo governo a parole così sensibile agli interessi popolari, anziché difendere gli interessi della collettività, non vede, non sente, non parla, come le tre prudenti e stupide scimmiette. 

Se si considera che la vera , massiccia diffusione delle materie plastiche data da non più di una cinquantina di anni e si valuta la disastrosa situazione delle discariche che traboccano e soffocano il territorio in tutte le regioni d ‘ Italia e del mondo industrializzato e si aggiunge a questi dati quello spaventoso della tendenza produttiva delle materie plastiche nel mondo , nei prossimi anni , che è valutata in miliardi di tonnellate , si resta angosciati ! E lo si resta con ragione perché se proiettiamo nel futuro l‘attuale situazione delle discariche , considerando che i rifiuti plastici aumenteranno in progressione geometrica , tra quindici o venti anni ne saremo sepolti. 

Le richieste dei “Verdi” di una tassa sullo smaltimento , pur se fatta con le migliori intenzioni, non risolve nulla. Difatti una  sostanza  non biodegradabile e non riciclabile,  sarà comunque inquinante a fronte di  qualsiasi tassa! Ed allora quale soluzione può essere idonea a risolvere un problema di tale rilievo? 

La soluzione è duplice, Politica e Tecnica. Politica perché è necessaria una svolta  rivoluzionaria  alla interpretazione della libertà di azione del capitalismo. Si deve porre veramente , nei fatti e non a parole , il confine di tale libertà laddove iniziano gli interessi della collettività! In altri termini si deve stabilire una reale preminenza della politica sull‘economia ribaltando l‘attuale situazione in cui è invece l‘economia a condizionare la politica. Solamente in un siffatto scenario è possibile imporre una legislazione che sfruttando le opportunità della tecnica, risolva il problema salvaguardando sia gli interessi sociali che quelli economici del capitale , del lavoro, della collettività. Tecnica perché, inserendo nel problema il parametro fisso della riciclabilità o della biodegradabilità, è possibile ristrutturare l a programmazione delle materie plastiche privilegiando queste caratteristiche sia rispetto all‘estetica, importante solo ai fini consumistici , che rispetto ai costi di produzione che, per i materiali non riciclabili, vanno comunque sommati a quelli di smaltimento, raggiungendo valori di molto superiori. 

Il sistema da noi ipotizzato, in linea generale e quindi certamente perfettibile, è il seguente , articolato in cinque fasi:
1°: Riunire in uno STUDIO multidisciplinare le proprietà chimiche , fisiche , organolettiche e merceologiche di TUTTE le materie plastiche conosciute . 
2°: Stabilire , in un secondo STUDIO , quali devono essere le proprietà chimiche , fisiche, organolettiche e merceologiche specifiche di tutte quelle materie plastiche aventi in COMUNE la possibilità di essere biologicamente degradabili oppure riciclabili al 100% od almeno al 90% e che inoltre non siano tossiche. 
3°: Incrociare a confronto i parametri dei due STUDI per stabilire quali materie o “rosa” di materie plastiche siano idonee alla fabbricazione dei vari manufatti dei quali salvaguardare le caratteristiche. 
4°: Imporre per Legge che i vari manufatti possano essere fabbricati esclusivamente con le materie plastiche giudicate idonee in quanto Biodegradabili o riciclabili e non tossiche e ne sia vietata la fabbricazione con le altre materie plastiche. 
5°: La ricerca di nuove materie plastichedeve essere  indirizzata in modo da promuovere la creazione di materie plastiche biodegradabili o riciclabili e comunque non tossiche. Così facendo, verrà drasticamente ridotto anche il numero delle specie di materie plastiche prodotte e concentrando la produzione su questo numero ridotto, si avranno in regalo notevolissimi abbattimenti dei costi di produzione ed un considerevole aumento dello sfruttamento degli impianti che ridurrà ulteriormente i costi. 

Si innescherà così un ciclo “virtuoso”, con benefici per tutti. 

(Fonte:  "La Fiamma" n. 179) 

giovedì 29 dicembre 2022

La parabola del progresso... (quella nascosta)

 


La cultura del progresso ci ha portati qui. Progresso materiale. Il cui culmine è nell’accumulo e nell’apparire. Ma non nel semplice avere. O meglio, lo è nella misura in cui il suo primo significato sta nella separazione dall’essere. Il progresso ci ha portati a separarci dall’ente originario, dalla filosofia della natura e dall’essere infinito che siamo. Nessuno si sente latore della vita. Tutti se ne sentono proprietari.

“Non siamo esseri umani che vivono un’esperienza spirituale. Siamo esseri spirituali che vivono un’esperienza umana” (1).

L’Uno è perito da Cartesio e Newton, che hanno ridotto il tutto a materia. Ai due scienziati ha fatto seguito l’industrializzazione, che ha celebrato la replicabilità materiale, ora anche modello spirituale. Infine l’ordoliberismo, che ha santificato l’individualismo e con esso, il senso della comunità.

