𝐕𝐚𝐫𝐢𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐔𝐦𝐚𝐧𝐚 è innanzitutto una 𝗣𝗼𝘀𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲, un salto che genera 𝗙𝗿𝗮𝗺𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝗢𝗿𝗴𝗮𝗻𝗶𝘇𝘇𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲. E’ una Posizione Viva, in continua trasformazione e riflette l’evoluzione delle nostre coscienze.
martedì 31 agosto 2021
Una 𝐕𝐚𝐫𝐢𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐔𝐦𝐚𝐧𝐚 evolutiva è possibile...
lunedì 30 agosto 2021
Mondeggi (Firenze), 17 settembre 2021 - Coordinamento per l'Agricoltura Contadina
INCONTRO NAZIONALE DELLA CAMPAGNA POPOLARE PER L'AGRICOLTURA CONTADINAMONDEGGI (FI) - 17 SETTEMBRE 2021ORARIO 10-18 (pausa pranzo 13-14) | |||||||||||||||
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domenica 29 agosto 2021
Abruzzo. Esperimento bioregionale nella "casetta del nibbio"
Quando una persona scopre all'improvviso qualcosa che sente di dover fare, cambia, si converte in una persona completamente distinta. Comincia a cercare il luogo ed il posto nel quale deve stare. E questo è importante, perché ognuno può realizzare ciò che deve realizzare, solo quando anche agli altri lo realizzano. È come una catena magica: solo io posso occupare il posto che mi spetta se le persone intorno occupano il loro, altrimenti non si può... Se ognuno vive nel suo luogo bioregionale e concretizza ciò per cui è destinato, il suo progetto, i suoi ideali, sta aiutando anche gli altri nella loro realizzazione.
Casetta del Nibbio è un luogo di questi dove ci si può riconnettere con il proprio destino ed in passato è stato luogo d’incontro di tanti sogni e tanti progetti. Da 4 anni vive grazie a “custodi” di passaggio in cerca della persona che si innamorerà definitivamente del posto, cioè per chi stesse cercando uno spazio di vita incontaminato, tranquillo e a stretto contatto con la Natura.
La casa si trova a sud dell'Abruzzo in una zona piuttosto incontaminata e tranquilla dove vi è prevalenza di bosco misto (querce, ornielli, carpini e vegetazione mediterranea) oltre a uliveti, vigne, pascoli e seminativi. È situata a 20 minuti in auto dal mare Adriatico, 1 ora dal Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise e 1 ora dal Parco Nazionale della Majella.
Oltre alla casa principale (68 mq) che ha un salone con angolo cucina, uno spazio soppalcato per dormire ed il bagno, vi è una costruzione in terra cruda (25 mq) adibita a camera da letto e dotata di forno a legna. Un garage semi-interrato (27 mq) fa da laboratorio e dispensa, ma può essere utilizzato anche come rimessa. Un sottotetto da magazzino. In oltre vi sono un paio di tettoie e una stalletta come ulteriori spazi al coperto.
Nella casa principale vi è una stufa ad accumulo di massa in terra cruda. Esternamente un impianto di raccolta acqua piovana riempie due cisterne per un totale di circa 26 metri cubi d'acqua.
Attorno alla casa per tre lati vi è il bosco. Sotto il bosco vi è un frutteto con circa una cinquantina di giovani alberi da frutto per lo più composto da varietà antiche. Un canale porta acqua piovana normalmente da settembre a giugno, mentre delle cisterne la accumulano per le esigenze estive. La casa dispone di acqua dall'acquedotto ed ha un impianto fotovoltaico per l'approviggionamento di corrente.
Non vi aspettate una villetta di queste moderne senza personalità, ma una semplice ed umile casa, con qualche rattoppo da fare ed i segni dell’età, impregnata delle centinaia di persone che da lì sono passate e da lì sono ripartite, a volte, con valide ispirazioni. In zona i locali saranno felici di vedere nuovi abitanti e di avere uno scambio di talenti. Un gruppo di riabitanti si è costituito già da anni con incontri ed iniziative periodiche, mentre nei paragi sta per germogliare un seme per la creazione di un Biotopo di Guarigione.
sabato 28 agosto 2021
Per salvare il Pianeta non serve una "guerra sociale"... basta un po' di discernimento!
venerdì 27 agosto 2021
Bioregionalismo e riequilibrio ecosistemico con metodi naturali...
