Riguardo all'agricoltura contadina in poche parole direi che il giusto
sta nel mezzo e che bisogna considerare vari fattori: economici
(purtroppo sono quelli che condizionano di più il tutto), ma anche
sociali, politici, pratici e anche spirituali?
L'agricoltura perché è in crisi?
Perché i prodotti dell'agricoltura, nei paesi in cui vige il benessere
materiale, hanno perso sempre più valore a scapito di altri beni,
sempre materiali, che ne hanno acquistato uno sempre maggiore e penso
prima di tutto, a quelli tecnologici, beni che richiedono un consumo
di altri beni (territorio, energia) sempre maggiori.
Da qui la diminuzione dei campi lasciati incolti, tenuti come pascoli,
coltivati a cereali od orticole e frutta.
Del resto, la frutta e i pomodori, tanto per fare esempi eclatanti,
ogni anno vengono distrutti o lasciati marcire sulle piante perché,
per questo benedetto (maledetto) mercato il gioco non vale la candela,
la raccolta e il trasporto non vengono ripagati dal ricavato. Vengono
invece impiegati terreni ex agricoli, per impiantare pannelli
fotovoltaici o coltivare colza. Lasciamo perdere il discorso degli
allevamenti intensivi.
Quando è iniziata la meccanizzazione del lavoro ed ora
l'informatizzazione sarebbe diminuita la necessità di lavorare
fisicamente (ed anche temporalmente) invece più o meno si lavora come
prima e quindi è necessario produrre beni per far lavorare persone e
quindi altre persone devono essere incentivate ad acquistare questi
beni, poi c'è la globalizzazione, scarpe prodotte nel terzo mondo che
costano meno di quelle prodotte in Italia e quindi altra sottrazione
di lavoro per noi.. insomma é un casino.
Comunque ritorniamo al discorso iniziale: i prodotti agricoli, tranne
qualche prodotto particolare costano sempre meno in proporzione, da
cui l'abbandono del mestiere del contadino tradizionale.
Di contro si sta sviluppando una nuova figura di "contadino
alternativo" che ha con la terra un rapporto di amicizia, di amore e
complice il fatto di un desiderio di ritornare ad una vita in sintonia
con la natura, vorrebbero vivere in semplicità, dei frutti del loro
lavoro, svolto con cura, ma in quantità modeste, senza dover
affrontare la moltitudine di balzelli burocratici e pseudo sanitari,
quando questi produttori produrrebbero come si faceva in casa una
volta o poco più e con la stessa cura che utilizzerebbero per produrre
per sé.
Secondo me c'è lo spazio per l'uno e per l'altro e ce ne sarà sempre
più, in questo momento di crisi e nella eventuale ulteriore crisi
futura dovuta all'impoverimento delle riserve di combustibili fossili
e di altre fonti energetiche non rinnovabili.
Il cibo diventerà un bene, ritornerà anzi, un bene IMPORTANTE, al
quale dare il giusto valore, anche in funzione di un recupero di uno
stato di benessere inteso proprio come salute del genere umano che per
troppo tempo si è "accontentato" di cibarsi di prodotti ottenuti da
terreni impoveriti e contaminati da prodotti tossici, da liquami, con
un'aria e piogge piene di gas di scarico, di fumi di fabbriche e di
riscaldamenti domestici, da animali allevati in condizioni stressanti,
al limite della sopravvivenza, che non sopravvivono se non riempiti di
antibiotici.
Se torniamo ad un'alimentazione naturale, basata principalmente sui
prodotti della terra, avremmo tutti da mangiare e senza bisogno di
ricorrere a tante sostanze di sintesi.
In questo mondo il mestiere del contadino potrebbe diventare quello
più importante e ben pagato o comunque tale da dare a tanti piccoli
operatori da che vivere più che dignitosamente, senza bisogno da parte
delle Asl di fare tanti controlli.
Caterina Regazzi, referente per agricoltura e zootecnia della Rete
Bioregionale Italiana
(Fonte: http://www.terranuova.it/Blog/
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