Siamo in balia. L’abisso esistenziale è a un passo. Bulimia, abuso di farmaci, dipendenze, crescenti malattie degenerative, sempre più diffusi inconsulti atti familiari, psicopatologie e stragi di compagni di scuola lo raccontano. La disgregazione valoriale è compiuta, liquefatta: lo stemma dell’utero in affitto è sulla bandiera del cosiddetto transumanesimo.

Non c’è più nessun legame con il mistero della vita, con la sua dimensione spirituale, con la sua potenza creatrice e risanatrice. E anche nessun legame con ciò che siamo, al di là di ciò che appariamo. Il sé è sparito d’intorno. L’io lo ha coperto di opulenza e di gran pavesi di feste effimere.

Che altro sono sennò tutti i valori che ci permettono, o meglio impongono, il diritto commerciale di sopraffare l’altro, secondo la sola legge del mercato da rispettare per – ci dicono – una vita dignitosa?

La cultura del progresso, il suo scientismo ontologico, la sua idolatria nella tecnologia, il disinteresse per le dimensioni che esulano dal suo positivismo – in forma di ghigliottina per l’esubero umano che l’automatizzazione comporta e che la digitalizzazione prevede – ci ha portati qui.

Qui, a consumare una vita non più spesa per la bellezza di vivere, ma per i crediti. Il cui accumulo permetterà di sentirsi e venire considerati sopra chi li ha colpevolmente bruciati. La cui perdita ci ridurrà le libertà, secondo la sola logica del controllo.

[…] the non-elite masses will be reduced to the level and behavior of controlled animals with no will of their own and easily regimented and controlled”.

[[Nda, "[...] le masse non elitarie verranno ridotte al rango di animali controllati senza volontà propria e facilmente amministrabili e manovrabili”]] (2).

Qui, dove la disoccupazione è pianificata e voluta, affinché il sussidio in forma di bromurico ricatto possa mantenere in vita chi ancora non si può apertamente eliminare e, soprattutto, tenere sotto controllo, nonché impiegare come esempio e strumento educativo.

Una fascia crescente di popolo si adeguerà di buon grado a sottoscrivere un contratto di vita a punti, secondo il quale, a mezzo di una tessera, guadagnerà bonus e sarà punita con il plauso fraterno per le mancanze commesse – infrazioni al REGOLAMENTO DELL’ESISTENZA –, in quanto tutta la fascia ne pagherà le conseguenze.

Una tessera che sarà fatta passare e promossa come comunitaria, attraverso la quale, “finalmente” – ci diranno –, le singole persone e il bene comune saranno un solo corpo. I delatori, senza alcun senso di colpa forniranno preziose informazioni ai distributori delle tessere, con la soddisfazione – la sola – di guadagnare punti da spendere in futilità rese preziose, come un vinile dei Beatles nella DDR.

“Grazie ai segnali digitali che monitorano e tracciano le attività quotidiane di una persona, l’azienda impara a gestire una tabella di rinforzi: ricompense, riconoscimenti, o complimenti che mettono in atto in modo affidabile determinati comportamenti dell’utente, selezionati dall’azienda per controllarlo” (4).

I manovratori della cultura del progresso si danno da fare. Sanno che la generazione che conta sarà quella che verrà. Gli altri, quelli già qui, non sono che carburante di un rodaggio necessario affinché i nascituri – ovvero coloro che ancora non hanno messo a fuoco cosa significhi essere colpevoli di analogico – passino dalla vagina direttamente al mondo confezionato a misura di chi se ne è impossessato, di chi ha il potere di acquistare stati, politiche e leggi. Di chi può fare di ogni individuo vergine un soldato idoneo a difenderlo.

Non a caso la scuola, prima tralasciata, poi resa tecnica, ora è cullata dai generatori del pensiero unico necessario. Ma anche dai loro complici, gli individui allevati a misura dell’ordoliberalismo, educati a non creare problemi, a ritenersi soddisfatti di quanto sarà loro dato, “in cambio di poco”, ci diranno. E lo faranno elargendo il vantaggio del lavoro da remoto, nascondendo la definitiva precarietà e la lotta al ribasso dei compensi e la pervasiva penetrazione del sistema nei nostri pensieri.

“Straordinario. Straordinario tutto, ma in particolare laddove si dice che il vuoto pneumatico, lo spazio ormai totalmente sterilizzato, smaterializzato e devitalizzato, favorirebbe «l’interazione sociale tra studenti e docenti». Capolavoro di bipensiero” (3).

Oltre alla detenzione della comunicazione, per la quale l’informazione si è fatta zerbino, e a quella del su domanda, superba fonte per comprendere il pensiero e il sentimento delle persone, la digitalizzazione è in grado di creare nei divanisti i loro complici migliori. Quelli che radunati danno vita al branco. Un essere capace di mandare a morte chiunque abbia scelto di non farsi iniettare nulla, di delegare la proprietà del proprio corpo. Branco, sinonimo di massa critica. Quell’entità acefala e tsunamica, che nessuna nicchia di apoti – come direbbe un convinto prodiano di mia conoscenza – è in grado di deviare.