L’acqua, la terra e l’aria sono inquinate e di questo si fanno forti le grandi case chimiche e farmaceutiche!
E’ innegabile che un prodotto sintetico confezionato in qualunque laboratorio del mondo possa presentare esattamente gli stessi componenti chimici, la stessa cosa non si può dire di una pianta che cresce in un terreno che contiene o può contenere diossina, piombo, arsenico, altro; irrigato con acqua che contiene alcuni di questi inquinanti o altri; soggetto a piogge acide o comunque tossiche a causa dei gas e delle sostanze presenti nell’aria inquinata e senza escludere altri inquinanti provenienti dal dilavamento del terreno.
Gli stessi problemi si pongono per qualunque coltura, incluse quelle alimentari biologico compreso, ma questo aspetto appare non essere notato e certamente non saranno i produttori di concimi e pesticidi a renderlo di pubblico dominio.
Bonificando acqua terra ed aria si può avere un vero risultato biologico (naturalmente non utilizzando gli OGM). Andrebbero fatte ricerche serie per verificare di quali sostanze una pianta ha bisogno, della sua capacità di assorbire o meno sostanze non necessarie o dannose al suo sviluppo e quanto gli effetti sulla pianta derivanti da tale assorbimento possano essere dannosi o addirittura benefici per la salute umana.
Una volta si trattava la terra, oggi bisogna trattare con la terra e con l’acqua, bisogna portare sulla terra e sull’acqua i laureati, i ricercatori in questo grande laboratorio che è l’ambiente naturale, per catalogare i microorganismi, le acque, per monitorare i comportamenti di ogni organismo vivente di qualunque fenomeno indicatore di squilibri negli ecosistemi per potere intervenire in tempo o meglio prevenire.
Abbiamo pochi laureati e diversi di quei pochi sono disoccupati o occupati in campi non coerenti col titolo acquisito, questa carenza va colmata, ma frattanto si rende necessario utilizzare le opportunità che la natura generosamente ci offre.
Ad esempio potremmo combattere l’inquinamento da gas serra, incrementando la produzione di vetiver in quanto ogni pianta assorbe 3 kg di anidride carbonica, queste imprese si potrebbero dedicare alla bonifica di terra aria ed acqua per ottenere un vero prodotto biologico e le piante officinali avrebbero vita più facile.
Come noto il vetiver bonifica acqua, terra ed aria e contribuisce al riequilibrio degli ecosistemi, alla salvaguardia della biodiversità ed alla ricomparsa di organismi viventi scomparsi a causa di attività antropologiche o di eventi naturali straordinari.
Uniamo le forze e le competenze, non giochiamo ad essere i primi della classe, rivolgiamoci con umiltà alla forza vitale che governa il mondo e ci sostiene nonostante noi stessi.
La natura ci viene incontro per risolvere i problemi e per guardare ad un futuro sostenibile, possiamo affrontare l’argomento della evoluzione agroindustriale, guardare alle soluzioni naturali a costi contenuti, che talvolta non vengono considerate da chi si batte per risolvere i problemi, come se la fine del problema decretasse la fine di chi l’ha posto e sottoposto all’opinione pubblica e non la sua vittoria sul problema.
Chi lavora in campagna coniuga i propri interessi con quelli della comunità umana.
Chi gestisce potere potrebbe cominciare con le piante officinali con la mira di estendere la cosa alle piante alimentari indicando gli OGM e altri artefici come soluzione.
Occorre proporre una alternativa equa e sostenibile che possa essere praticata dal basso.
In sintesi, ritengo che raggiunta una visione comune dobbiamo anche mettere insieme le competenze per presentare progetti finanziabili che possono essere predisposti insieme e adottati da giovani volenterosi e amanti della natura, per dare anima e corpo al cambiamento di rotta.
