...su Radio3 un dibattito surreale. Scienziati dell'antropologia e della società sostengono che la pandemia ha innescato un processo per cui le città si svuoteranno e i "villaggi" e i "borghi" delle aree interne si ripopoleranno di gente che andrà lì a fare lo smart working, perché nei centri delle aree interne le case costano meno e la qualità della vita è migliore. Lascio da parte l'ideologia dello smart working, su cui c'è già tanta letteratura critica che mostra come tale modalità altro non è che uno degli attuali strumenti usati per lo smantellamento dei contratti collettivi, l'abbassamento dei salari, la rottura dei legami e della solidarietà, l'aumento dei carichi e dei ritmi di lavoro, l'aumento dell'individualismo e dello sfruttamento. La cosa che mi ha colpito è un'altra: il messaggio ideologico che passa sotto traccia.
Secondo questi scienziati, infatti, l'emigrazione dalle aree interne verso le metropoli e da sud verso nord (accelerata prima durante il boom economico e ora, dagli anni 90, con la globalizzazione) sarebbe causata non da una organizzazione produttiva che - con buona pace delle retoriche sulla "società post-industriale" e sulla "società della conoscenza" - continua ad aver bisogno di concentrare in determinati luoghi forza-lavoro migrante impiegata ancora secondo i peggiori canoni del vecchio taylorismo (mansioni sottopagate, ripetitive, alienanti, ecc.), ma dal fatto che gli abitanti dei "villaggi" e dei "borghi" non sarebbero così intelligenti, così evoluti e così kompetenti da scegliere o inventarsi lo smart working, da fare restando in quei posti così tanto belli.
Ci sarebbe quindi un'umanità "inferiore", costretta dalla sua ignoranza e dalla sua condizione di inferiorità all'emigrazione dalle aree interne, e c'è un'umanità "superiore", evoluta e capace di fare lo smart working che - proprio in quanto tale - potrà lasciarsi alle spalle la situazione di alienazione e invivibilita della metropoli capitalista ripopolando così i centri tanto belli delle aree interne (dove porterà, ovviamente, progresso e civiltà). Questa narrazione è falsa e tossica. Innanzitutto, i nostri non sono "villaggi" o "borghi", e noi non siamo né "villici" né "borghesi". I nostri sono paesi e noi siamo paesani (omaggio a Savino Monterisi) In seconda battuta, non è vero che qui la vita costa meno.
Costeranno meno le case. Ma provate a vivere solo qualche mese senza scuole, medici e ospedali, senza servizi sociali e pubblici, per gli anziani e l'infanzia, senza uffici amministrativi e personale tecnico, senza servizi postali, senza manutenzione ordinaria di strade, ponti, edifici, viadotti, reti idriche, territorio, ecc., e vi accorgerete che le cose non stanno come vengono raccontate: vivere qui costa proprio perché c'è il deserto.
Questo duplice flusso migratorio - da e verso "borghi" e "villaggi" - è dunque un tipico fenomeno di classe: chi parte, se ne va perché costretto dall'assenza di lavoro, di servizi, di prospettive e di possibilità di vita; chi arriva, invece, è colui che ha un buon reddito e che può permettersi economicamente di abitare in zone dove tutto ciò che occorre per vivere "normalmente" lo paghi di tasca tua.
A questo prezzo, ti godi il bello, il buono e il benessere di "borghi" e "villaggi" (che tendono così ad assomigliare sempre più a oasi turistiche per ricchi e benestanti). Lo smart working non c'entra niente. A me sembra un processo classista e razzista di mercificazione e valorizzazione in senso capitalistico delle aree interne (ai "nostri", del resto, continuano a ripetere: andatevene, qui non c'è futuro)" aggiungo che in Francia è uguale uguale e che fenomeni di gentrificazione rurale sono già in corso...argh!
Edoardo Puglielli
Commento di Filippo Tronca:
Condivido però in parte l'affermazione secondo la quale il ritorno nei paesi sia ad appannaggio "per colui che ha un buon reddito e che può permettersi economicamente di abitare in zone dove tutto ciò che occorre per vivere "normalmente" lo paghi di tasca tua"
Ci sono non pochi braccianti cognitivi del terzo millennio che si sono trasferiti a vivere nei paesi, grazie alla possibilità di lavorare a distanza con un pc, e non per pascolare le pecore o a fare il fabbro e lo scalpellino. Questo perchè se è vero che mancano servizi essenziali, e i problemi in un paese sono tanti e irrisolti da decenni, ci sono anche vantaggi. Solo per per restare nella mia vallata: una coppia ha comprato una casa molto bella a 55mila euro, mesi da parte in anni di sacrifici, con cui in città ci compri giusto un garage, e lei lavora a distanza con l'universìtà, portando in paese bellezza e intelligenza. Un dipendente a 1.300 euro al mese di un agenzia immobiliare lavora ora distanza e va a Roma giusto 3 volte al mese (molto malvolentieri), ed è molto contento della scelta anche dal punto di vista economico. Idem altre due persone di cui so per via indiretta. Ci sono poi fantastici ragazzi, freschi di accademia andati in paese perchè "se devo fare il disoccupato, esercitare l'arte dell'arrangiarsi e campare d'aria, beh' meglio l'aria pura". E qualcuno di loro, ebbene si ha trovato lavoro in paese, in una macelleria, in un vicino teatro, con il comune. Potrei fare molti esempi, il mio compreso. In tutti i casi a pesare sula scelta è il costo molto più basso della casa, sia da comprare