Ma non è tutto. Vi sono anche i dispositivi individuali e i cosiddetti social. Con questi, la maglia della rete formativa – o deformativa? – diviene capillare dentro e metanebulizzata fuori. Questa è a misura di ogni possessore/utente tanto del generico internet, quanto degli specializzati canali virtuali. La fuga dal metamondo non solo diviene impossibile. Essa non è desiderata, perché il metamondo ha preso posto dove c’era il mondo.

Il capitalismo della sorveglianza ha capito da molto tempo dove avrebbe dovuto andare a parare se non voleva soccombere sotto varie frane socio-economiche e anche geopolitiche. La sua Agenda 2030, il suo Great Reset, il suo fremere digitalizzatorio, i suoi esperimenti pandemici, il suo terrore demografico, la sua promozione insettivora, il suo farsi carico del problema ambientale, la sua campagna di attribuzione di responsabilità a tutti noi per i danni commessi da loro, sono solo alcuni sintomi conclamati del progetto progressista il cui culmine è il controllo sempre più raffinato, consensualmente informato e condiviso. Voluto, per essere precisi.

“In questa fase dell’evoluzione del capitalismo della sorveglianza, i mezzi di produzione sono subordinati a ‘mezzi di modifica del comportamento’” (4).

“I capitalisti della sorveglianza sanno tutto di noi, mentre per noi è impossibile sapere quello che fanno. Accumulano un’infinità di nuove conoscenze da noi, ma non per noi. Predicono il nostro futuro perché qualcun altro ci guadagni, ma non noi” (4).

La logica del capitalismo della sorveglianza è imperativa. La impongono i potentati economici del pianeta. È la logica della sopravvivenza, quella dove è in gioco tutto, perfino l’onore atlantico. Perdere lo scontro sarebbe esiziale, sarebbe finire nella brace cinese&soci Brics (5). Un’eventualità che il destino manifesto, per ontologia e antonomasia, da un lato non si può permettere di ipotizzare, dall’altro obbliga a qualunque machiavellica strategia per eluderlo. Servisse, anche una guerra per interposto stato.

Quei poteri sanno e quel timore impone loro che, a questo punto del progresso, il controllo individuale è necessario e va raffinato.

“Le tecniche convenzionali di soft-power non sono più sufficienti, occorre una guerra cognitiva, cioè relativa alla mente” (6).

“La NATO vorrebbe confondere i potenziali oppositori nel modo più completo possibile per ‘dettare’ il loro comportamento” (6).

Algoritmi di generazione progressivamente più raffinata forniranno informazioni via via più funzionali, affinché ogni utente si attenga al regolamento della vita, per la produzione, la disponibilità, il tempo libero, la procreazione, ma non per il cibo. Nonostante con la digitalizzazione si possa fare tutto, non saranno diffuse le informazioni per mantenere la salute, per evitare l’indebolimento del sistema immunitario. Anzi, c’è da scommetterci.

Le nanotecnologie iniettate, imposte in pillole o in esse nascoste per aiutarci a monitorare la salute, saranno invece utili per controllare il comportamento e valutarlo in funzione del mantenimento del sussidio o della sua riduzione. Ma anche per eliminare fisicamente dalla faccia della terra le già definite persone che non contano niente. Il progresso lo richiede. Se la nanotecnologia permetterà di controllare il comportamento delle persone, le medicine ne controlleranno lo stato di salute/malattia e ne potranno decretare la morte.

“[…] l’utilizzo strumentale della politica (una sorta di vera e propria criptopolitica), così magistralmente descritto dal politico e premio Nobel per la pace Nicholas Murray Butler, per cui il mondo si dividerebbe in tre categorie: ‘un piccolissimo numero di persone che fanno produrre gli avvenimenti, un gruppo un po’ più importante che veglia sulla loro esecuzione e assiste al loro compimento e una vasta maggioranza che giammai saprà ciò che in realtà è accaduto’”. (7).

La tessera a punti, il criterio Cfp, quello dei Crediti formativi professionali e il Cfu, scolastico-universitario, sono dunque già nel metabolismo in corso, in funzione dell’anno Zero. Momento che cadrà nel 2030, in cui la Quarta Rivoluzione Industriale entrerà ufficialmente in vigore e con essa il nuovo regolamento del mondo e della vita. Del passato, gettato via con l’acqua sporca, se ne occuperanno soltanto i fascisti, come i fautori progressisti del Nuovo ordine mondiale chiamano chi la pensa diversamente da loro.