Benito Castorina
giovedì 26 agosto 2021
Stimolazione magnetica e interferenze cerebrali nell’uomo…
Di seguito trovate una notizia a proposito della possibile modificazione psichica attraverso la stimolazione magnetica. Questa notizia è interessante perché questo tipo di stimolazione potrebbe essere incorporata in oggetti di uso comune nel prossimo futuro, come una nuova generazione di computer in grado di leggere il pensiero, oppure altri “innocui” giocattoli per bambini che leggono le onde cerebrali, per non parlare del possibile utilizzo tramite nuovi telefoni cellulari appositamente modificati (o addirittura attraverso sostanze inserite nei vaccini n.d.r); interessante a questo proposito constatare che la zona individuata è “appena dietro e sopra l’orecchio destro”, zona che è molto vicino a dove noi teniamo solitamente il cellulare quando stiamo parlando. La lettura del pensiero unita alla stimolazione magnetica in grado di influenzare lo stesso è il cocktail perfetto e definitivo per la moderna dittatura scientifica globale.
(Giuseppe Altieri)
Gli scienziati hanno dimostrato di poter cambiare il giudizio morale della gente interrompendo una specifica area del cervello con impulsi magnetici.
Essi hanno identificato una regione del cervello, appena dietro e sopra l’orecchio destro, che sembra abbia il controllo della moralità. Attraverso l’uso di impulsi magnetici che bloccano l’attività delle cellule, viene alterata la nozione di giusto e sbagliato dei volontari. Il piccolo studio del Massachusetts Institute of Technology è apparso in Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).
Il ricercatore Dr. Liane ha detto:”Voi pensate alla moralità come ad un comportamento davvero di alto livello”.
“E’ davvero sorprendente che l’applicazione di un campo magnetico ad una regione specifica del cervello sia in grado di cambiare i giudizi morali.”
La zona chiave del cervello è un nodo di cellule nervose conosciuto come giunzione temporo-parietale destra (right temporo-parietal junction – RTPJ). I ricercatori hanno sottoposto 20 volontari ad una serie di test volti a valutare le loro nozioni di giusto o sbagliato. In uno scenario ai partecipanti fu chiesto quanto fosse accettabile per un uomo lasciare attraversare un ponte a piedi alla sua ragazza, sapendo che questo è pericoloso. Dopo aver ricevuto un impulso magnetico di 500 millisecondi al cuoio capelluto, i volontari hanno espresso verdetti più sulla base del risultato finale piuttosto che sulla base del principio morale. Se alla ragazza veniva fatto attraversare il ponte in sicurezza, il suo ragazzo non veniva giudicato male. In effetti, essi non erano in grado di dare un giudizio morale che richiede la comprensione delle altrui intenzioni. Precedenti lavori dimostrarono che la RTPJ era altamente attiva quando le persone giudicano i pensieri e le credenze degli altri.
Corrente elettrica
Il team del MIT ha individuato la regione nei volontari con l’uso di una sofisticata scansione cerebrale attraverso risonanza magnetica funzionale (functional magnetic resonance imaging – fMRI). Ha poi preso di mira la zona con una tecnica chiamata Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), attraverso deboli correnti elettriche che impediscono temporaneamente alle cellule del cervello di lavorare normalmente.
In un test, i volontari furono esposti a TMS per 25 minuti prima della lettura delle storie che coinvolgevano personaggi moralmente discutibili, e veniva loro chiesto di giudicare le loro azioni. In un secondo esperimento, i volontari furono sottoposti a una più breve raffica TMS di 500 millisecondi mentre veniva loro chiesto di esprimere un giudizio morale.
In entrambi i casi i ricercatori hanno scoperto che quando veniva perturbata l’RTPJ i volontari erano più propensi a giudicare le azioni unicamente sulla base del danno causato – non se erano moralmente sbagliate in se.
Atti moralmente dubbi con un lieto fine sono stati spesso ritenuti accettabili. Sarah-Jayne Blakemore, un’esperta del cervello presso l’University College di Londra, ha detto che le conclusioni sono state illuminanti. “Lo studio suggerisce che questa regione – la RTPJ – è necessaria per il ragionamento morale.”
“Quello che è interessante è che questa è una regione con uno sviluppo molto tardo – nell’adolescenza e al di sopa dei 20 anni.” “Il passo successivo sarebbe quello di vedere come e se le modifiche dello sviluppo morale attraversano l’infanzia fino all’età adulta.”
