Il rapporto di ISPRA “Monitoraggio nazionale dei pesticidi nelle acque. Indicazioni per la scelta delle sostanze” si inserisce a pieno titolo nell’ambito della regolamentazione dei pesticidi perché il Piano di Azione Nazionale previsto dalla Direttiva CE sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi definisce compiti e scadenze per il monitoraggio.
Le Regioni inviano a ISPRA, che svolge un ruolo di indirizzo tecnico-scientifico, i risultati del monitoraggio che vengono successivamente elaborati e valutati dall’Istituto, tenendo sempre come riferimento il contesto della normativa per la tutela delle acque.
Lo scopo di questo rapporto, a copertura nazionale, è quello di individuare lacune nella fase autorizzativa e effetti negativi nella fase di utilizzo, di fornire informazioni sulla qualità delle risorse idriche rispetto alla contaminazione da pesticidi e di seguirne l’evoluzione
Dal punto di vista normativo, i pesticidi si dividono in due famiglie:
- prodotti fitosanitari utilizzati in agricoltura
- biocidi, impiegati in vari campi di attività (disinfettanti, preservanti, pesticidi per uso non agricolo, ecc.).
Poiché sono circa 400 le sostanze impiegate in agricoltura in vaste aree di territorio, il monitoraggio dei pesticidi risulta essere molto complesso.
La conoscenza dell’effettivo consumo di prodotti fitosanitari e delle aree di utilizzo sarebbe il necessario punto di partenza per l’individuazione delle sostanze nella pianificazione del monitoraggio perché questi dati sono indicatori della pressione antropica e della possibilità di contaminazione ambientale. Purtroppo però, in assenza di un sistema di rilevazione dei consumi effettivi, si può solo far ricorso ai dati di vendita che l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) elabora annualmente sulla base delle dichiarazioni delle ditte che li producono e commercializzano.
Nel 2014 sono stati immessi in commercio circa 130 mila tonnellate di prodotti fitosanitari, con un contenuto di principi attivi pari a circa 59 mila tonnellate. Il 62,1% dei principi attivi sono fungicidi, seguono i “vari”- fumiganti, i fitoregolatori, i molluschicidi, i coadiuvanti, etc.- (14,8%), gli erbicidi (13,1%), gli insetticidi e acaricidi (9,4%) e i biologici (0,5%).
Dal 2001 al 2014 c’è stata una sensibile diminuzione delle quantità messe in commercio, i formulati sono diminuiti del -12% e i principi attivi hanno avuto un calo più marcato del -22,2%. La diminuzione è anche più sensibile per quanto riguarda i prodotti più pericolosi, tendenza favorita dagli orientamenti della politica comunitaria e nazionale.
Con il passare degli anni la rete di monitoraggio si è molto rafforzata, nondimeno resta un forte divario fra le regioni del nord e quelle del centro-sud, inoltre vi è la necessità di un aggiornamento continuo che includa l’utilizzo di nuove sostanze.
Nel rapporto vengono prese in considerazione non solo le sostanze che hanno una rilevanza normativa ma anche quelle che non la hanno e quelle che sono “candidate alla sostituzione” ai sensi del Regolamento 1107/2009; vengono inoltre forniti i dati di vendita da cui si possono dedurre i carichi sul territorio e sono analizzate le caratteristiche di pericolo delle sostanze tenendo conto della classificazione europea del Regolamento 1272/2008 concernente classificazione, etichettatura e imballaggio delle miscele.
Il report prende in esame anche altre caratteristiche di pericolo, come quelle delle sostanze persistenti, bioaccumulabili e tossiche o molto persistenti e molto bioaccumulabili e quelle degli interferenti endocrini, che, pur non avendo una classificazione specifica, sono di particolare rilevanza sanitaria e ambientale perché definite sostanze “estremamente preoccupanti” nel quadro regolamentare europeo.
Rispetto al passato, in questo studio sono stati presi in considerazione anche i biocidi e viene data un’importanza significativa ai prodotti di degradazione, tuttora poco considerati nei programmi di monitoraggio; infine un capitolo è dedicato alle miscele di sostanze perché è ampiamente riconosciuta la necessità di tenere conto dei possibili effetti cumulativi.
Il rapporto fornisce importanti informazioni sulle combinazioni e sulle frequenze delle miscele e di questo si dovrebbe tenere conto nella programmazione del monitoraggio, includendo le sostanze che possono determinare effetti rilevanti nelle combinazioni più frequentemente riscontrate nelle acque.
Gli esperti ribadiscono però che il ritiro dal mercato può non risolvere i problemi di contaminazione dovuti all’uso passato delle sostanze, come dimostrano i dati di monitoraggio, mentre le valutazioni previsionali dell’esposizione risentono della carenza e dell’estrema variabilità dei dati disponibili.
(Fonte: Arpat)
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