La tessera a punti sarà integrata al nostro corpo, ormai loro e smart. Non si potrà essere proprietari di un’auto analogica. A chi verrà colto ad usare un telefono non aggiornato saranno sottratti punti e libertà. Perché sarà un reato penale. Una volta di più l’uomo avrà compresso l’infinito che siamo entro le sue regole, le sue leggi suoi giochi. Una volta di più il legame con ciò che ci ha generato sarà andato perduto in favore del progresso.

La concezione analogica del mondo, nel bene e nel male, ci permetteva di relazionarci a qualunque momento della storia e del mondo. Ci permetteva di intendere anche una guerra per una calunniosa provetta di antrace o la distruzione di Hiroshima e Nagasaki. Ci permetteva di sentire la trascendenza. Perfino l’esportazione della democrazia aveva il necessario per riconoscerne la legittimazione.

Quella digitale ci strappa e separa dall’origine profonda dei nostri pensieri. Ci impedisce di relazionarci al mondo reale. Ci taglia le radici e ci rompe la bussola secondo natura.

  • Hai mai contemplato la perfezione funzionale di un pesce, di un felino, di un uccello?

  • No.

  • Hai mai ascoltato il respiro della terra?

  • No.

  • Sei mai stato rapito da una poesia?

  • Ho studiato materie tecniche.


  • Lorenzo Merlo




Note

1. Pierre Teilhard de Chardin, citato in Altea Rosemary, Una lunga scala fino al cielo, Milano, Sperling & Kupfer, 1996.

2. Coleman John, Conspirators' Hierarchy: The Story of the Committee of 300, Carson City, Bridger House Publishers, 1992, p. 163.

3. https://www.ricognizioni.it/piano-scuola-4-0-vogliamo-proprio-questo-per-i-nostri-figli/.

4. Zuboff Shoshana, Il capitalismo della sorveglianza, Bologna, Luiss University Press, 2020, pp. 18, 21, 312-13.

5. Paesi BRICS: Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa.

6. https://www.sinistrainrete.info/politica/24503-jonas-toegel-guerra-cognitiva-la-nato-sta-pianificando-una-guerra-per-le-menti-delle-persone.html.

7. Perucchietti Enrica, Marletta Gianluca, Governo Globale. La storia segreta del Nuovo Ordine Mondiale, Cesena, Arianna Editrice, 2017, p. 13.

mercoledì 28 dicembre 2022

La comunità ideale bioregionale esiste solo nella "presenza" nel luogo in cui si vive...



Utopia significa “in nessun luogo ed in nessuna maniera”. Infatti un utopico luogo ideale  può essere solo immaginato, è  un sogno avveniristico come  la mitica Shangrilla,  simile a Castalia, quel paese immaginario di Calvino  ove si coltiva il gioco delle perle di vetro e somma di tutti gli insegnamenti passati, fatti regola.  Ma il luogo ove si vive non può essere  una  astruseria, cioè un posto  immateriale, etereo, fantasma… altrimenti il suo “essere altrove” in un tempo non scandito  ed in uno spazio assente, lo renderebbe automaticamente  non  vero…. 

La necessità di inventarsi  una comunità  bioregionale ideale,  è una esigenza  di chi la “utilizza” come valvola di sfogo all’alienazione del mondo moderno o come mezzo di sussistenza alternativa,  avviene  a causa  della frantumazione  sociale che contraddistingue la nostra società.  Viviamo in un contesto sociale alienato,  apparentemente unito da una sembianza di comune appartenenza. Le persone che  abitano in un luogo definito "ideale" comunicano  attraverso l’immaginato,  sono abitanti di un mondo alla Matrix per intenderci,  fantasmi nell’antro Platonico. Ma questo “luogo” non può essere vero, mancando la condivisione reale, il senso di necessità e fatica comune, l’incontro fisico, il contatto… è un mondo in cui tutto si riduce ad una rappresentazione, uno spettacolo mediato, filtrato, manomesso… un teatrino o  castello degli specchi. 

Nella comunità ideale viviamo come   dentro al  “Facebook”  nel quale l’interagire è demandato al pulsante di un terminal.  Allo stesso  tempo siccome capiamo che questo “sogno”  -che definiamo  “realtà”- è fallace,  per sfuggirgli siamo pronti ad inventarci e dare per genuino un luogo ideale in cui rifugiarci, un paese  con suoi propri  valori (basati sulla  speranza)….  Una comunità bella, fulgida,  in cui godere almeno l’illusione  di un incontro con noi stessi e con i nostri simili…

Giustamente i romani antichi usavano due parole per indicare la comunità urbanizzata. Gli insediamenti urbani non erano soltanto  luoghi (urbs) ma anche  interazioni di vita sociale (civitas).  Ecco allora che, ritornando al luogo in cui viviamo,  ci si può chiedere  per noi “esiste l'urbs od esiste  la civitas?".  In verità entrambe son necessarie e   relazionate inscindibilmente, ma entrambe  debbono essere accettate ed abitate, non solo come spazio ma come  vera presenza,  allora la fuga nell’utopia individuale di una comunità ideale   diventa superflua, allora la ricerca dell’ipotetico “luogo  Ideale bioregionale” diviene futile,  giacché possiamo riconoscere  di essere   “presenti” in ogni luogo in cui viviamo.