BBC NEWS - traduzione: http://nwo-truthresearch.blogspot.com
martedì 24 agosto 2021
Bioregionalismo, ecologia profonda, spiritualità laica – Intervista di Lorenzo Merlo con Paolo D’Arpini
LM: Paolo, come sei definito dalle persone?
P D’A: Sderenato. Anzi mezzo sderenato, perché sono anche una persona abbastanza equilibrata e anche un po’ impegnata.
Ma mezzo sderenato penso sia una tua definizione di te stesso, le persone, come ti definiscono?
Se potessero conoscere il significato del termine mezzo sderenato credo che lo userebbero volentieri perché mi rappresenta.
Ma non conoscendolo?
Non conoscendolo forse potranno dire che sono un tipo particolare molto strano, un po’ mezzo sciroccato in sostanza, anche perché il mio modo espressivo si manifesta in questa forma.
In occasione della tua presentazione tenuta a Treia a una mia pubblicazione, ho scritto di te: “Uno dei referenti della ricerca umanistica, per non dire spiritualistica italiana”. In che termini ti calza? O non ti calza?
Ci sta perché nella ricerca spirituale non è importante ricoprire una carica autorevole anzi, è esattamente il contrario. Se noi andiamo a vedere la funzione che svolsero gli insegnanti, o santi, o maestri che furono, erano sempre sotto traccia. Poi dopo, successivamente magari, venivano portati in auge e descritti come chissà che, ma nel momento in cui vivevano la loro normale esistenza terrena, erano persone normalissime, probabilmente anche abbastanza emarginate. È un aspetto da tenere in considerazione.
C’è una sorta di piccola vanità – senza accezione negativa – nel ricordare questa similitudine?
Certo, senza accezione negativa. Perché effettivamente non ci si può vantare di essere un maestro. E se non c’ è il vanto, non c’è neanche l’esposizione di se stessi nel mondo; ne è una conseguenza. O perché si è magari incapaci di esprimere sentimenti, pensieri o, scusa la parola, insegnamenti. Non si può fare come se fosse un insegnamento cattedratico dove uno si erge a maestro. Il compito o la missione deve essere, o può essere, compiuto senza pretese, in una forma del tutto semplice e conviviale.
Quanto hai appena detto, ha dei legami con la tua educazione, la tua famiglia, la tua biografia diciamo giovanile?
Può darsi. Nel senso che devi sapere che la mia famiglia (dal lato paterno) era di origine ebraica. Durante il periodo fascista, per evitare i problemi che tutti possiamo immaginare, mio nonno decise di cambiare il cognome e di convertirsi al cristianesimo e così evitò di essere perseguito. In seguito a ciò, non è che la nostra famiglia fosse diventata cristiana, però era diventata laica. Nel senso che non seguiva più nessuna forma religiosa. Questo imprinting in qualche modo mi è rimasto, nonostante a quel tempo non è che fossi particolarmente consapevole di ciò che era avvenuto. In seguito ne venni a conoscenza e compresi il motivo per cui non c’erano particolari convenzioni religiose nella mia famiglia e ci si limitava nel perseguimento di un’etica umana. Tutto ciò è stato importante per me, perché non sono stato impregnato di una particolare religione. In seguito alla morte di mia madre fui invece mandato in collegio dai salesiani e lì cominciai ad apprendere anche qualcosa della religione cattolica. La novità mi prese però per breve tempo, nel senso che appena capii che il cattolicesimo non era altro che una sequela di dogmi e favole, capii che tutto sommato non faceva per me e quindi proseguii sulla strada della laicità. Nella prima parte della vita tutti i bambini vivono in una dimensione dove ciò che sognano si realizza, perciò se sognano di cavalcare nel cielo, prendono una scopa e la cosa si compie. E non possono che riferire di aver cavalcato nel cielo.
Quell’incanto quando si è interrotto per te? Ti ricordi il momento, o la circostanza o l’episodio che ha provocato l’infrazione?
