Palazzo comunale di Treia
Ieri mattina, 14 marzo
2013, avevo ricevuto una mail da Andrea Mozzoni, un consigliere
comunale di Treia che si occupa di attività culturali, in cui mi
invitava ad una conferenza che si sarebbe tenuta la sera stessa al
Comune dal titolo “Tibet, il cuore ferito dell'Asia”. Ho trovato
un po' strano che un tema simile venisse trattato qui a Treia, non
avevo mai sospettato che potesse esserci interesse per cose così
distanti, visto anche che l'incontro si svolgeva all'interno dei
festeggiamenti per San Patrizio, il patrono di Treia (di cui vi ho
già parlato in una precedente storiella, vedi: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/search?q=san+patrizio++treia).
La conferenza veniva
annunciata per le ore 21.00 e voi sapete che io sono una specie di
cenerentolo, quando cala la sera, mi ritiro e non metto più il naso
fuori. Ma trovando comunque interessante l'argomento ho chiesto
consiglio a Caterina la quale, ovviamente, mi ha incoraggiato ad
andare...
Più tardi, durante la
passeggiata del tardo pomeriggio, passando per la piazza principale
del paese, ho incontrato per strada lo stesso Andrea il quale mi ha
rinnovato a voce l'invito a partecipare. Ho mormorato qualcosa senza
dare un'assicurazione precisa ma poi alle 21, dopo aver mangiato
due mele per cena, ecco che mi son trovato nella bella sala
consiliare dove c'erano già i relatori pronti a ricevere il
pubblico. A dire il vero in quel momento di pubblico ero il solo
presente... Tant'è che abbiamo potuto presentarci e scambiarci
qualche convenevole.
Nyima Dondhup, il
rappresentante della comunità tibetana in Italia, mi ha detto “..sei
arrivato perfettamente in orario...!” E per una bella mezz'ora sono
stato lì seduto in attesa degli eventi, quasi temendo che -come era
accaduto una volta a Calcata quando recitavo con il gruppo del
Cinabro- i relatori dovessero indirizzare il loro repertorio solo
verso la mia persona...
Paolo D'Arpini, in veste cinese, che recita al Teatro Cinabro
Così fortunatamente non è stato, infatti
pian piano alla spicciolata sono giunte una ventina di persone,
sindaco compreso. Ed a quel punto si è dato il via all'incontro.
Ha iniziato Claudio
Cardelli, presidente dell'Ass. Italia-Tibet, il quale ha mostrato un
documentario girato in diversi momenti storici sul “Tetto del
Mondo”, commentando i fatti avvenuti che portarono all'occupazione
cinese ed alla fuga del Dalai Lama in India, nel 1959. Soprattutto
crude e shokkanti le immagini dei bonzi che si davano fuoco per
protestare contro l'oppressore. Di questi fatti e di altri retroscena
ha poi parlato lo scrittore Carlo Buldrini, che ha voluto anche
ricordare le figure di due maceratesi illustri, Matteo Ricci e Giuseppe Tucci, in particolare quest'ultimo studioso si
interessò alla cultura dell'estremo oriente e molto contribuì alla
conoscenza delle società e religioni indiane, tibetane e nepalesi
(ed anche di questo ve ne parlai in precedente racconto vedi: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/search?q=giuseppe+tucci).
Dopo un
excursus personale della sua trentennale permanenza in India, a
studiare i reperti architettonici e la matrice storica del buddismo, Buldrini ci ha parlato dei numerosi approcci avuti con gli esuli
tibetani che lì vivevano, venendo così a conoscere parecchi
retroscena, vissuti dal vivo, di come si era svolta la lotta del
popolo tibetano nel vano tentativo di recuperare la propria
autonomia. Prima con la rivolta armata portata avanti da
guerriglieri irriducibili poi -dietro ordine del Dalai Lama- con le
azioni nonviolente e con la diplomazia.
Eppure le immagini
precedentemente viste nel documentario, comprese le torce umane dei
bonzi auto-immolati, davano una forte impressione di violenza -mi è
venuto da pensare- ma il dubbio è stato subito fugato dalle
spiegazioni di Boldrini che ha menzionato come “durante i
disordini avvenuti a Lhasa nel 2008 alcuni tibetani avevano
saccheggiato i negozi dei commercianti cinesi ma nulla era stato
rubato, le merci venivano ammassate nella strade e poi incendiate,
esattamente come fece Gandhi, l'apostolo della nonviolenza, nel 1921
bruciando gli abiti confezionati in Inghilterra per protestare contro
l'occupazione inglese e contro l'importazione in India di una cultura
e di un sistema economico che non erano autoctoni.
In Tibet vivono 6
milioni di tibetani e la loro cultura viene distrutta dalle continue
ingerenze coloniali e sfruttatrici del governo cinese ciò
nonostante non c'è guerriglia per le strade, non ci sono attentati
dinamitardi né kamikaze, è molto viva invece una campagna di recupero della
propria tradizione ed identità che i tibetani portano avanti con
iniziative pacifiche, come ad
esempio il "mercoledì tibetano" in cui tutto si manifesta in piena
sintonia con la “tibetanità”: cibo, lingua, vestiario, etc.
I
bonzi che si danno fuoco? “Essi uccidono se stessi e non le
guardie cinesi” ed a questo punto -lo stesso Buldrini- ha
ricordato come nella tradizione buddista ci sia stato l'esempio di
auto-immolazione di alcuni santi che per il bene della comunità si
sono sacrificati rinunciando alla loro propria vita...
Un po' ci ricorda il
sacrificio di Gesù.. Peccato che in occidente questo spirito nobile
sia andato perso.. svenduto per valori monetari... Come ha fatto
notare in un suo intervento Nyima Dondhup.
Al termine della
conferenza, di fronte ai pochi astanti commossi e silenziosi sino
alla fine, lo stesso Nyima ha offerto al sindaco di Treia, Luigi
Santalucia, la bandiera tibetana chiedendogli di esporla in piazza
almeno un giorno all'anno. Per finire sono state offerte delle
sciarpe bianche in segno di pace ai rappresentanti del Comune.
Una curiosa coincidenza,
anch'io quella sera senza sapere di questo finalino indossavo una
bella sciarpa bianca...
Paolo D'Arpini
Torre Onglavina di Treia - Notturno
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