Che bel risparmio di tempo e di energie! Infatti la comunità  ideale non è che l’abito mentale del quale ci rivestiamo, l’involucro delle nostre aspirazioni, creatività, produttività e realizzazioni procrastinate all’infinito, ma per attuarle occorre riconoscere l’importanza del possibile e del semplice, capendo di  esser parte dell’organismo globale,  avendo il coraggio di essere noi stessi, veri e sinceri,  nel rapporto con gli altri,  ed improvvisamente siamo tornati a casa…!

Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana



martedì 27 dicembre 2022

The non-transmissibility of the experience

 


A basic point, which often emerges from the  questions of people approaching bioregionalism and lay spirituality, is that of non-transmissibility of the practice. That is, each of us should see in himself the appropriate way to manifest his spiritual and ecological nature, knowing how to adapt it to all that surrounds us, in question and in answer .

In bioregionalism and in lay spirituality there are no dogmas but only harmonic adjustments between the various components, the inside and the outside, the one and the many.

The only help we can afford to travel companions, as "old" practitioners, is that of a non-voluntary example, or of fair conduct, in full sincerity and honesty, which is not intended to show anything but simply to express ourselves in our truth.

If   appropriateness  in response was not intrinsic in our  action  as we could discover it in universal life?

Perfection is our true nature, but we are unable to recognize it and we are terribly worn out thinking that we have to do "coded" actions to "appropriate" it.

I recall a saying that the old Calcata peasants used to say to me: "the best is the enemy of good" ... And that is just so, weaving and trying to improve we can not perceive the good that is already in us ... The good that only requires to be recognized by renouncing superstructures and impositions that do not belong to us.

And what does it mean to be perfect?

Simply be what you are without remorse or regret, without looking for someone's approval, because if we are what we are obviously  it is our own competence. From this comes spontaneity and naturalness ...

Unfortunately, what is lacking is confidence ... and from this shortage arises the desire and the fear and thus drives that "diabolical" mechanism of wanting to organize our actions and feelings, as is done with a machine.

This attitude makes us commit a mistake after another ... and more we are mistaken and more (trying a remedy) we make other mistakes ... so other fears and other desires are added. In the meantime, human society (and ourselves as people) rolls away because it can not function as a mechanism, it is not made up of mere gears and numbers.

Paolo D'Arpini




lunedì 26 dicembre 2022

Il mito della crescita infinita, l'obsolescenza programmata e l'IN-coscienza del limite...

 


Ho fatto vedere a studenti/esse il documentario «Obsolescenza programmata» (*) per raccontare loro come siamo diventati schiavi di un consumo sfrenato, teso a creare la dipendenza dal mercato: dimentico dei bisogni essenziali e prono solo al danaro.

Sono rimasta molto colpita dalla loro rassegnazione. «Non possiamo farci niente” dicevano: «è così prof, se vogliamo essere in contatto con il progresso». Non sto qui a riferire l’animata discussione ma il risultato è che si sentono ostaggio di poteri così forti da non poter essere contrastati.

Certo la storia dell’obsolescenza programmata ha origini antiche ma tutte/i noi ne siamo complici se non cambiamo il nostro stile di vita per imprimere una svolta significativa 

Il giorno di Natale del lontano 1924 i maggiori produttori mondiali di lampadine decisero, incontrandosi a Ginevra, i parametri per determinare aprioristicamente la durata del loro prodotto per avere il controllo del mercato: il primo passo nella moderna storia dell’economia, in relazione all’obsolescenza pianificata. I partecipanti accordandosi agirono come un vero e proprio cartello.General Electric Company, Tungsram, Compagnie di Lampes, Osram e Philips decisero che una lampadina dovesse avere una durata media di 1000 ore.

Prima di allora e lampadine avevano una durata molto più lunga: è famosa la lampadina che si trova attualmente all’interno della caserma dei Vigili del Fuoco di Livermore, in California, accesa da 120 anni. 

Il cartello fu sciolto alla fine degli anni ’30 e la Corte Suprema (americana) condannò General Electric a un salato risarcimento nella causa civile 1364 iniziata nel 1942 e conclusa nel 1953. Il documentario si snoda intorno alla vicenda delle cartucce delle stampanti, nelle quali è presente un chip che fissa il termine di funzionamento della cartuccia anche se vi è ancora inchiostro: questo perché il guadagno derivante dai prodotti accessori costituisce una fetta di mercato estremamente appetibile… Fino a quando un acquirente non rifiuta di arrendersi e riesce – tramite le informazioni in rete – ad aggiustare la sua stampante nonostante tutti gli consiglino di rottamarla e acquistarne una nuova. 

Si può fare dunque.