L’interruzione avvenne per un fatto fortuito che improvvisamente mi rese consapevole della vacuità di ciò che appare. Avvenne tantissimi anni fa quando i miei si erano trasferiti a Trieste a causa di mio padre che lavorava nelle ferrovie. Ero un bambino piccolissimo, avrò avuto forse tre anni, o qualcosa di più. Una sera, voci sotto casa annunciavano lo spettacolo di un circo. La promessa dei miei genitori, che mi avrebbero portato a vedere lo spettacolo, accese – come sarebbe accaduto ad ogni bimbo – la mia eccitazione.
Mi ero piazzato sotto al tavolo e mi agitavo come fa un bambino che cerca di attirare la attenzione. Improvvisamente, alzandomi in piedi sbattei la testa e persi i sensi. O forse no, perché ricordo che ero perfettamente consapevole di ciò che stava accadendo. Tuttavia caddi a terra senza più riuscire a muovermi. Intanto però vedevo che i miei genitori mi prendevano, mi portavano a letto, cercavano di rianimarmi. Ero completamente cosciente e allo stesso tempo non compivo alcun gesto, alcun movimento.
Fu da quell’esperienza che mi resi conto, che ciò che consideriamo reale, non è la realtà come se fosse un oggetto, ma è soltanto uno stato interiore della consapevolezza. Quello stato permaneva nonostante l’apparente o effettivo svenimento. Quando riaprii gli occhi mi ritrovai in mezzo al mondo con questa consapevolezza. Per la prima nella mia vita mi accorsi di non essere nel mondo pur essendo del mondo, almeno in qualche forma.
Lungo il tuo percorso ti sei avvicinato alla dimensione altra, alla dimensione che la cultura non ci passa, chiamiamola genericamente spirituale. Pur condividendo la tua critica al concetto di insegnamento, hai avuto un maestro?
Da un punto di vista formale intendi?
Volevo arrivare a chiederti, da cosa è scaturita la tua ricerca spirituale?
È scaturita soltanto da esperienze vissute, non da trasmissioni consapevoli, di conoscenza se così vogliamo chiamarla. A parte l’apprendimento attraverso libri in cui magari venivo a conoscenza di una certa forma di spiritualità “altra” basata sull’autoconsapevolezza e sulla ricerca di sé. Ma quello era un accrescimento se vogliamo intellettuale. Dal punto di vista invece spirituale vero e proprio, quella conoscenza non può essere trasmessa sul piano intellettuale. Può essere invece assorbita soltanto attraverso una trasmissione diretta, attraverso un riconoscimento diretto. Potremmo chiamarlo energetico, vibratorio o estetico. Ed è esattamente il tipo di rapporto che ebbi in primis con il mio maestro spirituale. Con il quale scambiai pochissime parole, ma tutto quanto passò attraverso una trasmissione energetica, diretta, immediata. Non c’era assolutamente bisogno di spiegazioni perché la consapevolezza avveniva da sé. Usare il termine telepatia è limitante. Avveniva perché c’era un’osmosi totale, una totale condivisione. E quindi quello che passava era semplicemente ciò che veniva risvegliato. Non poteva proprio essere definito un insegnamento.
Da allora, dalla giovinezza ad oggi, sono passati diversi decenni. Puoi puntualizzare i passaggi della tua evoluzione, della tua ricerca?
Corrispondono alle fasi della vita. Nei periodi in cui la giovinezza ci rende più baldi, più fieri e più dediti all’agire, le forme di esperienza si manifestavano anche in modi concreti come attraverso ad esempio dei viaggi. Intrapresi infatti un lungo viaggio in Africa con mezzi di fortuna, spesso a piedi. Tutta l’Africa nera mi insegnò il ritorno alla presenza nella natura, mi sentii vicinissimo agli animali. Incontrai anche animali che consideriamo pericolosi come leoni, elefanti, scimmie soprattutto. Sono una forma di riconoscimento della nostra origine che ci fa capire quanto siamo loro affini.
Il momento in cui sei inserito ora, sul quale sei concentrato, si chiama spiritualità laica, ecologia profonda e bioregionalismo?
In questa fase è come quando si va avanti con l’età. A un certo punto si fa una sintesi di tutto quello che si è vissuto e che si è appreso attraverso l’esperienza. In qualche modo si chiama elaborazione e rielaborazione, memoria, visione all’interno e proiezione. Accade anche in forma di dialogo, come stiamo facendo in questo momento.