che da affittare, ma anche la possibilità di avere un orto, e financo le galline, di scaldarsi con la stufa e camino, e non è poco con il costo del gas che sta raddoppiando facendo piombare il Paese nella stagflazione, nella sostanziale indifferenza. Per fare una cosa nuova. La socialità della città, le opportunità che offre, quello che ti serve, e pure le apericene, se proprio se ne sente l'esigenza, le trovi poi a 30 40 minuti di macchina, visto che non parliamo di villaggi nepalesi a sei giorni di asino e sentieri da Katmandù. In realtà lo smart working sta creando una opportunità in più per l'esercito di lavoratori poveri, per le classi subalterne del tardo capitalesimo, e sono in potenza un fattore di buon ripopolamento, che sarò un romantico ebete, per me resta una ragione di vita. Non saprei dire nemmeno davvero perchè. Le condizioni contrattuali del lavoro a distanza sono un discorso a parte. Ed è importante che ci siano persone residenti, abitanti e non turisti o viaggiatori saltuari che dir si voglia, in un paese, perchè questo pone un freno al trasformare i paesi in villaggi turistici rural chic, (non uso il termine gentrificazione, perché secondo me va predicato alle città dove c'è la polarità centro-periferia, e dove si innescano meccanismi di cacciata dalle parti di città riqualificate, del popolino puzzone e straccione. In paese chi ci è sempre vissuto, è quasi sempre proprietario della sua casa, non si capisce dove lo devi cacciare e come). Si potrebbe ipotizzare in conclusione che la residenzialità non di élite, ma di gente normale, ovvero sfruttata e sottopagata, favorita anche dallo smart working è antagonista al b&b, alla spa, alla casa vacanza, al negozietto di souvenir e alla peste delle seconde case aperte solo una settimana l'anno.
Commento di Ferdinando Renzetti: "infatti vivo al quinto piano di un palazzo nel centro di Pescara e ho tutti i servizi a portata di mano, scuole, ospedale, stazione, mare, negozi, senza usare mai l’auto, mercati rionali, parchi, marciapiedi... mi sento un privilegiato! c'è una lunga strada parco sorta di bosco in citta meravigliosa e a circa un chilometro una enorme pineta riserva naturale….
Appunti del gruppo di lavoro di qualche anno fa in Salento, a Melpignano, durante il convegno “dia.logos” sull’idea di comunità ideale, per ricostituire tutti assieme uno affianco all’altro un “core” dove trovare senso di protezione comunità e appartenenza.
Capanna urbana: uomo casa ambiente comunicazione, informazione in formazione. habitat abito abitazione abitacolo. Capanna urbana come protezione e punto di vista ideale sulla realtà quotidiana che ci circonda. La vera capanna urbana, abitacolo, navicella è l’automobile dalla quale riusciamo a percepire il vero rapporto tra l’uomo e lo spazio circostante: processi territoriali geografia antropica e antropologia del quotidiano.
Dia.logos: visione d’insieme come nodi e tessere che possono espandersi sul territorio in un percorso di coinvolgimento e partecipazione della collettività, la partecipazione non delega, la decisione rimane nelle mani dei governanti eletti per dare le giuste direttive con piani strutturali quinquennali che portano ad azioni strategiche con verifiche a lavori svolti. verifiche per sicurezza, sostenibilità, partecipazione. laboratorio urbano aperto, processi informativi, percorsi partecipativi per appartenenze innovative ed evolutive. Beni comuni di cittadini e abitanti: acqua e rifiuti, energie rinnovabili, scuole, solare diffuso, turismo consapevole.
Autodeterminazione delle comunità resistenti disseminazione attraverso percorso di conoscenza e diffusione dei valori territoriali locali: mappe della quotidianità frutto del percorso di riflessione svolto dai ragazzi delle scuole, i giovani cittadini interpretano e amano il territorio locale.
Borgo slow; citta fast; anche se unita di misura che collega borgo e città è il livello dei consumi spesso più alto nei borghi perché gli abitanti si spostano ogni giorno in macchina per raggiungere i luoghi della vita sociale, con consumo di energia tempo e territorio. nello spostamento, se occorre un ora per andare un ora per tornare, sono due ore al giorno, 24 ore ogni dodici giorni, un mese all’anno trascorso in macchina, in una famiglia di 4 persone, sono 4 mesi l’anno, sprecati per cosiddire del proprio tempo, solo per spostarsi, tempo trascorso in macchina o sui mezzi pubblici. spesso nei borghi non ci sono isole pedonali e le auto girano dovunque e le strade strette senza marciapiedi mettono a rischio l’incolumità di chi sceglie di muoversi a piedi.
Criticità: agricoltura tradizionale abbandonata; architettura rurale quasi perduta; vegetazione antropica e migrante senza controllo; muretti a secco sgretolati senza manutenzione ; consumi uguali a quelli della città se non superiori; ingredienti del cibo anche nella cucina tradizionale provengono dalla grossa distribuzione industriale.
cemento zero
stop al consumo di territorio
bene comune ragionevole follia
Salve, secondo è prematuro fare congetture su quello che il covid possa cambiare il panorama sociale. Sicuramente ha dato tanti slanci positivi, crescita, sviluppo tecnologico, riduzione di emissioni ambientali, e tante altre cose positive. Ovvio che l'evento covid è prettamente una malattia, che va curata e debellata.
RispondiElimina