Gli elettrodomestici dei miei genitori sono duranti anche trent’anni. Oggi la durata media è dieci anni, quando va bene. Significa che il tanto decantato progresso si è fatto trappola per un consumo che divora le vite, il lavoro e l’ambiente.

Siamo spinti a non riparare, ad acquistare compulsivamente quanto il mercato ci propone come l’ultima meraviglia tecnologia, inconsapevoli che è già datata e la sua morte è scritta a prescindere dalla cura che ce ne prenderemo.

I dati di Global E-Waste Monitor denunciano che la produzione di rifiuti tecnologici nel 2019 ha superato i 53 milioni di tonnellate. L’Europa è al primo posto nel mondo in termini di rifiuti elettronici pro capite: ne produciamo circa 16,2 chili a testa e sebbene si registri il più alto tasso di raccolta e riciclaggio dei rifiuti elettronici – pari al 5% –  la sostenibilità è ancora lontanissima.
Cosa fare? Intanto quando l’acquisto di un elettrodomestico, di un computer o del cellulare diventa “inevitabile” si dovrebbe puntare sulla sostenibilità scegliendone uno ricondizionato. «L’uso di oggetti ricondizionati non è ancora molto diffuso, eppure sarebbe un grande aiuto per la riduzione dei rifiuti tecnologici. E può aiutare anche chi ha disponibilità economiche inferiori».
Saprebbe utile all’economia (bene intesa) e al pianeta saperci prenderci cura degli oggetti anche tecnologici che abbiamo per costruire un’economia c he siadavvero circolare.

Nulla più dovrebbe essere sprecato: impariamo a trasformare, in primo luogo osservando i meccanismi presenti in natura. L’economia lineare – dove le risorse vengono considerate illimitate – non è più sostenibile per il nostro pianeta.

Daniela Pia - La Bottega del Barbieri



* https://www.google.com/search?q=documentario+%C2%ABObsolescenza+programmata%C2%BB&source=lmns&bih=653&biw=1366&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjSoN-475b8AhWUD-wKHVxECQUQ_AUoAHoECAEQAA#fpstate=ive&vld=cid:ce3078e4,vid:kjI8ETxThDw

domenica 25 dicembre 2022

Significato dell’ecologia profonda e del bioregionalismo

 


Il significato dell’ecologia profonda e del bioregionalismo è racchiuso nella comprensione che nulla è separabile nella vita, il tutto compartecipa al tutto. Questo concetto è stato espresso con molta saggezza sin da cinquemila anni fa in un detto vedico che afferma: “Dal Tutto sorge il Tutto. Se dal Tutto togli il Tutto, sempre il Tutto rimane”.

Perciò l’ecologia profonda è il riconoscimento dell’inscindibilità della vita ed il bioregionalismo non è altro che la descrizione dei vari processi vitali e delle forme visibili della vita e della materia nella consapevolezza di tale inscindibilità. Quindi la descrizione “geografica” bioregionale è funzionale all’integrazione dell’ambito descritto. Un po’ come avvenne ai tempi di Menenio Agrippa che descrisse lo stato in termini di complementarietà degli organi strutturati per il funzionamento dell’intero organismo.

Questo discorso è molto vicino alla filosofia socio-economica di Serge Latouche, in tema di decrescita e localismo. Come sappiamo il professor Serge Latouche è tra gli avversari più noti della globalizzazione del pianeta e un sostenitore della decrescita conviviale e del localismo. Conosciuto per i suoi lavori di antropologia economica mira a proporre nelle sue opere il concetto dell’economico, rifacendosi alla definizione di economia sostanziale, intesa come attività in grado di fornire i mezzi materiali per il soddisfacimento dei bisogni delle persone. Egli critica, attraverso argomentazioni teoriche solide e con un approccio empirico il concetto di sviluppo e le nozioni di razionalità ed efficacia economico-finanziaria.

E finalmente lo stanno capendo in molti: il nostro pianeta è limitato. Le sue risorse, le sue energie non sono infinite. Da ciò l’importanza che nel bioregionalismo viene data ad un territorio, un qualsiasi territorio, facendo in modo che l’esercizio della partecipazione avvenga in maniera nonviolenta e raggiunga dei risultati che non producano danni all’ambiente, agli animali  e alle persone.

Paolo D'Arpini



sabato 24 dicembre 2022

Guatemala - Produrre olio di palma affamando gli indigeni...

 


... le comunità Maya Q'eqchi si oppongono all'avanzata della palma da olio che invade le loro terre ancestrali. Queste comunità sono tra le più abbandonate dallo Stato che, come se non bastasse, le perseguita e le reprime.