Magari, come negli anni trascorsi, quando non ero così propenso a un dialogo di questo tipo, che in qualche modo comporta anche una concettualizzazione se vogliamo così chiamarla, avevo uno spirito più poetico, scrivevo poesie o raccontini. Adesso invece per poter condividere non disdegno l’uso anche di terminologie che forse potrebbero essere definite intellettualismi, perché comunque è un modo per precisare il significato.
Mi viene in mente un amico, Massimo Angelini. Un giornalista anche lui, che ha scritto (e che abbiamo presentato qui a Treia) un libro dal titolo Ecologia della parola. In cui, attraverso il percorso etimologico, si scoprono i cambiamenti dei significati. Si da un valore alla parola attraverso la sua vera accezione. È uno studio sui significati reali che le parole hanno assunto nel tempo, senza mai trascurare l’accezione originale. Quindi, quando si parla di spiritualità laica – un tema sul quale scrivo da diversi anni per la rivista NonCredo – Il primato laico del dubbio, tengo presente che il primo punto della spiritualità laica è quello di non identificarsi con qualsiasi credo, con qualsiasi fede religiosa, perché la spiritualità laica non è soltanto una forma di laicità o di laicismo, è la spiritualità naturale dell’uomo. Quella che in forma di ecologia profonda possiamo definire l’intelligenza-coscienza, che ci consente di poter testimoniare la vita.
Tuttavia, nella spiritualità laica c’è una predilezione della relazione con la natura o addirittura un annullamento della relazione con la natura, a causa di un’identificazione di noi stessi come parte della natura.
Questo non è in qualche modo legato al paganesimo o all’animismo e perciò con un contenuto di fede?
Ci sono delle affinità. La differenza sostanziale è che nel paganesimo si faceva riferimento ad enti, ad entità reali rappresentative della natura. Quindi Genius Loci o, Spiritus Loci. Mentre invece nella spiritualità laica si tiene conto della valenza di tutti gli elementi viventi, o anche non viventi che però rappresentano una sostanzialità nella natura, ma non come forme di dignità altre, sono solo espressioni diverse della totale manifestazione naturalistica. Allora potremmo definire l’ecologia profonda una forma di naturalismo, ma nell’accezione in cui tutto è, non nell’accezione di una parcellizzazione delle forme.
Questa differenza delle forme è chiaro che esiste come esiste la differenza tra tutti gli esseri umani o fra tutto ciò che è vivente. Non c’è una foglia dello stesso albero che sia uguale all’altra. Non c’è un granello di sabbia su migliaia e migliaia di granelli che sia uguale all’altro. Ciò non toglie che tutti rappresentino la medesima sostanza, origine, madre. Questo è importante.
Per cui la spiritualità laica, è laica perfino nei confronti della spiritualità laica.
Proviamo a descrivere la natura o l’identità del Bioregionalismo e dell’Ecologia profonda.
Inizialmente il bioregionalismo aveva un carattere prevalentemente geografico. Adottava gli habitat naturali per suddividere le regioni della natura. Dava all’area considerata il titolo di entità organica. In quanto i suoi differenti abitatori, minerali, vegetali e animali si erano aggregati a mo’ di organismo unico.
Peter Berg è stato colui che s’è inventato la parola. Di lui ricordiamo Alza la posta. Saggi storici sul bioregionalismo. La sua scia è stata seguita da altri, tra cui Gary Snyder con La pratica del selvatico. Buono, selvatico, sacro e altri titoli.
Nel frattempo – la questione era iniziata negli anni ’60 del secolo scorso, negli Stati Uniti, connessa alla Cultura Beat – il bioregionalismo ha evoluto il suo contenuto andando praticamente a condividere il principio base dell’Ecologia Profonda, ovvero che c’è una sola vita, che tutto è sua espressione.