Nei giorni scorsi, un grosso contingente di poliziotti antisommossa armati è avanzato minacciosamente attraverso la piantagione di palma da olio. Almeno due persone sono state ferite da colpi d'arma da fuoco e intossicate. Le donne sono state picchiate, sono stati rubati loro gli effetti personali e cinque persone, tra cui due minori, sono state arrestate e detenute arbitrariamente

Secondo le autorità locali, alcune aziende starebbero approfittando della situazione. Fanno il nome di NaturAceites, un'azienda che vende olio – alimentare e industriale - in Guatemala, ma che figura anche nelle catene di approvvigionamento internazionali di aziende come Nestlé Unilever. Queste aziende chiedono una dichiarazione sui fatti. Anche il governo del presidente Alejandro Giammattei, la Polizia Nazionale Civile (PNC) e l'Ufficio del Mediatore per i Diritti Umani (PDH) non hanno rilasciato alcuna dichiarazione.

Indignazione e profondo dolore, come hanno espresso le donne della comunità spiegando l'accaduto: "hanno lanciato le bombe perché fuggissimo e abbandonassimo le nostre case".

In precedenza, negli ultimi giorni di novembre, le comunità avevano protestato per impedire questa e altre incursioni e sgomberi annunciati nella zona. Ci sono circa 20 mandati di arresto contro membri della comunità, alcuni dei quali sono membri del Consiglio delle Autorità Ancestrali Maya Q'eqchi'. Oltre a ricevere minacce, è stata offerta una ricompensa di 50.000 quetzales per la loro cattura.

Alcune testimonianze: “Ci attaccano come se fossimo terroristi. Non lo siamo. Siamo indigeni poveri che non hanno nemmeno mais, fagioli o peperoncino". "Sto difendendo la vita dei miei cari e il mio territorio.”

Elisa Norio





Petizione: https://www.salviamolaforesta.org/petizione/1265/guatemala-per-la-palma-da-olio-raid-nella-comunita-indigena-maya?mtu=570548670&t=14815


venerdì 23 dicembre 2022

La Corte dei miracoli... e i diritti costituzionali violati

 


La Corte non può deludere i suoi sponsor

Che la violazione degli obblighi vaccinali sia arrivata a comportare il divieto di lavorare, è di una illegittimità costituzionale così monumentale da non meritare alcuna dotta riflessione esplicativa.

Nondimeno, dalla corte costituzionale mi aspetto nulla di buono.

Si tratta infatti di un organo il cui difetto di indipendenza é altrettanto colossale.

Cinque componenti sono nominati dal parlamento, cinque dal presidente della repubblica e cinque dalle supreme magistrature.

I primi due terzi sono dunque espressione diretta delle istituzioni controllate e quanto alle supreme magistrature, ho già spiegato più volte che ci si arriva solo se graditi al palazzo.

Quindi la totalità (non la maggioranza) della corte è espressione diretta o indiretta dei poteri sulla cui correttezza costituzionale dovrebbe vigilare.

In questa materia, poi, dove il parlamento, il presidente e le supreme magistrature si sono giocate il tutto e per tutto nello stringersi a sostegno dei continui interventi normativi dal governo, emanati sull’onda della pretesa emergenza pandemica, ebbene la corte non potrà certo deludere i suoi sponsor.

Paolo Sceusa - Il Nuovo Arengario



La verità è che è anche colpa nostra

Con le politiche discriminatorie imposte negli ultimi 3 anni prima e con il pronunciamento  della Corte Costituzionale (sarebbe meglio dire Incostituzionale) poi, molti cittadini si sono resi conto che in Italia i diritti sanciti dalla Costituzione vengono violati

Il punto è che non sono stati violati solo negli ultimi 3 anni.

I diritti, compresi quelli fondamentali, sanciti nella nostra Costituzione vengono violati da più di 30 anni.

Sono stati violati con l’adesione all’Unione Europea e all’Eurozona, cedendo cioè sovranità a enti sovranazionali quando la nostra Costituzione prevede esclusivamente limitazioni della sovranità e solo in condizioni di parità con altri Stati.

Sono stati violati con 30 anni di riforme regressive del mercato del lavoro, con l’accettazione della disoccupazione naturale (NAIRU) e della deflazione salariale (NAWRU) volute dalla UE, quando la nostra Costituzione prevede la piena occupazione e un livello minimo di salari che consenta una vita dignitosa.

Gilberto Trombetta - Antidiplomatico



giovedì 22 dicembre 2022

Burocrazia e vita di foresta (per analogia)...

 


"Anche nella foresta più fitta se ci si sa muovere si trova la via da seguire per uscirne e dove potranno più tardi passar gli altri..." 

Non c'è levata di Sole che non precluda a forti lamenti rivolti alle nefande etiche dei regimi andati e presenti ... in attesa di quelli futuri. Guaio è che coloro, che tanto lamentano ideologie distorte, mai chiariscono che esse si formarono perché i mezzi ed i poteri della cultura, dell'educazione, dell'informazione erano (e purtroppo sono ancora oggi) in mano ad una putrida casta di medievali carrieristi, ad assunti illegalmente a vita in impieghi ch'eppure da tempo sono stati dichiarati pubblici e quindi vanno (almeno oggi) resi accessibili con concessioni rigorosamente pro tempore a quante più persone idonee e preparate sia possibile. 

E' difatti il regolare rinnovo del personale che (non solo fonda la Democrazia ed erige le Repubblica, la comproprietà nazionale fatta di codici, enti ed istituzioni, beni, proprietà e risorse, impieghi, poteri e redditi) ma soprattutto permette il circolare di idee e sensibilità così molteplici e varie che il radicarsi di nefaste condotte e morali risultano del tutto impedite.
Sciagurati!
Non è prendendosela con un singolo regime che si vince definitivamente la pazzia, bensì abbattendo il fondamento di ogni tirannide e conseguente dittatura: la cessione a vita di impieghi, poteri, redditi pubblici. 

Sono i pubblici delinquenti, i deumanizzati carrieristi, i monarchi tiranni che mai restituiscono al Popolo Sovrano, ai cittadini ed esseri umani, ciò che loro appartiene a costituire la prima inestinguibile tirannide sulla quale si poggerà poi saldo ogni tiranno insediatosi nel potere legislativo. 

Sono i delinquenti pubblici ad obbedire acriticamente ad ogni più abietto loro ordine, tanto son fidelizzati a vita da posto fisso, promessa di carriera e potere crescente. Ed è gente brutta assai quella che mai onora la memoria delle innumerevoli vittime delle dittature, dei regimi e tirannidi fondate tutte su mercenari: su burocrati assunti a tempo indeterminato, in via definitiva dunque per i cittadini coevi. Pussino allora via tutti coloro che sempre hanno nascosto e tuttora nascondono tale verità.
La vita è cosa seria e richiede serietà. Se no poi scoppiano guerre, piovono bombe ... e si muore. Perché sulla Giustizia si può sempre contare: la Vita sarà spietata con coloro che non ne onorano le chiare precise regole.

Danilo D'Antonio


Laboratorio Eudemonia

martedì 20 dicembre 2022

Panspermia. L'uomo non è padrone dell'Universo. La vita è universale...

 


La nostra sicurezza di essere i padroni di tutto l’universo, avvalorata purtroppo anche da alcune religioni monoteistiche, ci ha portato fuori da quello che sarebbe potuto essere un cammino culturale e spirituale ben diverso dall’attuale, in cui odio, prevaricazioni e guerre hanno caratterizzato da sempre questa umanità. 


Sia ben chiaro che non dobbiamo pensare di avere la “verità assoluta in tasca”, tuttavia forse è arrivato il momento di cominciare a pensare diversamente da come ancora oggi ci dicono di fare, ciò potrebbe aiutarci a capire chi veramente siamo e qual è il nostro vero scopo su questo pianeta.

Oggi, grazie al determinante contributo della scienza, possiamo dire che non miliardi, ma miliardi di miliardi, e ancora di più, di sistemi solari affollano l’universo, anzi stando alle ultime tesi scientifiche non solo un universo ma più universi (multiversi). Si è anche scoperto, dallo studio delle comete, che in tutto il cosmo abbondano sostanze organiche, ossia i mattoni della vita, non solo, ma sembra che l’acqua sia una costante su gran parte dei pianeti rocciosi extrasolari fino ad oggi scoperti. La vita, anche secondo la teoria scientifica della “Panspermia cosmica”, è presente in tutto l’universo, ma essa si manifesta, partendo da semplici molecole organiche, quando trova “terreno fertile” su cui impiantarsi e svilupparsi.

Quindi asteroidi e comete possono portare la vita su pianeti che hanno le caratteristiche idonee alla vita, quindi nella fascia abitabile di ogni sistema solare, che vuol dire dove i pianeti orbitano ad una distanza dalla loro stella tale da consentire all’acqua di non ghiacciare o evaporare, ma di rimanere allo stato liquido. 

Si sa che ogni forma di vita primordiale trova l’ambiente adatto a svilupparsi soprattutto se immersa in sostanze acquose o comunque liquide. Quindi potrebbe valere il fatto che ogni sistema solare abbia uno o più pianeti predisposti alla vita o, dove la vita, come da noi, si è già sviluppata.

« Una volta che tutti i nostri tentativi di ottenere materia vivente da materia inanimata risultino vani, a me pare rientri in una procedura scientifica pienamente corretta il domandarsi se la vita abbia in realtà mai avuto un'origine, se non sia vecchia quanto la materia stessa, e se le spore non possano essere state trasportate da un pianeta all'altro ed abbiano attecchito laddove abbiano trovato terreno fertile. » - Hermann von Helmholtyz (1821-1894 medico e fisico)

Secondo l’antica saggezza dei monaci tibetani, le stelle creano la vita senziente perché questa a sua volta alimenta le stelle stesse.

E allora? Crediamo ancora di essere i padroni assoluti dell’Universo?

Ennio La Malfa