Ma il tuo stesso libro Sul fondo del Barile – Crisi sociale e recupero del sé o quello di Guido della Casa, Ecologia Profonda, sebbene, appunto, in chiave di ecologia profonda fanno riferimento alle espressioni della natura come differenze formali, tutte interdipendenti, di una sola vita. Come è per i vari organi di un organismo vivente. Solo successivamente interviene la descrizione degli organi specifici, ma sempre tenendo presente che esso, come tutti gli altri sono terminali della stessa natura. Una montagna, un fiume, un deserto, una pianura, cioè ogni cosa, ha la sua specificità, in cui la vita si manifesta in un certo modo, con forme differenti e con aggregazioni funzionali. Un’eventuale pan-ingegneria sarebbe disastrosa.
Siamo espressioni di un grande corpo dunque?
Questo grande corpo non è soltanto la terra. Di solito nell’ecologia profonda ci occupiamo del pianeta Terra, Gaia, come una forma vivente in se stessa no? Allo stesso tempo l’ecologia profonda compie un passo verso quello che potremmo definire anche panteismo, secondo la visione di Giordano Bruno, dove tutto quanto ciò che è Uno si manifesta in ciò che è in tutte le forme.
Rispetto a questi tre temi Spiritualità Laica, Ecologia Profonda e Bioregionalismo, e coniugando la tua ricerca e contemporaneamente la conduzione di un blog e di diversi siti dedicati a questi argomenti, pensi di avere il polso della diffusione di questi concetti e della cultura che implicano? Oppure, qual è la maggiore difficoltà o il più frequente equivoco in cui le persone rischiano di incappare nei confronti di questi temi che interessano lo Spirito e il Tutto? Il Tutto in che cosa viene colto, in che cosa viene equivocato?
L’equivoco si manifesta a tutti i livelli, ad esempio nell’ambito bioregionale, ricordo che tanti anni fa partimmo con La Rete Bioregionale Italiana (ufficialmente nata ad Acquapendente nella primavera del 1996) e con l’idea di diffondere il bioregionalismo. Se ne appropriò la Lega Nord per definire le bioregioni come ambiti etnici, dove la vita delle persone era praticamente condizionata dalla cultura locale e quindi dall’etnia che viveva in quel luogo. Questo è stato un fraintendimento, perché tutti noi bioregionalisti ci riconosciamo nel luogo in cui siamo nati o viviamo.
Quindi bioregionalista può essere anche una persona che non è nata nel luogo, ma che vivendolo lo riconosce come un’espressione di sé. A quel punto si integra completamente nel luogo. Ma non solo nel luogo, anche nella comunità con cui vive. E non solo quella umana, ma di tutti gli esseri viventi che vi partecipano. Per questo chiunque può essere bioregionalista in qualsiasi luogo, perché è soltanto un’apertura verso la presenza nel luogo. Questo è stato il primo fraintendimento.
Il secondo fraintendimento riguarda l’ecologia profonda. Come dicevi prima si fa quasi menzione a una sorta di New-age, dove tutto quanto è legato alla natura e i riti Wicca e questo e quell’altro.
Anche noi bioregionalisti organizziamo le celebrazioni dei vari equinozi e solstizi… ci sono determinati momenti dell’anno che vanno riconosciuti come importanti. Però non gli diamo un’importanza assoluta in quanto riconoscimento di una qualche divinità naturalistica. È soltanto un percorso da celebrare per essere felici di poter vivere nel momento in cui siamo. Un modo per riconoscere che altri, più belli o più brutti, hanno un loro significato e valore.
La maggior parte della gente, soprattutto quelli che fanno riti un po’, diciamo così, pagani, magari preferisce festeggiare il solstizio d’estate, ricordare i Celti, Stone Age e tutte le cose di quel genere, per contemplare la bellezza del sole nella sua pienezza. Ma altrettanto importante, chiaramente, è il solstizio invernale perché dopo la vita che si è richiusa ad approfondire le radici, risorge e pian piano ritorna ad esprimersi. Oppure l’equinozio di primavera, dove la vita ci riporta ad una bellezza. O quello d’autunno, come in questa occasione, dove condividiamo la consapevolezza che questa bellezza ha un grande valore.
Se in primavera di questo valore non ce ne rendiamo conto perché tutto quanto fiorisce, in autunno le cose che cominciano pian piano a scemare, hanno un significato più forte. Non a caso si dice che proprio l’autunno è il momento per la raccolta dei frutti migliori dell’uomo, per l’uomo. Come ad esempio la vite e l’ulivo. L’ulivo è simbolo di vita in assoluto, non soltanto in termini cristiani. La vite perché è quello spirito, il senso dello spirito e non a caso anche nella religione cristiana viene utilizzato il vino per la comunione.
Il mio pensiero è che il messaggio di Cristo abbia un grande valore, che i contenuti del cristianesimo abbiano un grande valore, mi riferisco per esempio non solo all’amore ma al perdono, soprattutto rispetto a quanto succede in altre religioni, dove il perdono è sostituito dalla legge del taglione. Il vero messaggio cristico più che cristiano, nella vulgata è andato perduto e sono rimasti quelli i dogmi, gli schemi, le gerarchie. Sei d’accordo con questa lettura? Sei d’accordo con il fatto che il cristianesimo abbia un grande annuncio da fare e l’ha fatto a suo tempo, del tutto frainteso, del tutto dimenticato?
Certamente sono d’accordo per quanto riguarda l’insegnamento del Cristo di cui noi abbiamo ricevuto soltanto briciole e anche travisate e manipolate. Sarebbe bella una ricerca, soprattutto per quanto riguarda dei messaggi più genuini di quelli che sono chiamati i Vangeli Apocrifi e anche dei famosi Rotoli di Qumran, dove c’è l’insegnamento esseno che corrisponde a quello cristico ma a lui antecedente. Comunque possiamo riscontrare che questa filosofia, continuiamo a chiamarla cristica, è sicuramente un messaggio innovativo all’interno di tutta una serie di impostazioni religiose che in quel periodo erano dominanti nel Medio Oriente mediterraneo.
Il senso del perdono che non è come viene inteso, un calcolo per sottrarci alle nostre responsabilità, come molti fanno nei confronti della confessione. Come stavo leggendo in un testo scritto da Franco Berrino, Daniel Lumera, David Mariani – Ventuno giorni per rinascere – Mondadori, dove il perdono è un reggente della guarigione se autentico amore.
Poi c’è il perdono razionale che calcola, che si considera valido per cancellare dalla nostra mente la tendenza alla recriminazione. E poi c’è quello emozionale, che è invece rivolto ad un perdono verso se stessi e quindi alla cancellazione anche del senso dell’offesa, perché si rivede nella trasposizione della posizione come: “è successo” e basta. E quindi non c’è neanche più bisogno del perdono.
Il perdono perciò corrisponde o è sovrapponibile a quello che la tradizione orientale ci tramanda come accettazione?
Io direi che è molto simile al concetto della compassione buddista. In quel caso la compassione equivale al perdono.
Quindi il perdono, la compassione, hanno un valore terapeutico nei confronti dell’individuo che riesce ad arrivare a quel livello per non ritenersi più offeso nell’orgoglio?
Certo non solo quello, ma è anche la porta di ingresso per poter accedere all’autoconoscenza. Perché poi essendo in grado di poterci identificare nell’altro attraverso il perdono, automaticamente siamo anche più propensi ad accettare noi stessi per quel che siamo e quindi siamo in grado di poterci vedere sempre più in profondità, fino a superare quel velo dell’illusione che ci fa identificare con un nome e una forma. Quel vedersi sempre più in profondità è ulteriormente terapeutico. Beh a quel punto direi che la terapia scompare. Fino ad un certo punto ci può essere, fino alla psicologia transpersonale noi possiamo intuire che c’è un percorso attraverso l’approfondimento, ma poi c’è una fase successiva che non può essere più razionalmente analizzata e quindi non ci può essere più neanche una terapia. Se vogliamo intraprendere un percorso in cui piano piano ci liberiamo della zavorra e dalle sovrastrutture è comunque corretto interpretarlo come perdono-terapia. Le vie spirituali, se sono sincere ed oneste tutto sommato danno questo indirizzo. Nel Taoismo, c’è l’abbandono. Pian piano impariamo a rilasciare ciò che ci aveva fatto assumere una posizione, che ci faceva considerare particolarmente benedetti, fino al punto di pensare di essere in grado di poter decidere, per la natura, per la vita, per gli altri esseri senzienti. Quindi fino a farci credere nel nostro egoismo.
Intervista rilasciata a Treia il 21 settembre 2019